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domenica 18 giugno 2017

Nou pataje lajwa ki nan kè nou!

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Ieri, sabato 17 giugno c'è stata la gita finale con i bambini di Kay Chal mattina. La scuola è finita e con lei quella parte di quotidianità che in parte ha segnato la mia presenza in questo Paese.

Ho già spiegato tante volta cosa sia Kay Chal mattina e anche cosa abbia rappresentato per me ma le emozioni e le sensazioni che ho provato ieri sul pullman pieno di bambini che cantavano e ballavano forse non le avevo mai provate prima tra le corse della quotidianità e le mille cose da fare.

I giorni che hanno preceduto questa uscita mi avevano già preannunciato quanto sarebbe stata ricca e densa di emozioni questa esperienza. Infatti siamo dovuti andati, insieme ai maestri, nelle case di diversi bambini per cercare di convincere le persone con le quali vivono (che ancora una volta ricordo non essere i genitori di questi bambini ma solo persone che li hanno presi in carico) a lasciarli venire e a concedere loro una giornata di svago e di pausa dai lavori domestici che sono costretti a fare.
Abbiamo pensato ad un programma molto ricco per mostrare ai bambini più cose possibili...il memoriale del 12 gennaio 2010, che è stato costruito con la volontà di accogliere tutti i corpi di chi è rimasto vittima del terremoto tremendo che ha colpito il paese in quella data, Archaie e la piazza in cui Katrin Flor ha cucito la bandiera haitiana, il mare a Sentar e lo splendido monastero benedettino sui monti.

Ieri ho visto bambini che non erano mai usciti dalla capitale da quando ci erano entrati per venirci a vivere, ho visto dei bambini pazzi di gioia all'idea di fare una gita insieme ai loro compagni, liberi per una giornata da tutti i pesi e dalle preoccupazioni, hanno cantato a voce piena per tutto il viaggio e nonostante questo hanno conservato un po' di voce per manifestare il loro stupore una volta arrivati al mare...che tanti di loro vedevano per la prima volta.

Alcuni si sono gettati nell'acqua senza paura altri invece in un primo momento erano terrorizzati all'idea di entrare in quella pozza enorme salvo poi scatenarsi una volta scoperto che non era niente di pericoloso.

Trenta bambini nell'acqua che ci saltavano addosso chiedendoci di portarli sulla nostra schiena e di farli “nuotare” insieme a noi...io che sono cresciuta al mare e che non ricordo il giorno in cui l'ho visto per la prima volta, beh ieri l'ho riscoperto come una cosa meravigliosa!
E poi i monti, camminare per un pezzo di strada insieme ai bambini per mano che scoprivano che lontani dal caos della capitale si sentono gli uccellini cantare, si possono trovare delle qualità di fiori e di piante molto belle...e ancora le api, che i monaci benedettini allevano e curano per produrre del miele buonissimo, e come si produce il miele??  viva la curiosità.

Ieri sul pullman tornando a casa ho sentito di aver concluso un capitolo della mia vita con la fine di Kay Chal mattina, ho trovato con questa esperienza una trentina di fratellini e sorelline più piccoli, ho trovato dei colleghi più esperti ai quali mi sono appoggiata e ho chiesto aiuto quando avevo bisogno e altri alle prime armi come me con i quali sono cresciuta e mi sono confrontata.
Ho trovato una bella famiglia capace di condividere la gioia che ha dentro (pataje lajwa ki nan kè) cosa non facile in questo paese così strano e controverso.
Ho visto le situazioni più difficili che hanno mosso in me tanti quesiti e tanti dubbi e mi sono trovata a ragionare su come intervenire insieme ai miei colleghi, ho visto le case dei bambini e le sistemazioni discutibili nelle quali sono stati costretti ad adattarsi, ho medicato le ferite provocate dalle “amorevoli” persone con cui vivono e nonostante questo ho conosciuto la dignità del rialzarsi ogni volta e del r-esistere nonostante tutto, beh imparare questo da bambini di 9 o 10 anni ti smuove dentro parecchie emozioni...

Kay Chal mattina mi ha cambiato la vita in qualche modo che ancora non capisco bene ma che sicuramente sarà in positivo. E allora...
Grazie.

Silvia

sabato 4 marzo 2017

"Tutto col gioco, niente per gioco"

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“Tutto col gioco, niente per gioco”...non mi prenderò il merito per l'ideazione di questa frase, chi ha avuto a che fare con degli scout l'avrà sicuramente già sentita ed io l'ho presa in prestito perché trovo che abbia un grande significato, a tutte le latitudini ma forse qui anche più che in altri posti.

Durante la formazione fatta in Italia dal 9 al 20 gennaio un giorno ci è stato chiesto di descrivere in tre parole in cosa consistesse il nostro servizio secondo noi, cosa caratterizzasse maggiormente le attività che facciamo nei nostri paesi esteri....io tra le parole ho messo GIOCO.

Io presto il mio servizio in una delle baraccopoli più dure che esistano, con le persone più povere al mondo...e gioco.
Sul momento non mi sono resa conto della grandezza di questa cosa ma a un mese e mezzo circa dal mio ritorno ad Haiti sto ripensando e rivalutando tante cose che ho sempre trovato scontate e delle quali oggi invece sto riconoscendo la potenza.

Come ho già scritto molte volte, il centro di Kay Chal al mattino si dedica a quei bambini e ragazzi trasferitisi dalla provincia e che ora vivono da Restavek in case nella capitale, insieme a famiglie affidatarie.
Quando sono arrivata e ho conosciuto questi ragazzi, guardandoli e lavorando con loro non mi sono resa conto di quanto potesse essere dura la loro vita perché a Kay Chal sono bambini e giovani come gli altri, ridono, studiano, scherzano e sembrano sereni.
Poi ho cominciato a fare delle visite familiari insieme ai maestri della scuola presso le case in cui vivono i giovani di Kay Chal mattina e ho scoperto un mondo totalmente diverso e ai miei occhi assurdo, davvero. Ho scoperto che per venire a scuola ora molti ragazzi si alzano alle 4 del mattino e svolgono le faccende domestiche che gli competono, preparano i pasti, puliscono casa e vanno a prendere con i secchi una quantità di acqua che sia sufficiente alla famiglia per il tempo in cui staranno via per venire a Kay Chal. Dopo questo corrono a scuola e li finalmente sono bambini ragazzi come gli altri...fino alle 12 ora in cui tornano alla loro vita di lavori domestici e spesso di abbandono. Inoltre molti di loro sono constretti a rimanere in piedi fino a molto tardi la sera per completare i lavori che devono svolgere.

E allora oggi voglio parlare della grandezza di una cosa così semplice e banale per un bambino e per un adolescente che è il GIOCO ma che a volte e in alcuni contesti può restituire serenità a chi vive in condizioni così difficili.
A noi a Kay Chal non serve molto, una corda per saltare e una palla, delle semplici costruzioni, qualche mazzo di carte e possiamo impegnare le ricreazioni di un'intera settimana, facendo spuntare un bel po' di sorrisi sul volto di chi potrebbe non avere poi
tante ragioni per farlo!

Chi mi ha aiutato a riflettere su questo è stata Suor Maria, la stupenda suora irlandese che con grande passione e pazienza insegna matematica agli alunni di Kay Chal mattina... un lunedì durante la ricreazione io e Federico, come ogni lunedì, abbiamo messo a disposizione la corda e la palla perchè i ragazzi potessero giocare e ovviamente lo abbiamo fatto insieme a loro...noi siamo abituati alle risate dei bambini, siamo entrambi educatori nelle nostre parrocchie e nei nostri gruppi, ma Suor Maria ha guardato più lontano e a ricreazione finita ci ha confidato di essersi commossa vedendo quei bambini e quei ragazzi giocare e ridere di gusto in quel modo, perché la loro vita è così dura che l'essere capaci di divertirsi e di tirare fuori tanta gioia le era sembrata una cosa straordinaria. E forse ha ragione, forse è straordinario!


Grazie a questa esperienza sto riscoprendo e imparando tante cose meravigliose.
Sto riscoprendo la profondità del fare “tutto col gioco ma niente per gioco” e sto imparando a non dare per scontato il sorriso di un bambino perché spesso i sorrisi che vedo qui a Kay Chal sono gli unici che questi ragazzi hanno a disposizione e voglio godermeli tutti!!

A presto.

Silvia

domenica 15 gennaio 2017

Riflessioni a distanza...

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In un primo momento l'idea di tornare a casa dopo così poco tempo ad Haiti non mi ha entusiasmata più di tanto, devo ammetterlo. Ho pensato a tante cose che mi sarei persa in venti giorni di permanenza in Italia, ho pensato che forse avrei dimenticato la lingua tanto velocemente quanto l'avevo imparata...ho pensato semplicemente che dopo due mesi ributtarmi nella mia quotidianità italiana sarebbe stato traumatico...devo dire che in parte è stato così ma in fondo ho apprezzato questo momento di stacco.

La vita a Port au Prince di questi due mesi è stata talmente intensa e totalizzante che non ho avuto veramente occasione di fermarmi a riflettere su tante cose che oggi, da lontano, mi sembrano un po' più chiare anche se non ancora del tutto comprensibili.
Ho riflettuto su tanti aspetti che sono contraddittori e strani di questo paese.
Ho pensato ad una popolazione che nonostante viva per l'80 % sotto la soglia della povertà ha al suo interno una gerarchizzazione sociale molto netta; ho pensato a persone poverissime che trovano normale avere un bambino restavek al loro servizio; ho pensato alle catastrofi naturali che hanno dilaniato il paese negli ultimi anni e alla marea di aiuti umanitari che sono arrivati senza comunque rinasare la situazione.
Quindi sto pensando a quelle persone che dal 2010 vivono ancora nelle stesse tende che vennero montate dalle varie protezioni civili durante l'emergenza, insomma penso ad un paese che ha fatto dell'emergenza il suo stato di normalità. Penso ad un paese che non riesce a fare delle elezioni decenti da anni a causa del terrore che i banditi, pagati dal signorotto di turno, diffondono in periodo elettorale e penso che forse ho stranamente assistito alla vittoria di un presidente eletto dal popolo democraticamente dopo anni...almeno così pare.

Se dovessi cercare un modo per spiegare come vedo Haiti in questo momento la paragonerei ad una macchina bloccata nel fango...le ruote girano ma non riescono a far muovere l'auto.

Ho sentito molti discorsi fatti da “bianchi” in questi due mesi...ho sentito dire che “se questo paese non esce dalla pessima condizione in cui versa è a causa della gente che lo popola” ho sentito dire che “per forza non si esce dalla crisi, qui chiedono tutti soldi ma poi cosa fanno di concreto per sopravvivere?”...lì per lì, immersa in un contesto così difficile e complesso, come ho già detto tante volte, non ho avuto la forza di esprimermi e di farmi un'idea che fosse la mia...ma oggi, che ho metabolizzato questo primo periodo duro ma anche pieno di grandi soddisfazioni e gioie mi sento di dire che forse non ci possiamo permettere di snocciolare giudizi su chi per secoli ha subito le vessazioni dei nostri civilissimi paesi europei o dei democraticissimi Stati Uniti d'America.

E allora mi spiego le stratificazioni sociali interne ad una popolazione che vive nella miseria, eredità del nostro bel colonialismo, e mi spiego tante altre cose.
Haiti è divenuta la vittima della violenza strutturale del Mondo, è l'esempio lampante di un sistema che è afflitto da dinamiche di potere, interne ed esterne al paese stesso, che si ripropongono non permettendogli di uscire dal fango.
Non giudichiamo un disastro del quale i nostri antenati sono i responsabili, non giudichiamo delle persone che vivono secondo gli schemi sociali che si sono reiterati nel tempo, magari in altre forme ma creando precedenti troppo difficili da scardinare, non giudichiamo chi è stato in qualche modo educato all'assistenzialismo e che oggi, non avendo i mezzi per fare diversamente, a volte ricorre alla domanda assistenzialista per sopravvivere.

Io non sono andata ad Haiti per salvarla, non penso di aver capito tutto anzi forse non ho capito niente ma ci sto provando, provo a riconoscere che non tutto è come sembra e che a volte dietro a ciò che vediamo c'è un orizzonte che è talmente vasto che non riusciremo mai a comprenderlo tutto.

Io ho fiducia in questo paese, ho fiducia nelle persone che ci vivono, ho fiducia nei giovani con cui passo il mio tempo ogni giorno, ho fiducia nei bambini e nei ragazzi che vogliono studiare e che vogliono conoscere il mondo perché loro, esattamente come in ogni altro paese, sono la risorsa più grande.

A presto.
Silvia

domenica 4 dicembre 2016

"Nou se Kay Chal...Kay Chal se nou"

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Primo dicembre...centesimo anniversario della morte di Charles de Foucauld, fondatore dell'ordine delle Piccole sorelle del Vangelo, coloro che hanno dato vita a Kay Chal.

Inutile dire che questo avvenimento ha risvegliato l'animo festaiolo di tutti noi...e allora oggi, sabato 3 dicembre si è dato il via ad una festa senza precedenti.

Circa 350 bambini del quartiere, ovviamente volti noti dei pomeriggi di kay chal, con circa 40 giovani animatori, io e Federico, Marta, Suor Luisa e tutto lo staff del centro, sta mattina di buon'ora ci siamo messi in marcia verso la nostra destinazione....Il centro San Luis de Gonzaga per festeggiare adeguatamente la ricorrenza!

Subito la scout che è in me ha temuto il peggio per la gestione degli spostamenti e invece i ragazzi hanno creato una perfetta fila tenuta insieme dagli animatori, cosa che ci ha permesso di arrivare alla meta sani e salvi senza dispersi.

La giornata è andata avanti tra partite di calcio, basket, danze, esibizioni di capoeira e poi sì....c'è stato anche uno spettacolo di teatro nel quale io stessa ho recitato insieme al giovane animatore che tiene il corso di teatro a Kay Chal e al mio collega Federico.
Questa questione merita una breve parentesi, infatti voi tutti vi chiederete come possiamo aver recitato in uno spettacolo di teatro quando ancora stiamo imparando la lingua....ecco... abbiamo avuto l'onore di essere i “primi stranieri a poter recitare in uno spettacolo presentato da Kay Chal” (cit. una serie di animatori molto sorpresi alla notizia della nostra partecipazione) però...c'è un però, ovviamente “siccome il nostro ACCENTO non è ancora perfettamente haitiano” (altra citazione degli animatori...notare la finezza nel farci notare che ancora non abbiamo superato l'esame di creolo) ci è stato concesso solo di esibirci in un “mimo”...un mimo molto ben riuscito comunque!!

Insomma...come direbbero qui la giornata è andata bene e “tout bagay yo se bien passe” (non garantisco che ciò che ho scritto sia corretto) ma quello che veramente voglio dire di questa giornata è che è stata una gioia per gli occhi, vedere tutti quei bambini e quei ragazzi divertirsi e ridere  insieme mi ha fatta esplodere di contentezza... ma soprattutto è stata una gioia per il cuore...con tutte le cose difficili che si vedono qui come si fa a non adorare tutto ciò che le Piccole sorelle e i ragazzi del quartiere hanno costruito? Come si fa a non sentirsi orgogliosi di farne parte?

Ogni giorno di più mi sento a casa in questo posto, ogni giorno di più scopro una quotidianità che è così diversa da quella che ho conosciuto fino ad ora ma che mi piace immensamente, ogni giorno di più scopro che sto trovando amici meravigliosi capaci di insegnarmi cose bellissime sulla vita e nonostante ci siano tante cose che ancora non ho capito di questo paese e di questa realtà così complessa, una cosa ce l'ho ben chiara:

                                          “Nou se Kay Chal...Kay Chal se nou!!!”
                                           

A presto.

Silvia

sabato 12 novembre 2016

Opportunità!

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Provaci tu a raccontare cos'è Haiti.
Io sto facendo una fatica enorme, davvero.
Da quando sono arrivata le giornate sono state piene e davvero molto intense, tanto che non ho avuto molto tempo per fermarmi a pensare a quello che sto vivendo, ovvero... un'opportunità incredibile.

Se dovessi cercare una parola per descrivere Kay Chal, il centro diurno presso il quale presto servizio ogni giorno, direi che è proprio...Opportunità.

Kay Chal è stato fondato nel 2010 dalle Piccole Sorelle del Vangelo. Quello che so è che, da una riunione fatta nel quartiere con poche sedie e poche persone, è nato questo meraviglioso progetto di cui oggi faccio parte.
Le piccole sorelle hanno fatto una scelta che può sembrare dura e cioè quella di non dare cibo nel centro, Kay Chal nasce per educare e per permettere ai giovani di ritrovarsi e passare del tempo insieme in modo sano, come alternativa alla strada.

È difficicile in un primo momento capire questa cosa...ma come? In una delle baraccopoli più povere del mondo un centro come questo che non da cibo a bambini e giovani che mangiano un giorno sì e uno no se va bene??
La risposto è che a Kay Chal si va per fare altro...e la cosa meravigliosa è che tutti i bambini e i giovani che frequentano Kay Chal lo fanno per il gusto di farlo, per la gioia di stare con gli altri in un posto che sia sicuro, per il piacere di creare relazioni autentiche e significatiche, per imparare la gratuità del servizio e la volontà di darsi al prossimo senza avere nulla di materiale in cambio.

Ci ho messo dieci giorni a capire questo e a realizzare che ai giovani Haitiani non serve il “bianco” che gli dia il piatto di riso, a loro serve qualcuno che gli dia un'Opportunità!

Ecco, Kay Chal è questo.

Kay Chal è Opportunità per i bambini Restavek, lontani dalle loro famiglie e al servizio di altre famiglie presso le quali svolgono i lavori domestici fin da molto piccoli.
Kay Chal dà loro la possibilità di essere bambini come tutti gli altri, di avere un'istruzione e di vivere l'infanzia, sacrosanto diritto di ogni bambino.

Kay Chal è Opportunità per giovani maestri della scuola della mattina e per i giovani animatori del pomeriggio, cresciuti in una baraccopoli con nulla se non la loro dignità e la loro voglia di riscatto ma che oggi possono dire di avere qualcuno da cui andare quando le cose si fanno troppo dure.

Kay Chal è opportunità per me, che oggi sono qui e tento di scoprire un Paese che vive una complessità enorme al suo interno.
Kay Chal è opportunità per me che vedo ogni giorno come la vita vada avanti nonostante tutto.

A tal proposito...un animatore in questi giorni mi ha insegnato una canzone haitiana della quale non ricordo il testo ma ricordo più o meno il messaggio di fondo.
La canzone raccontava di quanto sia difficile la vita in questo paese in cui ci sono persone che non hanno nulla, ma la speranza che le cose cambino prima o poi c'è,

 “perché il sole sorge comunque ogni giorno e sorge per tutti allo stesso modo, sia per chi ha tutto si per chi non ha nulla.”


A presto.

Silvia

lunedì 24 ottobre 2016

Sulla strada per...Haiti

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Qualcuno potrebbe affermare che questo non sia il periodo giusto per fare un bel viaggio nei Caraibi... sul fatto che il tempismo non sia mai stato il mio forte non discuto ma in questo caso non sto partendo per un viaggio, parto per vivere la mia esperienza da Servizio civilista ad Haiti, con Caritas Ambrosiana.
Mi chiamo Silvia e sono una neo laureata in Antropologia culturale...caspita, dovrei essere un'esperta di diari di viaggio, una Levi Strauss dei giorni nostri e invece....ehm....non è proprio così ma cercherò di fare del mio meglio!!

La voglia di sperimentarmi in questa nuova esperienza nasce da un amore spassionato per tutto ciò che è Altro da me, paesi, persone, storie di vita, usanze, credenze e tutto quanto potrebbe arricchirmi e aggiungere tasselli al mio bagaglio di esperienze che aspetta solo di essere riempito ed appesantito (di una pesantezza buona eh!).
Ho deciso che mi sarei imbarcata in questa esperienza, inoltre, perché penso sia importante essere cittadini attivi, non solo nella mia comunità me nel Mondo in cui vivo, credo che il Servizio Civile mi darà la possibilità di fare questo e di lavorare in maniera costruttiva secondo i principi e i valori che mi sono stati trasmessi... va beh dai dopo tutto questo non posso esimermi dal piazzare una bella frase del caro Baden Powell... vogliamo o non vogliamo “lasciare il Mondo un po' migliore di come lo abbiamo trovato” ??? Io da buona Scout ovviamente sì!!!

Sono molto ansiosa di conoscere la realtà haitiana, le persone con le quali avrò la possibilità di rapportarmi, i bambini e i ragazzi che frequenteranno il Centro di Key Chal...questa vita che ora mi sembra molto lontana tra qualche settimana sarà la mia quotidianità e io sono pronta ad immergermici appieno!

Mi piacerebbe poter dire di avere solo tante aspettative (cosa verissima) e nessuna preoccupazione ma, ahimè non è esattamente così, fortunatamente ad accompagnarmi ci sarà il collega Federico che sopporterà pazientemente i deliri di una povera e ansiosa SCE...Auguri Fede!! ;-)

Ma ora la smetto di viaggiare con la fantasia e di immaginarmi quello che sarà...tra una settimana partirò e allora avrò sicuramente molto da raccontare perché saranno esperienze vissute...e non solo immaginate!!

A presto!
Silvia