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domenica 5 febbraio 2017

Kenya: non è giustizia

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Più passo il tempo con i ragazzi e le ragazze del compound carcerario di Kamiti, più sento le notizie di tutto il male che c'è nel mondo,  più mi rendo conto di quanto ci sia bisogno di divulgare un pensiero diverso sui carnefici.

Le parole di Carlo Maria Martini che ho trovato nel libro "NON E' GIUSTIZIA"  sono più attuali e necessarie che mai:

La preoccupazione per la tutela della società non è per nulla in contrasto con il rispetto e la promozione della dignità del condannato. Né va dimenticato che, in termini di prevenzione generale, risulta più produttiva una politica criminale tesa a investire sulle capacità dell'uomo di tornare a scegliere il bene, che non una politica fondata sul solo fattore della forza e della deterrenza. Va ripensato e verificato il desiderio di giustizia che trabocca dentro ciascuno di noi quando siamo offesi e feriti o quando vediamo il nostro prossimo aggredito e ucciso.

E' necessario infatti vigilare perchè il desiderio di giustizia non si trasformi in vendetta. Una pena lunga inflitta ai colpevoli o un'esecuzione capitale può soddisfare l'odio che si scatena nel cuore, ma non genera riconciliazione, amore e vita. Se noi fossimo tuttavia davvero convinti di questi principi ci comporteremmo come ci regoliamo con il nostro corpo: un braccio che si rompe non lo amputiamo subito, un occhio ammalato non ce lo caviamo, un cuore infartuato non ce lo strappiamo, un fegato ingrossato non lo tiriamo fuori. Al contrario ci preoccupiamo di salvare qualsiasi organo. Credo quindi che nella comunità sia necessario riscoprire ogni giorno le motivazioni dinamiche che ci convincono che l'uomo vale, che l'uomo è educabile, che l'uomo può essere salvato e, quando fosse colpevole, resta pur sempre soggetto primario, come uomo, di ogni società. L'uomo non è bestia da domare, bersaglio da colpire, delinquente da condannare, nemico da sconfiggere, mostro da abbattere, parassita da uccidere; è persona da stimare anche quando non ci stima, da comprendere anche se ha la testa dura, da valorizzare anche se ci disprezza, da responsabilizzare anche se appare incapace, da amare anche se ci odia. Tutto questo comporta un cammino verso la crescita di umanizzazione, un cammino lento e difficile.


Un caro abbraccio
Giulia

domenica 25 dicembre 2016

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Noi possiamo solo continuare pazientemente a seminare, loro faranno le loro scelte...
Cafasso Family




lunedì 14 novembre 2016

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.

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Siamo a Mombasa, è il 10 novembre. Ci alziamo all'alba per partire in direzione Kilifi. Ci hanno informato che la regione è in preda a una grande siccità, si dice che sia la peggiore degli ultimi trent'anni e che questo fenomeno si stia verficando sempre più spesso. Alle sette del mattino il sole è già caldo, i finestrini dell'auto aperti sono d'obbligo e la polvere non tarda ad attaccarsi alla pelle, ai vestiti, alla gola. Mano a mano che ci allontaniamo dalla costa Keniana il paesaggio cambia drasticamente, il verde brillante lascia spazio al rosso della terra e infine al bianco della vegetazione secca. Dobbiamo fermare la macchina per far passare un pastore con le sue mucche. Gli animali si trascinano stanchi, magri, assetati. L'agronoma che segue alcuni beneficiari dei progetti agricoli di Caritas ci accompagna a vedere la situazione. Incontriamo il primo ragazzo che ci porta a vedere il suo orto. Non l'ha fatto vicino a casa perché non sarebbe nato nulla. Ha provato a seminare al fianco di una delle ultime pozze d'acqua che ancora resistono a questa siccità. Le stagioni della pioggia di solito sono due: una a maggio/aprile e una a ottobre/novembre. A maggio 2016 le piogge sono state scarse e dopo di esse nessuno ha più sentito il dolce suono della pioggia. Mentre l'uomo ci mostra le sue poche piantine raggrinzite arrivano un gruppo di ragazze a prelevare un po' d'acqua melmosa dallo stagno.

L'erba sotto i nostri piedi si sbriciola, la terra sembra sabbia. Mentre ci lasciamo abbattere da questo triste spettacolo arriva un'anziano che, con la schiena piegata dagli anni passati ad accudire la terra, ci saluta e ci dice: God is angry.
Come vorrei poter parlare la sua lingua per spiegargli che tutto questo disastro non è una punizione divina ma è il frutto del menefreghismo di qualcuno che ha deciso di distruggere il pianeta e il suo fragile ecosistema solo per i propri egoismi, come se il futuro del mondo non lo riguardasse. Ce ne andiamo ma l'umore non migliora. Parlando con la gente scopriamo che l'unico commercio possibile è quello della legna, del carbone e della sabbia. Non c'è nient'altro da barattare!
E così alle prossime piogge non ci sarà più nulla da irrigare, non ci saranno più piante a trattenere l'acqua. Incontriamo una donna vedova con i suoi numerosi figli, anche lei per ora fa del carbone con gli alberi tagliati dal suo terreno. Le chiediamo cosa farà quando non ci sarà più legna da tagliare? Ci risponde che andrà a prendere l'acqua per chi non riesce ad andarci da solo; sono quattro ore di cammino tra andata e ritorno dal fiume più vicino. Ci saluta con un bel sorriso e tanto calore. Ci spostiamo per andare a visitare l'ultima zona. Lungo la strada vediamo dei bidoni per l'acqua vuoti in fila ad attendere l'arrivo delle cisterne, stanno in fila loro per i loro proprietari perché potrebbe trattarsi di ore di attesa se non di giorni. Non molti camion vanno ancora in quelle zone perché non avrebbero nulla da portare via: sarebbe un viaggio a vuoto. I laghi sono secchi, i fiumi anche. All'arrivo della nostra macchina tutti escono di corsa dalle case per vedere se sono arrivati dei rifornimenti. Scusateci, siamo solo noi. Solo i bambini mantengono l'entusiasmo, non capita tutti i giorni di vedere sei bianchi.

Abbiamo trovato un pianeta stanco, malato, sofferente, proprio dove la gente non l'ha mai sfruttato ne inquinato... ingiusto! E' dovere di tutti proteggere la madre terra, curarla, lottare per lei... ha bisogno del nostro amore. Devo iniziare a fare la mia parte!

“Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.”




Giulia


lunedì 24 ottobre 2016

Idonea selezionata ancora in partenza

1 commento:
"IDONEA SELEZIONATA" per il Kenya, Nairobi.
Questa notizia che tanto speravo di ricevere, mi ha in verità un po' spaventata quando è arrivata. Dopo due anni in Madagascar con l'ong RTM so bene cosa vuol dire questa frase: lasciare tutto, di nuovo. Il fatto che sia stata io a volerlo con tutta me stessa, non vuol dire che non sia ogni volta un sofferenza partire e lasciare tutto ciò a cui sono più affezionata. Gioia e sofferenza. Penso che non sarebbe sano se non fosse così. Riparto perché sono ancora in ricerca. Dopo due anni in Madagascar sono cresciuta molto ma so che per diventare il tipo di persona che vorrei essere da grande ho bisogno di mettermi ancora in gioco. Ho ancora bisogno di lasciarmi interrogare dagli eventi, di imparare ad amare il “diverso”, di farmi modellare dalle persone che incontro, di lanciarmi in esperienze nuove, di abbattere pregiudizi, di smussare le mie spigolosità, di lasciarmi umiliare dalle mie inadeguatezze e di rinsaldare la mia fede così fragile. Solo nell'incontro con l'altro tutto ciò è possibile.





 E' un modo per riprendere in mano la mia vita, senza lasciarmi trascinare dal vortice della vita quotidiana che mi porta ad appiattirmi, a pensare solo a me stessa, ad essere complice di un sistema che non condivido... voglio tornare ad essere una protagonista attiva del mondo, a sentirmi responsabile di quello che succede intorno a me e di poter fare la mia parte. Grandi aspettative che probabilmente non raggiungerò in un anno a Nairobi... ma d'altronde ho una vita intera per diventare la donna che vorrei essere da grande!



“Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a se tre possibilità di scelta: fargli la guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo. […] L’esperienza di tanti anni trascorsi in mezzo agli altri di paesi lontani, mi insegna che la benevolenza nei loro confronti è l’unico atteggiamento capace di far vibrare la corda dell’umanità,,


Ryszard Kapuscinski, da “l’Altro”


Giulia Caraffi