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mercoledì 1 giugno 2016

Il secchio e il sasso

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Il viaggio che separa casa nostra da Kay Chal non è mai ripetitivo e scontato.
Un giorno può capitare di trovare la strada libera e di riuscire letteralmente a volare fino al centro, un altro giorno bisogna prendere qualche scorciatoia sterrata che ci tiene belli svegli e sballotatti per evitare un po’ di traffico, altri giorni ci si blocca nelle scorciatoie e allora si può schiacciare un pisolino, altre volte ancora anche le scorciatoie abituali sono inagibili. È in quei giorni che bisogna guadare il fiume.

Port au Prince: il ponte Marasa e il fiume che guadiamo.

Ci dirigiamo verso la strada che guada il fiume . Questa mattina è più trafficata del solito visto che molti deviano di qui per entrare in città. Attraversiamo il fiume col nostro potente mezzo e iniziamo la risalita dell’altra riva seguendo un’altra macchina che abbiamo davanti a noi.
Arrivati ad un certo punto, intravediamo un po’ di persone sul bordo della strada e ci chiediamo cosa stiano facendo lì. La macchina davanti si ferma, parlano un po’ e poi riparte. Ci mettiamo in moto anche noi ma subito alcuni uomini piazzano in mezzo alla strada davanti a noi un bel bokit (secchio) che ci impedisce di passare.
“Ma cosa state facendo? Perché non si può passare?”
“Per poter passare di qua dovete pagare…”
“Ma perché?La strada non è mica privata,c’è sempre stata e tutti la usano…”
“Si ma oggi per passare si paga…l’abbiamo anche sistemata un po’ visto che c’era tanto traffico. Potete darci quello che volete non c’è una tariffa….”
“Ma non è normale dover pagare per poter usare una strada….” Per evitare complicazioni, gli diamo 25 gourdes, poco meno di mezzo dollaro.
La cosa ci lascia stupefatti, la povertà porta l’uomo ad ingegnarsi e ad approfittare delle situazioni più disparate.
Sembra essere così confermata l’idea generalizzata del popolo haitiano che, povero, cerca di sopravvivere in ogni modo incapace di buon senso, gentilezza e solidarietà.
Il nostro viaggio prosegue e ci immettiamo in una scorciatoia battuta quotidianamente. Arrivati quasi allo sbocco sulla strada asfaltata (finalmente) vediamo in mezzo alla strada un bella roccia che non impedisce il passaggio ma lo rende sicuramente più difficoltoso. Un signore che cammina al bordo della strada si ferma, prende la roccia, la sposta, ci sorride e prosegue il suo cammino.
Ma come?Non ci chiede di pagarlo per il servizio che ha fatto?
Il susseguirsi in maniera ravvicinata di questi due gesti mi ha fatto riflettere: ma com’è il popolo haitiano veramente?
Da un lato lo stereotipo confermato dal secchio che le persone cercano in ogni modo di poter guadagnare qualcosa per poter vivere, dall’altro lo stupore di un gesto gratuito e inaspettato che ribalta la prospettiva .



giovedì 26 novembre 2015

Partire con la valigia leggera.

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Haiti: questo nome si è infilato prepotentemente nella mia testa ormai 8 mesi fa.
Interessata al servizio civile all’estero e al progetto di Caritas Ambrosiana, mi ero buttata nella lettura di Impronte di Pace  e dei vari contesti in cui i servizio civilisti si sarebbero inseriti: Kenia, Georgia,Libano,…HAITI.

I dubbi e la consegna della domanda, i colloqui, la selezione, la decisione definitiva e il giorno dell’uscita delle graduatorie. Era fatta: partivo.

Ma come sarà Haiti?Forse non è normale,forse è superficiale ma non mi sono creata molte aspettative sull’ambiente, il contesto, Kay Chal: sono partita con la “valigia” molto leggera.
Siamo qui solo da un mese e mezzo e non credo di conoscere il paese in cui mi trovo. Non posso scrivervi un saggio su cos’è questa isola e farvi una riflessione approfondita sulla storia e la politica del Paese; però  Haiti ora per me è diventata reale e quotidiana e quindi, quello che posso fare è provare a spiegarvi cos’è e com’è per me,ora,Haiti.

Haiti è strade, ghiaia e sassi bianchi in città che con la luce del sole mettono a dura prova la nostra retina. E’ terra rossa e fango al nord, è spiagge bianche e mare blu cobalto (alla fine siamo pur sempre ai Caraibi).








E’ mattoni, cemento, muri e filo spinato che circondano molte case. E’ tap tap coloratissimi con fiancate variopinte, ritratti di calciatori e candidati alle elezioni e scritte che regalano risposte esistenziali (due tra le tante: lavie se pas fasil e se comsa).E a proposito di candidati, Haiti è campagna elettorale e strade lastricate da volantini colorati dei candidati, è clima elettorale e post elettorale.
Haiti è blokis: traffico che letteralmente blocca tutta la circolazione e per fare un tragitto di venti minuti ce ne metti il triplo.
Haiti è caldo, sì, anche se ora siamo in “inverno” e la notte si dorme volentieri con il lenzuolino.
È il cloro per disinfettare piatti,stoviglie,tavoli, frutta, verdura,…
È banan pesè, riso e fagioli,pollo ma anche una specie di cassola che ricorda i sapori della Brianza.

Haiti è Kay Chal e ha acquisito piano piano anche la fisionomia di bambini e giovani.


Ora Haiti è anche A., bambina restavek che viene a scuola la mattina, sempre sorridente, si butta a turno nelle nostre braccia e per alcuni secondi resta stretta stretta a noi; è O., che ha spesso gran gou cioè tanta fame; è W. e D., due tra i tanti bambini che frequentano il doposcuola pomeridiano.
Haiti è anche il volto dei fratelli C., gentilissimi, sempre con un sorriso spiazzante e molto intelligenti: che opportunità per il futuro offre loro questo Paese?. È R. che prepara i fogli e i pastelli per il laboratorio del venerdì pomeriggio, è N. che da vero haitiano non parla quasi mai ma appena c’è della buona musica si lancia in balli sfrenati (ottimo arrampicatore di palme da cocco, ci ha permesso di gustare il latte di cocchi appena raccolti).
Haiti è…è…è…

Per fortuna sono partita con la “valigia” leggera.

martedì 20 ottobre 2015

Haiti: coordinate di viaggio

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“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo;
cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari"


Così scrisse il Manzoni descrivendo il saluto della giovine Lucia dalle sue terre natie.
Il punto di partenza e d'arrivo sono un po' differenti ma, in un certo senso, facciamo nostre queste parole. Infatti, dopo solo 5 minuti di volo ci troviamo a sorvolare la zona del lago di Lecco, cara ad entrambi per la ricchezza di sentieri da percorrere.
Non illudetevi: questo è il passaggio culturalmente più elevato che leggerete nei nostri scritti che posteremo per raccontare il nostro anno di SCE.


Dopo un veloce passaggio da Londra, atterriamo su suolo americano. Proprio qui a Miami scopriamo che ogni 68 secondi, in Repubblica Democratica del Congo, un elefante muore. Ringraziamo di cuore l'agente doganale per questa informazione. Gli promettiamo di sottoscrivere la sua petizione contro i bracconieri di elefanti congolesi e decidiamo di andare a riposare le nostre membra. Il giorno successivo ci aspetta il volo verso la nostra destinazione finale: Port au Prince.

foto: Radio-Canada.ca
Sorvolando la città ci colpiscono due cose: il colore cristallino del mare e il riflesso del sole sui tetti di lamiera delle Citè. Questa è solo la prima di tante contraddizioni che giorno dopo giorno incontriamo nella nostra quotidianità haitiana.
Non c'è neanche il tempo di portare le nostre valigie a casa che veniamo calorosamente (in tutti i sensi) accolti da Marta e dalla comunità delle Piccole Sorelle con un succulento pranzo nella cucina di Kay Chal. Ha così inizio il nostro anno di servizio.



Sono già tanti gli stimoli ricevuti, le parole incomprese, le persone incontrate, le circostanze difficili da decifrare. Ci piace farci accompagnare da un proverbio haitiano: "avec pasienz nap rejoin trip foumi". Non diamo garanzie sulla correttezza della trascrizione, ma mettiamo mani (e piedi) sul fuoco per quanto riguarda la sostanza: con pazienza si possono trovare anche le intestina di una formica.


Laura e Matteo


martedì 29 settembre 2015

Sto Cercando l'Equilibrio 2015

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SOLO sei giorni alla partenza, la tensione e l’agitazione sono alte: le valigie da preparare, i saluti da fare agli amici, il tempo che non mi basta e me ne servirebbe ancora un po’!Avrò pensato a tutto?





Pochi giorni alla partenza: solo tre aerei, giusto qualche ora di volo e una manciata di chilometri e poi FINALMENTE l’avventura può iniziare e io non vedo l’ora!