Le vie del Norte:
Esteli, Somoto, Matagalpa,
Jinotega, Chinandega
e il Golfo de Fonseca
Partenza da Managua
al mattino presto: mangeremo del gallo
pinto in un ranchon per strada,
ma prima togliamoci dalla metropoli! Direzione Nord, abbiamo in mente di
goderci qualche giorno di fresco, di fare un bagno nel cañon di Somoto e di passeggiare nelle riserve
forestali.
Nel primo
pomeriggio arriviamo ad Esteli, niente a che vedere con Managua: strade pulite
impreziosite da murales colorati, un bel parco di fronte al museo di
archeologia (chiuso, perché nel fine settimana e nei giorni di festa la maggior
parte dei musei è chiusa) e qualche bel locale con birra fresca e buona musica.
Lasciamo gli zaini
in ostello, riempiamo le borracce e andiamo verso il Salto della Estanzuela che
rimane appena fuori città, dopo una breve passeggiata arriviamo alla cascata:
non è imponente come dev’essere durante la stagione delle piogge e decidiamo di
non fare il bagno, ridiamo per gli spruzzi e le grida di due ragazzi più
intraprendenti di noi.
La mattina dopo
saliamo sul nostro fuoristrada e ci avventuriamo verso la Reserva de Miraflor
dove ci aspetta Juan de Dios, il fattore di una delle numerose comunità
contadine della riserva, e dopo quasi tre ore di sterrato arriviamo alla sua finca e partiamo insieme a lui e al suo
cane per una passeggiata sui sentieri che attraversano la comunità. Il
paesaggio è da fiaba, con pastes
(piante rampicanti simili a barbe di mago) che pendono dai rami, alberi dalle
radici enormi, sciami di farfalle scure e una vista mozzafiato su una foresta
che si perde a vista d’occhio.
nos echamos un pelòn
e ripartiamo verso Esteli.
Rinfrancate dalla bella passeggiata, terminiamo con una Victoria Clasica bien helada in un baretto a due quadre dal nostro ostello, scherziamo su quanto ci mancassero le passeggiate nella natura e stabiliamo la mossa successiva: sveglia presto (ma dai!) e via verso Somoto, famosa per il suo canyon e le falesie verticali.
Somoto è piccola, si gira in fretta e così dopo pranzo
pensiamo di salire a Las Sabanas per vedere il tramonto sulla croce in cima al
monte, compriamo due sacchetti di tajadas
di yucca e ci rimettiamo su strada, diamo un passaggio a una famiglia di
contadini che rientrano a casa e chiacchieriamo insieme mentre, tornante dopo
tornante, la vetta si avvicina. Nello spiazzo sotto la croce dei ragazzi
improvvisano una partita a pallone, restiamo fino a che non ci assale un certo
languorino.
La mattina dopo siamo pronte per risalire il canyon con
Fausto e la sua cagnolina temeraria che passerà tutta la mattina accoccolata
sulle nostre schiene mentre nuotiamo tra una pozza e l’altra di acqua verde e
fresca.
Da Somoto a Matagalpa.
...E in questa città ci abbiamo
lasciato un pezzetto di cuore...
Un saliescendi continuo incastonato nella selva,
pulperias e locali colorati, un
ufficio turistico che non sa che informazioni dare ed un museo del caffè dove,
inspiegabilmente, i pannelli su Ruben Dario superano di gran lunga quelli sui
chicchi e sulla loro lavorazione. Ce la
godiamo tutta, in lungo, in largo e soprattutto in alto e in basso, nonostante
non siamo più abituate alle salite, praticamente assenti a Managua.
ci godiamo ogni passo nella selva umida,
stupite, ancora una volta, dalla quantità di sfumature che può assumere il
verde!!!
...Da Matagalpa a Jinotega
ma costeggiando il lago con l’idea di trovare un bel posto dove
passare la notte. Ahinoi! Quando, secondo i nostri calcoli, avremmo dovuto
essere già sulla sponda opposta ci accorgiamo che la strada costeggia il lago,
ma su un solo lato. non ci resta che ritornare sui nostri passi, confuse su che rumbo dare al nostro
itinerario… si vedrà, ora meglio cercare una litera… e la pancia sta già
gorgogliando! E quindi
¿che
direzione prendere?
Gli ultimi sono stati giorni di foreste, laghi e cascate… e
setentassimo di rispondere all’annosa questione “mare o monti”?
¿Ma dai non
ricordi?
¡¿Ci hanno parlato del Golfo de Fonseca
se facessimo questa follia e
andassimo lì?!
Dai, un bel tuffo al tramonto, no? Detto-fatto, si parte rumbo a Chinandega e poi da lì si vedrà!
Ore di strada immensa, la mente divaga sulle leggende panamericane mentre noi
vaghiamo sulla mitica carretera
panamericana cercando senza sosta una stazione radio che non balbetti.
Chinandega quindi e
da Chinandega a Jiquilillo. Una levataccia in montagna e la promessa di un
bagno in mare alla sera, cosa volere di più? Affittiamo una capanna di lamiera
in riva al mare ad un prezzo stracciato e corriamo verso l’acqua! Dopo il bagno
una doccia salata, un paio delle solite Victoria
Clasica bien e una serata in veranda a chiacchierare con Danilo, il
giovanissimo proprietario del lodge.
La mattina dopo
decidiamo di andare verso il Volcán de Cosigüina dalla
cui cima si dovrebbero vedere tre paesi, Nicaragua, Honduras e Salvador. Si
vedono davvero? È una leggenda? Non abbiamo la risposta… dopo quasi tre ore su
uno sterrato di sabbia e polvere abbiamo desistito e, dopo una faticosa manovra,
siamo ritornate sui nostri passi. E dire che tutti ci dicevano che era giusto
per di là! (E dire che tutti ci chiedevano se fossimo matte ad andarci sole!)
Questi giorni di Nicaragua on the road
si chiudono così, con l’incognita del Volcán de Cosigüina e la
certezza di ritornare, di ritentare ed essere più fortunate. Per amor di
cronaca, s’intende!
Vamos a la playa
(o- ooo-o!)
Las Peñitas, Pochomil,
San Juan del Sur e la Costa Caribeña
In
Nicaragua fa caldo, a Managua sembra faccia ancora più caldo, dev’essere per lo
smog e la polvere, ma il caldo si percepisce di più, è addirittura materico:
pastoso e vischioso! Ma soprattutto a rendere il caldo così caldo e l’aria
polverosa così fastidiosa è la lontananza del mare. D’accordo, può essere che
stia esagerando, ma io sono nata sulla riva del mare e respiro meglio quando lo
annuso.
Il
Nicaragua ha laghi, lagune e laghetti, “…hermosa
tierra de agua y volcanes…” ma si allunga tra due oceani che, non me ne
vogliano i sostenitori del canale, non si toccano, non l’attraversano, non si
mischiano ed è bene così.
Ma non divagherò! ed evitando di
salpare per chissà quali ragionamenti, eccoci su alcune delle spiagge
nicaraguensi... Lunghe e sabbiose, strisce color ocra che si snodano tra la
vegetazione e l’immensità di un oceano che, a dispetto del nome che porta,
Pacifico non lo è mai: a volte alza e sbuffa onde altissime, delle altre
srotola correnti sottomarine che a malapena increspano la superficie ma
insidiose come sgambetti.
E noi siamo andate in molte spiagge: a
nord e a sud di Managua, a Las peñitas e a Pochomil. E siamo andate ancora più
a sud, svalicando il Crucero (dove congiungono tutti gli sfiati dei vulcani di
Managua e il cielo è sempre nuvoloso e l’aria sempre fresca), attraversando
Diriamba, Jinotepe, Nandaime e Rivas, sempre giù fino a San Juan del Sur, una
cittadina di bed&breackfast e surfisti
con ville enormi e lussuose sulle colline che scintillano per i riflessi di
luce sulle vetrate e sulle piastrelle azzurre delle piscine.
Ma se, al bivio
del Palì, si gira a sinistra, si
supera la cancha de béisbol, si
attraversano i barrios che non
luccicano affatto e si segue lo sterrato si arriva a Playa hermosa e alla
vicina Playa el coco, dove una sera abbiamo visto una
tartaruga di mare deporre
le sue uova…
e dei pescatori rubargliele
da sotto, infidi e meschini sotto al naso delle guardie della riserva che, pochissime
su chilometri di spiaggia, non hanno potuto fare nulla.
Non c’è Pacifico senza Atlantico.
Il RAAS e il RAAN (Región Autónoma del Atlántico Sur e Región Autónoma del Atlántico Norte) sono
due regioni molto estese, coprono dal centro del paese al Mar del Caribe, la
natura la fa da padrona incontrastata e sono poco popolate ma multietniche: vi
si incontrano diverse popolazioni indigene, i Miskytos soprattutto, ma anche molti Creoles afro discendenti.
Purtroppo non è affatto semplice muoversi per queste
zone, i collegamenti via terra sono apparentemente inesistenti, con un breve
volo aereo da Managua abbiamo raggiunto Corn Island e da lì, dopo ore di attesa
al porto, siamo salite su una lancia per raggiungere l’isola piccola dove
abbiamo oziato per un intero fine settimana.
Tutto su questo lato è diverso. Diversa
la lingua, diversa la musica, diversi i volti, diverso il pane. Little Corn
Island ha molti turisti, perlopiù mochilleros,
ma non sembra aver perso molto della sua autenticità. Si vanta d’essere isola verde, ha politiche
ecologiche brillanti, non vende acqua perché è bene universale, riduce,
riutilizza e ricicla, rinuncia ad alcune comodità in nome dell’ambiente.
Leon
Interessantissima pe la sua architettura coloniale e per la storia, qui c’è uno dei più importanti musei della Rivoluzione sandinista.
Abbiamo avuto la fortuna di poter salire
sul tetto del museo per vederla dall’alto, può sembrare banale, ma è stato
emozionante salire oltre il quarto piano di un palazzo in un paese dove, per ovvie
ragioni, la maggioranza di case e palazzi supera i due piani di altezza. C’è un
bel mercato coperto, dove si incontrano moltissimi tipi di frutta e di verdura,
repollos guanabana, zapote, chayote, camote,
quequisque, popote, remolacha, narajas, granadilla, pitaya…
Masaya e Granada
A pochi chilometri da Managua, Masaya è una piccola città con un bel
mercato di artigianato, ma la sua attrattiva principale resta senza dubbio, il
vulcano da cui prende il nome.
Durante il giorno, dopo una breve salita, offre una bella vista di Masaya e di Managua, ma è di notte che dà il meglio di sé regalando scenari pazzeschi: il cratere si incendia e splende nel buio, uccelli e pipistrelli volano tra gli sbuffi di zolfo e, quasi invisibili a Managua, si accendono migliaia di stelle.
A breve distanza da Masaya si può
visitare la Laguna de Apoyo, formatasi dentro un cratere estinto. L’acqua è
piuttosto calda e le spiagge sono sempre molto frequentate: su una sponda
abbondano bar e locali, regnano la cumbia
e il merengue mentre sull’altra, non
raggiungibile, la folta vegetazione arriva fino al bagnasciuga e si confonde
nel verde della laguna.
Una leggenda racconta che sul fondo del
lago ci sia una finca fantasma e che
chiunque vi faccia il bagno dovrà raggiungerla, una volta morto, e lavorarvi
cento anni prima di riprendere il suo viaggio.
Proseguendo di poco verso sud si raggiunge Granada, altra città coloniale dai colori sgargianti e dai molti mercaditos. Schiacciata sul Lago Cocibolca guarda al Volcán Mombacho e alla miriade di isolotti che sono nati da una delle sue esplosioni.
Paese di laghi,
vulcani, spiagge e selve il Nicaragua offre una grande varietà di paesaggi e di
realtà. Appena fuori
Managua, poco lontano dalle sue strade ampie e caotiche, si ritrova una natura
potente e rigogliosa che andrebbe sicuramente più curata e rispettata, ma che
resiste e prospera. Non troppo lontano dai centri commerciali, dai fast food e
dai quartieri troppo densamente abitati della capitale, ci si imbatte nei più
autentici ranchon e mercaditos, le persone sono generalmente
più ciarliere e bendisposte nei confronti dei viaggiatori ficcanaso ed è facile
rintracciare l’entusiasmo e la curiosità per esplorarlo e per laciarsene
attraversare.
e, a proposito di attraversare, scriviamo buttando sempre un occhio alle carte, prossima meta, Ometepe!
...per mestiere aver scelto il mestiere di Vento...