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giovedì 17 novembre 2016

Beirut mi sta sfidando

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Beirut mi sta sfidando.
Mi sfida il suo traffico, il rumore dei clacson, lo smog e le sue polveri.
Mi sfidano le strade, che sembrano un campo da gioco dove macchine anarchiche fanno a gara a chi passa per prima o a chi trova lo spazio più angusto dove infilarsi per guadagnare qualche metro.
Mi sfida l'odore di spazzatura ammucchiata a cielo aperto e mi sfida questo quadro disordinato di case ammassate senza ordine né criterio.
Ma più di tutto mi sfida la sua lingua, che tanto mi affascina e tanto mi confonde. Una lingua che si fa muro quando il suo suono non mi riporta a niente di conosciuto. Mi capita per strada, sui taxi, nei centri in cui lavoro. E così ci sono domande che non trovano risposta, curiosità che non trovano informazioni, approcci che non trovano dialogo.
Me ne sto accorgendo piano, giorno dopo giorno.
È da due settimane che sono arrivata in Libano quando, in circa tre ore di viaggio, un aereo mi ha portata dall'Europa al Medio Oriente. Con una sensazione mista di spaesamento e stupore, mi sono trattenuta sulla soglia e ho sbirciato da lì.
Lunedì ho cominciato a lavorare a tempo pieno e, sarà per i ritmi definiti, sarà per l'incontro con i colleghi locali, sento di aver cominciato ad addentrarmi, lentamente, in questo Paese, piccolo ma complesso. Tuttavia, per ogni passo che muovo sembra comparire di fronte a me un mattoncino e, mattoncino dopo mattoncino, quel muro.
Capita quindi che mi ritrovo in un taxi guidato da un signore con il viso segnato dagli anni che, indicando fuori dal finestrino, mi mostra qualcosa che non riesco a vedere e mi racconta una storia che non posso capire.
Capita che, dopo svariati tentativi di comunicazione che non hanno portato alcun frutto, ricambio con sguardo dispiaciuto e colpevole lo sguardo profondo e curioso delle ragazze siriane ed etiopi che vogliono sapere di più sulla straniera appena arrivata dall'Italia.
E allora, nei casi in cui il tempo lo permette, riscopro altre forme di comunicazione e tra gesti, mimi e un po' di fantasia si costruisce insieme un linguaggio condiviso, che mi costringe ad andare oltre un fiume di parole accostate con disattenzione e mi impone di essere presente e attenta, per capire l'altro e quello che cerca di dirmi.
Nel frattempo, inizierò la settimana prossima il corso di arabo e, da non-alfabetizzata, ricomincerò da capo per imparare a leggere e scrivere un alfabeto che non conosco e, passo dopo passo, addentrarmi un po' di più nella complessità di questo mondo.
Beirut mi sta sfidando e io accetto la sfida.

Giulia



la sfida


lunedì 24 ottobre 2016

Che il mare mi porti

1 commento:
Mi chiamo Giulia, ho 26 anni, sono nata a Padova e sono cresciuta in provincia.
Da piccola mi facevano molta paura gli insetti e i cani e non ero una grande amante della fatica fisica. Non so se per contrappasso o per sfida, quando ho compiuto otto anni mi sono iscritta al gruppo scout del paese per uscirne solo diciassette anni dopo.
È così (ma non solo) che è cresciuto in me il desiderio di guardare un po’ più lontano, la curiosità di conoscere quello che c’è oltre al mio emisfero e il sogno di entrare, chiedendo permesso, all’interno di altri per provare a guardare come sembra il mio visto da lì.
Sono una persona tendenzialmente molto indecisa, mia mamma dice che è così fin dalla nascita: esco?! no no, non esco.. esco?!.. umh.. aspetta un attimo che ci penso!
Ed è così che quando ho terminato le scuole superiori non sapevo cosa fare e per cercare l’ispirazione ho trascorso 8 mesi in Irlanda come Au-Pair. Quando sono tornata mi sono accorta che le idee non mi si erano proprio chiarite e fu così che, ascoltando un po' la pancia e un po' i consigli, mi sono iscritta alla facoltà di Servizio Sociale.
Gli anni dell'università sono stati molto interessanti, non solo per la mia crescita formativa ma anche personale. Un ringraziamento speciale vorrei rivolgerlo al professor Bruce Leimsidor per l’abilità e la passione con cui, dall’interno di un’aula, riusciva a mostrarci la realtà che c’era fuori e il lavoro sul campo. Durante le sue ore di lezione è nato in me l'interesse per il diritto d’asilo che mi ha portato a svolgere il tirocinio presso il Servizio di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) di Padova, un’esperienza in Sicilia con l’associazione Borderline Sicilia Onlus e infine un lavoro come operatrice dell’accoglienza in un Centro di Accoglienza Straordinario (CAS) per richiedenti asilo.
Mentre ero in Sicilia ho potuto osservare molto da vicino il fenomeno dell’immigrazione e questo mi ha permesso di capire quanto siano diverse le cose rispetto a come vengono dipinte. Per questo, nonostante avessi un buon contratto di lavoro, ho deciso di mettermi in ricerca di altre occasioni che mi permettessero di avvicinarmi al fenomeno, con il desiderio di osservarlo da quante più angolature possibili.
Quando nel sito della Caritas Ambrosiana ho trovato il progetto di Servizio Civile Estero in Libano non ci potevo credere. E quando mi hanno chiamata per dirmi che ero stata selezionata.. ancora meno!
Manca l'ultima settimana di formazione e il due novembre si parte, direzione: Beirut.
Non vedo l'ora di imbarcarmi per questo viaggio, di prendere il largo, di remare con forza e determinazione ma anche di lasciare che il mare mi porti.
Come ogni avventura che si rispetti, incontrerò giorni di burrasca e altri di calma piatta, sarò spinta da venti forti e accarazzata dalla brezza leggera.
Un onore e un privilegio che spero di saper meritare.

Giulia

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