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mercoledì 14 agosto 2013

Libano - Abbraccio di nuvole

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Tra le immagini che affollavano la mente prima della partenza sicuramente c'era quella di un'estate torrida qua in Libano, e anche il terrorismo psicologico dei nostri coordinatori aveva contribuito all'ansia di mettere in valigia i vestiti più leggeri e di munirci di crema solare protezione 50.
Del resto, siamo in Libano,  questo ci si aspettava….
Ma, tra le tante cose che appaiono diverse qui rispetto a quello che la nostra mente ci aveva suggerito, anche i colori e il clima vogliono stupirci. 

Oggi allo shelter siamo avvolti da un'atmosfera molto suggestiva che ci isola, ci abbraccia, quasi a proteggerci.
Tutto è circondato da nuvole grigie, che nascondo il versante opposto della montagna, coprono i paesi arroccati sotto a Rayfoun e chiudono il cielo sopra di noi. È strano guardarsi intorno e non scorgere nulla, girarsi e toccare l'umidità, sentire le nuvole qui accanto a noi, è come se le nuvole chiudessero la protezione dei cancelli e lasciassero spazio solo a noi qua dentro.
Forse a rendere lo spettacolo più suggestivo è l'idea di isolamento che lo accompagna. Qui le donne non possono assolutamente uscire dai cancelli. Sono protette, trovano un rifugio che riesca a restituire loro una piccola parte di quella serenità che hanno perso, provano a ricercare la forza e la determinazione al di fuori da tutto quello che di orribile la società libanese ha loro mostrato, ma sono anche prigioniere.
Tale reclusione sembra una questione molto difficile da accettare e da condividere: tenere "prigioniere" delle donne che hanno come unica colpa quella di aver provato a cercare fortuna in un paese forse non pronto ad accoglierle; anche noi abbiamo faticato a renderci conto di cosa possa significare il lavoro del Migrant Center di Caritas, a dargli una giusta dimensione nella vita di queste ragazze.

La desolazione è uno degli stati d'animo che maggiormente emerge dai loro racconti. Si sentono sospese, trattenute qui a causa anche di tempistiche delle pratiche burocratiche dispersive e lunghe, che si oppongono alla possibilità di soddisfare il motivo per cui hanno raggiunto questo paese.
Stare nello shelter fa sentire queste donne inutili per la loro famiglia lontana, preoccupate dall'idea del fallimento del loro progetto migratorio e bloccate nelle loro aspettative.

Tanta la delusione, che ormai ha preso il posto della rabbia, tanto il dolore che accompagna la malinconia, ma ancora di più è la speranza di tornare a vedere cosa ci sia al di là di queste nuvole e la determinazione che anche nei loro giorni, così come nelle estati libanesi, tornerà la luce, quella limpida della felicità! E proprio alla loro forza, che sembra provenire da una caparbietà che non pensavo potesse davvero esistere,  la sera libanese regala i suoi tramonti…





giovedì 28 maggio 2009

Appunti su "A Common Word"_capitatami casualmente tra le mani_

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12 settembre 2006: Benedetto XVI incontra i rappresentanti della scienza presso l'aula magna dell'università di Regensburg sul tema “Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni”. Bypasso a piè pari quello sarebbe un groviglio poco terreno di filosofia e teologia e il polverone che le parole di Ratzinger hanno sollevato per arrivare ad un altro punto e a un'altra data.
13 ottobre 2007: anche in risposta all'Affaire Regensburg, 138 tra studiosi, intellettuali e religiosi musulmani firmano “A common word”, una lettera aperta al Papa e alla cristianità tutta, edita dalla Royal Aal al-Bait Institute for Islamic Thought di Amman (e lo scrivo con un certo orgoglio campanilistico) che sostiene, basandosi su versetti del Corano e su passi della Bibbia, che Islam e Cristianesimo condividono la stessa essenza, (era l'ora!) “i comandamenti gemelli sull'importanza suprema dell'amore per Dio e per il prossimo. E a partire da questa base comune (A Common Word) chiede pace e armonia tra i Cristiani e i Musulmani di tutto il mondo”(parole sante!).
Tra le ultime pagine leggo e qui traduco: “trovare un terreno comune tra Musulmani e Cristiani non è semplicemente una questione di cortese dialogo ecumenico tra leaders religiosi. La Cristianità e l'Islam sono le due più grandi religioni nel mondo e nella storia. (Cristiani e musulmani) insieme costituiscono il 55% della popolazione mondiale, il che fa della relazione tra queste due comunità religiose il fattore più importante nell'ambito del contributo ad una pace significativa in tutto il mondo. Se i Musulmani e i Cristiani non sono in pace, il mondo non può essere in pace...Così è in gioco il nostro comune futuro. La sopravvivenza del mondo stesso è probabilmente in gioco”.
Da quando A Common Word ha iniziato a circolare più di 60 leaders religiosi cristiani, Benedetto XVI incluso, hanno risposto in vario modo alla lettera, mentre i signatari musulmani dell'iniziativa sono saliti da 138 a 300, numero che include circa 460 tra organizzazioni e associazioni islamiche.
Che qualcosa si stia muovendo davvero?

martedì 12 maggio 2009

Ragione e dialogo inter-religioso secondo Ratzinger

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Merita attenzione il discorso pronunciato dal Papa sabato scorso presso la moschea al-Hussein, altro attesissimo tassello dell'appena concluso pellegrinaggio in Giordania.
Di seguito alcuni brani del discorso del Papa in traduzione dall'originale inglese. Parole di grande attualità, che per la loro acutezza e intelligenza si esplicano da sole:

"[…]Non possiamo non essere preoccupati per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un'espressione di comunione fra persone e con Dio. Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è".
"Distinti Amici, oggi desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all'insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragion creatrice […] i Musulmani adorano Dio, creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all'umanità. E quali credenti nell'unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in sé stessa dono di Dio e si eleva al punto più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio. In realtà quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti".
"Pertanto l'adesione genuina alla religione -lungi dal restringere le nostre menti- amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l'infinito[…]".
"Una simile comprensione della ragione, che spinge continuamente la mente umana oltre se stessa nella ricerca dell'Assoluto, pone una sfida: contiene un senso sia di speranza sia di prudenza. Insieme, Cristiani e Musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto. Siamo impegnati ad oltrepassare i nostri interessi particolari e ad incoraggiare gli altri, particolarmente gli amministratori e i leader sociali, a fare lo stesso al fine di assaporare la soddisfazione profonda di servire il bene comune, anche a spese personali".
"[…]Proprio perché è la nostra dignità umana che dà origine ai diritti umani universali, essi valgono per ogni uomo e donna, senza distinzione di gruppi religiosi, sociali o etnici ai quali appartengano. […] Il diritto di libertà religiosa va oltre la questione del culto ed include il diritto -specie per le minoranze- di equo accesso al mercato dell'impiego e alle altre sfere della vita sociale".

Fonte: sala stampa della Santa Sede.

giovedì 7 maggio 2009

Papagrinaggio in Giordania

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Fermento extra-ordinario nel quartier generale di Caritas Jordan ad Amman. Sì perché la Giordania tutta si sta preparando ad un grande evento: la visita di Papa Benedetto XVI tra l'8 e l'11 maggio.
Il Papa farà tappa ad Amman nell'ambito del suo pellegrinaggio in Giordania e Terra Santa in cui oltre ad incontrare la comunità cristiane e musulmane, ripercorrerà i luoghi di Gesù cari al cristianesimo.
E se dalla sponda italiana Alitalia comunica orgogliosa che il Papa volerà sull'Airbus 320 "Dante Alighieri", la gioia e l'orgoglio di questo viaggio sono tutti giordani.
Sul viaggio del Papa l'attenzione è inevitabilmente concentrata sui preparativi a Gerusalemme ma c'è un aspetto molto importante che fino ad ora è passato sorprendentemente inosservato. La novità più significativa rispetto ai due precedenti viaggi di Paolo VI e Giovanni Paolo II è infatti il peso maggiore che la visita di Benedetto XVI avrà sull'economia del pellegrinaggio. Infatti su 8 giorni di viaggio il Papa ne trascorrerà 3 in Giordania, fatto nuovo visto che Wojtila nel 2000 di giorni in Giordania ne trascorse solamente 1. Un grosso regalo dunque per la comunità cristiana giordana che si sta dando da fare affinché l'organizzazione dell'evento sia impeccabile.
In una conferenza stampa il nunzio Francis Assisi Chullikat ha dichiarato che la Giordania è orgogliosa di essere la prima tappa del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Medio Oriente.
In Giordania il Papa celebrerà la S. Messa allo stadio di Amman, farà un incontro con i giovani, incontrerà re Abdallah e consorte in un'udienza privata, visiterà il Monte Nebo, benedirà il luogo su cui sorgerà la nuova chiesa cattolica a Wadi al Kharrar. Ma è previsto un altro momento molto importante ovvero la visita alla moschea Al Hussein, nella capitale. Sarà dunque la seconda volta, dopo la visita nel 2006 alla Moschea Blu di Istanbul, che Papa Benedetto XVI farà il suo ingresso in un luogo islamico. Questa visita sarà anche l'occasione per il primo dei due incontri che il Papa ha in programma con i rappresentanti della comunità islamica, il primo qui, il secondo a Gerusalemme, sulla Spianata, dove il Papa incontrerà il Gran Muftì.
La visita alla moschea di Amman è un evento molto importante nel cammino di dialogo tra cristiani e musulmani. Un dialogo su cui la corona giordana sta investendo molto puntando ad accreditarsi, in aperta concorrenza con l'Arabia Saudita, come punto di riferimento nel mondo musulmano per il dialogo tra cristiani e musulmani.
Dal canto loro la Fratellanza Musulmana e il Fronte di Azione Islamica come suo rappresentante politico fanno sapere attraverso la stampa giordana che attendono ancora le scuse da parte del Papa per le sue affermazioni del 2006 contro l'Islam e il suo Profeta Muhammad. Affermazioni cui il vescovo Sayegh ha risposto dicendo che "i musulmani sono nostri fratelli " e aggiungendo che "non vogliamo che rimangano ai margini di un evento così importante".
Questo pellegrinaggio ha già tutte le caratteristiche di un evento memorabile.