Piera G., anni non pervenuti, non si capisce come abbia fatto a coordinare 8 persone per un mese quando fa fatica a coordinare se stessa.
Vera Boliviana D.O.C. (tutte le certificazioni sono a posto, assicura l'armadillo!) è infatti riuscita a mangiare una saltena senza sporcare il piattino.
Si ricorda un memorabile volo con atterraggio sullo zaino all'aeroporto di Madrid, una targa davanti al gate n.7 commemora l'evento per le generazioni a venire.
C'è chi sussurra ai cavalli, lei...balla con le scimmie, per distrarle quando queste infuriate si scagliano contro i poveri cantieristi.
Ha provato in tutti i modi ad attentare alla nostra salute facendoci mangiare le peggio porcherie, per fortuna ci ha riportati a casa tutti.
Ma in fondo...quando ne avevamo bisogno ci ha sventagliato per due ore su un viaggio della speranza, ci ha ascoltato quando alle 5 di mattina volevamo parlare dei campesinos, ci ha portato su altalene alte 20 metri, ci ha sopportato quando ci lamentavamo della scalinata inca a 4000 m (in realtà non aveva fiato per proferire parola...), quindi...
Ti vogliamo bene pie! Grazie :)
Piera Piera Piera ci teneva le formazioni
Piera Piera Piera che cadeva a ruzzoloni
Piera Piera Piera che rompeva un po' i ...
Piera Piera Piera ci imponeva le riflessioni
Ma la notte la festa è finita, evviva la vita, comincia un mondo, un mondo diverso ma fatto di sesso un Boliviano avrà!
Copyright coro-da-stadio gruppo bolivia 2013 :)
Camilla, Anna, Lorenzo, Marco, Chiara, Luca, Chiara, Vittoria
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sabato 7 settembre 2013
lunedì 19 agosto 2013
Libano - Fili invisibili
Tornare a casa dopo un viaggio è
difficile. Tornare a casa dopo un'esperienza che ti segna come quella che
abbiamo vissuto noi diventa veramente complicato.
Un giorno, tornando dal campo
profughi palestinese di Dbayeh, ho trovato la "parola del giorno" e
la trovo perfetta anche adesso. La parola è FILO. Questo perché percorrendo le
quattro strade all'interno del campo non si potevano non vedere. Fili della
corrente, fili per il bucato, fili ovunque. Anche a Rayfoun avevamo i nostri
fili: per stendere, quello spinato che limita lo shelter, i fili per le collane
e i braccialetti... Alla fine anche noi abbiamo tracciato i nostri fili. Le
relazioni che abbiamo instaurato con le donne, con i bambini, con le persone
che abbiamo incontrato e con le quali abbiamo condiviso anche solo un sorriso,
come per esempio le donne siriane con i loro figli a Beirut, con cui l'incapacità
di comunicare era evidente, ma, con un semplice gesto, siamo riuscite a
scattare una foto insieme, sono i nostri fili, invisibili agli occhi, ma
visibili con i gesti, i sorrisi, con il cuore.
È stato un cantiere particolare.
Intenso, profondo, purtroppo breve. Un cantiere dove i fili tra le persone sono
così stretti che la felicità e la tristezza degli altri diventano anche le
proprie, dove anche un piccolo gesto ti fa sentire accolto, a casa.

Posso dire di aver ricevuto
tanto, molto di più di quello che avrei mai potuto immaginare. I fili che ho
lasciato lì, li porto nel cuore con la speranza che un giorno la vita ci faccia
ritrovare. Altri, come quelli con le mie compagne di viaggio, so che li potrò
rendere ancora più forti perché abbiamo veramente vissuto un'esperienza
incredibile, unica, che ha lasciato qualcosa dentro a ciascuna di noi.
Ringrazio tutti per aver avuto la possibilità di vivere questo cantiere… le mie
compagne di viaggio, le donne i bambini… tutti. Grazie!
Giulia
Giulia
alle
14:36
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venerdì 15 ottobre 2010
I Fantastici 4 ed il mio amico Alfred JT II
Liberamente tratto dai ricordi dell’unico neurone dei cantieristi georgiani

Avvertenze:
1. non proseguire oltre se si hanno problemi non guaribili con 2 semplici compresse di Imodium
2. non proseguire oltre se si hanno altri problemi di sorta, vari ed eventuali o presunti tali
Starring
Beppe “La cosa” Beretta
Laura “La donna invisibile” Broggini
Fabio “Elastic man” Giudici
Lorenzo “La torcia umana” Raineri
Special guest
Alfred John Timmy II
Supervisors
1. Elisa Magnifico
2. Irene Baldissarri
Numbers
4 protagonisti
3 uomini
1 donna
3 co-protagonisti
3 a 1 le elezioni
3 uomini e 1 neurone (depositato presso terzi)
3 a 1 la vittoria totale
“Trangugia grappa!?? Nonno! Ridammi subito la mia fiaschetta che devo partire, e vieni giù dall’armadio!”
“Wei, sbarbatello, ho fatto la campagna di Russia io, sempre in canotta, e nessuno mi ha mai chiesto indietro una fiaschetta di grappa. Tira su i quattro tuoi stracci e muoviti che l’aereo mica t’aspetta!”
Questo è l’inizio un po’ sgangherato di un’avventura altrettanto sgangherata ricca di colpi di scena e gesti di straordinaria eroicità ed altruismo. Vabbè, se leggete solo fino a “sgangherata” avete il quadro giusto.
“Quale? Quello sul poster invisibile? Guarda che è prestissimo: è buio pesto e non si vede niente!”
“Vabbè, allora riprovo: il sole da dove sorge? Da lì o da là?”
“Non lo so.”
Bene, bell’inizio
No comment
Ma eccola che finalmente compare e si riunisce ai compagni ricomponendo il quartetto
apparentemente incolume: come sarà andata realmente? Tutti sono in attesa delle sue parole quand’eccole arrivare: “Oh ragazzi…qualcuno mi lava le mutande?”
Se non fossimo stati tutti lì a sentirlo non ci avremmo creduto
Elio il contapassi
Si vocifera di elezioni a suffragio universale tra i 4 cantieristi per l’elezione del nuovo Supervisors n° 1.
Nel mezzo della campagna elettorale, durante un’impegnata ed intensa discussione, “La cosa” interviene con parole di autostima: “Ma io cosa parlo a fare che dall’Italia non ho portato nemmeno i capelli?”
Realtà
Un referendum pilotato la proclama anche capo-Supervisor destituendo di fatto dalla carica il Supervisor n° 2… il cantiere è in mano ai cantieristi.
Vittoria!
Sconfortati e demoralizzati da un inaspettato ed inaspettabile epilogo, i cantieristi tentano di volgere a loro favore la situazione cambiando l’ordinamento politico di riferimento e giocando così la carta della dittatura patriarcale…”La torcia umana” indicando “La cosa” dice al Supervisor n° 2: “Non capisco perché se lui è più vecchio il capo lo devi fare tu!”
Nessun effetto
“La cosa”: “Non è vero”.
Ipse dixit
Proverbiale
Un grugnito soddisfatto di Joska (il fratello grosso della “Cosa”) conferma il risultato.
Per festeggiare: risate suine ed ignoranti
Disarmante
Supervisor n° 2: “Va bene, ma voi 5 cosa dite?”
...Silenzio...
Supervisor n° 2: “Scusate, volevo dire voi 4”
...Silenzio...
...i 4 cantieristi si guardano...
“La torcia umana” (accarezzando l’aria con le mani come per scompigliare i capelli di un bambino seduto di fianco a lui): “Ma come? Ti sei dimenticata del piccolo Alfred?”
Sì, Alfred… l’amico invisibile di tutti i cantieristi georgiani…una domanda comunque serpeggia per il gruppo e voci di corridoio ne rendono l’eco sempre più evidente nelle menti vuote di “Elastic man”, “La cosa” e “La torcia umana”…
Alfred…è il figlio segreto della “Donna invisibile”?
Impareggiabili!
Da dietro l’uomo notevolmente irrequieto, guardando l’impiegato dell’aeroporto, “La cosa” con impareggiabile coraggio incalza: “Sì, volevo dire anch’io la stessa cosa”.
Opportunisti
Come avrete notato, questa storia, in alcuni punti davvero liberamente ripresa, è fatta di soli “interni”; non ci sono azioni, parole, ricordi o pensieri che si riferiscano all’esterno. Questo non perché l’intero cantiere si sia svolto al chiuso, non sarebbe ovviamente possibile. Non perché noi avessimo una particolare predilezione per gli ambienti interni, non sarebbe vero. In questa storia non ci sono esterni perché fuori ci sono i giochi dei bambini, le risate dei ragazzi e le urla di vittoria, c’è il pianto dei più piccoli che sono caduti correndo, ci sono i canti ed i cerchi “tutti in piedi” per fare i bans, c’è la benda di “mosca cieca” ed i campi di gioco, ci sono 2 capitani che scelgono tra i loro amici i compagni di squadra, c’è una schiacciata con il pallone da pallavolo ed i bambini che il giorno dopo ritornano per giocare… Fuori c’è padre Paata che impiega 1 ora e mezza di fuoristrada tra una parrocchia e l’altra, c’è Simon che gioca con un bastoncino ed una lattina, che si arrampica sul carretto sporco e che ride guardando nella macchina fotografica. Fuori ci sono anche gli amici che lo prendono in giro e lui che ride per un palloncino con disegnata sopra una faccia (il bambino più felice del mondo?). Fuori c’è Simon che quella lattina cerca solo di romperla con il bastoncino… è il gioco più bello della Terra? Fuori… c’è il cantiere.
Questa "storia" è la vincitrice (ex aequo) del concorso "Che storia!" indetto dal Settore Internazionale di Caritas Ambrosiana tra i partecipanti all'edizione 2010 dei Cantieri della Solidarietà.

Avvertenze:
1. non proseguire oltre se si hanno problemi non guaribili con 2 semplici compresse di Imodium
2. non proseguire oltre se si hanno altri problemi di sorta, vari ed eventuali o presunti tali
Starring
Beppe “La cosa” Beretta
Laura “La donna invisibile” Broggini
Fabio “Elastic man” Giudici
Lorenzo “La torcia umana” Raineri
Special guest
Alfred John Timmy II
Supervisors
1. Elisa Magnifico
2. Irene Baldissarri
Numbers
4 protagonisti
3 uomini
1 donna
3 co-protagonisti
3 a 1 le elezioni
3 uomini e 1 neurone (depositato presso terzi)
3 a 1 la vittoria totale
Incipit”Oh! Oh! Svegliati, devi andare in Georgia! E’ ora! E smettila di parlare nel sonno di terre lontane al di là dei due mari, di terre ai piedi delle montagne, di terre dove splende il sole ma anche no, di terre dove la temperatura è alta ed il cibo è squisito, che spaventi il nonno! Guardalo: è già 2 mattine che quando entro in camera vostra lo trovo arrampicato sull’armadio che ti guarda con gli occhi sbarrati mentre trangugia grappa!”
“Trangugia grappa!?? Nonno! Ridammi subito la mia fiaschetta che devo partire, e vieni giù dall’armadio!”
“Wei, sbarbatello, ho fatto la campagna di Russia io, sempre in canotta, e nessuno mi ha mai chiesto indietro una fiaschetta di grappa. Tira su i quattro tuoi stracci e muoviti che l’aereo mica t’aspetta!”
Questo è l’inizio un po’ sgangherato di un’avventura altrettanto sgangherata ricca di colpi di scena e gesti di straordinaria eroicità ed altruismo. Vabbè, se leggete solo fino a “sgangherata” avete il quadro giusto.
Interno mattina…molto…molto mattina (il check-in è alle 2.45) – Aeroporto – Malpensa – Italia“Elastic man”: “Oh guardate! Da qui si vede il Resegone…scusi, scusi, lei dell’aeroporto, mi sa dire se quello è il Resegone?”
“Quale? Quello sul poster invisibile? Guarda che è prestissimo: è buio pesto e non si vede niente!”
“Vabbè, allora riprovo: il sole da dove sorge? Da lì o da là?”
“Non lo so.”
Bene, bell’inizio
Interno sera – alloggio Caritas – Tbilisi – GeorgiaConclusi gli incontri di presentazione dei cantieri, terminati i colloqui di orientamento, archiviata la prima giornata di formazione, vissuta la 2 giorni di Castellanza, lette tutte le e-mail di coordinamento delle Supervisors, inviate le risposte ai messaggi, messo alle spalle il primo pomeriggio di cantiere ed a serata ormai inoltrata… “La torcia umana” al Supervisor n° 2: “Come ti chiami?”
No comment
Il clima è teso...d’altronde si sa, come dicevano alla formazione…ogni esperienza ha il suo momento difficile. La tensione comunque è davvero tangibile tant’è che cantieristi a disposizione e Supervisors sono tutti riuniti in salotto. Il clima è di attesa spasmodica; la serata è strana rispetto alle precedenti: un preoccupante gelo è sceso sui presenti e scuote gli animi. Il dubbio si dipinge sui volti di chi si sta ponendo un’evidente ma tacita domanda dettata dalla contingenza della situazione: “La torcia umana” sta facendo la doccia ed è un problema, perchè per fare la doccia s’è allontanato parecchio dalla tazza di ceramica su cui abitualmente siede negli ultimi 2 giorni.
Interno sera – alloggio di padre Misha – Arali – Georgia
Ma eccola che finalmente compare e si riunisce ai compagni ricomponendo il quartetto
apparentemente incolume: come sarà andata realmente? Tutti sono in attesa delle sue parole quand’eccole arrivare: “Oh ragazzi…qualcuno mi lava le mutande?”
Se non fossimo stati tutti lì a sentirlo non ci avremmo creduto
Interno pomeriggio - Arali - Georgia“La torcia umana” fissa “Elastic man” dritto negli occhi, poi si volta verso “La cosa” ed esclama: “la distanza tra il campo da gioco e casa è di un vitello dai piedi di balsa”.
Elio il contapassi
Interno sera – alloggio di padre Misha – Arali – GeorgiaSiamo vicini al “giro di boa” del cantiere ed il Supervisor n° 1 ci saluterà a breve per tornare in Italia.
Si vocifera di elezioni a suffragio universale tra i 4 cantieristi per l’elezione del nuovo Supervisors n° 1.
Nel mezzo della campagna elettorale, durante un’impegnata ed intensa discussione, “La cosa” interviene con parole di autostima: “Ma io cosa parlo a fare che dall’Italia non ho portato nemmeno i capelli?”
Realtà
Interno sera – alloggio di padre Misha – Arali – GeorgiaLe elezioni a suffragio universale affidano con larga maggioranza alla “Donna invisibile” il posto di Supervisor n° 1 nonché di vero capo del cantiere e di persona depositaria dell’unico neurone comune.
Un referendum pilotato la proclama anche capo-Supervisor destituendo di fatto dalla carica il Supervisor n° 2… il cantiere è in mano ai cantieristi.
Vittoria!
Interno sera – alloggio di padre Misha – Arali – GeorgiaUnilateralmente annullate dal Supervisor n° 2 le per noi regolarissime elezioni a causa di presunti ma mai dimostrati brogli, l’oligarchia del cantiere si trasforma in monarchia assoluta ereditaria.
Sconfortati e demoralizzati da un inaspettato ed inaspettabile epilogo, i cantieristi tentano di volgere a loro favore la situazione cambiando l’ordinamento politico di riferimento e giocando così la carta della dittatura patriarcale…”La torcia umana” indicando “La cosa” dice al Supervisor n° 2: “Non capisco perché se lui è più vecchio il capo lo devi fare tu!”
Nessun effetto
Interno mattina – alloggio di padre Misha - Arali - Georgia“La torcia umana”: “Cosa, alzati che son le otto”.
“La cosa”: “Non è vero”.
Ipse dixit
Interno mattina – alloggio di padre Misha – Arali – GeorgiaVista la situazione di stallo, “La torcia umana” commenta: “Va bene, mi siedo, fisso un punto sul muro ed aspetto che i fatti si volgano in mio favore”. Colti dalla certezza che egli è depositario del neurone comune (probabilmente rubato alla “Donna Invisibile” in un momento di distrazione) anche “La cosa” ed “Elastic man” si siedono e fissano il vuoto sapendo che è la cosa corretta da fare. Pochi secondi dopo compare Padre Misha che porta la colazione.
Proverbiale
Interno giorno - Pulmino - tragitto Arali-Khizabavra - GeorgiaSebbene la rivoluzione patriarcale non abbia sortito effetti, pur di non rimanere sotto la dittatura del Supervisor n° 2, i 4 cantieristi giocano la carta jolly: indicono una crisi di governo e propongono nuovamente elezioni immediate da tenersi per alzata di mano, per evitare brogli, seduta stante. “La cosa”, “Elastic man” e “La torcia umana” propongono nuovamente “La donna invisibile” quale unica depositaria del potere. Come previsto dai taciti accordi carbonari pre-elettorali tra i cantieristi, “La donna invisibile” continua a proporre il Supervisor n° 2 al ruolo di ras del cantiere...tanto per darle un contentino...o meglio, per darle l’illusione di essere ancora lei il boss. Le elezioni si concludono con il trionfo della “Donna invisibile”, già depositaria dell’unico neurone in comune (nel frattempo recuperato dalla “Torcia umana”), che ora possiede anche il “potere di controllo” del cantiere.
Un grugnito soddisfatto di Joska (il fratello grosso della “Cosa”) conferma il risultato.
Per festeggiare: risate suine ed ignoranti
Interno sera – alloggio di padre Paata – Khizabavra – GeorgiaComparendo dal nulla con il portatile in mano padre Paata riunisce il gruppo per una comunicazione di vitale importanza: “Oh, guardate questo Power Point degli italiani che parcheggiano” (un famoso video di Bruno Bozzetto sugli italiani).
Disarmante
Interno mattina – alloggio Caritas – Tbilisi – Georgia
Supervisor n° 2: “Va bene, ma voi 5 cosa dite?”
...Silenzio...
Supervisor n° 2: “Scusate, volevo dire voi 4”
...Silenzio...
...i 4 cantieristi si guardano...
“La torcia umana” (accarezzando l’aria con le mani come per scompigliare i capelli di un bambino seduto di fianco a lui): “Ma come? Ti sei dimenticata del piccolo Alfred?”
Sì, Alfred… l’amico invisibile di tutti i cantieristi georgiani…una domanda comunque serpeggia per il gruppo e voci di corridoio ne rendono l’eco sempre più evidente nelle menti vuote di “Elastic man”, “La cosa” e “La torcia umana”…
Alfred…è il figlio segreto della “Donna invisibile”?
Interno pomeriggio – Aeroporto – Malpensa – ItaliaI Fantastici 4 compiono la loro missione più grande e difficile. In attesa dei bagagli davanti al nastro trasportatore si accorgono di una situazione pericolosissima. Dal bagno delle donne esce una fila di giapponesi in coda ed in attesa. Senza indugi ma ponendosi una sola domanda… ”Ma cosa facciamo? Interveniamo?” …i nostri eroi, coadiuvati dal Supervisor n° 2, risolvono la situazione avvicinandosi alle signore con l’indice puntato in una precisa direzione e dicendo: “There’s another toilet there!”
Impareggiabili!
Interno pomeriggio – Aeroporto – Malpensa – ItaliaDopo un’attesa spasmodica dei bagagli ormai protrattasi oltre i 2 minuti, “La cosa”, “Elastic man” e “La torcia umana” cercano (con fatica e senza risultati immediati) il banco dei reclami per segnalare la situazione. Al banco un uomo di capelli non munito e visibilmente alterato dice allo sventurato impiegato: “E’ quaranta minuti (falsità) che aspettiamo i bagagli, sono arrivati quelli dell’altro volo ed hanno interrotto la consegna dei nostri! Gli altri sono arrivati dopo ed hanno già tutte le loro cose!”.
Da dietro l’uomo notevolmente irrequieto, guardando l’impiegato dell’aeroporto, “La cosa” con impareggiabile coraggio incalza: “Sì, volevo dire anch’io la stessa cosa”.
Opportunisti
Fine
Come avrete notato, questa storia, in alcuni punti davvero liberamente ripresa, è fatta di soli “interni”; non ci sono azioni, parole, ricordi o pensieri che si riferiscano all’esterno. Questo non perché l’intero cantiere si sia svolto al chiuso, non sarebbe ovviamente possibile. Non perché noi avessimo una particolare predilezione per gli ambienti interni, non sarebbe vero. In questa storia non ci sono esterni perché fuori ci sono i giochi dei bambini, le risate dei ragazzi e le urla di vittoria, c’è il pianto dei più piccoli che sono caduti correndo, ci sono i canti ed i cerchi “tutti in piedi” per fare i bans, c’è la benda di “mosca cieca” ed i campi di gioco, ci sono 2 capitani che scelgono tra i loro amici i compagni di squadra, c’è una schiacciata con il pallone da pallavolo ed i bambini che il giorno dopo ritornano per giocare… Fuori c’è padre Paata che impiega 1 ora e mezza di fuoristrada tra una parrocchia e l’altra, c’è Simon che gioca con un bastoncino ed una lattina, che si arrampica sul carretto sporco e che ride guardando nella macchina fotografica. Fuori ci sono anche gli amici che lo prendono in giro e lui che ride per un palloncino con disegnata sopra una faccia (il bambino più felice del mondo?). Fuori c’è Simon che quella lattina cerca solo di romperla con il bastoncino… è il gioco più bello della Terra? Fuori… c’è il cantiere.
Giuseppe Beretta, Laura Broggini, Fabio Giudici e Lorenzo Raineri
Questa "storia" è la vincitrice (ex aequo) del concorso "Che storia!" indetto dal Settore Internazionale di Caritas Ambrosiana tra i partecipanti all'edizione 2010 dei Cantieri della Solidarietà.
lunedì 4 ottobre 2010
Lettera a un amico
Caro Amico,
ti scrivo perchè sono tornata. Il mio mese in Perù è terminato e io, beh, io mi sento svuotata e ricolma al tempo stesso. È già passato qualche giorno dal mio rientro a casa e ora posso scriverti. Posso scriverti del piccolo Sharon, o della dolce Jeimy. Posso scriverti del giovane Ricardo e di Giovanni e Chiara. Posso parlarti a lungo di luoghi, volti, emozioni, paure, sorrisi e pianti. Posso descriverti la fatica di quei momenti e la gioia dopo una lunga giornata corsa da un posto all'altro, con pochi momenti di pausa... posso, potrei.... ma non voglio. Oggi in questa lettera voglio parlarti di un'Amica speciale, che incontrai per la prima volta domenica 8 agosto quando io e le mie compagne cantieriste mettemmo piede sul suolo di Agua Dulce, dove da qualche tempo sono iniziate le invasioni, ossia stanziamenti e assembramenti umani. Le persone ad Agua Dulce vivono in casa di estera o di adobe, patendo la calura estiva e soffrendo il gelido vento umido che soffia dall'oceano nei mesi invernali. Qui La vidi la prima volta. Era fuori e bussava incessantemente a tutte le porte, la gente non voleva che entrasse a sporcare una casa nata già polverosa e misera. Tutti la rifiutavano, ma Lei imperterrita tornava giorno dopo giorno, istante dopo istante e bussare a tutte le porte fisiche e mentali che ogni persona erige a protezioni dei propri possedimenti. Essa vide che La stavo scrutando e scaltra e maligna si avvicinò a me. Io non La riconobbi per quella che era subito alla prima occhiata. Allora Lei, indignata, soffiò contro di me e io finalmente La percepii..... sentii la Povertà come mai prima di allora. Sentii il suo odore portato dal vento fino alle mie narici. Il suo odore forte e acre misto alla polvere, sua eterna compagna. Polvere e Povertà due parole simili che da quel giorno la mia mente ha reso inscindibili. Insomma, caro amico, la Povertà mi scorse e corse ad abbracciarmi. Io mi pietrificai, cercai di scacciarLa di allontanarLa da me, ne ebbi paura e cercai di costringere i miei occhi verso il cielo. Non volevo vederLa, toccarLa o sentirLa in alcun modo. Poi ad un certo punto, non so come, non so perchè, mi accorsi che ero io ad abbracciare la Povertà, a volerLa vicina al mio cuore, iniziai ad amarLa e a comprenderLa. E in quell'istante i miei occhi videro attraverso di Essa, e videro la vita, la realtà e la ricchezza. Fu come indossare gli occhiali per la prima volta e notare la moltitudine di foglie che popolano i rami degli alberi, distinguendole una dall'altra. E vedendo Essa ed attraverso Essa vidi volti, sguardi, mani, carezze, abbracci, amore, curiosità, amicizia e tanta ricchezza. Quelle misere baracche per un istante mi parvero regge splendenti e la polvere si tramutò in una soffice erba smeraldina.
Scoprii la ricchezza dove inizialmente vidi la povertà e scoprii povertà dentro di me, i falsi miti di una vita, le fatue ambizioni di gloria e riscatto sociale... oh che orizzonti mi sono sempre prefissa? Cosa ho inseguito? Cosa sto inseguendo? Chi sono stata? Chi sono e sarò? Caro Amico, tu non hai visto e per questo forse ti sembro strana, ti sembro diversa. Non hai avuto l'immensa fortuna di abbracciare piccoli bambini con occhi da adulto, non sai come ci si sente dopo una giornata passata a cercare di donare qualcosa di te agli altri e non sai quanto invece di dare ho ricevuto. Per questo i miei nuovi orizzonti ti sembrano vane utopie. Mai io ho visto, ho respirato Polvere, mi sono vestita, anche se solo per un breve momento, di Povertà; io non posso continuare a chiudere gli occhi ora che per la prima volta ho potuto vedere oltre i confini del mio essere finito. Ho incontrato il Mondo Altro e scoperto un'Amica inaspettata. Per questo ti scrivo per l'ultima volta e per l'ultima volta ti chiamo Amico perchè è tempo di camminare verso un'altra direzione, magari non sarà quella giusta, ma io la percorrerò lo stesso e so che devo abbandonarti, devo cambiare e tu per una questione di estrema logica non puoi venire con me, non capiresti. Per questo di saluto. Addio vecchio Amico, addio a te che sei stato il compagno di questi anni, addio mio vecchio IO.
Letizia Rivolta, Elisa Gritti e Irene Raso
Questa "storia" è la vincitrice (ex aequo) del concorso "Che storia!" indetto dal Settore Internazionale di Caritas Ambrosiana tra i partecipanti all'edizione 2010 dei Cantieri della Solidarietà.
venerdì 29 agosto 2008
Sarah, angelo all'inferno.
Oggi il mondo mi fa schifo.
Camminavo tra quelle “strade” con lo spirito che avevo ad Auschwitz. Solo che qui le persone erano ancora vive. Ancora. Sarah almeno per ora.
Ci avviciniamo alla “scuola” di questa baraccopoli e vedo una bambina alta tanto quanto il mio ginocchio, a piedi nudi, in mezzo allo schifo, in una specie di fosso, appoggiata ad una parete che non riesce a passare. Piange. Non è giusto che sia li. Dovrebbe esserci vicino a lei una mamma che le ha comprato un sacco di vestiti e di scarpe, quelle che ti fanno impazzire da quanto sono piccoline; che non la lascia andare in giro da sola neanche per casa. Ma quale casa?
La ferrovia passa qua in mezzo, nella larghezza di 6 metri. Ci fermiamo perchè sta per arrivare il treno. Mi riposo un po’. Volto gli occhi e un panorama di tetti di lamiera invade la mia testa. Come quelli che vedi nei libri di scuola, quelle foto che guardi un attimo, ma giri subito pagina perchè lo sai che ci sono queste cose, ma cosa ci puoi fare tu? E poi mica è colpa tua, oh!
Sarah ci accompagna in questo nostro giro. Sarah è una donna bella con gli occhi che ridono sorridendo.
A un certo punto ci fa entrare in una baracca e non capisco bene perchè.
Poi ci spiega.
È casa sua.
Una minuscola stanza con un sacco di cose accatastate alle pareti; un tavolino in mezzo circondato da tre “panchette”. Una parete è un lenzuolo che copre la stanza da letto. La stanza in cui siamo ora è cucina, salottino..tutto quello che non è stanza da letto.
Ne va fiera.
Ci sediamo e ci chiede se può offrirci da bere.
Cerchiamo di rifiutare, ma insiste.
Poi esce per tornare poco dopo con una bottiglia di coca, una di sprite, una di fanta e una di limonata. Sorridendo le appoggia sul tavolino. Poi si gira, si abbassa e tira fuori dei bicchieri. Si ferma e va nell’ “altra stanza” tornando con un fazzoletto con cui li spolvera. Le chiediamo cosa vuole, ma lei risponde che ha già la sua cosa da bere e sparisce di nuovo per tornare con una bottiglia di fanta già cominciata. Rimane in piedi perchè per lei non cè più posto e ci racconta che vive li con suo marito (un elettricista), suo figlio, sua nipote e un ragazzo che hanno “adottato”. È fiera e contenta della sua famiglia. E della sua casa. Si libera un posto e la invitiamo a sedersi. Io la guardo e...
No Sarah. Tu non puoi.
Mi viene il sospetto che Sarah abbia l’aids.
No Sarah, tu non puoi.
Le carte ci sono.
Brutta tosse -Sarah, smettila di tossire, cazzo!-; foulard in testa -togliti quello stupido foluard Sarah!-; voce bassa –alza la voce Sarah, maledizione!- e macchie sulla pelle –vatti a lavare la faccia Sarah, ti prego, vatti a lavare la faccia...-.
No Sarah, tu non puoi.
Ci ringrazia per essere li con lei, è molto contenta ci dice. Ci fa vedere delle foto. Sarah, in queste foto non avevi il foulard, perchè ora ce l’hai? Toglitelo Sarah, per favore.
Arriva suo figlio e lei ce lo presenta parlando con gli occhi.
Usciamo e facciamo una foto tutti insieme. Ci avviamo verso l’uscita della baraccopoli, dove ci saluta uno ad uno. Dicendoci infine:
grazie, vi porterò nel mio cuore per sempre. È stato uno dei giorni più belli della mia vita.
No Sarah, tu non devi.
Oggi, amico Dio, stammi pure alla larga che tanto io non ho nessuna voglia di vederti.
Oggi il mondo fa schifo.
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