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lunedì 22 ottobre 2018

Thailandia: l'esperienza di Giorgia, casco bianco di Caritas Italiana

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Ottobre 2017 - Ottobre 2018 LA MIA ESPERIENZA DI SERVIZIO CIVILE con Caritas Italiana
DOVE: Thap Lamu - Provincia di Phang Nga - Thailandia

Giorgia Romanelli, volontaria originaria della Diocesi di Milano, ha appena terminato l'esperienza di servizio civile all'estero, inserita in un progetto "Caschi Bianchi" promosso da Caritas Italiana.
Caritas Ambrosiana, a seguito del terribile Tsunami del 2004, ha sostenuto per diversi anni le organizzazioni locali, sia attraverso il finanziamento di progetti, sia attraverso l'invio di volontari durante il periodo estivo ("Cantieri della solidarietà").
Pubblichiamo volentieri un video-racconto del suo anno di servizio e la traduzione in italiano dei testi descrittivi che accompagnano le immagini presenti nel filmato.



Il villaggio di Thap Lamu è abitato da immigrati birmani; la maggior parte di loro vive in povertà e ha problemi con documenti, droga, prostituzione e sfruttamento.
È in questo contesto che nasce il Learning Centre, creato grazie alla volontà degli abitanti birmani per garantire un’educazione scolastica ai bambini del villaggio. Bambini che altrimenti, a causa di problemi finanziari o mancanza di documenti, non possono permettersi di frequentare la scuola governativa thailandese.
Il Centro di Apprendimento è sostenuto dal Disac (Azione Sociale Diocesana della diocesi di Suratthani), da Caritas Italiana e da donazioni private. Supporti che garantiscono il pagamento degli insegnanti, vengono utilizzati per sistemare le carenze strutturali e per l’acquisto del materiale scolastico utile agli studenti.
Le materie insegnate presso il Centro di Apprendimento sono il birmano, il thailandese, l’inglese e la matematica. Anche l'insegnamento della religione ha un grande valore. Il metodo di insegnamento utilizza principalmente tecniche mnemoniche, che non tengono conto delle peculiarità individuali e si avvale di punizioni corporali basandosi sul potere autoritario.
Le debolezze strutturali richiedono una manutenzione continua, gli spazi sono limitati per il gran numero di studenti (circa 60) e i soldi non sono sufficienti a pagare più di un insegnante. 
Il preside del Centro Didattico lavora come volontario. 
Sono circa 60 i bambini, di età compresa tra 3 e 15 anni,iscritti al Centro di Apprendimento. Provenendo da famiglie povere e spesso problematiche, vengono poco spronati e spesso crescono con modelli violenti e disfunzionali
Molti bambini hanno comportamenti violenti, livello di attenzione basso e difficoltà nel relazionarsi positivamente. Spesso l'unica modalità di comunicazione conosciuta dai bambini è la punizione violenta e fisica. Modalità che non solo gli adulti di riferimento utilizzano nella relazione con i bambini, ma che i bambini stanno imparando a utilizzare tra loro
Per tutte le ragioni sopra menzionate, la necessità di fissare nuovi obiettivi, di lavorare su diversi aspetti della vita dei bambini, cercando di fornire nuovi modelli, nuove esperienze, stimolare abilità che altrimenti rischiano di rimanere latenti e creare nuove modalità di relazione pacifiche e collaborative.
La possibilità data da Caritas di avere a disposizione un fondo per attuare un progetto che vada a lavorare su questi obiettivi, ha dato origine a idee.
L'idea della Pet Therapy nasce dalla possibilità di avere un ampio spazio disponibile e dalla funzione mediativa e stimolante che gli animali possono avere, con effetti positivi sui bambini.

LA PET THERAPY

Questi interventi funzionano grazie al rapporto instaurato tra un animale domestico ed un utente: una sintonia complessa e delicata che stimola l'attivazione emotiva e favorisce l'apertura a nuove esperienze, nuovi modi di comunicare, nuovi interessi. L'animale non giudica, non rifiuta, si dona totalmente, stimola i sorrisi, aiuta la socializzazione, aumenta l'autostima e non ha pregiudizi. In sua compagnia il battito cardiaco diminuisce così come le ansie e le paure. Inoltre, favorisce la piena espressione delle persone, che tra umani di solito si riduce al solo linguaggio verbale.
Interagire con un animale può significare per un bambino sviluppare processi di apprendimento più rapidi e imparare a prendersi cura di qualcuno diverso da lui. Una buona opportunità di crescita, perché l'animale ha un grande valore emotivo per lui: accarezzare e coccolare provoca un piacevole contatto fisico e stimola la creatività e la capacità di osservare.
L'esperienza è stata accolta molto positivamente da bambini che non avevano mai avuto l'opportunità di prendersi cura di un animale. I bambini erano molto felici dell'idea di prendersi cura dei conigli, abbiamo progettato insieme il recinto, che sarebbe stato usato per ospitare i conigli nel cortile della scuola, e l'abbiamo costruito insieme. Attività che consente di sviluppare abilità di programmazione, cooperazione e sviluppo delle abilità manuali. I bambini si sono presi cura dei conigli, avendo cura di fornire il cibo, pulire la gabbia, portarli dalla casa delle insegnanti a scuola.
Un riscontro molto positivo sul progetto di Pet Therapy deriva dall'essere stato in grado di coinvolgere molto intensamente un bambino con una storia familiare molto travagliata e disfunzionale, con difficoltà relazionali, aggressività repressa, comportamento violento e manifesta necessità di attenzione. La relazione con i conigli ha ripetutamente permesso di tranquillizzare l’aggressività del bambino, aiutandolo a recuperare la calma. 
Il progetto di Pet Therapy ha funzionato come mediazione tra me e i bambini e ha permesso loro di trovare un passatempo visitando i conigli a casa nostra al di fuori dell'orario scolastico.
Gli aspetti negativi dell'esperienza riguardano principalmente le difficoltà incontrate durante la stagione delle piogge, durante la quale i conigli non potevano essere portati nel cortile della scuola. Persino lo spazio riservato a loro in casa, durante la stagione delle piogge era esposto all'acqua e questo ha impedito ai bambini di prendersi cura degli animali in modo continuativo. Ciò ha causato una perdita di interesse da parte dei bambini nei confronti dei conigli.

Credo che l'esperienza della Pet Therapy sia stata sicuramente positiva per i bambini; e che, insieme ad altre attività implementate durante l'anno, abbia portato i bambini a crescere e maturare. Penso che uno degli aspetti positivi sia stato il mantenere l'attenzione sul fornire ai bambini nuovi stimoli, nuovi modelli rispetto a metodi di comunicazione e relazionali funzionali.
Il progetto Pet Therapy è stato senza dubbio un progetto a termine che non avrà continuità. 
Ritengo però che possa essere utile continuare a perseguire gli obiettivi su cui puntava, utilizzando anche diversi metodi e risorse.

“Per insegnare bisogna emozionare. Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari”
(Maria Montessori)

Giorgia Romanelli,
casco bianco 2017-2018 in Thailandia, Caritas Italiana

lunedì 3 ottobre 2016

Sea gypsy: un altro mondo, un'altra cooperazione

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Lungo il cammino della propria vita, soprattutto quando si è in viaggio, s’incontrano un’infinità di persone. La maggior parte di esse sparirà senza lasciare alcuna traccia, ma raramente capita di incontrare qualcuno in grado di lasciarti un segno indelebile, un segno che appare senza nemmeno rendersene conto. Sono persone che ci offrono un’altra visione del mondo, che semplicemente con le loro azioni ci portano a mettere in discussione le nostre certezze presenti e a porci domande sul nostro futuro. 
Sono persone con una storia che merita di essere raccontata.

Lungo le strade dall'assolata Thailandia, io ho incontrato Maew.

Maew è una giovane donna thailandese. Originaria della remota provincia di Ranong, dal carattere forte e indipendente, racconta che era agli inizi di una sfavillante carriera tra i grattacieli di Bangkok, quando la notte di Natale del 2004, un devastante tsunami cambiò per sempre il suo Paese e la sua vita. Un maremoto che solo in Thailandia ha causato oltre 8.000 tra morti e dispersi, un grido di dolore che non poteva essere ignorato.
Così Maew ha lasciato la scintillante metropoli senza più farvi ritorno, per dirigersi nel sud del Paese ed iniziare un’esperienza di volontariato nel villaggio dei sea gypsy (letteralmente “zingari di mare”) di Thaptawan, lungo la costa delle Andamane, là dove la catastrofe aveva colpito più duramente.

Villaggio di Thaptawan
Il villaggio di Thaptawan è abitato da un gruppo sedentarizzato di Moken, tra i principali rappresentanti di un fenomeno, il nomadismo marino, ormai in via di estinzione. Difficili da quantificare per il carattere nomade della popolazione (si stima ne vivano circa 12.000 solo in Thailandia), questi gruppi minoritari di zingari di mare ancora non godono pienamente dei diritti fondamentali e ciò li rende più vulnerabili allo sfruttamento. E’ qui che dopo qualche mese dal suo arrivo Maew ha fondato il Tonkla Andaman Child Development Center (CDC) al quale ha dedicato 6 anni della sua vita, prima di sposarsi e trasferirsi in Olanda.

Reti da pesca tradizionali sulla spiaggia di Bangsak,
limitrofa al villaggio di Thaptawan
In Europa, i suoi pensieri non facevano che tornare ai bambini sea gypsy del villaggio di Thaptawan. Molti dei bambini che aveva aiutato, una volta adolescenti hanno lasciato la scuola senza raggiungere il diploma. Divise scolastiche, libri, trasporto e attività extra curriculari rendono gli studi per molti di essi troppo costosi. E anche con il diploma è difficile che la loro vita possa cambiare: non possono permettersi gli studi universitari e raramente riescono a trovare un buon lavoro. I sea gypsy hanno fama di essere pigri e sporchi tra i datori di lavoro thailandesi della zona e hanno difficoltà a relazionarsi con i turisti, non essendo abituati ad avere contatti con persone al di fuori del proprio villaggio. E’ così che il circolo vizioso dell’esclusione sociale si autoalimenta di generazione in generazione.  

Più il tempo passava, più Maew sentiva che la sua missione non era finita. Ha lavorato duramente per poter tornare a Thaptawan, dove ormai da due anni vive in pianta stabile con la sua famiglia e dove ha creato un programma di dopo scuola per i bambini sea gypsy, appoggiandosi alla struttura del Tubtawan Cultural Home, un centro culturale costruito nel cuore del villaggio grazie ai finanziamenti post-tsunami. “Anche se il programma dopo scuola si focalizza su attività ricreative e di tutorato, il nostro principale obiettivo è quello di costruire solide relazioni con i bambini, in modo tale che essi ci riconoscano come una fonte d’aiuto, quando hanno problemi scolastici o familiari, e delle figure cui chiedere consiglio, nel momento in cui devono prendere decisioni importanti per la propria vita” spiega Maew.

Tubtawan Cultural Home, il centro culturale di Thaptawan 
Maew rappresenta per questi ragazzi un rifugio sicuro quando scappano di casa perché hanno litigato con i propri genitori, i quali spesso hanno problemi legati alla disoccupazione, all'alcolismo e all’uso di sostanze stupefacenti, diventando uno sprone alla riconciliazione. 
Rappresenta un sostegno, anche economico, per coloro i quali decidono di riscriversi a scuola e ottenere il diploma. Un confronto per creare insieme un’immagine del proprio futuro, uno sforzo così distante dal mondo dei sea gypsy in cui si tende a vivere la vita giorno per giorno, senza pensare al domani. 
Rappresenta uno stimolo per chi decide di coltivare il valore del risparmio, totalmente estraneo alla loro cultura, attraverso l’apertura di un conto in banca. Per stimolarne l’uso, ogni volta che depositano del denaro sul proprio conto, Maew aggiunge qualche bath come incentivo.
Rappresenta un orientamento alla crescita personale, un aiuto ad assumersi man mano quelle responsabilità che a casa non sono abituati ad avere, per crescere e maturare con maggiore coscienza della propria vita.

Sui soffitti del centro culturale è dipinta la storia dei Moken di Thaptawan

Il suo è un approccio molto lungo e ben diverso sia dall’assistenzialismo, rappresentato dai famosi “sacchi di riso” nell’immaginario collettivo, sia dai grandi progetti scritti a tavolino e curati nel dettaglio dei big donor della cooperazione. Gli effetti di questo agire si sedimentano inevitabilmente in un tempo molto dilatato: “solo ora riesco a vedere i frutti dei semi piantati oltre dieci anni fa ed questo che mi fa andare avanti nonostante tutte le difficoltà” mi dice, con un luccichio negli occhi.
Piantiamo semi che un giorno cresceranno. Nutriamo semi già piantati da altri, sapendo che custodiscono in essi promesse future. Assicuriamo solide fondamenta a un futuro sviluppo, di cui forse non vedremo mai i risultati. Noi non possiamo fare tutto e c’è un senso di liberazione nel raggiungere questa consapevolezza. E’ nelle parole e nelle azioni di Maew che ritrovo l’importanza del distinguere tra lo stare e il fare, forse uno dei più grandi doni che si riportano a casa dopo un anno di esperienza sul campo.

Per poter finanziare il programma post scuola Maew lavora come insegnante di inglese, anche se il suo obiettivo è dedicarsi al suo progetto a tempo pieno. “L’avere più tempo libero non solo mi permetterebbe di aiutare meglio i bambini, ma mi darebbe anche la possibilità di aiutare le loro famiglie”, sottolinea Maew quando si accenna di futuro. Secondo lei, l’unico modo per spezzare il circolo vizioso dell’esclusione sociale è lavorare al fianco dei genitori, trasmettere loro l’importanza dell’insegnare ai propri figli il senso di responsabilità, mostrar loro che una vita diversa è possibile e “aprire le porte” del villaggio, favorendo sempre più contatti col mondo esterno.

Il programma post scuola prevede anche l'insegnamento della lingua inglese

Al momento nel programma dopo scuola i ragazzi sono formati attraverso una serie di attività manuali per realizzare souvenir tramite l’uso di materiali di scarto (plastica, vetro, carta, foglie, conchiglie), da poter vendere ai turisti dei resort limitrofi durante il periodo di alta stagione. Oltre alla sensibilizzazione sul valore del riciclo e allo sviluppo di una coscienza etica, l’obiettivo primario è quello di mostrare il ritorno nell'investire le proprie energie in un progetto più a lungo termine, ben diverso dal vivere alla giornata, che possa in futuro rendere sostenibili le attività del programma dopo scuola.

Le foglie dell'albero della gomma una volta essiccate e dipinte
vengono utilizzate come elemento decorativo

Se un giorno anche a voi capiterà di incamminarvi per l’assolata Thailandia, ricordate che lì, tra i lussuosi resort di Khaolak e la ridente cittadina di Takuapa, c’è un villaggio ancora fermo nel tempo, in cui potreste avere la fortuna di essere contagiati dalla prorompente energia positiva di Maew, una persona con il potere di far ricredere anche i più disillusi che un mondo migliore sia ancora possibile.

Martina Dominici, 
casco bianco Caritas Italiana in servizio in Thailandia

mercoledì 23 marzo 2016

Bordertown

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Per gli europei della mia generazione, nati sotto la buona stella degli accordi di Schengen, il confine ha sempre rappresentato un concetto immateriale più che dei veri e propri limiti fisici. Una tale libertà di movimento al di fuori dei nostri confini nazionali, ci ha permesso di crescere con radici saldamente ancorate ben oltre le nostre frontiere. Forti della consapevolezza che non sono le frontiere a fare la differenza tra le persone, ci sentiamo ormai cittadini del mondo intero e patrioti dell’umanità nel suo complesso, per prendere a prestito le parole di Charlie Chaplin.

Almeno in Europa, gli unici confini che abbiamo sempre dovuto affrontare erano quelli generati dalle nostre menti, i confini che noi stessi abbiamo tracciato. E’ sempre stata una questione di linee: le linee che ci separavano dal raggiungimento dei nostri traguardi prima scolastici e poi professionali, le linee intangibili che abbiamo tracciato per separarci dalle persone che ci circondano, che dopo tante delusioni, abbiamo trasformato in barriere con la speranza che nessuno più le oltrepassasse.

E mentre ora l’Unione Europea è affaccendata a ripristinare frontiere e confini, tra muri e chilometri di filo spinato, gli europei della mia generazione, che si sono vissuti il Vecchio Continente senza visti né passaporti, da queste linee si sentono soffocare. Proprio quando ci si prova a sporgere per allargare lo sguardo oltre il confine è lì, in bilico su quella linea tra il noto e l’ignoto, che si prova quel senso di vuoto, un misto di paura e desiderio che spinge i più avventurosi a fare le valigie e correre il rischio, varcare i confini, mossi dalla brama di scoprire cosa ci sia dall'altra parte.

Da Ranong (Thailandia) la città più vicina del Myanmar è Kawthaung raggiungibile in soli 15 minuti di barca
Alla base di queste premesse, può suonare a tratti paradossale che ora mi trovi a Ranong, città di confine tra Thailandia e Myanmar. Ranong è uno di quei posti sulla Terra in cui il confine riesce a risultare impercettibile e al contempo più imponente di qualsiasi barriera. L’elevata presenza di migranti irregolari provenienti dal Myanmar, che da decenni fuggono da guerre inter-etniche ed estrema povertà, rende le stime ufficiali sugli abitanti della città poco realistiche, forse raggiungono i 100.000, di cui i thailandesi rappresentano una risicata minoranza. A Ranong si indossano abiti tradizionali Mon, Kachin e Shan e si parla la lingua birmana. Si mangia Chin, Rakine e Karen e all’ingresso delle abitazioni, affianco alla statua di Buddha, troneggia l’effige di Aung San Suu Kyi. A Ranong si vive in Thailandia, ma si vive il Myanmar.

Abiti tradizionali birmani
Ammassati in baracche che affittano a caro prezzo, perché per legge non possono possedere proprietà, i migranti lavorano per pochi spiccioli e in condizioni estremamente precarie sulle barche da pesca, nella cantieristica navale, nell'edilizia, nella filiera ittica, nelle fabbriche di lavorazione delle materie prime e in tutti quei lavori che i thailandesi non sono più disposti a compiere. I migranti irregolari non hanno accesso alle cure mediche, mentre per quelli regolari spesso risultano troppo costose. Solo il 20% percento dei loro figli riesce ad avere accesso ad una qualche forma di istruzione, anche se poi il 90% di essi abbandona la scuola all'età di 12 anni per seguire i propri genitori nelle fabbriche o per prendere il posto dei genitori che non hanno più. Ranong è anche la città con il più alto tasso di diffusione di HIV di tutta la Thailandia, un virus che la maggior parte di essi scopre troppo tardi di aver contratto.  


Alla fine della Seconda guerra mondiale, mossi dalla riscoperta del livello di atrocità che sono in grado di commettere gli unici esseri governati dalla ragione, alcuni rappresentanti del genere umano hanno redatto una bellissima dichiarazione universale che sancisce i diritti fondamentali. Diritto all'uguaglianza, all'istruzione, alla salute, ad adeguate condizioni di vita e alla proprietà, tra gli altri. Eppure ogni volta che viene tracciata una linea di confine per paura, ad un rappresentante in più dell’umanità uno di questi diritti viene negato. Siamo davvero sicuri di sapere cosa perdiamo quando chiediamo i confini indietro?    

In ambo i lati del confine le insegne e i cartelloni pubblicitari sono scritti sia in lingua birmana sia in lingua tailandese



Martina Dominici, 
casco bianco Caritas Italiana in servizio in Thailandia

venerdì 5 ottobre 2012

Scatta il cantiere: "Contesto"

3 commenti:
Altra categoria del concorso è stata quella di fotografie rappresentative dei contesti in cui i cantieri si sono svolti: un ex aequo (primo di una serie).

1° classificata

Uno sguardo sulla città, di Maria Sofia Bonfanti (Giordania)


2° classificata

Burma mothers day, di Matteo Bodini (Thailandia)


3° classificata ex aequo

Nueva Vida, di Giulia Ballabio (Nicaragua)


3° classificata ex aequo

Moneda Moneda!, di Cristina Pozzi (Bolivia)

sabato 18 agosto 2012

Good morning teacher

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Quattro giorni a Ranoong tra Learning Center e Kindergarden. Per quattro giorni siamo stati svegliati alle 7.00 dalle voci dei bambini che ogni mattina prima dell'inizio delle lezioni hanno giocato, corso e condiviso la merenda. Per quattro giorni ci siamo “lavati”, abbiamo fatto colazione, ci siamo vestiti con la loro costante e cortese presenza e ad ogni nostro passaggio siamo stati salutati con un inchino e le mani giunte davanti al viso in segno di rispetto: “Good morning teacher”. Piu' di 200 bambini tra i 4 e i 13 anni hanno animato le nostre mattine con tanti sorrisi e un grande ordine. Mattine partite con tutti i bambini in cortile, divisi in piu' file perfettamente in ordine a recitare preghiere e a cantare l'inno thailandese. Noi, insegnanti improvvisati, abbiamo tentato di passare loro qualche rudimento di inglese... il nostro inglese italianizzato... “Allora, now...”.


Mattine e pomeriggi passati a giocare a pictionary, a insegnare le potenze, le radici quadrate e le espressioni, a cantare ritornelli che piu' che a dei ragazzi di 13 anni sarebbero stati adatti a bimbi di 5 anni, a insegnare vocaboli in italiano e fare video imbarazzantistile “Italiaaa Unoooooo”, a giocare a Galeone (Flipper, Grattamani), a insegnare senza particolare successo che Davide è un boy e Fede una girl. E nonostante molte volte siamo rimasti in silenzio e senza idee, i “nostri” studenti ci hanno sempre confortato con un sorriso.


La prima sera l'idea di stare davanti a tanti ragazzi e trovare il modo di tenerli occupati ci terrorizzava, ma l'ultima mattina il pensiero di non potersi mettere davanti alla lavagna e vedere i loro visi in attesa ci ha stretto il cuore. Ma anche quell'ultima mattina quei piccoli birmani con la faccia decorata ci hanno fatto un bellissimo regalo, riempendoci di dolci, di baci e di sorrisi.

Thank you teacher”, “Bye Bye teacher”.


Solo4 giorni a Ranoong, vivendo tra birmani e come insegnanti birmani (dormendo nella libreria della scuola insieme agli altri teacher), ci hanno svuotato di comodità e ci hanno riempito di affetto.

E allora... Bye bye students!

THANK YOU!!!
Gloria

lunedì 6 agosto 2012

Introducendo la Thailandia

1 commento:
 
Don't cry for farang...baby! (Non piangere per l'uomo bianco...bambina!) → incontri traumatici per i bambini thai

Piantagioni di gomma → una delle coltivazioni più diffuse nel sud della Thailandia

Gamberetti in tutte le salse (piccanti) → fritti, lessi, piccanti, in brodo

Sister's velo inzuppato → nemmeno la bassa marea le ferma dal tuffarsi

Argilla → il fondo che sprofonda

Cascata → un pomeriggio facendo il bagno vestiti

Fish food → palline puzzose per attirare i brutti pesci

Pesci coi baffi → i brutti pesci

Shells → la soddisfazione del procacciarsi il cibo da sé

Bagno notturno → buttati che è morbido!

Cielo stellato → Orione trovato

Onde da “panico pa-panico pa-panico paura” → bagno notturno

Accordi arrandom e canto passpartout → Messa thai

Full pick-up → pickup italiano: massimo 5 posti con Mastercard. Pickup thai: 9 nel cassone + 4 nell'abitacolo con MasterThai. Appiccicarsi di sudore...non ha prezzo

Finta bassa marea → “Buttati che è bassa”....e non riemerse

Sabbia (anche negli spaghetti) → calcoli thailandesi

7-even → l'esselunga thailandese

Lattine → e la collezione aumenta...basta non schiacciarle

813 police → memorial tsunami park
 
Frog → la rana notturna
 
Acqua ai fiori → acqua profumata bevuta quotidianamente
 
 
COMING SOON

Prossimamente nei migliori cinema Thai:Notte brava a Takuapa, Il ritorno del father, Le gang della beach, Notte prima delle medie, 3 fast 3 fuoriuos: Thai drift.

Con la gentile partecipazione di: Zia Muslim Rosetta, Bimba Lama, Brunetta (anche se non era all'altezza), Zainetto Mi, Father Michael, Sister Rainbow, Father “Yao Ming” Suwat, Budric Monk, Mrs. My friend Sticuori.

LA RUBRICA DI “DU IU SPIK INGLISC E BIT”:
 
FORST LEXON
 
Where are you from? No

Can we go for a walk? No I haven't

I'm 27, and you? Yes

---

Che poi, se ci pensi bene, siamo figli di papà anche noi......

BUONIIII....STIAMO SERENI.......NON LITIGHIAMO........PACIFICI EH.......TANTO ABBIAMO TEMPO......MUOVETE IL DERETANO!

domenica 5 agosto 2012

THERE'S NO WALL ANYMORE

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PS: se c'è qualcosa che non vi è chiaro....fatevi voi 2160 minuti di viaggio!


Salutiamo e ringraziamo padre Suwat e sister Su per la cena e, dopo che ci hanno mostrato le camere, gli auguriamo una buona notte! STOP

Finalmente giunti nella "terra del sorriso", troviamo Michael and Mr. Du-iu-spic-inglisc-e-bit ad accoglierci all'aeroporto di Phuket. STOP


La tratta Abu Dahbi - Pucket sembra interminabile. Facciamo solo in tempo a vedere il tramonto dall'aereo che ci ritroviamo immersi nelle tenebre thailandesi. STOP


Appena usciti dall'aereo che ci ha portato da Berlino ad Abu-Dahbi veniamo accolti da un caldo a dir poco asfissiante (che sia l'effetto dei cammelli degli sciecchi o gli sciecchi stessi ?!). STOP

E andiamo a Berlino (Beppe)! Alla domanda "Where are the pieces of the wall?", l'autoctona crucca risponde sorridendo: "There's no wall anymore". STOP



Sono le 7.00 di mercoledì 1 agosto e ci troviamo in quel di Malpensa. Dietro di noi...solo la signora con il cappello che, ignara della lunga attesa che avrebbe dovuto affrontare in nostra compagnia, si asciugava nervosamente la fronte colante. STOP

Al ritmo di: BUONIIII....STIAMO SERENI.......NON LITIGHIAMO........PACIFICI EH.......TANTO ABBIAMO TEMPO......iniziamo il nostro CanThai. STOP

<--- oirartnoc la ottel av tsop li etnemaivvo  <----

martedì 26 giugno 2012

Cantieristi strana gente

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I 3 giorni di formazione per i cantieri sono andati. Tra Brusuglio e Rho, a Brhosuglio per gli amanti della sintesi, qualcuno ha urlato senza apparente motivo.



Forse perchè, in Africa lo si sa, i bianchi hanno la bocca grande e le orecchie piccole. Forse invece no, e il mio era solo un pretesto per segnalarvi il blog di Giovanni, che questa cosa l'ha raccontata.

lunedì 6 febbraio 2012

Non ci sono più le quattro stagioni

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(Quindi vado di margherita)

Nella penultima cena sul Mare delle Andamane, il discorso con i nostri commensali thailandesi prende una piega che mi piace fermare.


In autunno Bangkok ha subito un’alluvione che ha ucciso più di 500 persone. Yingluck Shinawatra, sorella minore dell’esiliato tycoon Thaksin, è l’attuale Capo di Governo. Donna d’affari più che di esperienza politica, Yingluck condivide con il fratello un cognome che in thai significa “fa bene di abitudine”: allora forse non era abituata a trovarsi in situazioni del genere, certo è che i 10 mln di thai colpiti da 10 mln di metri cubi d’acqua non dimenticheranno facilmente la sua scesa in campo (peraltro avvenuta a piogge già iniziate), quando non fece propriamente “bene”, minimizzando l’emergenza.

Purtroppo ci riferiscono come la Nasa le prospetti imminenti possibilità di riscatto nella gestione di catastrofi simili, almeno nei prossimi 3 anni, dopo i quali la stessa agenzia prevede un ritorno alla quiete tettonica e pluviale. Qualche sacerdote del nord del Paese starebbe incoraggiando i suoi fedeli ad affrettare i loro sforzi di evangelizzazione poiché, secondo le sue fonti, il sud della Thailandia sarà presto sommerso dalle acque.


In disaccordo con queste parole, il nostro commensale, anch’egli un don thailandese, si affretta a lodare la loro cucina dai sapori così vari e così piccanti a dispetto di quella italiana, monotona e limitante nel suo schema primo-secondo-contorno. Ingollando la nona zuppa allo zenzero della missione, gli chiediamo cosa pensi degli improvvisi cambiamenti meteorologici degli ultimi anni.

“Mio padre prevedeva che tempo avrebbe fatto il giorno successivo. Lo sapeva sempre, e il bello era che non capiva neanche lui come faceva a saperlo. Crescendo mi son detto che, vivendoci in mezzo per anni, lui comprendeva la lingua della natura ma non sapeva insegnarne la grammatica. Fatto sta che non sbagliava mai. Due anni fa ero in visita a trovarlo e gli chiesi se l’indomani avrebbe piovuto. Mi ha guardato, confidandomi che non era più capace di dirlo”.

“La Terra è cambiata”, aggiunge il quarto seduto al nostro desco, con un tono di voce da Dama Galadriel “le stesse formiche sono disorientate; dai loro movimenti si deduce che non sanno se pioverà o se farà bello. E quest’anno sui monti settentrionali è nevicato, ma non era neve, era un fenomeno atmosferico differente, particolare”.

Le parole aleggiano per un po’, portando la mia mente a prospettare il 2012 come un “anno segno”, forse soggettivo forse oggettivo, che sia anno del gallo o del drago, della morte del Re Rama IX o quello in cui i movimenti di persone tra i Paesi della regione dell’ASEAN (Thailandia e Myanmar compresi) saranno liberalizzati.


Quindi la missione va esaurendosi, pregna fino all'ultima tratto in macchina. Poi prendiamo l’aereo, proviamo tutti i videogiochi, fruiamo di buona parte dell’offerta cinematografica accettabile, leggiamo e ci cimentiamo in giochini enigmistici. Giochiamo a calciobalilla, guardiamo dei russi, e dormo sotto una poltrona.

Poi riprendiamo l’aereo, ci spostiamo per qualche ora a 700 km\h, passiamo dai 30°C ai meno10, quelli che ci stanno intorno riprendono a parlare italiano e nevica. Neve vera.

O è merito del re o è merito del gallo, però anche questa volta credo che la nostra missione abbia significato.

[E non è un errore di tempo grammaticale, semmai manca un complemento oggetto. Che arriverà]

martedì 31 gennaio 2012

digital divide

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Che poi tornato a casa mi sono detto per l'ennesima volta: tutto il mondo è paese.
Mentre sei dall'altro capo del mondo scopri che a Milano la scadenza per iscrivere i bambini alle elementari è mobile. Anzi no, è fissa. Anzi no, dipende dall'istituto. O forse dal capo dell'istituto (preside? dirigente scolastico?..vabbè, il capo).
Ma non tutti hanno la fortuna di trovare il burocrate che rispetta la legge.
E così penso che tutto sommato se Pippo, figlio di immigrati, non ha diritto ad avere il modulo di iscrizione per tentare di essere estratto (anche in Italia i giochi a premi piacciono assai) per entrare come studente fuori bacino, in una scuola che non è fatta solo di immigrati, alla fine funziona come in Thailandia.
Dove i figli dei birmani (gli immigrati per i Thai) devono vincere la lotteria promossa dal capo più umano.

E' come nei film di Villaggio: solo che se il capo è una belva, allora in Thailandia a scuola non ci vai. Se sei fortunato trovi un Learning Center.



Ma se ci arrivi a 12 anni, ti alfabetizzano e superi gli esami, allora, forse, puoi entrare in una scuola pubblica in 1a elementare.
Ma questo accade al 4% dei bambini.
Gli altri possono continuare a cantare simpatiche canzoncine e a imparare a far di conto che così, quando al pomeriggio tornano a casa nello slum, riescono a mettere su un bel mercatino senza timore di perderci un baht.

sabato 28 gennaio 2012

I Morgan, alias gli zingari del mare

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Le vicende dei Morgan son difficili da scrivere. Devi pesare parole quali “semplici”, “sviluppati”, “modernità”, “primitivi”. Forse un antropologo, non un antropaologo. Ci provo, come già spezzatamente accadde in 1: ONE*.

Nel mezzo del cammino, come nel mezzo di trasporto, esiste un elemento, un aspetto transitorio, il transito di terra, la pausa materiale, nel mezzo c'e' anche il dubbio di come diventare”, cantava Marco Castoldi nel 1997, quando non cercava le x. È splendida presunzione credere di avere conosciuto i Morgan. E presuntuoso non voglio apparire (neanche essere, ma questa è un’altra storia). Il nucleo sta nel mezzo, e noi nel mezzo non ci arriviamo. Arriviamo appena alla superficie: è un pomeriggio sereno, quello in cui stiamo in una barca, ingannando il tempo dell'attesa scattando foto.


I Morgan, o Moken. Un gruppo etnico di 2000, 3000 persone che vivono in comunità sparse per il Golfo delle Andamane, tra la Thailandia e il Myanmar. Si dice che siano nomadi, ma quelli con cui abbiam parlato noi non lo sono.

Di mestiere le donne raccolgono le conchiglie. E poi fanno figli. Da quando la natura gli concede di averne, che loro siano 11enni o 13enni. Quando chiediamo ai Morgan quante mogli abbia ognuno di loro, la domanda gli viene tradotta dall’inglese al thai, dal thai al loro dialetto ed iniziano a rispondere e a ridere e a replicare e i traduttori partecipano al gioco incalzandoli e scoppiano nuovamente a ridere tutti. Tranne noi. Dopo un minuto di questa scena, la persona che ci sta facendo da mediatore si gira verso di noi e, impassibile, risponde lapidario. “Una”. Mi sento in un fumetto di Guy Delisle**.

Di mestiere gli uomini pescano con le bombe. Ma, a differenza di Super Dynamyte Fishing***, ogni tanto qualcosa va storto; quelli con cui abbiamo parlato noi parevano i pirati del Mar dei Sargassi****, uno con l’occhio di vetro, uno senza un labbro, uno senza una mano e il quarto con una scritta thai (o birmana?) tatuata da capezzolo a capezzolo. Saltano su una barca come quella qua sotto e vi trascorrono una decina di giorni al largo. Per guadagnare la bellezza di 40€ a testa, con cui comprano da mangiare. E da bere. Il progetto promosso dalla Caritas locale li vorrebbe affiancare nel crescere l’abitudine al risparmio, ma il percorso è agli inizi e le loro smarrite reazioni quando gli chiediamo cosa ne pensano sono più efficaci di molti report.


Ho letto di un esperimento che confronta 2 scenari: nel 1° possiamo scegliere di avere 100 $ oggi o 110 domani; la > parte delle persone sceglie i 100 $ oggi. Nell'altro possiamo avere 100 $ tra un mese o 110 $ tra un mese e un giorno; la maggioranza sceglie di aspettare un giorno in + e avere 110 $ tra un mese e un giorno. Ecco, senza troppa cognizione di causa, mi son fatto l’idea che i Morgan non comprenderebbero il dilemma*****.

Mentre camminiamo tra le palafitte immerse nell’immondizia, da cui bimbetti nascosti ci sbirciano attenti, Father Suwat ci mostra una radura tra gli alberi: “Quello è il loro cimitero: appoggiano su quel terreno i corpi dei loro defunti”. Un gruppo di cani ci segue e il Padre parla un po’ a me e un po’ a se stesso quando conforta decenni di cooperazione allo sviluppo: “Perché la questione non è che loro sono poveri. La questione è che loro dipendono da famiglie thai che ne sfruttano il lavoro e l’ingenuità. Nessun Thai oggi vuole pescare con gli esplosivi, ed oltre a procurargli un molo e delle trappole per pesci, è nostra volontà renderli autonomi, commercialmente e non”.


I Morgan, ricitando il loro omonimo, erano fuori dal tempo, ed ora vi stanno entrando. Un ingresso del genere raramente riesce ad essere indolore, penso, mentre la suddetta barca ci riconsegna alla costa di Ranong.

* Odio riscrivere le stesse cose, un po’ di più di quanto odio autolinkarmi

** Guy Delisle, fumettista canadese, al seguito della moglie medico senza frontiere, ha vissuto in improbabili Paesi asiatici quali il Myanmar, la Corea e la Cina meridionale, raccontandomeli in pregiatissimi graphic novel

*** App ludica di Android da cui alcuni cervelli in fuga non son più tornati

**** 4 pirati sul Mar dei Sargassi, sopra una zattera fatta di assi, stanno remando, dicono loro, alla ricerca di un grande tesoro. Però uno è alto, uno è basso e uno è zoppo, e il quarto ha una benda sull’occhio. Zac

***** E, aggiungo, alcune riflessioni che mi trovo a fare sul denaro mi ricordano passaggi del manoscritti economico-filosofici di Marx&Engels del 1844, come quelli riportati inizialmente qua

lunedì 16 gennaio 2012

Per quelli che ascepettano il 2555 (e per Mauro) (non Repetto)

2 commenti:
Da piccolo mamma tivù insegna che per andare nel futuro ti serve del plutonio ed un amico che passa del tempo in bagno. Poi in ti trovi in Thailandia, a Ranong, ed è il 2555. Senza aver mai posseduto del plutonio.

Ho pensato di scrivervi 10 cose che accadono nel 2555 così vi preparate che, non ci si crede, ma il tempo vola. Sembra ieri che attendevo trepidante il derby ed oggi non ricordo neanche più chi lo giocava.

1. Nel 2555 i titoli dei blog sono tutti esauriti (anche le sigle + improbabili, che so… sce2012 potrebbe essere per esempio “Senior Capstone Experience - 2012” o_O) e tu devi incollarne alcuni insieme se vuoi aprirne uno

2. Nel 2555 Ranong è abitata per metà da immigrati birmani, un po’ legalizzati un po’ no, e la metà della metà è abitata da thailandesi di origini cinesi. Che sarebbe come dire (per numeri) che Buccinasco è abitata per metà da svizzeri e la metà dell’altra metà son cinesi

3. Nel 2555 si vive al caldo e ci si veste leggeri e si disserta su come si faccia ad abitare in Paesi con meno di 20°, per poi entrare in macchine ed in abitazioni con l’aria condizionata che congela ogni (mio) processo digestivo in atto

4. Nel 2555 le barriere coralline saranno artificiali e fatte di plastica… no, saranno seminate nel mare… no, aspetta, saranno di cemento ed immerse a largo della costa se il governo dà l’autorizzazione. Ma tanto non lo fa, però nel 2555 sarà molto importante intendersi con l’inglese


5. Nel 2555 si diventerà spettatori professionisti: son stato davanti ad una zuppa e l’ho fotografata ma non l’ho bevuta, siamo stati in un casinò ed abbiamo osservato ma non abbiamo giocato, siamo stati in un karaoke ma ci siamo guardati intorno e non abbiamo suonato la chitarra

6. Nel 2555 non si trovano più gli oggetti che ci appartengono. Eppure erano qua

7. Nel 2555 ci si trova dei quadri viventi davanti. Oggi, in uno slum abitato da birmani, abbiamo visto una Madonna con bambino. Venerdì, nei pressi di Takuapa, ho visto “L’impero delle luci” di Magritte dall’auto. Non lo ritenevo possibile


8. Nel 2555 se farai troppe domande sulla giustizia, prima o poi qualcuno ti dirà: “Please, don’ ask me anymore <<Legal or illegal?>>”

9. Nel 2555 le zanzare dai denti a sciabola torneranno sulla Terra. E gli uomini rimpiangeranno i tirannosauri

10. Il 10° punto l'avevo scritto sul foglietto che era qua. Sergio, ce l'hai tu?

domenica 15 gennaio 2012

Thailandia, Asia, I atto

Nessun commento:
Ranong è una piccola città "border line".
E la ritengo il mio primo incontro con la Thailandia.

L'appuntamento è fissato alle 8.30, dopo la colazione Thai. Ma il nostro ospite, che ci accompagnerà in barca a visitare il progetto che finanziamo a favore della comunità Morgan, non è ancora arrivato.



E' in ritardo (e non sarà un caso isolato...).
Inganniamo il tempo sbirciando il mercato del pesce. L'odore è intenso: sarà che sono abituato alle fredde temperature est europee. Mi rimane attaccato addosso per un po'. Gli scambi commerciali che ogni giorno animano i dintorni del piccolo porto mi sembrano apparentemente ordinati.
Il miei occhi fuggono, curiosi, e si fermano ad osservare granchi, abilmente impacchettati con gli elastici, tante specie di pesci, a me poco noti e, con mia sorpresa, un piccolo squalo.





I sidecar sono pronti ad accogliere il pesce appena acquistato e si affollano senza alcun timore di scontrarsi con chi gli è vicino. I venditori di pesce (o pollo) grigliato rifocillano i passanti.
Forse è meglio i dire "i transitanti". Numerosi sono i Thai che sono in attesa di imbarcarsi per il Myanmar.

Mi affaccio sulla via principale: oggi è la giornata dello studente. In modo composto, squadre di bambini si avvicinano al piazzale dove la festa ha inizio.
Chiedo a father Suwat (consapevole che la risposta non chiarirà i mie dubbi) che tipo di frutto sia quello che a miei occhi appare come una specie di tralcio d'uva fuori misura.



Mi chiede se desidero assaggiarlo e subito acquista un grappolo: è dolce, il sapore è noto, ma l'involucro no. Il Natale è appena passato, il ricordo è vicino, ma la buccia non c'entra proprio niente con i lycees.
E così dimentico in fretta la colazione locale, consumata insieme ad altri Thai, ok provare ad integrarsi, ma...



Ecco! E' arrivato. Ora ci possiamo imbarcare: Morgan, arriviamo!

Kalaoke

2 commenti:
lavoro in equipe
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza vigila...
Chi mi conosce stenterà a crederci...ma mi sto idratando correttamente
Kalaoke

venerdì 13 gennaio 2012

mari e Monti

10 commenti:
E fu mattina e fu mattina. Primo giorno. Che qualcuno (va bene anche Monti, che è un tecnico) crei la notte così possiamo dormire invece di volare ed ingerire cibo che neanche al ristorante di Maurizio.



E fu Abu Dhabi e fu Bangkok. Prima missione. Che quando l’amico edicolante mi chiede dove vado e io gli rispondo Thailandia, lui cambia discorso imbarazzato. D'altronde non sa che lavoro faccio, ma non gliene posso fare una colpa: non lo sa quasi nessuno, neanche... Ah, no, balzo, non posso proseguire. Che morte i blog censurati... Gli basti sapere che non mi occupo di Grandi Eventi, altrimenti capisce subito perchè la Thailandia. E vabbeh.

E fu il 2011 e fu il 2012. L’anno del gallo, decreto, senza volerne all’ala di 208cm di Denver. Parto chiedendomi se mai amerò Ibra e temo di non trovare Pato ad aspettarmi al ritorno.

Che se ci avesse visto insieme al Sergio, entrambi dentro un K-way verde, rimarrebbe a Milano solo per la possibilità di rivederci vestiti così al ritorno. E gli potrei spiegare che il bello della missione non sono io, non è Sergio, ma è il cacciarsi in qualcosa di complicato, e il restarci dentro al complicato. Che però non diventa complesso perchè si rimane concentrati su una roba sola. Un lusso, oggi, fare soltanto una cosa. Nel lavoro, nella vita. È un po' come quando si è piccoli e si fa un gioco, che ne so, i soldatini: poi le regole le complichi quanto vuoi, ma tu, quel pomeriggio, hai solo da giocare ai soldatini. Non hai da telefonare all'amico, e farti la merenda, e guardare il cartone mentre leggi Topolino. Solo un livello: complicato, non complesso.



Ma Pato non ci vedrà e non saprà mai che sono qua in Thailandia a portare a spasso un puntino nero sul dito medio. Non so cosa sia sto puntino e lui non sa chi sono io. Sa però che oggi cercavamo il mare ed abbiamo trovato un incendio; e tutto perchè non abbiamo seguito il cane. Ed abbiamo trovato, tra cinghiali e mucche, un gallo. Quindi siamo tornati indietro.

Ok, qsto è il solito post da barriera all'ingresso, in cui entro, mi tolgo il cappello e mi guardo in giro per capire dove potrei andare. Di solito a questo punto la gente esce. Senza salutare. E non è salutare, fa male.

Ma chissene. Oh, benvenuti in Thailandia.

Gli occhi mi chiudono.

Qualcuno spegne la luce?

Mario?