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lunedì 18 agosto 2014

NICA CDS 2014 Un regalo che viene dal cuore

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...SGUARDI, SORRISI, VOCI, ABBRACCI...
parole chiave che caratterizzano le giornate al Guis.
Possono sembrare banali, oppure ripetitive, ma le emozioni che lasciano sono sempre nuove e speciali.
Lavorare con bambini disabili ci fa capire quanto sia importante, ma soprattutto semplice, esprimersi! Nei loro sguardi, in una stretta di mano, nei super abbracci, percepisci tutti i dialoghi che neppure un libro può riportare, senti che quello che loro donano a te è un sentimento sincero... un regalo che viene dal cuore! 











Ma è nel momento in cui sono coinvolti nell'attività di qualche taller che la loro creatività traspare. Inizialmente con un po' di timore misto a imbarazzo, ma basta un sorriso, un po' di tempera a sporcare i vestiti o qualche goccia di colla di troppo sulle dita a far si che l'allegria prenda il sopravvento!













... e che dire della solidarietà che nasce quando, durante il gioco, le diverse "caratteristiche" di ogni bimbo non vengono evidenziate ma bensì rispettate dando a ognuno la possibilità di giocare secondo i suoi tempi.










E quindi ti chiedi, chi sta imparando?
Nonostante siano loro gli alunni del Guis, dovremmo essere noi a frequentare per un po' la scuola dell'umanità, imparando da loro un nuovo modo di vivere, di vedere il mondo con una trasparenza che ti attraversa il cuore. 

Francesca, Stefania, Matteo

domenica 27 luglio 2014

Nicaragua a 1 peso

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Nonostante si utilizzi anche il Dollaro Americano $, la moneta nazionale nicaraguense è il Cordoba.
Non lui, Ivan Ramiro, indimenticato "spaccagambe" della retroguardia nerazzurra ai tempi dello scudetto di cartone..




Ma loro





Un Cordoba, più spesso chiamato peso (al plurale pesos) equivale circa alla trentacinquesima parte di un euro (1 Cordoba = 0,0286 Euro) e alla venticinquesima di un dollaro (1 Cordoba = 0,0384 Dollari). Il mio è ovviamente un calcolo a spanne, se volete notizie più precise vi rimando a http://www.oanda.com/lang/it/currency/converter/




All’apparenza quindi, un Cordoba potrebbe avere un valore insignificante (o forse no), ma non per me.
Esiste tutto un mondo di prodotti che si possono comperare ad un peso e da quando l’ho scoperto, la mia vita è cambiata..




Con un peso si può comperare una scatola di fiammiferi, se ce ne aggiungi un altro ti prendi una sigaretta sciolta da fumare seduto tra le bancarelle del Mercado Oriental..mica male eh!

Oppure puoi comperarti una banana ed una busta di plastica con dell'acqua per lottare contro fame e calore mentre aspetti la 133, l'autobus che ti riporta a casa dopo un duro giorno di lavoro a Nueva Vida.



Sempre un peso è il prezzo di una tortilla di mais o di un santino che ti vende un ragazzo mentre passeggi per Avenida Bolivar. I sorrisi sdentati di Josè non hanno prezzo.


Ma più interessante (o forse no) è la quantità di sinonimi che si possono usare per definire il "vil denaro": Pesos, dinero, plata, reales, billetes etc etc etc
Forse è una riflessione banale (o forse no) ma credo che il numero di sinonimi che diamo ad una parola sia direttamente proporzionale all'importanza che ciò assume nelle nostre vite.

Penso quindi che ideerò un "Contatore di sinonimi" che dia un "Coefficiente di influenza del termine" che indichi il grado di importanza che gli oggetti assumono nella vita di una popolazione e quindi di civiltà di una cultura. O forse no.

Lele





martedì 11 gennaio 2011

Il dramma di Haiti

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Michela De Paola di "Di Tutto Un Podcast" (trasmissione podcast di opinioni, considerazioni, osservazioni e racconti del mondo che ci circonda) ha intervistato Stefania Cardinale, operatrice di Caritas Ambrosiana al ritorno da una missione ad Haiti.
Il podcast è ascoltabile e scaricabile qua e l'intervista a Stefania inizia al minuto 38 della registrazione.

La foto è di Stefania Cardinale

martedì 16 novembre 2010

La Via Lattea sorridente

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Esco da un piccolo bar… il primo dopo quasi tre settimane di permanenza sull’isola haitiana. Quattro chiacchiere, un sorso di birra, un momento di condivisione e relax. Beh, quale stupore più grande, arrivati alla soglia, nell’alzare gli occhi verso il cielo e sentirsi immensamente piccoli, avvolti da un manto stellato incredibile e da una sorridente via lattea. Non so l’ultima volta che ho visto una meraviglia del genere… che bello provare stupore di fronte a tanta abbondanza del creato!!! Ancora una volta scopro di essere piccola, forse un nonnulla; è una piacevole sensazione perché è come sentirmi racchiusa in un grande abbraccio. La vita notturna di Mare Rouge sta per concludersi: sono le 19.00. E’ ora di rientrare alla base. Mi sono dimenticata la pila: ancora non sono entrata nella logica di non avere sempre a disposizione la corrente. Le strade sono buie ma riusciamo a trovare lo stesso il cammino. Il non dare per scontato le comodità che per noi sono quotidiane, fa apprezzare per esempio la luce nella stanza che stasera funziona e mi permette quindi di scrivere, o l’acqua calda del tè bevuto a cena, perché oggi qualcuno è andato a riempire le taniche di acqua alla fonte di Mare Rouge.


Elisa Brivio


Foto di Stefania Cardinale

venerdì 12 novembre 2010

Se saremo ancora vivi

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Sono nella stanza con altre venti persone. Un letto è occupato da una donna malata. Attaccato al suo braccio una flebo… è arrugginita. Sugli altri tre letti ci siamo seduti tutti noi, che attendiamo la visita dal dottore. Sì, perché non ci sono sedie a sufficienza per tutti. Due persone si scambiano un piccolo pacchetto plastificato, poi cominciano a ridere: quell’uomo incita la “mademoiselle" a comprare la cura magica; si tratta di una medicina tradizionale (un misto di erbe e pasta fatta in casa). Per 2.000$ haitiani potrebbe essere la soluzione più facile per risolvere o alleviare le sofferenze fisiche e psichiche di gran lunga più complesse. Nella stanza non c’è la corrente: le luci sono spente e l’aria comincia ad essere pesante ed umida. Il dottore arriva nella sala e propone alla signora stesa sul letto di andare a Port de Paix e, se avesse la possibilità, a Port au Prince, per “risolvere” la malattia che l’attanaglia. I presenti nella sala ascoltano il responso del medico. Qui tutti conoscono tutto, non esiste privacy: le gioie come le sofferenze sono condivise.


Ogni volta si ripropone il medesimo problema: nelle piccole cliniche disperse sui monti di Mare Rouge è quasi impossibile riuscire a trovare una cura e dei dottori in grado di far fronte ai problemi e malattie dei suoi abitanti: le medicine e gli specialisti non arrivano fin quassù! Effettivamente per raggiungere Mare Rouge sono necessarie quattro ore di fuoristrada da Port de Paix, nove ore di fuoristrada dalla capitale. È terra argillosa e rossa quella che accompagna ogni giorno i passi della moltitudine di persone che si spostano per raggiungere fonti d’acqua e vendere i propri prodotti al mercato. È terra scivolosa, che si interpica tra banani e manghi. È terra che offre sostentamento ma che, nel contempo, obbliga ad un isolamento che segna il confine tra la vita e la morte. La gente che vive sui monti è di classe B, tra le povertà e miserie che affliggono l’intero Paese. Si muore di diabete perché non si trova l’insulina! Si muore soli, perché anche le famiglie abbandonano il proprio caro: è la legge della sopravvivenza, del più forte, ognuno deve pensare a se stesso. La vita, come la terra, se non produce più frutto, non serve a nulla.

Ormai nella piccola sala d’attesa del dispensario, si distinguono solo occhi che, irrequieti, cercano tra le quattro mura una soluzione. Ma la notte è già calata come un manto su tutto: copre le sofferenze e le speranze; domani sarà un nuovo giorno e, si Bondye vlé, sarà ancora Lui la presenza nella quale affidarsi, sarà Lui ad indicare nuove strade… se saremo ancora vivi.


Elisa Brivio

Foto di Stefania Cardinale

giovedì 11 novembre 2010

Se fossi nata ad Haiti

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Se fossi nata ad Haiti, oggi non saprei la mia data di nascita, quindi la mia età.

Se fossi nata ad Haiti avrei cinque, sette, otto figli da sfamare, diversi uomini da soddisfare, un solo amore vero ancora da sognare ed aspettare. Vivrei in quattro mura e qualche pezzo di lamiera tra i vicoli di Port de Paix: senza una rete fognaria, ogni mattina avrei dovuto scavalcare il rigagnolo di urina e odore che separerebbe la mia casa dalla strada.

Se fossi nata ad Haiti la mia giornata sarebbe cominciata alle 5.00, ai primi raggi del sole. Con il mio cesto di galline sulla testa ed i frutti raccolti da qualche banano e mango: sarei andata al mercato più vicino per appoggiare i miei prodotti sulle assi di legno ed attendere l’interessamento di qualcuno.

Se fossi nata ad Haiti, starei seduta al mercato in attesa: sguardo perso nel vuoto perché sarebbe davvero impossibile porre l’attenzione a tutte quelle persone, macchine, motorini, cani, bambini, carri, asini, cesti, cappelli, frutti, quaderni, carne, taniche di benzina, sandali, piedi scalzi,… che mi passerebbero davanti.

Se fossi nata ad Haiti la polvere di Port de Paix mi avrebbe infastidito gli occhi, i clacson dei fuoristrada ed i motorini mi avrebbero danneggiato i timpani, la terra dura e l’assenza di sandali adeguati mi avrebbero reso i piedi grandi e callosi.

Se fossi nata ad Haiti avrei chiesto “ghiv mi e dolar” al primo bianco incontrato.

Se fossi nata ad Haiti avrei dovuto trovare l’argent per comprare le divise richieste dalla scuola dei miei bimbi ed i nastrini colorati da appendere ai loro capelli crespi e soffici.

Se fossi nata ad Haiti ogni mattina mi sarebbe venuto spontaneo ringraziare il Signore per la vita, per il pane quotidiano, per la salute, per la forza fisica nel sopportare le fatiche della giornata.

Se fossi nata ad Haiti oggi non avrei potuto scappare da questo Paese che comincia di nuovo a morire schiacciato da una minaccia chiamata colera: avrei atteso inerme, imperterrita, il mio destino, pregando il buon Dio di risparmiarmi anche questa volta.

Elisa Brivio



Stefania Cardinale ed Elisa Brivio con l'equipe di Port de Paix

mercoledì 10 novembre 2010

Haiti continua a tremare

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Troppo facile descrivere ciò che si vede rimanendo chiusi in una macchina e scattando qualche fotografia dai finestrini alla moltitudine di tende e gente che brulica per le strade affollate di Port au Prince. Difficile scacciare la polvere che si appiccica alla pelle ed entra negli occhi: polvere di calcinacci, di case crollate, di vite distrutte. Haiti continua a tremare, sotto gli ombrelli colorati della moltitudine di venditori ambulanti, nei “tap tap” (mezzi di trasporti locali) carichi di persone ammassate l’una all’altra, nella vita quotidiana di chi, vivendo nelle tendopoli, cerca di nascondersi da occhi indiscreti mentre si lava in una tinozza di plastica. Haiti continua a tremare, ora più che mai, perché un terremoto lascia segni indelebili nel paesaggio ma soprattutto nella mente e nel cuore delle persone: crepe difficili da risanare perché sono le ennesime, dopo secoli di schiavitù e sottomissione. Questo è un popolo forte, che non si arrende facilmente ma che, nel contempo, si indurisce: è raro incrociare lo sguardo di un haitiano, difficile far credere di essere venuti per aiutare, quando “il bianco” ha sempre significato supremazia e violazione; il passato non si dimentica ed il presente certo non aiuta a riacquisire fiducia in se stessi e negli altri.


Il Palazzo Nazionale e la Cattedrale sono ridotti ad un cumulo di macerie: tutto è crollato come un castello di carte. Ormai questi edifici sono diventati l’emblema di attrazione da parte di europei ed americani: i bambini ci invitano a vedere gli avanzi di terra e cemento “vieni, qui è ancora più distrutto! …se vuoi posso accompagnarti all’interno!” nella speranza di ricevere qualche gourde in cambio della “visita turistica”. Mi sento a disagio perché ho la strana sensazione di essere nella realtà, ma completamente schermata da una campana di vetro che mi permette di essere mera osservatrice e non attrice.


Al calar del sole bisogna rientrare rapidi a casa, così dicono le regole previste dalle Nazioni Unite. Poche luci e qualche fuoco fanno intravedere la vita notturna della città: con passi spediti tutti ritornano alle proprie “case”: è trascorso un altro giorno, e già si sentono in lontananza voci che inneggiano canti e litanie; un ringraziamento semplice e sincero per un nuovo giorno che comincerà domani.

Elisa Brivio
Foto di Stefania Cardinale

giovedì 11 settembre 2008

so ke non le piace ke si scriva d lei, ma

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È l’ultima sera etiope di Stefania. Quindi l’ultima nostra sera etiope. È pure l’ultima sera del 2000 etiope, il millantato (…) anno del millennio. Il Top View passa musica italiana. Datata. Per Stefania.

Le foto ke si staccano da intorno lo spekkio cadono a terra. Oggi ho tirato su quella di Rita e Irene, l’ho infilata nell’album. Non le riattacco + al muro, da qualke giorno ho interrotto il piccolo rito caparbio ke m’ha fatto compagnia per un anno. Come Stefania.

Inizio a tornare.

Un anno fa, piazza cimitero monumentale, una BC e una makkina.

Sei pronto?

Boh.


Niente d originale, e nulla d diverso anke nella risposta ke mi son dato oggi, sul tetto del 10° piano d un palazzo, la milk house. Nessuna ringhiera x la gioia incosciente del bambino ke mi vive dentro e mi frega il cibo, consentendomi d abbuffarmi e non ingrassare.

Ero lì stasera, supereroe guasto, pronto a vedere i fuoki d’artificio ke in molti m’avevan anticipato.

Mezzanotte. Ma il cielo rimane blu scuro, impassibile, skiarito da una luna baldanzosa, nessun altro colore. La domanda ke viene da porsi è “Ma non è oggi Capodanno?”. Certo ke no e certo ke sì. Nessun orgasmo d puntini colorati lì in alto. Forse per rispetto ai musulmani (è ramadan), forse per rispetto ai morti di fame (è emergenza umanitaria). Per tristezza ke Stefania parte (è emergenza umana per Paolo). + facilmente x’ non si hanno soldi e basta.

Fa freddo, da bravi supereroi prendiamo l’ascensore e rincasiamo. Io Zed Stefania.

In makkina non parlo tanto. Quasi 3 settimane fa sono atterrato ad Addis per la sesta volta in questo 2000, l’ultima. Ed ora si torna.

Stefania è a letto, s’è addormentata dopo un bel po’: la musica làffuori proseguirà per tutta la notte, ossessiva e etiope. Abbacinante come non ne venga fuori una nazione d serial killer. So ke lei era sveglia perché i nostri letti scrikkiolano e ci tradiscono. Tra le altre cose fatico parekkio a bleffare con lei. E ci vestiamo puntualmente cogli stessi colori. Stamattina azzurro e viola, stasera blu e rosso. La convivenza combina Ste cose. Capita ke le donne conviventi abbiano le mestruazioni gli stessi giorni.

Maurizio M’affi è un terrorista emotivo, Sara C’arcatella il suo generale. Non esiste ke mandano via 2 ke non c’entrano niente, Milano Roma, uomo donna, e poi finisce ke questi a vivere insieme s’affezionano, e poi permettono a una dei 2 d lasciare il Paese una settimana prima. Non esistono ferie legittime ke adesso mi tocca una settimana di lutto, d casa vuota, d pranzi a formaggini, e serate a parlare con un peluche col cappello che Stefania lascia qua.

Dovrei avere finito di spostare trai pc le reciproke foto, sono le 3e46 del 1° giorno del 2001. Ho un dejavu. Ma niente bocciodromi valdostani ad Addis per l’ultimo del 2000.

Per un anno ke finisce, un altro sta finendo. Buon 2001 a voi, buon tutto a Stefania.


domenica 27 aprile 2008

Serate Cinema

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In Etiopia si cena solitamente a casa, nonostante certe illazioni ke c vedrebbero spaendere intere notti nei night addisabebiani.. qsto accadrà solo sta settimana in occasione della visita pastorale del Roby, qdi diffidate anke della sua versione della vita etiope, appositamente edulcorata per andare incontro alla sua intrepida scelta di passare dall’Etiopia sulla via del ritorno dal Kenya. Ma mi accerterò ke si tratti effettivamente di una scelta effettuata in libero arbitrio e non un trukketto del Baffi, il quale potrebbe avere incoraggiato la sosta adducendo la motivazione della mancanza d coincidenze aeree, dello scalo lungo, dello scalone e del problema delle pensioni. Si sa, in cooperazione è tutta diplomazia e risparmio, e un passaggio nell’Etiopia ormai ampiamente marginalizzata (l'ho già scritto? e soprattutto: tutte le volte ke lo scrivo aggiungo poi "l'ho già scritto"?) dall’area internazionale di Caritas Ambrosiana sarebbe stato difficilmente giustificabile altrimenti.

Torniamo alle nos3 serate: dal 15 d ottobre Paolo&Stefania, dopo una sobria cena a minestrina e formaggino (talvolta ci dividiamo anke un panino, qdo è già trascorso qke giorno dall’ultima cassiata d ki a Milano tiene le cinghie del nostro borsello, ed è grasso ke cola. Uè ma cosa ciò stasera con Caritas Ambrosiana? Son nervoso ke stanno arrivando il Boss, l'amico del Boss e il Boss Finale? Forse un po' agiteto e conteto ma dove la porto qsta parentesi?), dividono le loro serate tra “Serata Cinema” e “Vario”. Il Vario prevede Internet e Sex and the City x la Ste e Internet, le Freccette (costantemente in decremento) e le GG x me.

Le Serate Cinema erano condivise soprattutto all’inizio, c’è da annotare. Poi improvvise impreviste imprescindibili tragedie presero ad interdire la partecipazione femminile, e ho iniziato a fruirmeli da solo. Oggi il crampo al femore, ieri una visione d Nigel Mansell ke suggeriva d tenersi a distanza dai film, e domani boh. Non escludo ke influenze negative milanesi ("Ti guardi i film di Paolo? E perchè?") abbiano fatto il loro joco, ma mi sorprenderebbe. E poi qcsa si guarda ancora insieme skiaffati sul divano sgranokkianti dolci salati popcorns.. l’ultimo dev’essere stato un ermetico Seta; ma qsto è già stato scritto.

Ok, ad oggi mi sono sciroppato:

300 4,5
Affari sporchi 4
African spelling book 7,5
Amanti perduti 6,5
Amore e rabbia 4
Baci e abbracci 7,5
Borat 5,5
Breaking news 6,5
Bubble 7
Charlie Wilson’s War 2
Chocolat 8
Comizi d'amore 8,5
Dead man 5,5
Elina 8
Exils 6,5
Ferie d'agosto 7,5
Folla 7,5
Follia 6,5
Frankenstein Junior 7
Human nature 6,5
I 100 passi 9
I am legend 7
Il ferroviere 8
Il mucchio selvaggio 7
Il padrino 8,5
Il vento che accarezza l'erba 9
Infernal affairs 6,5
Instinct - Istinto primordiale 8
Io e N 5
Kamikazen, l'ultima notte a Milano 5,5
La gang del bosco 6
La rabbia giovane 6
La sposa turca 7
La terra vista dalla Luna 6,5
Le 5 variazioni 9
Le follie dell'imperatore 9,5
Le vite degli altri 8
L'ombra del potere 6,5
L'ultimo re di Scozia 7
M il mostro di Dusslendorf 6,5
Manderlay 8,5
Marrakech Express 7
Me, you and everyone we know 8,5
Paranoid park 7
Qualcuno volò sul nido del cuculo 9
Rabbia e amore 4
Ratatouille 8
Ricomincio da tre 7,5
Scarface 6
Sicko 7,5
Stardust memories 7
Still life 6
Strade perdute 9
Sud 8
The Simpson - Il film 7
Toro scatenato 7
Waking life 6,5
Zabrinski point 4
Zaitochi 5

Ps.. qsto post è spudoratamente dedicato a Sergiovane.


s8 t spiego

La foto esige una spiegazio: in contemporanea c son stat 2 tagli della torta: uno in tv, dove stava andando il video etiopissimo delle nozze d Sara&Zed, l'altro dal vivo dove il padre d Zed ha tagliato il pane, comè tradizione, dopo una preghiera recitata col sottofondo musicale d Cannabis, degli Ska-P. So ke trai lettori c'è ki po3bbe apprezzare qsto qadretto.

lunedì 31 marzo 2008

intercETtazioni

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Quando arriverai a 27 anni te ne renderai conto”.

Stefania Cardinale, 23.11.2007


Addis ha un sindaco molto bravo. Appartiene al CUD. Vive a New York”.

Donna etiope, 24 03 2008


Un poster missionario italiano scorto in una missione cappuccina recita: “Insegniamo a fare ed impariamo ad essere”.


Voi italiani siete così buoni con gli animali che loro lo sanno. Per questo i gatti vengono da voi”.
Tolde, 30.1.2008


"Gli standard etici di una società possono essere misurati sulla base delle responsabilità che noi siamo in grado di assumerci riguardo la vita e l’umanità degli altri. Siamo tutti guardiani dei nostri fratelli. Tutti in qualche modo coinvolti nella dimensione della colpa e del peccato, in qualche modo tutti colpevoli per il male che c’è nel mondo, e tutti dobbiamo farci responsabili per i lavori di giustizia che rende la società più umana”,

Sara Carcatella, 2007

mercoledì 27 febbraio 2008

bella Bunno

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Bunno strigliato
È morto il mio 1° cane. Io non ho mai avuto animali; figurat, faccio fatica a tenermi strette le biciclette. Una volta la Manu m’aveva regalato un cactus, ma è morto dopo 8 giorni, l’avevo lasciato sotto la lampadina della scrivania. Diciamo che con la roba vivente ho qke difficoltà. Sono stato con lui 11 giorni. 11 giorni in cui entrambi siamo stati malati. Si potrebbe scrivere ke non ci siamo mai conosciuti da sani. Non è diventato tanto grande ke non riuscissi a tenerlo comodamente nella mia mano. Ci ho giocato, l’ho preso in giro, melo sono tenuto in camera. Gli altri si lavavano le mani sempre quando lo toccavano, io non sempre. Non perché gli volessi + bene, e forse x’ sono una testa d *****, ma in realtà non mi piaceva l’idea d dovere correre a lavarmi le mani ogni volta dopo ke l’avevo toccato, cioè se qualcuno lo facesse con me c rimarrei male, insomma. Ci sono stato bene insieme, non so se anke lui, considerato ke ora lui è morto e io no. Non so cosa sarebbe diventato da grande. Magari un dalmata. I primi giorni era veramente supertenero. Trotterellava dietro le persone ovunque andassero. Non potevi uscire ke lui riusciva a seguirti e allora dovevi tornare indietro. Mi sarebbe piaciuto vederlo crescere, jocarc a palla, correrci, già ci vedevo, l’uomo bianco e il micro cane e la gente ke c’indicava. Che già lo fa, oggi da lontano 2 ragazze m’han avvistato e si sono vistosamente sistemate il reggiseno. Poi al cinema ho visto io sono leggenda, uno dei poki film kel mio inglese possa permettersi e -********** va via la luce. Ki ssenefrega, tiro avanti a batteria- fatto sta ke Bunno avrebbe potuto venir su ascoltando bob marley e magari mi dava una zampa cogli zombi, come nel citato film; un paio d alitate delle sue e li faceva tornare nel loro mondo. X + della metà della sua vita con noi (beh, mi sa ke noi lo abbiamo trovato ke avrà avuto 6 giorni. Ke poi è lui ke cià trovato) non siamo riusciti a concordare su un nome, Stefania voleva kiamarlo Buti, ma io non riuscivo a non associare il nome al tizio ke avevamo in classe al liceo, quello coi capelli lisci lunghi, che saliva la pertica ad una velocità animalesca e aveva i biglietti tarokki x lo stadio. Che un giorno poi lò incontrato, sarò stato al 1° anno d università, forse l’ultimo di liceo; davanti alla Sormani. Odio qdo non mi vengono i nomi delle persone e successe; lui il mio se lo ricordava. Parevamo anke contenti d vederci, ma non avevamo un grankè da dirci, succede anke qsto. Fattostà ke non mi sarebbe piaciuto kiamare il mio 1° cane Buti, ke significa stivale in amarico, ed è anke simpatica come cosa, considerato che lui cercava sempre delle scarpe tra cui stare. La questione è ke non credo dovrò rincontrarlo + avanti, xò se accadesse saprei cosa dirgli, insomma. E così, l’altroieri ho optato per “bunno”, che significa un po’ caffè in amarico (bunna), però né è il maskile, un augurio d diventare frizzante, e poi ha un ke d coniglioso e il suono mi piace. Non credo lui abbia fatto in tempo a riconoscersi in quel suono. Non ha fatto in tempo a fare molto, a dire il vero. Una volta sé arrampicato lungo la mia gamba arrivando al ginocchio, ma dall’interno del jeans. Io ero seduto a parlare con Sara e lui tru tru tru tru, unghiette nella calza e oplà. Le gambe dietro non gli funzionavano tanto, ma quelle davanti bastavano. Questa è un po’ la sua impresa. In effetti un po’ da Butti, forse + da Schiavolin; Butti era un professionista, Andrea ce l’aveva spontaneo. Bunno era in età da mamma e quindi continuava a cercarci e voleva starc vicino. Porca miseria, il problema è che è sempre stato piccolo e un po’ malato, quindi c rimarrà così in testa, completamente indifeso e tenerissimo. Dovevi vedere le facce dei gatti ke io non filo mai qdo davamo il latte a Bunno. Si sono presi un onesto numero d calci, lo graffiavano e gli rubavano il cibo e io li prendevo a calci; ke soffiargli non serviva +, il pallone neanke e a me degli animali non è ke. Oh, pausa, kiariamoci, ci sono quelli che c nascono colla prospettiva, cel’hanno attaccata alle kiappe e fanno anke innervosire, talvolta, verrebbe da dirgli “Sì, va bene, così è giusto. Ma tu dove *** 6?”. E c’è ki invece non riesce a raggiungerla in tutta la vita. Io ciò bisogno d un po’ d tempo, qsta è una sorta d elogio funebre x un cane, niente d ke, non sono liciacolò e qdo kiuderò qsto documento starò melio. avevo voglia d scriverlo, insomma glielo dovevo, + facilmente melo devo. Che ******* voldire ke sono in Africa e mi metto ad accudire animali? No, è capitato e certo, qdo c’erano i bambini ke sbirciavano dalla porta x vedere ke lo lavavamo e jocavo con lui, era strano porcaeva. È una bestia e non ho intenzione, almeno consciamente, di umanizzarlo. Quando stava male d solito si buttava in un angolo del giardino da solo, fino a qdo non stava meglio, ke allora tornava. Oggi è entrato in casa ed è arrivato ai miei piedi. Sé fermato lì, io poi mi sono dovuto muovere x sparekkiare e lui ha messo il muso nella ciabatta e forse è stato quello, direbbe nk. Fattostà ke poi la sera dovevamo uscire e lui non aveva ancora mangiato e non riuscivo a svegliarlo e un po’ avevo capito. Senza essere un veterinario ke quello ke è venuto a visitarlo probabile ke l’abbia avvelenato contribuendo alla sua morte con un antivermi ke lui era troppo giovane x prendere; “tra qualke mese diventerà proprio un bell’animale” la sua profezia. ke poi, non sono neanke un igienista, ma la sua è una delle professioni meno indicate x smangiukkiarsi le unghie come Elijah Wood. Però se sta bene, lui. Non sapremo mai ke cos’aveva quel cane; o ke cosa non aveva. Perché stasera Bunno non rispondeva, quindi l’ho cercato d stuzzicare, lui non reagiva, e allora l’ho un po’ tenuto lì e gli ho iniettato in bocca del latte, ma lui annaspava respirando dalla bocca e non si svegliava e poi vabbeh, ha fatto qualke verso, tipo spasmi e. era già freddino insomma. Abbiamo scavato una buca nel giardino, sulla dx, colle mani, con un bastone, avevamo la pila ke m’ha regalato il frà, l’abbiam messo lì. Ke la terra ti sia lieve, piccolo.

in qsta foto c conosciamo da poki minuti, io e Bunno, animali marsupiali

venerdì 15 febbraio 2008

verso Awasa

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Ricapitoliamo: lo scorso weekend siamo andati in Etiopia. Rotta sud sud est, cool car (non si legge come si scrive), colorata formazione con esponenti d tre continenti: Stefania –Italia-, Paolo –Italia, con riserve-, Masaya –Japàn, solo titolari-, Zed –ke joca in casa- e Sara: Italia, ma conta anke un parente americano; conta? Prima volta fuori Addis, iuhuhu. iuu. iu. La strada ke porta fuori da addis è trafficata, si pazienta, dopo un’oretta&1\2 scorre. A quel punto ci fermiamo, in posa x una foto o in cammino verso un gabinetto.


ad ognuno la sua attività

Siamo nella Rift Valley, che giù giù arriva fino al Mozambico. Parte molto povera dell’Etiopia, è macchiata di laghi, sulla riva di uno dei quali (il lago Ziway) abbiamo incontrato un folto numero di goffissimi uccelli chiamati Marabù; colorati, bruttini, passeggiano alti come persone sui sentieri fiancheggianti i laghi, hanno un’apertura alare ampissima, e sono troppo pigri per procacciarsi cibo da sé, così sono soliti pedinare avvoltoi e cibarsi dei loro avanzi. Dei parassiti enormi, ma molto dignitosi.


io sono un marabù e loro sono i miei amiketti

Superando la Valley si passa da Shashemene, cittadina d 90000abitanti dove nel 1963 l’imperatore Hailé Selassié (l’ultimo grande imperatore etiope) aveva concesso un terreno ai rastafariani che lo inneggiavano come Messia della redenzione africana. Ma col tempo, specie durante il Derg (il periodo etiope d stato socialista dal 1974 al 1991), la componente rasta ha perso sempre di + il rilievo a Shashemene fino a che qsta località non è diventata inospitale x i turisti, sporca e molto poco rispecchiante le proiezioni ke nutrivano su essa i seguaci d Marcus Garvey. Da queste parti è + facile ke ad Addis trovare ciclisti, ma anche bambini di pochi anni in piedi alla guida di rudimentali bighe.


i ciclisti salveranno un pianeta. devono decidere quale.

Poi sabato pome raggiungemmo Awasa, ma qsto è tutto un altro post fotografico.

,p

martedì 29 gennaio 2008

morte d 1 etopo

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Le avventure di Paolo & Stefania non sono finite nel 2007, e nessuno credeva ke lo sarebbero state. In una delle nostre memorabili domenike pomeriggio ad Addis, ieri, il fiato del nostro cucinotto sapeva di topo morto. Per rimediare al disgustoso problema abbiamo usmato la stanza al fine di percepirne la fonte venefica. Pareva proprio provenire dal forno e dopo avere fatto mente locale sugli ultimi alimenti cucinati, abbiamo deciso che doveva trattarsi di Pangra, quel sorcio che Stefania aveva avvelenato la domenica precedente e che doveva essere andato a morire in qualche pertugio casalingo, nella migliore tradizione dei mentori ke da morti danno + problemi d qdo erano vivi (vedi Gandalf e Obi 1).

Sprovvisti di cacciaviti tentammo di sbirciare l’intestino del forno da dietro, attraverso alcuni fori. Sprovvisti di illuminazioni adeguate Stefania estrasse violenta la sua poderosa macchina fotografica con flash illuminante e provammo ad analizzarne le rivelazioni, come puoi fare tu qua sotto.

stopalo
Ecco, come te neanke noi cogliemmo prove decisive rispetto l’esatta ubicazione del tenero corpicino nel bel mezzo del cammin di putrefazione. Quindi optammo per l’armarci d strumentazione atta a sventrare la cucina a gas (alias il forno) telefonando al povero Zed, che nient’altro agognava dopo un viaggio d 20 ore per il sud Etiopia a bordo di un minibus.

gli accalappiatopi
Nel frattempo il fetore iniziava ad avere effetti allucinogeni che provammo a contrastare con uno scalmanato spruzzamento d borotalco. All’arrivo di Zed riuscimmo a scoperchiare il retro dell’elettrodomestico e dopo una ricerca minuziosa, il nostro scoprì l’ultimo giaciglio del piccolo ratto avvelenato. Presolo, venne dato in pasto ad Anacleto nella speranza + vivida ke la polverina tossica non avesse perso effetto in questi giorni. Per tranquillizzare il WWF, ke d sicuro sarà partner progettuale d Caritas Ambrosiana, aggiungo che testimoni oculari pagati da me sono disposti a sostenere di avere visto un listolatole cinese strappare la carogna della pantegana dalle fauci del nostro benamato felino.

"oh, altro ke il solito salame ammuffito ke mi propinate.."
La sera non potemmo ke visionare Ratatouille ke a Stefania ha insegnato ke i topolini sono buoni e intelligenti e non avremmo dovuto ucciderlo, e a me che vivono in colonie numerose e coordinatissime. E Pangra doveva pur essere il mentore d qc1..

Aloha,
 Mr Billibonga

Ps Le foto sono estratte dall’archivio della dottoressa Stefania Cardinale, dottoressa per merito, fotografa per hobby. Che riguardo al fattaccio, rilascia la seguente dichiarazione: “Che schifo, non ci voglio + pensà, mi sto ammalando x qsto motivo…”.

domenica 27 gennaio 2008

one week half HoMe

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“Sono tornato a casa”, disse.

Lo disse il protagonista di molti romanzi, lui k’era partito acerbo ed era tornato maturo. Non lo dissi io. No, io non lo direi. Però ogni ritorno permette di ritarare cosa rappresenta un luogo. E quindi è piacevole planare ad addis e riconoscerla. E qdo sara mi kiede cosa trovo cambiato, non trovo niente, mi spiace, kissà cosa mè sfuggito. Le kiedo se sé tagliata i capelli, ma precisa ke in effetti non è cambiato niente, voleva vedere cosa dicevo, e mi fa piacere ke qcsa rimanga fermo dopo ke oggi paghiamo la bolletta, puccio le dita in rete e, ad una settimana dal mio arrivo, in italia è caduto il governo.

(…)


torvo bambino
(…)

È gratificante rientrare in casa e riscoprire i propri posti, un proprio posto, scriverei. E poi quando si rincontrano le persone è interessante capire qual è l’emozione predominante. Mh. E cos’altro? L’uomo non vola. Non è umano volare. È come un videogioco, io non emetto bolle di energia blu se unisco i polsi e apro le mani: non ha senso ke un giorno sono a milano, fa freddo, la gente parla italiano e mi stanno intorno certe persone e l’indomani sono in gita suna strada terrosa per andare a vedere le iene, discorrendo in inglese con Megdie e Fifì, la testa pulsante x la calura; e qsta s’appresta a diventare normalità. Mi sento un po’ tartaruga, forse per skermarmi dalla skizofrenìa: non rientro istantaneo nell’inglese, ripasso alcune relazioni. Ma tanta Etiopia in qsti giorni.

Tanta. Nell’acqua ke si assenta per una settantina d ore da casa e allora diventa obbligo sociale recarci nei ristoranti non tanto x rifocillarci quanto per adoperare i bagni, entrarci non colla carta d credito, ma con la carta igienica. Molta Etiopia nel riuscire finalmente a jocare a pallone, facilissimo, un 3vs3 fuori da una parrokkia, 4 scatti e scoprirmi in affanno piegato mani sulle ginokkia; kissà quanto l’altitudine e quanto l’allenamento. E ritrovare 1 stile africano pokissimo finalizzatore, ke mixxa tecnica e ritmo a livelli di partita d basket; l’italiano d turno può salvarsi con qualke passaggio d prima e tenendo bene in testa dove si trovano le porte; anke se questa è la salvezza, non certo la zona champions.

Un po’ d Etiopia nel perdere soldi, ritrovarne alcuni. Un sacco d roba etiope nel decidere d presenziare ad una conferenza sulle prigioni, certamente in amarico, vabbeh, scatto qke foto coll’elegante makkinetta d stefania e mi porto da leggere quegli articoli; tranne poi essere invitato a sorpresa a testimoniare sulle prigioni italiane. E una settimana prima ero a Bollate a raccontare ai detenuti dei carceri d addis e fa un effetto stranino e lo dico. Qualcuno sorride, kiedo l’aiuto del pubblico sulle parole inglesi ke non conosco, mi tengo la telefonata a casa per + avanti, cerco cogli okki qke feedback da volti familiari, male ke va joco un po’ d comunicazione o si prendono un break nella tenuta della loro attenzione. Va bene, this is all. E riprendono gli interventi in scaletta in amarico, e un tot d volte sento le parole “Mr Paolo”, citato kissà perché, arrivato alla fine mi riguarderò questa vita con i sottotitoli. Sempre ke non vada riconsegnata subito al videoshock. Non vorrei pagare anke la penale per il ritardo, non so se Caritas la copre.

Una settimana in cui cisi ripete ke ora viene il bello, enne mesi d fila, Stè. Ci siamo, la marmellata d mirtilli e la nutella, tanto x iniziare. Magari si finisce con la ‘njera. Un’amaca, due diski fissi, un canestrino, kili d salame (non è prosciutto, è salame), in parte ammuffito, in parte. Il libro “Una notte inquieta”, oggi poi dovrebbe essere ancora giornata della memoria, a interrogarmi se sopravvivere per me sarebbe stato giusto sotto Ato Hitler; senza eroismi, ma essere vivo&tedesco era acido da coscientizzare. E raffica filmica: Frankestein jr, Borat, Comizi d’amore, Terkel in trouble, Dead man. Comizi d’amore.

Debiti d sonno ke da qke parte bisogna estinguere, pure suna panca durante un inneggiante rosario amarico o sull’annosa jeep d abba girma ke corre verso il carcere d addis alem x il tin kat; ke pure ora le ciglia vogliono scendere, è la loro fermata. Come quando, ancora preda del jetlag, ho incontrato Vermulinguo, insieme ai ragazzi, descrivendo con kiarezza e cordialità cosa penso del progetto con lei. E intuire ke loro si battono in amarico x me, ma sono disilluso. Un buon esito in qsto round è riuscire ad uscire accostando la porta, senza sbatterla (la porta) con la rabbia nelle membra, un po’ jedi, un po’ zen, un po’ zed. Difficilmente (impossibilmente) rimarremo entrambi nella stessa stanza, e i ragazzi li riprendo. Col corso d’italiano o colle carceri, ma li riprendo.

E il resto è anacleto, il bianco gatto ke viene puntualmente preso a pallonate, ma lui insiste a miagolarsela -rigorosamente fuori dall’uscio- e mi sa ke una breccia il vuncissimo felino la sta scavikkiando. E non è il solo, ma mica si può digitare tutto, oh. Ho.

Me, Mr Paolo

una casetta 2 etiopi
ps le foto sono scattate&scelte per noi da Stefania Cardinale

giovedì 17 gennaio 2008

post vero

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vediamo se sono capace DI scrivere un post in un blog con un account da un server. gli inglesismi partono x' domani parto.

10° minuto (e 10") di qsto film



me ne vado me ne vado me ne vado ad amsterdam. Amsterdàààaaaààm, Amsterdààm. E la mamma di.. no. fino ad oggi ho incollato sul blog delle mail, non ho mai scritto un post al sol. oggi invece sì, e da casa mia si vedon le montagne dietro la ciminiera, ke qdo succede fa stare meglio, specie se è giorni ke piove. Stefania è già giù, e m'ha rimpiazzato con un grosso topo battezzato Pangra. dai ragni ai topi, faunisticamente scrivendo abbiamo omesso la presenza nell'accogliente addis delle iene. m'han raccontato ke d notte scendono dalle montagne intorno affamate, da sole o in branki, alla ricerca di carcasse canine o politici cui porre domande scomode. cosa dite, ci metto un punto a capo?

ecco, sì, però altra cosa ke non si sa è ke, t ricordi la tartaruga sul gradino + alto dell'Etiop Twenty (post del 17 9mbre)? quella ke si vede una volta allanno? ecco, l'ultimo giorno prima d tornare a milano, l'ho rivista, ha buttato la testa fuori dalla sua tana, ha controllato ke non ci fosse il suo nemico La Donna Delle Pulizie ed è arrivata fuori dall'ufficio. un po' preso alla sprovvista l'ho apostrofata con un brillante "ma 6 fuori?", e lei c'è rimasta male x essere stata apostrofata e senè tornata indietro.

milano, italia: oggi è progetto bagagli, vado a preparare il primo meeting.

paolo

tortoises

martedì 27 novembre 2007

Etiòp Twenty

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Un mese fa ero sui Monti d Nava a ridere d Gogol, lo gnomo guardiano d Labirinth, sotto le lungimiranti poiane; avevo nascosto male tra gli alberi a valle un sacchetto di castagne per non portarmelo dietro e temevo ke non lo avrei + trovato. Ora sono a casa mia, sul tavolo; qsto post la boa d un mese. Alla mia sx Stefania mette in atto acrobazie linguistike x sintetizzare in inglese il verbale di un meeting in inglese. È dura convertire ragionamenti impeccabili dall’italiano all’inglese senza peccarli. Ma anche Stefania è dura, e nonna Liliana dice che “Quello che non strangola ingrassa”; non ci siamo ancora strozzati pur mangiando come uomini bianki in Africa, ovvero suini (in rima con Salini, di cui parla tanto la Campagna di Riforma della Banca Mondiale qua). E son fiducioso che l’inglese di Stefania is going to became fatter.

Mi piacciono le classifiche, mi piacciono le classi, mi piacciono le, mi diverte dare i voti, dare un ordine, farmi le top. E qsto post va a mostrare (is going to show, brother!) una bella top. Ah. Prima d leggere Alta fedeltà, dalla prima media compilo minuziosamente un’agendina, con i titoli dei libri letti, l’autore, la data e il voto. A fine anno e a fine decennio i relativi podi. Così con diverso altro e, in effetti non è davvero necessario specificare il diverso altro, basti sapere ke le considero economizzatori cognitivi e ne ho stilate di starvaganti (la digitazione originaria era differente ma ke fascino nomade porta qsta parola?).

L’etiop twenty ke pospongo qa s8 è una sfilata d frangenti ke in Italia probabilmente non avrej vis(su)to. L’unico criterio è il tralascio d episodi prepostati: butto in 1\2 un po’ d emozionale etiope, dove l’emozionato sono io, l’etiope pure e therefore la soggettività è assoluta. Joco sulla consapevolezza ke “ho visto cose ke voi italiani potete anke immaginare” se descritte brevemente.

1. C’è stato un momento, dopo un par d settimane, in cui ho creduto d esserc (c fai o c 6?). Il viaggio era stato facilefacile, gnente jet lag; domati gli insetti, la casa vivibile; Stè aveva smesso d contare le cose ke non so fare e dopo l’assestamento intestinale pareva quasi d sentire la fragranza della quotidianità. Un pomeriggio io ero nel mio ufficio a tradurre l’Annual Plan della St Paul Prison Chaplaincy (l’equipe con cui lavoro), quando nel fiorente cortiletto interno fa capolino una tartaruga gigante. Sara è un po’ agitatata perché la ragazza delle pulizie sta maltrattando il rettile prendendolo a scopate (se avesse avuto gli anfibi avrebbe avuto luogo uno scontro etnico); sara è una portatrice sana d cuoricino verde, e quindi piomba nell’ufficio (ne ho sentite d domande strambe) fiatando: “Paolo tu hai esperienza in spostamento di tartarughe giganti?”. Sara è il mio capo, e ai capi bisogna far credere saper qcsa d tutto e tutto d qcsa, così menziono Morla, l’Essere Millenario, e sto per lanciarmi incerto nella pittura rinascimentale italiana quando la vedo. Pare l’ippopotamo d Radiofreccia, non x le dimensioni quanto per il suo essere fuoriluogo. Non si spiega. Certo, non parla. Dev’essere veramente terrorizzata x il caos ke c’è intorno a lei x’ il suo cervellino (sarà grande come una pallina da minigolf?) riesce a comporre l’algoritmo ke la persuade a effettuare un’inversione a u e a (qte vocali ho messo in fila?) tornare nella sterpaglia. Io la seguo incantato, senza parlare x un buon numero d minuti. Anke dopo ke gli altri sono tornati alle loro scribanìe, io l’ho un po’ accompagnata, stranito e contento. Finché sul suo guscio non s’è fatta leggibile la scritta “Te la do io la fragranza della quotidianità”. Tartaruga gigante, guscio spazioso. Ah, ho poi scoperto che quell’ospite della nostar struttura arcidiocesana si mostra circa una volta all’anno, è timidissima. Stefania ha perso la sua opportunità, s’è lamentata fino al giorno in cui ha deciso d aver visto una scimmia nella nostra via, ipotizzo con zainetto per il laptop e gli okkiali da sole. In realtà oggi una cosa divertente l’ha vis(su)ta: un mulo ha scaricato 2 loffie speziate, precisamente mentre lei gli passava d fianco. Il ke già d x sé sarebbe divertente, ma diventa esilarante quando aggiunge ke quella strada era piena d uomini seduti sui marciapiedi ke smetteranno d ridere nel 2008 etiope. Credo d aver perso ank’io la mia opportunità.

2. Alcune volte per facilitare determinate situazioni puoi provare ad intervenire, ma qdo lo fai devi tener conto dello spettacolo cui rinunci: talvolta le conseguenze ke tu cerki di evitare con la tua mediazione non sono poi così gravi. Era la fine d ottobre quando c rekiamo x la terza volta in una settimana dall’Apple Man d Addis Abeba, l’omino dei compiuter. Non riusciamo a collegarci ad internet ed il Mac d Stè ogni tanto perde i sensi. Le prime 2 volte gli incontri sono stati tendenzialmente insoddisfacenti; specie la seconda volta qdo lui non si è presentato all’appuntamento (in orario d lavoro, nel suo negozio..). ok. Terza volta, qua narrata. La sera prima lo kiamiamo, lui c assicura d avere fatto tutto e kela mattina seguente c saremmo visti in ufficio. Stefania c crede. Tral’altro s’è separata dal suo Mac un paio di giornate x lasciarglielo in riparazione e la lontananza inizia a farsi sentire. Così, tàààc, la mattina arriviamo come 2 guardie svizzere (severe in volto, abbioccate e bianke), io rimango dietro x’ se Stefania mi vede ridere è finita. Come in una storia scritta male lui non c’è. Una donnina s’affretta a telefonargli. E lui risponde da sotto le lenzuola dicendo ke si trova ad un meeting, ieri era andata via la luce, una scimmia l’ha preso a borsate in faccia… insomma, se possiamo ripassare nel pome. Sì, ciàào, Stefania scatta. Vi prego di soffermarvi sulla scena, per come l’ho vista io. Stefania non sta ricordando al venditore al dettaglio il dettaglio dei suoi diritti d consumatrice. Non sta sfogando la sua delusione all’ennesima dimostrazione d inadempienza d un lavoro kera stato garantito come già fatto poke ore prima. No, lasciate stare l’educazione civica, l’antropologia, per favore spostatevi sull’epica. Se contro di lei si accampa un esercito, il suo cuore non teme. Di fronte a Stefania sono skierati gli sciamani del Burundi, gli uomini che in Zimbabwe aspettano giorni l’autobus, i milioni di persone che in questo continente camminano a fianco di una strada; Stefania fissa negli occhi le centinaia d migliaia di donne equilibriste con ceste sulla testa e fagotti viventi sulla skiena. Stefania sta per interrompere tutti i match d pallastrada del Ciad. Stefania con una mano s’appresta a tenagliare a quarti di giro le parti basse dei dittatori africani e coll’altra sventola i fogli excel della loro lurida contabilità. Stefania vuole surfare sul dorso dei cruenti alligatori del Nilo mettendoli alla berlina come neanke lo Zecchino d’Oro aveva mai fatto. Davanti a Stefania non si trova l’ultimo galoppino etiope duna multinazionale statunitense. Stefania si sta scagliando contro millenni di cultura africana. Ora, un appello all’onestà intellettuale: al mio posto, avresti fatto qcsa? Solo ammirazione incondizionata per quelle follie non premeditate ke cadono sotto il nome di genialità. Io sono un piccolo volontario caritas estasiato, quando Stefania parte, scavalca la donnina, sradica la cornetta, e con inglese da manager della General Motors usa unicamente verbi all’imperativo “romano” ruggendo: “Io non mi muovo da qua”. E accade il miracolo: dopo 2 ore usciamo da lì col Mac resuscitato e Stefania soddisfatta. A me l’Apple Man deve ancora trovare un adattatore, ma si sa, magari lo trova magari no. Non nasciamo tutti Stefania e talvolta lo kiamo, eh, credo ci tenga anke un po’ a qste mie telefonate. Di solito non capisco granparte d quello ke mi dice (l’inglese telefonico è un’altra lingua ancora) ma c kiediamo reciprocamente della nostra salute e lui mi rassicura con voce garantista: “Oggi stavo x comprarti l’adattatore quando un mulo ha renzato davanti ad una ferengi e soho skiattato dal ridere”. Sorrido, ci tiene comunque a ribadire la forza di qualcosa che occasionalmente può subire apparenti sconfitte, ma l’akuna matata, il polepole, il take it easy, il polledge non si irretiscono facilmente. Stefania mi fa segno ke le servirebbe il telefono, visto ke il suo computer si collega e lei vorrebbe approfittarne. Ora corro a cucinare fagiolini, ke lei dopo deve uscire presto. Credo che io rimarrò a casa, così posso ramazzarle la stanza.

3. La metà sotto turchese, quella sopra bianca. Procede sbronzo il minibus dove mi sono seduto, ma è la normalità. Un veicolo sobrio (che rispettasse precedenze, usasse frecce, sorpassasse a sx) verrebbe multato. La guida è tanto stressante ke tutti gli autisti masticano foglie di ciat. Siam fermi in coda. Guardo fuori dall’abitacolo, stiam passando mescàl square, dove c’era stato quel tanto pubblicizzato concerto rasta per un anniversario d Bob Marley. Ragazzi giocano a pallone, sarebbe come se a Milano l’Enotria si allenasse in piazza del Duomo, ma d’altronde gli spazi son questi. Il mio occhio individua un ragazzino camminante, anke lui sta seguendo la partita al suo fianco. Un attimo e scompare. Puff. Dio vedo gli spiriti. Cosa c’era nel thch ke ho bevuto a bikkierate ieri sera al matrimonio del cugino d Zed? Ah, no, qualcun altro lo ha visto perché stan fiondandosi verso il punto dovera prima della sparizione. Eh? Un buco? Ah, è uno di quei tombini scoperti, Addis ne è piena e il ragazzino c’è finito dentro di tutta l’altezza. Piangiukkia, ma i salvatori ridono grassamente. Anche a me scappa da ridere. Speriamo non si sia fatto male.

4. Ero qua seduto in sala, sabato scorso. Stavo scribakkiando una mail qdo un suono familiare entra dalla finestar (oh, niente: stra non riesco a scriverlo, il mignolo è troppo + veloce del medio). Qsta è solo per i marci marciatori; o per chi ha letto il sa cammino. Pazzesco. Non ho spiegazioni. Neanche una piccola. Peraltro qua gli psichiatri parleranno amarico e hai voglia. Dalla casa a fianco, al massimo. Una delle canzoni di qsta estate, quella del pinguino, della sfinge, del cameriere. Ma in inglese, credo, cmqe non in italiano. Istintivamente cerco Assunta. 2° voi cosa ho fatto? Scontato. E dopo ho tenuto il ghigno per ore.

5. Risale ai primi anni d’università la decisione solida d rispondere esaurientemente alla domanda “Come va?”. Poi sono stato ad Addis Abeba. Dopo una settimana ad auariu rispondo con au ar iu ed in contemporanea si biascica fain. Fine. Già, fai conto ke all’inizio c’è stata una volta ke mè stato kiesto come stavo, io ho risposto lungamente, e il commento è stato: “Mmhh.. and au ar iu?”. Non è ke il mio interlocutore conoscesse solo quelle parole in inglese, è ke qua è così. Un bivio davanti a me: ora gli ripeto parola x parola la risposta d prima; ora gli rispondo esattamente il contrario. “Fain. End iù?”.

6. Di calcio giocato neanke a parlarne; o forse solo a parlarne. Ho comprato un pallone, mi faccio qke palleggio, ma la cultura locale vuole ke nei pokissimi spazi a disposizio ci si sfidi solo a scommesse e qdi saltino le ginokkia con una certa facilità. Di calcio visto qua è tutta premier, divisi tra Arsenal e Manchester, guelfi e ghibellini ma con gli stessi colori. La maglia in assoluto + gettonata è quella di van persie seguita da quella vekkia d henry. Il derby della Madonnina vede 5 magliette dell’inter a 4 del milan, di cui 1 adriano, 1 stankovic e 1 kakà; pare ke qst’anno vada così. Presumo x fisionomia (e vedo ke nel catalogare i bianki incontrano gli stessi problemi ke trovo io con loro) sono stato accostato a Lemhann (!) e a Ljungberg. Una Domenica Scelsi d farmi Liverpool Arsenal. Il mio amico kiama un suo amico ke c tiene i posti intimandoci d affrettarci: la partita inizia alle 7, e sono le 4e30. Neanke x andare a San Siro ci si muove con tale anticipo. Peraltro il cinema universitario si trova a 4 minuti 4 da casa mia, ma obbediamo. Paghiamo un biglietto (30 cent d euro) e facciamo il nostro ingresso in una sala cinematografica completamente affollata d ragazzi seduti in ogni dove. Dove? Dovunque. Ordinati e silenziosi a guardare il match precedente. Ovviamente fino a quando non entro io. Per qualche secondo quelle ke credo siano non meno di un migliaio di teste si girano per studiare i miei movimenti. Temo ke la mia camminata affollerà i loro discorsi almeno fino al fiskio d’inizio. Poi Martino Laursen, ke non perde le vekkie abitudini, impostando l’azione, inciampa in un tronco invisibile, così tutti si rivoltano. Compreso il nonno di Laursen, nella tomba. Prendo il posto ke m’è stato conservato, ringrazio l’amico dell’amico, auariu auariu fàin fènkiù. E colo nella seggiola. Dovrò anke scegliere ki tifare, ma ovviamente per un milanista la scelta non si pone tra Arsenal e Liverpool, qto tra Arsenal e Manchester. L’umidità è a livello d foresta pluviale (?), alla presentazione delle squadre ci si sgola serenamente. Ai 3\4 d’ora il mio amico mi kiede d uscire per respirare ke non sta troppo bene. E fuori ke t trovo? Almeno lo stesso nro d ragazzi, seduti in file davanti al muro, dove la medesima partita è proiettata meno nitida e senza audio. Il sortilegio del calcio. Per la cronaca, Gerrard e Fabregas per uno spumeggiante pareggio.

7. In un carcere la poesia: un uomo, responsabile dell’accudimento dei fiori, ke quando si sposta posa il cappello dove vuole andare dopo, così si ricorda di andarci e prepara gli altri ai suoi futuri movimenti. Così mi vede, mi saluta, adagia il suo copricapo al mio fianco, bagna i fiori e poi ritorna.


Too little Miss Sunshine (ma è una delle più anziane)
8. Sfilata di bellezza di ragazzine d 6, 7 anni. Con mossette, okkioni e abitini. Beauty context organizzato dalla scuola cattolica, suore&preti, per l’Ethiopian Students Jubilee. Little Miss Sunshine è lontana, ma s’intravede. È un modo d vivere la festa ancora fuori da categorie d giudizio, per me. Non per un mio adulto amico locale: “This is the globalization, my friend. Each year it’s worst”.

9. Quel sabato era stato uno di quei giorni che non avevo voglia d kiedere. Ce l’avrei fatta da solo e d’altronde la missione era agibilissima, Stefania la compie tutti i giorni: arrivare a Piazza, il centro d Addis. Due minibus: il 1° per Bole (preso, semplice); il 2° da Bole. Bole (nome dell’aeroporto ke battezza così anke una strada, un centro commerciale e tutto un quartiere) è un formicaio brulicante intorno a me, maskio d formica bianca. Decine di minibus s’aggirano per qsto parkeggio all’aperto, nessuno per Piazza. Uno sì, bene: salgo, aspetto, cambia destinazione, scendo. Dopo mezz’ora un altro: pieno, non riesco ad infilarmi. Ad un certo pto, esasperato, salto sopra un pullmino qualsiasi dicendo al cokkiere: “Portami via, l’Australia va bene”. Dopo qsta ora d smarrimento esistenziale, capisco grazie ad un aiuto da casa ke sta andando in una direzione buona, e smonto vicino a Mescal Sqare. Verso essa cammino impetuoso, maglia uld rui pablo con manike tirate su, jeans sgualciti. Finisco addosso ad un tipo, sorry sorry, ci prendiamo la mano, lui non mela molla, affettuoso, mi dà anke un piede, lo appoggia sul retro del mio ginokkio. Sorrido beota, un nuovo saluto etiope? Un suo compare prova ad intrufolare la mano nella mia tasca opposta. Non è il caso d lasciarmi dei soldi, non t preoccupare, non mi sono fatto niente. Sorrido ancora qdo i 2 desistono e fuggono via. Allora comprendo; cos’è successo e anke cosa non è successo. Qello ke non mi torna è x’ abbian desistito se non mi avevano ancora preso il portafogli. Mi guardo la tasca tutta scucita: il ragazzo non è riuscito ad infilare la fenditura giusta. Mi kiedo se è solo demerito suo o anke involontario merito mio; magari il mio sorriso li ha spiazzati, tipo ride x’ adesso si trasforma e cincendia, manco fossi Ato Torcia. Ma come non è giornata di domande, neanke le risposte passano da qua oggi. Vado a Mezcal. Degli amici hanno già atteso a sufficienza e un giapponese, un autista travestito da manager e un architetto libanese hann ormai iniziato a pranzare.


Minibus
10. Entrare in 1 locale serale, musica birra biliardo, e trovarv dentro solo uomini bianki e donne nere, come se un dio bambino avesse scelto di rendere la pigmentazione cutanea un attributo di genere. O qdo siamo entrati in un negozio d artigianato locale suggerito dalla Lonely Planet e dentro vi abbiam trovato coppie d ferengi (bianki) col portafogli in una mano e la loro copia d Lonely Planet nell’altra.

11. Ho partecipato alla messa amarica; rito etiope, fortemente influenzato da quello ortodosso. Un’immersione atona d 2 ore con l’Eucarestia distribuita sotto 1 ombrello viola decorato con pizzi. Peso. Ne scriverò, ma la Chiesa Cattolica, specie ad Addis, risente un po’ dello status d minoritaria, e si arrocca in liturgie faraonike scacciagiovani. Qc1 resiste, mi spiegano ke c vuole rispetto x le tradizioni. Fate conto ke l’età mentale in parametri italiani d un mio giovane amico è di 10 anni superiore alla sua età anagrafica 2° la scienza d www.nienteansia.it/test/test-eta-mentale.html. Conoscenza d usi&costumi, telegiornali, rispetto assoluto degli anziani. Ma è questione di mesi, prima o poi li globalizzeremo.

12. Il controllo della mimica facciale è una caratteristica a volte in lotta con la spontaneità; ma torna utile quando invece la reazione istintiva offenderebbe. Va stipata nella cartella bugie a fin di bene, verità potenzialmente velenose trascurabili, battute strozzate x evitare malintesi. Un uomo vestito investito d una relativa autorità partecipa ad una riunione pseudo ufficiale mandando in esplorazione un dito nel naso, appallottola il reperto speleologico e scaglia missilino plasmato vs la parete. Naturalissimamente. Un diktat nella mia testa: se guardi Stefania è finita, facciamo la valigia beppe, andiamo a Berlino ke anke a Milano sarebbe dura rimanere, il Colmegna conosce tipi ke t rintracciano in 7 minuti 7. D solito t trovano qke minuto prima, t convincono a fermart, estraggono una cicca e se la fumano fin qdo l’orologio d’oro ke portano al polso non scocca il 7° minuto. Non puoi ridere non puoi ridere. Mano davanti alla bocca, okki lontani da Stefania e dal bombarolo, guardati le scarpe e pensa alla morte. Uff.

13. Non avrei mai detto ke nel 99 in Sudafrica sarei entrato in un cinema domestico con impianto dolby e il lettore dvd. E invece.. Perché, chi avrebbe immaginato che in Bosnia avrei jocato alla Play? Anzi, qti sfottii mero preso alla partenza? E poi.. E se un mese fa m’aveste kiesto cos’era l’aerobica? Fantozziana, anke sel meglio rimane il tapirulàn da corsa. Si corre per prendere il tram, si corre per fare tana libera tutti, si corre per raccogliere quel lancio tanto educato di cui il terzino destro t ha onorato, si corre x fuggire dalla polizia (vicinanza al popolo kel 18 a genova si rincontra). Qua invece corri e rimani fermo. Non cela posso fare a capire. Corri per correre. Cioè, tipo, quando vai a correre su una passeggiata ligure, corri per correre, ma non 6 così vicino al senso di quello ke fai: il mare t parla, incroci i bambini in bici e gli anziani ke percorrono il marciapiede con i piedi e la loro vita con la memoria. Qua corri e basta. Intorno a te non scorre niente e non c’è nulla d davvero interessante da guardare, e poi soprattutto devo rappacificarmi con l’idea ke non vado da nessuna parte. Fino a qdo l’altro giorno non sè inceppato il tapìrulàn. E indovina chi ha proseguito la sua corsa, pensando alla maratona ke avrà luogo a fine mese, finendo praticamente contro la macchina?

14. Ragazzi (ragazzo + ragazzo) ke camminano abbracciati teneramente tenendosi le mani, accarezzandosele con naturalezza, esprimendo la loro amicizia. In Etiopia l’omosessualità è socialmente ostracizzata, e la manifestazione dell’affetto amicale assume qsta fisica modalità.

15. Tornando da una cena presso i sacerdoti d San Michael buttai un okkio all’orologio della coolcar d Zed (una rossa toyota corolla, con uno switch interno ke x selezionare l’atmosfera interna: “cool”, un po’ coatta o “hot”, romantica), leggere 2e30 e pensare”Mi pareva fosse tardi, difatti sono stravolto” e scoprire kerano le 2e30 in orario locale, ovvero le nostre 20e30.. Sarà l’altezza sarà il lavoro, ma svengo otto ore fisse a notte, ol giorno dopo l’inglese non riesco proprio ad andarlo a pigliare.

16. Passare per strada a fianco delle conseguenze d un incidente mortale, un pedone è stato investito. I passanti, a decine, fermi, increduli, con le mani sulla testa.

17. I virtuosismi con l’inglese, che scatenano l’ilarità incontrollata dei miei ascoltatori. Ieri per telefono ho detto ad un mio amico che Stefania m’aveva informato che aveva la varicella, il chicken pox. Solo che ho confuso l’espressione “chicken pox”, imparata mezz’ora prima, con “chicken pocket”, e praticamente gli ho confidato ke sapevo ke lui teneva una gallina in tasca (stile munchkin o ratman); quindi le persone con cui mi trovavo sono esplose a ridere senza ritegno, e beh, siamo andati avanti così minuti, senza ke io riuscissi a parlare.

18. Al mattino molto presto e a mezzo pomeriggio l’invasione delle strade da parte di eleganti frotte di ragazzini bicolore, a seconda della scuola d’appartenenza, oltre alle ormai consuete parate bovine, ovine, b e di Dida. La divisa scolastica per molti è il vestito migliore, ed anke un consistente investimento familiare.

19. La violenza dei poliziotti scatenata contro alcuni ladruncoli sgamati. Manganellate sul corpo e sberloni in viso. Da ex responsabile della polizia municipale di Rho e da giovane ne resto turbato.

20. E poi gli incontri per strada. L’autista disoccupato che mi kiede se non ho un lavoro da dargli, il protestante che chiacchiera per mezz’ora sulla situazione politica etiope, il ragazzo che dice di conoscermi perché m’ha visto in giro.

Ultima annotazione, so ke Teo se lo kiedeva: le castagne c’erano.

Ato Paolos