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domenica 12 agosto 2018

Georgia. Confessione di 3 cantieristi 🇬🇪

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12 Agosto 2018, ultimo giorno di cantiere in Georgia

Come è giusto, è il momento di fare le presentazioni:

Fabrizio



31 anni. Residente a Londra.

Paola



 24 anni. Residente a Milano.

Antonello



29 anni. Residente a Milano.


Il cantiere è stato scandito da quotidiani momenti di riflessione sul lavoro fatto, sugli incontri che abbiamo avuto e sulla giornata passata, sempre declinando il tutto sul tema dell' "Accogliere, Integrare, Proteggere, Promuovere".

Ogni giorno bisogna considerare sempre il fatto che, teoricamente, ci aspettiamo di essere noi ad accogliere (i beneficiari della casa di accoglienza, i bambini dell'oratorio estivo...), ma in realtà siamo noi ad essere accolti.
Dunque la domanda ci sorge spontanea: chi accoglie chi? Tutto si esaurisce nel cantiere?
Basta scavare un poco nel vissuto di ognuno di noi per accorgerci che le cose sono un po' più complicate di quanto non sembrino:

  • Fabrizio. 31 anni. Residente a Londra. Nato in Italia. Italiano. Immigrato
  • Paola. 24 anni. Residente a Milano. Nata in Colombia. Italiana. Considerata immigrata
  • Antonello. 29 anni. Residente a Milano. Nato a Milano. Italiano. Figlio di meridionali immigrati


In misura diversa, e in tempi diversi, la nostra storia ripercorre la corsa all'identificazione dello straniero: dai picchetti e i manifesti "non si affitta a meridionali", alla necessità della definizione di una identità italiana, fino alle ultime pulsioni scatenate dalla Brexit.

In sintesi, definire chi sia straniero e chi no, capire in che modo accogliere chi parte, chi arriva e chi si sente straniero e isolato nella propria nazione, sono questioni molto complesse. 

Citando don Tonino Bello "Non spetta a me farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che alla gente deve indicare traiettorie nuove; che deve insinuare qualche scrupolo, come un sassolino della scarpa".

Questo può forse bastare, accorgersi che nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa.

Antonello, Fabrizio, Paola.

PS come tutti avranno notato, il post è scritto in font Georgia. Micascemi noi.

sabato 4 agosto 2018

Georgia. Un cantiere per salvare il mondo? 🇬🇪

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No.
O meglio... quando ci hanno confermato la partenza per il cantiere destinazione Georgia, abbiamo avuto la tentazione di pensare di salvare il mondo, o, quanto meno, il sud del Caucaso! 😅

Noi siamo in una casa d'accoglienza per persone con problemi d'alcolismo e le nostre giornate  sono caratterizzate da differenti attività: dalle pulizie domestiche, preparazione pasti, lavaggio, fino a lavori di manutenzione della casa.

La realtà che ora stiamo vivendo ci fa capire che noi non siamo venuti a salvare qualcuno ma è il nostro essere qui con l' Altro che rende preziosa la nostra esperienza. 

La salvezza è salvarCI con l'Altro

Ma per farlo occorre levare tutti i pregiudizi/filtri che ognuno di noi ha.
... un po' come levare la vernice vecchia da una inferriata arrugginita.



 << Per incontrare davvero l'altro è necessario esser capaci di scrostare quella vernice indelebile con cui abbiamo dipinto i nostri sentimenti. >>

Antonello, Paola e Fabrizio

giovedì 2 agosto 2018

Georgia. Flashmob alternativo 🇬🇪

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.... Ci vorreppe Beppe che ci desse un la..un b, un c ( frase di Fabrizio)

Che cos'è il FLASHMOB Per il gruppo Georgia?

  • Gente che non si conosce 
  • Gente che si trova a chilometri di distanza
  • Gente che non parla la stessa lingua
  • Gente che non sente la musica  ( immaginate di sentire questa canzone
MA... 

Gente che balla in tempi diversi, in luoghi diversi, lo stesso ballo!
Date un'occhiata al video


Questo è solo il nostro piccolo contributo, con l'aiuto dei nostri amici georgiani,per la realizzazione di un flahmob video che possa farvi sorridere!
Noi stiamo condividendo il nostro viaggio!
#sharejourney

Antonello, Fabrizio e Paola
(Se il tag non dovesse funzionare, noi siamo il Cantiere Georgia 💪🏼🇬🇪)

giovedì 21 giugno 2018

Georgia: segue film

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"Buongiorno, se il tag non dovesse funzionare, questo è il gruppo Georgia (3 cantieristi+ 2 coordinatori) come faranno a fare il post il gruppo Serbia che sono trenta persone?


Dopo questi due giorni intensi di formazione pre,-partenza, nonostante il video allegato, le nostre aspettative sulle due settimane di campo sono notevolmente cresciute, ma non lo diremo a voce a nessuno così da non far litigare il coordinatore con la moglie, che si eran messi d'accordo per smorzare i toni.

Si capisce quello che stiamo dicendo?
Abbiamo eviscerato i dubbi e le paure di ciascuno dei cantieristi col Bereppe (non è un refuso, ma un coordinatore si chiama BERetta giusEPPE, e lo stiamo scrivendo nel post per ricordarcelo anche noi) e ora pensiamo (mettiamola sul dubbioso) di essere molto più consapevoli dell'ambiente che troveremo.

Segue video

(Paola in realtà non è Paola, ma è Elisa col cartellone di Paola, perché non c'era.. Paola. Si capisce, giusto?).

Segue video.
La scenetta che abbiamo realizzato è stata tagliata e rimaneggiata perché purtroppo non abbiam trovato un canotto e una canna da pesca.

Lo postiamo così, senza rileggerlo. Ciao. Segue video.

No, però lo rileggiamo solo per correggere gli errori...Fatto.
Segue video."


[p.s. il video è sottotitolato: basta schisciare il tasto su iutub]
[p.s.s.p: gli errori di battitura dei sottotitoli li abbiamo lasciati]


venerdì 6 ottobre 2017

Georgia: un piccolo passo

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Entriamo in casa in punta di piedi.
Ad accoglierci c'è un anziano signore dagli occhi blu intenso che ci fissano in attesa. I capelli grigi e spettinati e la camicia troppo larga.
In molte case, quando entriamo per il servizio pasti, ci attende già un piatto. Qui no, e allora lo chiediamo. L'anziano inizia a a cercarlo con difficoltà. Va in cucina, apre un mobiletto e poi il frigo, ma non trova nulla. Si sposta in bagno e armeggia per un po'. Oltre una tenda, una stanza senza finestre, buia e polverosa; sul pavimento materassi e un cumulo di coperte, poco più in là pezzi di un computer in attesa di chissà cosa e altri innumerevoli oggetti posati a terra come rifiuti; in fondo alla stanza un mobile di legno che lascia intravedere la bellezza che lo deve aver contraddistinto un tempo e nel mezzo uno specchio ricoperto da uno strato di povere, in cui nessuno sicuramente si specchia più. Sulla mensola, in ordine tra crocifissi ed immaginette religiose ortodosse, le foto di una donna: unico segno del passato che deve aver abitato lì.
Delle voci arrivano da una stanza: forse qualcuno parla al telefono.
L'anziano trova il piatto: versato il pasto al suo interno, usciamo.


Torniamo in quella stessa casa una settimana dopo.
Il pavimento è pulito. C'è un po' meno polvere, le coperte sono al loro posto sul materasso, nello specchio ci si può nuovamente specchiare e le tende sono ordinatamente legate da un nastro.
Sembra quasi ci sia più luce. Si respira un po' di più.
Al nostro arrivo l'anziano signore si alza dal letto, ci viene incontro e scambiamo qualche parola. Poco dopo appare un giovane dalla stanza accanto: è la voce che avevamo sentito parlare al telefono. Ci spiega che un parente è arrivato dal paese nel fine settimana e li ha aiutati a sistemare casa.
Anche il piatto oggi ci attende sul tavolo e noi, come sempre, versiamo il pasto e usciamo.





Usciamo. Ma questa volta sappiamo di lasciare l'anziano signore in una casa curata, con un pasto caldo e qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Almeno per ora, almeno per un po'.
Non è sufficiente, non è abbastanza. Ma è un passo più in là, via dall'isolamento e lontano dalla solitudine. È segno di un futuro possibile fatto di presenza e vicinanza.

Irene



domenica 10 settembre 2017

Cara Georgia...ti ho incontrata veramente!!

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Cara georgia,

Ormai sono passate più di due settimane da quando ti ho salutato. Il giorno in cui sono partita per questa avventura non sapevo cosa aspettarmi, chi avrei incontrato? Ora che sono tornata so di aver incontrato te nel volto di ogni persona che ha incrociato il mio cammino! Ti ho trovato nel saluto di Omar l'ultimo giorno al centro, nel grazie delle persone a cui abbiamo portato il pasto, nei palazzi fatiscenti, nella tua meravigliosa campagna con tramonti unici, nell'accoglienza di Padre Misha... un insieme di emozioni, a volte contrastanti, sono scaturite da questo incontro con te. Avevo paura, con il passare del tempo, di dimenticarmi ciò che ho provato e, invece, a distanza di giorni ripensando ad ogni momento di quelle giornate, sento le stesse emozioni. 


Cara Georgia sicuramente mi hai insegnato tanto: la bellezza della semplicità, il valore della dignità di chi vive con poco, il sorriso che non manca mai sul volto di bambini cresciuti in situazioni di difficoltà e molte altre sfumature di emozioni. 
Ho trovato te anche nell'incontro con i miei compagni di viaggio, prima semplici conoscenti e poi Amici. Georgia ci hai unito, ci hai fatto vivere un'esperienza vera, ci hai cambiato sicuramente. Per questo posso solo condividere due pensieri: prima di tutto un immenso grazie perché sono cresciuta dopo questo viaggio, mi hai donato un nuovo modo di leggere la quotidianità cercando di cogliere sempre nel negativo le piccole cose che ci danno gioia. In secondo luogo, ti prometto che la distanza non ci separerà, tutto quello che ho condiviso con te rimarrà per sempre nel mio cuore e probabilmente anche nella memoria dei bambini e delle persone incontrate. 

Spero a presto,

Valentina

Georgia: un incontro per crescere.

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Quando mi sono messa a pensare cosa scrivere sull’incontro con l’altro, subito mi sono affiorati alla mente tanti volti di bambini … e ora con chi lo scrivo?! Potrei scrivere dell’incontro con Salome, una splendida ragazzina bionda dal carattere forte ed il cuore grande. Oppure con Melano, una dolce bimba dai capelli lunghissimi e con un sorriso incantevole. Oh, poi potrei scrivere anche di quello con Lolita! Quella pacioccona ma unica bambina, sempre pronta a prenderti in giro! 
Potrei scriverlo con mille altri ma, pensandoci a fondo, l’unico volto che mi torna di continuo alla mente è quello di una Donna. Una Donna che ho avuto l’occasione di vedere solo per poco tempo, solo per qualche giorno di campo. Una Donna umile, a nostra disposizione per l’intera giornata, che semplicemente puliva i posti che noi sporcavamo, lavava le pentole con cui a noi hanno cucinato da mangiare, disinfettava i bagni in cui noi andavamo.
Ricordo di aver chiesto qualcosa di lei a Giuseppe, ma quello che mi ha risposto probabilmente non avrei mai voluto sentirlo.

“La sua storia è semplice. Un giorno per strada l’hanno fermata con i fucili un gruppo di uomini e l’hanno portata via. Be, il resto puoi immaginarlo, l’hanno costretta e... quella lì è sua figlia.”


A queste parole mi si è gelato il sangue. Volevo correre in bagno a vomitare. Andare ad abbracciarla forte.  Sentivo la rabbia crescere.
Ma sono rimasta lì, immobile, come pietrificata. Era solo il terzo giorno di campo.
Avevo mille domande, mille riflessioni da fare. Quella fatidica e a volte stupida domanda che ti rimbomba nel cervello..” perché?”. Perché è successo, perché nessuno per la strada si è mosso, perché le persone sono in grado di compiere un gesto tale, un gesto così folle?
Tanti perché ma nessuna risposta. Solo il silenzio per riflettere sulla Forza, sulla Grandezza e sul Coraggio, che ha avuto e che ancora Lei possiede, di crescere una figlia e vivere a servizio degli altri.
Questa Donna non è più uscita dalla mia testa. Pochi giorni dopo è partita per andare al paese, ma per me è diventata un pensiero fisso, la mia testa non se ne voleva dimenticare. Tutt’ora non se ne è dimenticata e, sono certa, non se ne dimenticherà.

Marta

sabato 2 settembre 2017

Georgia: L'incontro con un gruppetto un pò così

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L’incontro con l’altro può essere semplice, difficile, faticoso, soddisfacente, prezioso e a volte perfino fastidioso. Per me l’incontro con l’altro in Georgia è stato un po' di tutto questo e l’ho vissuto in particolare con un gruppetto di ragazzi. Questi erano un po' spavaldi, si sentivano padroni di se e credevano di poter fare ciò che volevano. In effetti durante il campo è stato proprio così…hanno raramente partecipato alle attività e difficilmente si riusciva ad interagirci in modo costruttivo.

Nonostante tutto ciò, un modo per stare con loro alla fine si è trovato, il calcio. Intense lunghe estenuanti partite di calcio sotto un sole cocente e immersi in una umidità olimpionica (difficile). La mattina non avrebbero giocato 10 minuti sotto al sole ma il pomeriggio a calcio, nessun problema! Il calcio è sempre il calcio!

Fin dai primi giorni in cui li abbiamo conosciuti la comunicazione con alcuni di loro è stata difficile, non tanto per la lingua, quanto perché l’uso della parola era spesso accompagnato dal contatto fisico a volte un po' forte (fastidioso). Anche in questo caso però un modo di comunicare con loro alla fine si è trovato, semplici gesti come un “batti un cinque” o un “okay” e qualche sorriso sono stati sufficienti per mostrargli che esistono anche altri modi di relazionarsi.

Siamo quindi riusciti a far fronte tanto alla spavalderia quanto al voler fare ciò che volevano, ridimensionando un po' il loro modo di stare con noi (soddisfacente). Per quanto riguarda il sentirsi padroni di se non c’è stato un modo di stare, bensì di non-stare. Quando a fine campo era giunto il momento di salutarsi, quel gruppetto che fin dall’inizio era sembrato essere il più indifferente verso il volontario, è rimasto fino agli ultimi saluti, qualcuno trattenendo qualche lacrima, qualcun altro protraendosi in lunghissimi abbracci. Chi se lo aspettava?

Da quel momento ho iniziato a pensare che l’incontro con l’altro lascia, più o meno consapevolmente, sempre qualcosa di se e porta a casa qualcosa dell’altro, come uno scambio (prezioso). Nel mio caso porterò con me qualcosa che già in parte avevo ma che è sempre difficile tenere a mente, la consapevolezza che dell’altro non so nulla. Alcuni dei ragazzi hanno situazioni familiari e di vita che ben possono spiegare certi loro comportamenti. Mentre il momento del saluto mi fa pensare che anche alcuni di loro porteranno a casa qualcosa, magari qualcosa che non hanno mai avuto.
Madloba bavshvebi!

Nella foto Dato, uno dei ragazzi...un pò così

lunedì 28 agosto 2017

Georgia: l'incontro con Tahoma

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Mani piccole piccole, gambe sottili e lunghe. Capelli biondi finissimi e un corpicino magro e leggero. Una maglietta di qualche taglia più grande, dei pantaloncini e due infradito. Due occhi grandi e profondi ma mai un sorriso.

Queste sono state le prime cose che mi hanno colpito di Tahoma, una delle bambine più piccole che c'erano al centro questa estate.
Era arrivata il terzo giorno con sua sorella Christine, una bellissima ragazza di tredici anni, bionda e alta, al contrario della maggior parte di tutte le altre bambine georgiane, che hanno invece visi dai tratti più pronunciati, dalle sopracciglia folte e scure.

Abbiamo provato per un giorno intero a farla sorridere, ma non voleva né giocare, né ballare, né stare con gli altri bambini. Ogni tanto le sfioravo con due dita il viso, allungando leggermente gli angoli delle sue labbra serrate, per chiederle un sorriso, non sapendo come dirlo nella sua lingua.



L'unica volta che sono riuscita a convincerla a fare un gioco insieme a tutti gli altri, proprio mentre iniziava a divertirsi, è scivolata sull'asfalto, a causa delle sue piccole ciabattine mezze rotte, e ha picchiato la testa. Ha pianto per un'ora e a nulla è servita l'acqua fredda, qualche abbraccio in più. Era ritornata seria.

In realtà, nei giorni successivi, ho capito che Tahoma aveva bisogno di andare a piccoli passi, con quei suoi piedini neri e le ciabatte ancora mezze rotte. 
Doveva imparare a fidarsi degli altri bambini nei giochi, delle acque del fiume dove li portavamo in gita una volta a settimana, delle mani di uno di noi volontari che le porgeva il pezzo di pane a metà mattina e l'anguria a fine giornata. 

Thaoma e sua sorella sono venute solo per pochi giorni, poi sono sparite.

Fino all'ultimo giorno, che per me è stato il più duro, perché non riuscivo a dire addio a nessuno.
A un certo punto ho sentito "Marta!" e girandomi, ancor prima delle mani piccole piccole, delle gambe sottili e lunghe, dei capelli biondi e delle ciabatte, ho visto un sorriso che mi correva incontro.


"Non ti chiedo né miracoli né visioni
ma solo la forza necessaria per questo giorno!
Rendimi attento e inventivo per scegliere
al momento giusto
le conoscenze ed esperienze
che mi toccano particolarmente.
Rendi più consapevoli le mie scelte
nell'uso del mio tempo.
Donami di capire ciò che è essenziale
e ciò che è soltanto secondario.
Io ti chiedo la forza, l'autocontrollo e la misura:
che non mi lasci, semplicemente,
portare dalla vita
ma organizzi con sapienza
lo svolgimento della giornata.
Aiutami a far fronte,
il meglio possibile,
all'immediato
e a riconoscere l'ora presente
come la più importante.
Dammi di riconoscere
con lucidità
che le difficoltà e i fallimenti
che accompagnano la vita
sono occasione di crescita e maturazione.
Fa' di me un uomo capace di raggiungere
coloro che hanno perso la speranza.
E dammi non quello che io desidero
ma solo ciò di cui ho davvero bisogno.
Signore, insegnami l'arte dei piccoli passi."


Antoine de Saint-Exupéry


                                                                     Marta 

sabato 26 agosto 2017

Georgia: l'incontro con Ana

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Cara Ana,

Ti ho incontrata. Ho conosciuto la tua storia. Ho pianto tanto. Condividendo una parte del mio passato con te, posso dirti di non abbatterti, di non essere triste. Le nostre storie sono e saranno occasione di crescita per noi, di acquisizione di autonomia, di coraggio. Noi ce la sappiamo cavare! Te molto più di me. Non pensare, come ho fatto io per molto tempo, di essere la ragazza più sfortunata del mondo. Grazie a te ho capito che è egoismo, presunzione. Per quanto la fortuna non sia stata dalla nostra parte, c'è sempre chi sta peggio di noi. Al contrario pensa al fatto che siamo portatrici di un'esperienza da raccontare, di emozioni da esprimere. Abbiamo tanto da dare! Questo perchè Qualcuno lo ha progettato per noi, per un motivo preciso che forse un giorno capiremo. Fatti forza e punta in alto: nessun obiettivo è troppo grande! Sii l'eroina dei tuoi fratelli, da' loro tutto il tuo amore e ricordati che non sei mai sola: il tuo papà ti guarda e ti accompagna in tutte le scelte che fai. Non aver timore di piangere, sfogati quando ne senti il bisogno! E' liberatorio e ti permette di ripartire con una carica enorme. Vorrei dirti un sacco di cose, ma purtroppo la lingua è un muro per me... L'affetto che ho potuto darti l'ho messo in gioco e tu me ne hai restituito altrettanto con i tuoi sorrisi, i tuoi abbracci. Sfortunatamente la mia permanenza in Georgia non mi ha permesso di conoscerti a fondo e i giorni al campo sono volati, ma spero di aver lasciato a te e a tutti i bambini una parte di me. L'esperienza dei cantieri è stata unica, ricca di emozioni. Ti auguro di viverne una simile e tante altre ancora più belle! Il tuo percorso, seppur tortuoso, ti porterà a costruirti un futuro dignitoso! Ne sono certa! L'amore e l'attenzione per la tua giovane famiglia farà di te una donna forte, amata, che sa spendersi per gli altri. Il servizio è uno stile di vita ed è il nostro. Forse tu non lo hai scelto, ma vedrai che restituisce cento volte tanto!

Ti auguro il meglio.
Chiara

Georgia: il mio incontro con una befana georgiana

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Il mio “incontro con l’altro” ha avuto luogo durante una messa a Vale, un piccolo paesino dove ci siamo recati per un weekend.
In particolar modo, vorrei condividere quello con una vecchia signora che mi verrebbe da descrivere come una “perfetta befana”: naso adunco, mento sporgente, volto rugoso e un foulard che le avvolgeva la testa; unico vezzo nel suo abbigliamento, un paio di scarpe con i lustrini.
Una volta entrati in chiesa, abbiamo cercato dei posti liberi sulle panche e, con la mia solita fortuna, mi sono ritrovata seduta dietro una grande colonna di pietra che mi copriva buona parte della visuale. Accanto a me, la sopracitata signora ci stava squadrando da capo a piedi. In realtà, dopo una breve occhiata intorno a noi, capii che non era la sola: avevamo addosso gli occhi di tutti. Inizialmente interpretai la cosa in modo negativo, pensavo esprimessero malevolenza e diffidenza. Compresi solo in seguito che la loro era semplice curiosità. La signora accanto a me, infatti, cominciò ben presto a parlarci in georgiano; dopo averle spiegato che non riuscivamo a capirla in quanto italiani, ci ha riservato un bellissimo sorriso e si è stretta maggiormente verso l’esterno della panca, in modo da farmi vedere al di là della colonna. In seguito, a messa iniziata, si è addirittura alzata e ha cambiato posto per farci stare tutti più comodi.

A fine messa, invece, ci ha rivolto ancora qualche parola in georgiano, che purtroppo non siamo riusciti a capire, ma i suoi sorrisi benevoli ed i suoi gesti mi sono rimasti impressi. Atti semplicissimi, cui forse non tutti avrebbero riservato la stessa attenzione che vi ho prestato io, ma che riassumono quella che per me è stata la Georgia: una summa di piccoli gesti. Dal bambino che ci abbraccia prima di tornare a casa, alle parole, ai sorrisi e ai frutti che ci hanno regalato come ringraziamento alcune delle persone a cui abbiamo portato i pasti. Azioni inaspettate per me, ma così candide e spontanee da parte loro da essermi rimaste nel cuore, perché sono state proprio queste a darmi la certezza di aver fatto qualcosa di giusto.

Costanza

lunedì 21 agosto 2017

Georgia: "romanzo Georgia", capitolo 3

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Collage di emozioni georgiane

INNO ITALIANO IN GEORGIANO
INNO GEORGIANO IN ITALIANO

 Ara kartuli ar vizi
me minda zkali ludi
kvino khachapuri

Erti ori sami
scemo cazzo modi
patara didi lodi

Rit 1. Anu, anu, anu...
pirdapir sasamtro  (x3)
memgoni ki, memngoni ara

Tzrela burti tashi
kinkali sce madloba
tamashi gamarjoba 

Italiuri ati Vale 
Arali Kutaisi
mashrutka Tbilisi

Rit 2. Zapi, zapi, zapi
stapilo zavedit (x3)
Irene ki, Giuseppe ara


TRADUZIONE

No, non parlo georgiano
voglio acqua birra
vino e focaccia

Uno, due, tre
entra uomo, vieni
piccolo grande sasso

Rit 1. Quindi, quindi, quindi
direttamente auguria (x3)
forse si, forse no

Caldo palla applauso
ravioli tu grazie
gioco buongiorno

Italiani dieci Vale
Arali Kutaisi
Pullmino Tbilisi

Rit 2. Corda, corda, corda
carota andiamo (x3)
Irene si, Giuseppe no


IL CIELO E' DI TUTTI 
Poesia di Gianni Rodari, rivisitata in chiave georgiana

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi,
di ogni occhio è il cielo intero.


È  mio quando lo guardo.

È del vecchio e del bambino,
dei romantici e dei poeti,
del re e dello spazzino.


Il cielo è di tutti gli occhi
e ogni occhio, se vuole,
si prende la Luna intera,
le stelle comete, il sole,

la notte serena.

Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.


Spiegatemi voi dunque,

in prosa o in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la Terra è tutta a pezzetti.


Ditemi ora invece,
miei cari bambini,
se non sarebbe bello
che la Terra, come il cielo, 
non avesse più confini,
così che, tendendo la propria mano, 
il bambino italiano 
possa abbracciare 
quello georgiano.

domenica 20 agosto 2017

GEORGIA: "Pericolo attraversamento mucche"

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Pullmino da 14 posti. Un caldo ed un rumore infernali con il finestrino abbassato e un freddo polare con l'aria condizionata. Canzoni incomprensibili sparate a massimo volume. Queste le condizioni in cui partiamo, certamente non ideali, ma che passano quasi inosservate in confronto a quello che scopriamo poco più tardi: i Georgiani amano i frontali.
Pochi minuti dopo la partenza, in piena curva, il guidatore ritiene che sia una buona idea superare un camion invadendo totalmente la corsia opposta. Dopo un breve accertamento del numero di arti rimasti ed aver recuperato il cuore nei pressi della laringe, il guidatore, ignaro del nostro terrore, ripete il gesto suonando spazientito alle macchine che procedono in senso contrario e osano non spostarsi al suo passaggio.
L'utilizzo del clacson meriterebbe un excursus a parte, se solo qualcuno di noi avesse capito come lo usano i Georgiani: lo suonano quando superano, quando vengono superati, per salutare i pedoni o semplicemente al passaggio di un'altra vettura. Le ipotesi sono molteplici:
1. hanno sviluppato un linguaggio clacsonico che comprendono solo loro;
2. nessuno ha mai spiegato loro come si usa;
3. lo suonano solo per divertimento;
4. lo suonano a caso per confondere gli stranieri.
Dopo esserci abituati a questa guida degna di un ottovolante, ecco spuntare le altre grandi protagoniste delle strade georgiane: le mucche. Camminano placidamente (quando non sono sdraiate del tutto) in mezzo alle corsie, ridendo in faccia al pericolo e costringendoci ad un ulteriore slalom da pelle d'oca.
In tutto ciò, stupisce invece l'attenzione con cui i Georgiani evitano i dossi, benchè anche questo finisca per diventare fonte di paura, tra inchiodate improvvise e bruschi cambi di direzione verso lo sterrato a bordo strada, con il rischio di prendere buche e dunette peggiori.
Una volta giunti a destinazione, prima ancora di lavare le fatidiche sette camicie e sistemare i capelli bianchi spuntati durante il viaggio, sono d'obbligo un paio di parole di ringraziamento per essere sopravvissuti.
Insomma, pensavamo di dover temere il tetano, la vicinanza con la Russia, la prevalenza ortodossa o l'umidità, non pensavamo di doverci preoccupare di attraversare la strada.

Costanza e Samuele

lunedì 14 agosto 2017

Georgia: fine settimana a Vale

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Guardo fuori dal finestrino della Marshrutka che ci sta riportando a Kutaisi, dopo aver passato il week end nel villaggio di Vale, e vedo le montagne.



Vorrei poter fotografare ogni paesaggio che scorre velocemente davanti ai miei occhi, ogni persona, ogni momento, ogni posto, ogni sorriso, ma non si può e allora penso che queste montagne dai colori caldi, mai viste prima, rimarranno semplicemente nel mio cuore.
Così come l'accoglienza di padre Misha e la gentilezza della gente di Vale, che mi hanno fatto sentire a casa in un posto completamente sconosciuto, povero di acqua e luce ma ricco di grande umiltà e tenerezza.



Guardo fuori dal finestrino e ripenso alla commozione di stamattina durante la messa: il piccolo dono da parte di padre Misha, che ha dedicato a ciascuno di noi un pensiero speciale. Come potrò dimenticarmi di tutto questo?


Guardo fuori dal finestrino e rivedo il sorriso di quella bambina che per due giorni non ha smesso di chiamare il mio nome e di prendermi le mani.


No, non penso che dimenticherò il suo "goodbye, Marta", detto guardandomi negli occhi.

giovedì 10 agosto 2017

Georgia: breve dizionario gastronomico georgiano

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Bulki: pagnotta dolce con uvetta. La merenda quotidiana dei bimbi al campo estivo. Su questa voce le redattrici hanno pareri discordi: a una, Federica, fa impazzire e lo mangerebbe ad ogni pasto; all'altra, Chiara, non fatelo nemmeno vedere...


Chvishtari: panetto di mais fritto con formaggio. Dalla foto sul menù del ristorante sembrava un manicaretto davvero invitante e così Chiara si decise a proporlo a tutti. Ma alla prova dei fatti più che un panetto sfizioso è risultato un mattone indigesto.


Khachapuri: della serie "tutto il mondo è paese", ecco a voi la famosa focaccia di Recco, rivisitata in chiave georgiana. Forse la vera perla della gastronomia di questo paese. Formaggiosa, filante e gustosissima.


Khinkali: ravioli ripieni di carne e spezie non ben identificate. Ottimi per chi vuole ustionarsi la lingua con il liquido bollente che sprigionano al morso, liquido che qui provano a spacciare per brodo.


Limonati: le chiamano limonati ma in realtà trattasi di bibite dal colore fosforescente tutti i gusti più uno. Gusti diversi sì, ma tutti ugualmente vomitevoli. I bambini inspiegabilmente ne vanno pazzi. Gli animatori decisamente meno.


Mtsvadi: spiedini di carne. Piatto onesto, che con la sua semplicità ci ricorda i sapori di casa. Tranne quando ci aggiungono il coriandolo (immancabile qua in Georgia) e allora non ci siamo proprio...

E per finire - strano ma vero - Macaroni: per farci sentire a nostro agio, a pranzo le cuoche georgiane del centro ci cucinano la pasta. Ma qualcosa non torna... Che cos'è questo sugo? È giallino e dolciastro... Maionese!? Eh già, qui i gusti sono un po' strani, a dir poco... Forse alla fine di questo cantiere, quando saremo diventate un po' più georgiane anche noi, ci azzarderemo ad assaggiarli... 
O forse no...

Chiara e Federica

martedì 8 agosto 2017

Khachapuri, khincali, bavshvebo...ma è solo questa la Georgia?

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Quando Giuseppe ci ha proposto di accompagnarlo a portare il pasto caldo in 18 abitazioni di Kutaisi, abbiamo accolto l'idea con entusiasmo. Il pensiero di toccare con mano una nuova realtà ha acceso da subito la nostra curiosità.




Abbiamo così caricato la jeep con pasti caldi e pane. Pronti a partire!

Quando abbiamo varcato la soglia della prima abitazione, ci siamo sentite colpite da un'ondata di sensazioni ed emozioni contrastanti: c'era la voglia di rendersi utili, ma anche il timore di entrare in quelle case; il piacere di chiacchierare con le famiglie e, allo stesso tempo, la fatica di stare in stanze così "pesanti".
Forse può sembrare forte ciò che stiamo dicendo, ma l'impatto è stato con una realtà che ci eravamo immaginata molto diversa.
Case senza bagni, buie, odori molto forti, sporcizia, cavi del gas intrecciati a cavi della corrente, scale pericolanti ed ascensori fatiscenti... Sono solo piccoli dettagli che però non bastano a descrivere quella che è la condizione di vita di una grande parte della popolazione di Kutaisi, città di circa 200.000 abitanti.




Ma ciò che ci è rimasto di questo servizio non è solo la precarietà delle condiziooni di vita in cui le famiglie vivono, ma qualcosa di più profondo. La semplicità con cui ci hanno accolto, il sorriso sui loro volto e quei "kargad tsandebodet" ("grazie per essere passati proprio da me") con cui ci hanno salutato.

L'umiltà di farsi aiutare di certo non gli manca e si tengono ben stretta la loro dignità, che nemmeno la povertà riesce a portargli via.

Graziee!!




Marta&Vale



lunedì 7 agosto 2017

Georgia: Erti ori sami, tuffati!!

1 commento:
Eccoci al quarto giorno di campo! Possiamo dire di esserci definitivamente "immersi" nell'esperienza Georgiana. Il programma di oggi prevede la gita al fiume di Akhalsheni con i ragazzi.


 Preparazione all'Italiana: Fai lo zaino: asciugamano, cambio e ciabatte. Metti il costume, spalma la crema solare, cerca il coraggio ed entra nel fiume con molta molta calma e facendo attenzione a dove metti i piedi.
Preparazione alla Georgiana: Scendi dalla Marshrutka e corri in acqua!!! #IlGeorgianoPauraNonNeHa

Siamo pronti, ora si entra..forse..

Bagno nel fiume per gli Italiani: Primo passo "ahi questo punge", secondo passo "ahi ahi ahi sono tutti sassi" ma noi continuiamo! Terzo passo "splat questo è molliccio e viscido...mmm schifo", quarto passo "ma quella è schiuma? Da dove viene?" "bho, io per ora ho visto una bottiglia". Il coordinatore che prima di entrare ti dice "vediamo quante malattie prendete" non ha prezzo! Per tutto il resto c'è la Georgia.


Bagno nel fiume per i Georgiani: Schaff! schaff!! schaff!!!


Finalmente gli Italiani si buttano nel fiume, nuotano e giocano con i ragazzi tuffandosi con loro senza badare più a dove si trovano. #AncheL'ItalianoPauraNonNeHa
L'unica cosa che conta è divertirsi tutti insieme: Italiani e georgiani, animatori e bambini. Benvenuti alle Hawaii Georgiane!!!