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mercoledì 4 luglio 2018

UN MISMO SENTIR... Road to Cochabamba!

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Sulle note di questa splendida canzone abbiamo conosciuto Marianna, coordinatrice del cantiere 2018 in Bolivia, paese che accoglierà noi 4 cantieristi, nel mese di Agosto. Sin da subito la goliardia di Marianna è stata travolgente, aumentando così la nostra voglia e entusiasmo di partire. 
Siamo certi che Chiara non sarà da meno 😉


Grazie a questi due giorni “preparatori” di formazione residenziale, abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio la Bolivia e ri-scoprire le potenzialità di ognuno di noi e del gruppo.
Dietro ai tanti colori vivaci e alle musiche allegre di questo popolo, incontreremo realtà difficili con cui confrontarci: povertà, droga e corruzione. La voglia di incontrare la Bolivia è tanta! Positività, curiosità, spirito di adattamento, intraprendenza e spensieratezza saranno sicuramente nel nostro bagaglio.

Siamo molto diversi tra noi per età, esperienze e sesso (solo un maschio 😝) ma speriamo che queste differenze possano essere forza e sostegno:
  • L’instancabile e simpatico Gianluca, con i suoi capelli biondi e discreta altezza spiccherà tra i piccoli latinos;
  • La giovane e fresca Francesca con la sua sensibilità porterà momenti di riflessività e condivisione;
  • La raffinata Alba ci aiuterà ad immortalare preziosi momenti e a guidarci con la sua serenità;
  • Infine la ferma Giorgia con la sua affidabilità, riuscirà a tenere unito e stabile i gruppo.

Un mismo sentir, una misma meta, un mismo amor, vamos a ganar!!! 😎🤙👣

domenica 20 maggio 2018

Vita in Bolivia: un ballo a passo lento.

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Vita in Bolivia: un ballo a passo lento.



È un giorno come un altro a Cochabamba: siamo a dicembre, fa caldo, in ufficio tutto procede come al solito e come sempre ci sforziamo di comprendere un po’ di più la lingua, il lavoro, la maniera migliore di rapportarci.
Solo una cosa è differente: il giorno dopo abbiamo il nostro primo incontro con i responsabili dei gruppi di Caritas Parroquiales.



FANTASTICO!!!

L’inizio qui è stato lento, un po’ difficile: per il primo mese siamo rimaste quasi sempre chiuse in ufficio, ma finalmente ci siamo! 

Sono molto contenta: gli ingredienti fondamentali che per me dovrebbero accompagnarmi sempre nel mio lavoro (come ora nel progetto di servizio civile) sono l’incontro con le persone, la creazione di relazioni, la scoperta dell’altro.
Ed ecco che ci presenteremo per la prima volta dall’inizio del nostro servizio ai gruppi Caritas.


La nostra responsabile però ci mette un po’ di ansia: “E' il vostro “debutto”, mi raccomando, non potete fare una presentazione scontata, troppo lunga, troppo breve, di una qualità inferiore a quella degli altri volontari prima di voi. Dovete colpire, conquistare da subito la fiducia della gente, se no poi non riuscirete più a lavorarci ...” e così via.


AAAARGH!!!

E io che semplicemente ero entusiasta di incontrare le persone con cui avremmo lavorato!!!

Nonostante ciò non ci perdiamo d’animo, e con l’aiuto di alcuni compagni SCE (SCE è il nostro nome in codice: Servizio Civilista all’Estero) dall’altra parte del mondo pensiamo a un’attività per presentarci.

Occorrente: cartelloni, pennarelli, pastelli e nastro adesivo.












Benissimo. Mentre Marianna sistema slide e musiche, io vado in missione in cartoleria a prendere ciò che ci serve.

“Torno tra 10 minuti”, dico.

Sono ancora inesperta: non ho ancora capito che pensare di poter prevedere quanto tempo ci metterai per qualsiasi cosa è una presunzione che porta solo danni.

Vado nella cartoleria di fronte al nostro ufficio: ci conoscono e abbiamo un conto aperto. Entro, saluto e comincio a domandare quello che mi serve. 


Non appena intuiscono che ho bisogno di più di un articolo, mi fermano e mi dicono di aspettare. Stanno scaricando del materiale e non possono ricevere gente che chiede qualcosa al di là di una penna.

Dopo un po’ mi offrono una sedia... e capisco che non sarà una faccenda rapida.


L’incaricato della consegna a un certo punto mi mette una mano sulla spalla e mi chiede “Di dove sei?”. “Sono italiana, sto facendo un anno di volontariato qui a Cochabamba”. “Ah!!! E di dove in Italia?” “Vicino a Milano”. 


Non l’avessi mai detto. Il signore aveva fatto giusto l’anno prima un viaggio in Italia: era passato da Milano, Bergamo, persino Monza, la mia città, e naturalmente aveva con sé tuuutte le foto. Comincia a farmele vedere, a commentarle, a chiedermi qual è il piatto più buono della cucina italiana etc.

Mi domanda di me, della mia famiglia ... e intanto il tempo passa. 


Quando anche gli ultimi toner e batterie sono stati scaricati, provo ad avvicinarmi al bancone, un po’ imbarazzata. Non voglio offendere il signore, ma allo stesso tempo non so più cosa dire! Continuo a sorridere, ma penso anche al lavoro che dobbiamo finire.

Neanche a farlo apposta, la proprietaria della cartoleria era stata in Europa proprio l’anno prima, e sentendo i nostri discorsi tira fuori naturalmente anche lei le sue foto: ha viaggiato in Francia, in Spagna, in Italia ... e persino in Egitto! E allora scatta una lunga chiacchierata sull’Egitto: com’è diverso, che clima fa, come sono le piramidi ...

Intanto io immagino la notte che ci aspetta, tra cartelloni e cartoncini. E sì, perchè nel frattempo è passata piú di un’ora!!!

 Dopo un po’ saluto il simpatico signore dei toner, parlo ancora un po’ con la signora della cartoleria e alla fine riesco a chiedere dei pennarelli, dei pastelli e del nastro adesivo.






Bene.
Fatto.
Torno in ufficio.

Marianna mi accoglie dicendomi “Ma Chiara, dove sei stata? Ero preoccupata! Dovevi tornare in 10 minuti e sono passate 2 ore!!!”.

Lo so. Ma che ci vuoi fare. Puoi continuare a cercare di calcolare tutto, incespicando e innervosendoti, o cambiare musica e abbandonarti a un passo di danza tutto diverso


Lento, con salti e cambi improvvisi. Un’altra musica. Ma che si può sempre imparare a ballare.

 

venerdì 18 maggio 2018

Piccola lettera a Rafael

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Caro Rafael, sei arrivato al Centro di Nutrizione Infantile “Albina Patiño” pochi giorni dopo di me. Ovviamente siamo al Centro per motivi diversi: io svolgo qualche ora del mio Servizio Civile e tu sei stato portato dopo che ti sei stabilizzato in ospedale, come tutti i bambini che stanno qui.
Qualcuno potrebbe pensare che sei nato sotto una cattiva stella perché sei arrivato su questa Terra molto prematuro, troppo: avevi sei mesi. E la tua mamma ha compiuto un gesto che solo le persone più disperate possono fare: ti ha tirado a la basura, gettato nella spazzatura. Così ti hanno ritrovato, quasi in fin di vita, in uno stato di denutrizione gravissimo, motivo per cui ancora oggi, dopo cinque mesi, il tuo piccolo corpo ancora ne patisce le conseguenze. Purtroppo la denutrizione se non curata può portare a gravi danni neurologici, epatici, renali, polmonari e tanto altro ancora. 

Quando ti ho visto la prima volta al centro eri uno scricciolo, ti ho sollevato dalla tua culla per darti il biberon e pesavi quanto un batuffolo di cotone, ed eri altrettanto morbido e tenero. Ci siamo guardati negli occhi e dopo aver bevuto avidamente il tuo latte, ti sei placidamente addormentato tra le mie braccia. Dopo un po’ quasi non eri più un batuffolo di cotone ma un piccolo piombino. Da quel giorno sei diventato il mio preferito (shhhhh! Non dirlo a nessuno!) e mi sono sempre ritagliata dei momenti per stare con te, per cullarti e darti il biberon. Da allora sei cresciuto un sacco e sei pure un po’ ingrassato, hai delle guanciotte che chiunque se le magnerebbe se ti incontrasse!

Poi un giorno non hai voluto mangiare. “Che strano”- ho pensato- “Tu che sei sempre così vorace”, ma niente, giravi la testa dall’altra parte quindi è proprio un “no!”. Ho chiamato l’infermiera Patty per avvisarla e lei ha immediatamente avvertito le due dottoresse perché decisamente qualcosa non andava: “non senti che respiro affannato?”. “No Rafa, per favore, non ti ammalare! Proprio adesso che avevi iniziato a prendere peso…”. E invece di corsa all’ospedale. Diagnosticata polmonite. Domando a doñ
a Patty: “quando tornerà Rafael?” “Non tornerà, dall’ospedale lo mandano direttamente in orfanotrofio”. BAM. Un colpo. Non ti avevo nemmeno salutato! Perché Rafael? Perché ti sei ammalato?!

Una decina di giorni dopo, entro nella stanza 5 perché un bebè piange a squarciagola e chi vedo nella culla di fianco alla porta? RAFAEL! Sei proprio tu! Sono così felice che continuo a domandare retoricamente a tutte le infermiere: “ma allora Rafa è tornato?!”. L’illusione però dura poco, basta prenderti un attimo in braccio per capire che qualcosa nei tuoi polmoni non va… di nuovo arrivano le dottoresse, ti pinchano, ti bucano le manine con piccoli aghi per farti degli esami, ti auscultano e… niente, bisogna nuovamente portarti in ospedale, la polmonite non è guarita, anzi sembra si sia aggravata. “No, Rafael! Di nuovo, perché?”.
Ti voglio dire che, per fortuna, prima che ti ricoverassero abbiamo avuto un po’ di tempo per stare insieme. Eri ancora spaventato per tutte le punture e gli esami pre-ricovero che ti avevano fatto, così ti ho cullato per calmarti un po’.  Ti ho tenuto in braccio a lungo, così a lungo che alle fine ci siamo addormentati entrambi. Poi ti ho delicatamente passato nelle braccia del dottore e ti ho visto uscire dalla porta avvolto nella tua copertina celeste.


Caro Rafael, oggi ti ho salutato perché non so se ti rivedrò ancora. 
Se qualcuno nella tua vita dovesse mai dirti che sei nato sotto una cattiva stella, io spero che in fondo in fondo, nella memoria più inconscia e ancestrale che ha ognuno di noi, tu invece sappia che qui al Centro tutti ti hanno coccolato, cullato, nutrito. E soprattutto ricorda: anche tu sei stato un bambino amato.





Con tutto il mio affetto,
Mari


sabato 10 febbraio 2018

Acqua benedetta: quando il cielo piange … troppo

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Ondata di piena travolge Tiquipaya. La Bolivia, una vita tra il sole e la pioggia.


Quando siamo arrivate a Cochabamba era piena estate. Venivamo dalle prime settimane fredde e umide dell’autunno padano ed eravamo contentissime! Sole, caldo e clima secco: non c’era nemmeno quell’afa che opprime gli agosto di Milano. Siamo però oltre i 2500 m di altezza: maniche lunghe, cappellino e ricerca incessante dell’ombra sono diventati presto d’obbligo, pena scottature e mal di testa.

Di colpo tuttavia, all’inizio di dicembre, l’estate finisce, il cielo si copre di nuvole e inizia la pioggia.


“Sta piovendo” diciamo con aria mogia entrando in ufficio. “Sì, sta piovendo! Hai visto che bello?!”, ci rispondono.

Eh sì, qui l’acqua è una benedizione. Si prega perché piova e quando il cielo si apre e bagna valli e montagne si ringrazia la Madre Terra. In un paese che può soffrire di lunghi periodi di siccità, si attende con ansia l’arrivo della stagione delle piogge.


Quando torniamo dall’Italia, dopo un mese, sta ancora piovendo. Questa volta però è strano: sta piovendo troppo. Gli acquazzoni dovrebbero essere quasi terminati e invece continuano per giorni, senza interruzioni.



Presto torrenti e fiumiciattoli che avevamo visto solo in secca si colmano e alcune zone vicino a Cochabamba vengono allagate: Vinto, Tiquipaya, Colcapirhua, Omereque … piccoli comuni dove l’acqua dei ríos si accumula e trasborda. Si accumulano spazzatura e tronchi d’albero che tappano i passaggi, si incastrano sotto ponti troppo bassi, e gli argini non reggono più.


Cumuli di macerie,
Tiquipaya, 7 febbraio 2018

Assieme a Cochabamba tra il 3 e il 4 febbraio hanno sofferto anche i dipartimenti di Potosí, Tarija, Beni e La Paz, con oltre 10.300 famiglie colpite. "Se prevé un segundo golpe de agua previsto para la próxima semana. Es probable que haya una nueva inondación en el trascurso de siete días, pero no será como la anterior semana, será menor," ha commentato il Ministro della Difesa Javier Zavaleta.


Alle 5 di sera di mertedì 6, tuttavia, un’ondata di piena è scesa lungo il río Taquiña, travolgendo il municipio di Tiquipaya, già toccato dalle precedenti esondazioni. Molti sono tuttora i dispersi, mentre ad oggi si contano quattro morti. Di molte case si vede solo il tetto o il primo piano, mentre alcune sono state spazzate via dall’acqua.




Case sommerse dalla piena
Tiquipaya


C’è lodo, fango, ovunque. Quando arriviamo il giorno dopo per vedere di cosa possano aver bisogno le persone le ruspe stanno spostando montagne di detriti e la gente si stringe lungo le pareti delle case salve, senza dire niente. Alcuni spalano, le gambe affondate nel fango. Alcuni trasportano i mobili ancora intatti nei giardini delle case più vicine.




Recupero di mobili dalla piena
Tiquipaya


Una strada coperta di terra e acqua segna quello che è successo: da una parte macerie, fantasmi di case e di abitazioni, dall’altra edifici che sono stati appena accarezzati dall’ondata. Pochi metri e cambia tutto. Pochi minuti e riesci a metterti in salvo o no.




Strada sommersa dal fango
Tiquipaya


Un bambino che si è attardato a scappare per salvare il suo cane risulta ancora disperso.
Basta davvero poco, abitare in una zona di una città piuttosto che in un’altra e il tuo mondo crolla o rimane in piedi.


Nella notte seguente la vicina Ciudad del Niño, che accoglie bambini che non possono stare con le proprie famiglie e che sono soli, è stata evacuata: bambini, volontari e operatori hanno dormito al Seminario San Luís, in una zona più sicura.


Si sono organizzate le prime donazioni.


E adesso … aspettiamo che smetta di piovere. Spaliamo. E poi preghiamo per poter ricostruire.




Onda di fango portata dal río Taquiña



Chiara


Fonti:
Municpios esperan que baje el nivel de agua para evaluar los daños, Los Tiempos, 5 febbraio 2018
Río de lodo en Tiquipaya se lleva un puente, derriba casas y deja heridos, Opinión, 7 febbraio 2018

giovedì 8 febbraio 2018

Art. 205 del codice penale: in bilico tra riforma e (ri)elezioni

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Modifica del codice penale: un passo indietro per ricandidarsi?


Eccoci di nuovo qua! Siamo arrivate a Cochabamba la scorsa settimana e correvamo il rischio di non riuscire ad uscire dall'aeroporto per la minaccia di scioperi e proteste.
Alla fine è andato tutto bene, neanche l'ombra di un bloqueo in giro!

Ma cos'era successo?

Il 23 novembre il senato aveva approvato una riforma che andava a modificare oltre 650 articoli del codice penale, toccando diversi settori. La modifica più eclatante aveva riguardato l’art. 205, che aveva subito suscitato proteste e scioperi da parte del personale medico: si prevedeva infatti l'introduzione di nuove sanzioni per chi, nell’esercizio della sua professione, avesse causato danno alla salute o all’integrità fisica di un’altra persona per negligenza, imperizia o inosservanza dei protocolli. In caso di danno per uno di questi motivi si prevedevano forti pene pecuniarie e, in alcuni casi, fino a sei anni di carcere. Secondo i medici, che sono stati per molti giorni protagonisti di bloqueos in tutto il paese, questo articolo violerebbe in parte la Costituzione, limiterebbe il diritto al lavoro e non consentirebbe un’effettiva riparazione del danno da parte degli stessi qualora venissero privati della loro libertà.

Questo in un paese dove la sanità è per molti inaccessibile e manca un sistema capillare di prevenzione.


Sciopero dei medici: blocco delle strade del centro di Cochabamba.
- Dicembre 2017 -

Quando avevamo lasciato la Bolivia c'era qualche bloqueo in giro, ma alcuni pensavano che le richieste di contrattazione con il governo non sarebbero durate ancora a lungo: la classe medica è comunque un’élite rispetto alla maggior parte del popolo, il vero cuore e propulsore delle proteste in strada. Lo sciopero dei medici avrebbe potuto inoltre portare a uno scontento tra la popolazione, che non trovava più dottori e infermieri negli ospedali.


Cartelli per lo sciopero dei medici negli ospedali
- Ospedale di Quillacollo, periferia di Cochabamba -


"ESTAMOS EN HUELGA GENERAL INDEFINIDA EN TODO EL PAIS"


"NO AL ARTICULO 205"


Questo si leggeva all'ingresso di molte strutture sanitarie a partire da dicembre."Siamo in sciopero generale indeterminato in tutto il paese". "NO all'articolo 2015". 

Si rispondeva solo alle emergenze.

All’inizio di gennaio sono però scese in piazza anche altre categorie. Camionisti - contro la modifica dell'art. 137, con cui si aumentavano le pene per l'omicidio colposo con mezzo di trasporto -, giornalisti - contro gli art. 309, 310 e 311, lamentando una limitazione della libertà di stampa e di espressione -, commercianti, ambientalisti e altri. Anche dei gruppi religiosi hanno contestato questa riforma, in particolare protestando contro l'art. 157, che ampliava la possibilità di abortire legalmente, e l'art. 88, rispetto al quale anche la Conferenza Episcopale Boliviana ha preso una posizione.

Nella nuova formulazione l'art.88, articolo contro il traffico di essere umani, inasprirebbe le pene - includendo la possibilità di incarcerazione da sette a dodici anni - per chi "trasporti, trasferisca, privi di libertà, ospiti o riceva persone" per una serie di finalità. Tra queste vi è anche il "reclutamento di persone per la loro partecipazione a conflitti armati o in organizzazioni religiose e di culto". In questa sua parte tale articolo è stato considerato dalla Conferenza Episcopale una minaccia contro la libertà religiosa, nonché contro le attività missionarie. 


Sciopero generale contro la riforma, centro di Cochabamba
- Gennaio 2018 -


Giovedì 11 gennaio, in occasione del passaggio del Rally Dakar a La Paz, coloro che si opponevano a questa riforma hanno manifestato assieme ad altri gruppi. Tra questi hanno preso parte alle proteste anche quelli contrari alla recente sentenza del Tribunal Constitucional che stabilisce la possibilità per il Presidente Evo Morales di ricandidarsi al suo quarto mandato.

Secondo la Costituzione un presidente potrebbe ricandidarsi per la stessa nomina per non più di due mandati. Già in passato si era già fatta eccezione a questa norma, essendo attualmente Evo Morales presidente per la terza volta. Questa nuova sentenza del 28 novembre 2017, tuttavia, rimuove ogni limitazione alla possibilità di ripresentarsi alle elezioni.

Questo accade nonostante l'esito del referendum del 21 febbraio 2016: il MAS - Movimiento Al Socialismo -, partito di Evo, aveva infatti indetto allora un referendum in cui si chiedeva alla popolazione se fosse favorevole o contraria alla modifica della Costituzione, per permettere ricandidature oltre i due mandati. Avevano vinto i NO, ma la sentenza del Tribunal Constitucional va oggi contro tale manifestazione di volontà popolare.

All'inizio della scorsa settimana il governo ha deciso di riconsiderare la riforma del codice penale, motivo per cui el paro general di martedì 23 era stato sospeso. Mercoledì 24 alle 4.00 di mattina, dopo 11 ore di dibattito la Camera dei Deputati ha approvato a Legge 001 che abroga la riforma del codice. Nel pomeriggio anche la Camera del Senato ha votato all'unanimità lo stesso progetto di legge e lo ha rimesso all'Esecutivo perché lo promulghi a sua volta. 

La riforma del codice penale, che tanto ha suscitato clamori, sembra quindi essere giunta al termine. Alcuni deputati hanno sostenuto che il motivo di tale manovra sarebbe in realtà tentare di smorzare un clima di tensione al quale si stavano aggiungendo gli oppositori alla rielezione del presidente Evo Morales. 

Se adesso potrebbero calmarsi le acque, non si sa invece cosa accadrà tra il 2018 e il 2019, anno di nuove elezioni. Intanto martedì 30 gennaio i rappresentanti dei Comitati Civici di tutto il paese hanno deciso di indire un paro nacional previsto per il prossimo 21 febbraio, anniversario del referendum del 2016, per protestare contro la sentenza del Tribunal.

A noi non rimane che prendere un bel respiro e stare a vedere: la Bolivia è imprevedibile!

Chiara


Fonti:
ALP abroga Código Penal en bochornosas sesiones, Los Tiempos, 25 gennaio 2018
Leyes justas al servicio del bien común, Comunicato della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Boliviana, La Paz, 9 gennaio 2018





giovedì 1 febbraio 2018

TRA IL CIELO E LA PAZ: DOVE VITA E MORTE SI INCONTRANO

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La Paz:  circa tre milioni di abitanti, altitudine che varia dai 3500 ai 4100 metri, una distesa di case senza intonaco che ricoprono la valle, alcune aggrappate alla montagna non si sa dove e non si sa come. Alle spalle svetta imponente l’Illimani, che con i suoi 6532 metri è la terza cima della Bolivia. Freddo, sole, pioggia, salite e discese, cinesi, mercati, ancora mercati e popolazione Aymara, gli andini più tosti del Paese. Sono loro che hanno resistito più di qualsiasi altro gruppo etnico presente in Bolivia alla colonizzazione spagnola: sono abituati a vivere, coltivare, pascolare e tessere a oltre 4000 metri di altitudine, chi potrebbe fermarli? Di loro dicono che sono persone chiuse, a tratti scorbutiche, abituate a parlare poco (e ci credo…! Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che parlare e camminare nello stesso momento a La Paz è una prova da grandi sportivi), e che conservano con fierezza alcune antichissime tradizioni pre-colombiane, mescolandole con i riti cattolici.
Per meglio conoscere e comprenderne la cultura abbiamo quindi deciso di andare al Museo Etnografico (ben progettato e molto interessante!) e, la domenica, al cimitero centrale.


E qui alcuni penseranno: “quale macabra turba psichica affligge queste due ragazze in servizio civile?!” ma io vi rispondo: “nessuna, signori!”, per gli Aymara, la morte è un naturalissimo processo che fa parte dell’esistenza stessa, anzi, chi potrebbe parlare di vita se non ci fosse la morte? E il simbolo della Pachamama (che è Terra, vita, donna) -una spirale- ne è la spiegazione più completa: tutto è un unicum ma allo stesso tempo c’è un inizio e c’è una fine che non si distinguono, l'uno sussegue l’altro in un vortice di energia infinita. Chi può dire dove si comincia e dove si termina se siamo tutti parte di un cosmo sempre vivo, sempre in eterno movimento? 

Proprio per questo il cimitero è un luogo festoso da visitare, ricco di vita, dove chiunque può entrare con un paio di gelati in mano, dove alcuni ragazzi giocano a calcio, dove ci sono i bagni (per i bisogni dei vivi chiaramente), dove le persone si riuniscono per suonare allegre canzoni davanti al loculo del proprio caro.

Bagno per vivi in fondo a sinistra



Esattamente dei loculi vi voglio parlare: sono tutti piccoli, rettangolari, colorati. Sembrano delle vetrinette, o delle teche, e traboccano di oggetti, le cosiddette alasitas ovvero copie in miniatura di frutta, verdura, bottiglie di birra, soldi, cibo, che le persone collocano all’interno della tomba perché rappresentano le cose che più amava il defunto in vita e che il defunto continuerà ad amare “dall’altra parte”. Chi l’ha detto che il signor José non possa sorseggiarsi la sua bottiglia di cerveza in altre forme? O che la signora Maria non possa fumarsi le sue sigarette? I più temerari hanno addirittura infilato alimenti come caramelle, snack e piccoli paninetti.
E poi ci sono i fiori. Tanti, tantissimi, gialli, bianchi, rossi, mazzi piccoli, grossi, gigli, rose, crisantemi, girasoli… un turbinio di colori e profumi, mucchi di fiori anche per terra e tantissime persone intente ad innaffiare, invasare, tagliare, sistemare, comporre.




Per completare l’atmosfera, che vi assicuro essere di totale pace, sono stati dipinti su ogni parete dei murales da artisti provenienti da tutta la Bolivia. È stata un’idea del direttore del cimitero, realizzata grazie al collettivo "Perros sueltos" di Cochabamba, che ha organizzato questa iniziativa e che ancora ci sta lavorando*.
E’ strano, cammini per il cimitero e sei circondato da murales incredibili, alti, grandi, significativi, coloratissimi… e se un muro ancora non è stato dipinto, lo vedi lì, mezzo scrostato, triste, grigio, e non puoi fare a meno di pensare che per fortuna intorno c’è tanto colore.


"Riposo"

"Credere"


Può essere che gli Aymara siano persone chiuse e  silenziose però senza parole ci insegnano che si può vedere anche un cimitero con un’altra prospettiva: celebriamo con gioia la vita e celebriamo con altrettanta gioia chi non c’è più, perché in un’altra forma, a noi sconosciuta, ci è vicino e ci protegge, e sicuramente il 2 novembre scenderà come spirito dalle scalette di pane che vengono poste sulla sua tomba** e passerà a farci un saluto.



* Per maggiori informazioni e per vedere tutte le opere realizzate nel Cimitero di La Paz: www.perrosueltos.com 

**A La Paz si festeggiano i defunti  il 2 novembre e l’8 di novembre. Nello specifico, il 2, tra le varie offerte, vengono poste delle scalette fatte di pane all’interno dei loculi perché si ritiene che sia il giorno in cui gli spiriti scendono sulla Terra; l’8 invece è la “Fiesta de las ñatitas”, cioè dei teschi. Le persone portano i teschi dei propri defunti al cimitero, li coronano di fiori, talvolta gli mettono una sigaretta in bocca, gli occhiali da sole o un berretto e li fanno benedire con rito cattolico, affinché possano sempre vegliare, con alegria, sui vivi. 

sabato 27 gennaio 2018

Ritorno a Cochabamba, dove la vita è imprevedibile!

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Ritornare per non smettere mai di imparare


Ritorniamo a Cochabamba, dopo un mese di rimmersione in Italia. Eravamo arrivate qui, a Cocha - come si dice in slang -, all’inizio di novembre e dopo quasi due mesi siamo tornate in Italia, tra vacanze e formazione. Uno shock

Non è semplice riuscire a entrare e stare in un paese come questo, una realtà molto diversa, per quanto segnata da un’influenza europea lunga  secoli.

 La Bolivia è uno dei Paesi del Sud America che più a conservato la sua storia e le sue tradizioni: il Quechua, l’Aymara sono alcune delle lingue che scorrono parallelamente al Castellano -guai a parlare di Spagnolo!-  e che si mescolano, pulsano, creando una tavolozza colorata nella quale ancora si sentono le radici di questa nazione.

Riunione parrocchiale del campo

Arrivata qui senza sapere una parola della lingua locale, ho scoperto la fortuna di stare tra persone che sono abituate a parlare lentamente, per farsi comprendere: non tutti i boliviani parlano infatti Castellano, come non tutti parlano Quechua o Aymara. Però ci si capisce: si fa attenzione ad esprimersi in maniera chiara, con un ritmo lento e a bassa voce.


Uno dei primi avvertimenti che ci è stato dato è stato infatti di non gridare mai - e per gridare si intende anche il tono di una normale conversazione italiana! -. Ricorda l'atteggiamento dei colonialisti, ci spiegano. Un altro motivo per cui quasi si sussurra, scandendo bene le parole.


L'idea però che oggi questo sia importante soprattutto per comprendersi a vicenda mi conquista di più: mi fa pensare all'unità di un popolo che supera le divisioni linguistiche e che, alla fine, sorride nella stessa lingua.



Murale del gruppo Acciòn Poética de Cochabamba

Ma, al di là della lingua -dell’idioma, pardon!-, intendersi non è facile. Un gesto, un’espressione, la costruzione di una frase, tutto ha un peso nel creare relazioni. Ed è difficile capire come fare.


Dopo due mesi stavamo cominciando a percepire il ritmo con cui segnare il tempo di un saluto, di un buon giorno, del lavoro … e adesso si ricomincia, di nuovo a 2.560 metri di altezza e con 5 ore di fuso orario!



Uno degli aspetti che abbiamo subito dovuto metterci in testa in Bolivia è stato:

SCORDATI DI PROGRAMMARE!

O, detto in altri termini:

LA VITA E’ IMPREVEDIBILE. ACCETTALO!


E per me, abituata a progettare, calcolare soppesare i pro e i contro di ogni cosa, è stato un vero colpo! Ma una volta che ci si abbandona a questo flusso un po’ matto della vita in Bolivia, si trovano anche i suoi lati positivi.


Dovevamo tornare mercoledì 24 gennaio, tutto a posto, tutto pronto. Biglietti presi, visto fatto.


Il 22 ci scrive la nostra responsabile in loco: martedì ci sarà un paro general (un blocco generale della circolazione). Potreste avere dei problemi con i voli, non riuscire a tornare a casa ... e state attente.
Già, perché quando il clima si scalda non dobbiamo dimenticarci di essere gringos, ragazze bianche provenienti da un paese ricco.

All’inizio ci preoccupiamo, ma poi ci diciamo "Andiamo, e vediamo cosa succede. In qualche modo faremo". Arriviamo e lo sciopero era stato sospeso. Torniamo a casa sane e salve.


Eh sì: inutile preoccuparsi troppo. Anche da un giorno all'altro qui tutto può cambiare!!!




Chiara

sabato 25 novembre 2017

Tre storie di (stra)ordinaria follia

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Il diritto alla salute, questo sconosciuto


Milano, giorno di settembre 2017. “Buongiorno, vorrei prenotare una visita oculistica” “Va bene l’8 novembre alle 10.30?” “eh no, guardi, partirò i primi di novembre per andare un anno all’estero, non c’è un’altra data?” “Signora, 8 novembre 2018”. Ah.
E qui sono partiti gli insulti al Servizio sanitario nazionale italiano.

Cochabamba, 17 novembre 2017. Passo davanti all’Hospital Viedma, zona centrale della città. Davanti all’ingresso del pronto soccorso c’è una distesa di persone sedute, in piedi, sdraiate, accasciate, che aspettano. Uomini, donne, anziani e bambini. Qualcuno è steso su un telo super colorato come se ne vedono tanti in giro, altri mangiano qualcosa mentre aspettano, qualcuno piange. Ambulanze? Ne vedo due e pure scalcagnate. Mi si stringe lo stomaco…  io nel frattempo sto facendo il “farma-tour”, ovvero sto andando in differenti farmacie della città a chiedere quanto costano dei farmaci per un signore che ha chiesto aiuto alla Caritas. Ed è incredibile! Ogni farmacia propone prezzi diversissimi per gli stessi identici medicinali: si passa da quasi 800 boliviani (100€) a 400. In ogni caso, troppi. Il signore in questione non ce li ha. Forse si riuscirà ad attivare un aiuto per il mese di dicembre. Ma poi? Suo figlio ha una malattia psichiatrica, se non prende quei farmaci diventa violento. E dopo dicembre che si fa? Non c’è risposta.

Cochabamba, 16 novembre. Viene in Arzobispado (all’Arcivescovado) un giovane uomo, professione fotografo. Si è fratturato l’ulna e il radio, deve essere operato. Costo dell’operazione: 15.000 boliviani (circa 1800€). L’uomo piange. Quei soldi non ce li ha! Adesso che ha il braccio rotto non sta neanche lavorando… forse potrebbe tenerselo così, aspettare che guarisca solo con la fasciatura. Non si può. Il dottore ha detto che bisogna agire tempestivamente altrimenti il suo braccio non tornerà più come prima. Il giovane uomo ha sentito di un centro privato dove lo opererebbero con 2000 boliviani (250€), potrebbe andare lì? Non è sicuro! Esiste gente che lucra su questo sistema sanitario inesistente e si improvvisa medico pur di guadagnare dei soldi. Cercheremo di trovare una soluzione ma lei non vada lì, per favore. Hasta luego, ci rivedremo. Si ma intanto che ne sarà di lui e del suo braccio? Non c’è risposta.

Cochabamba, 14 novembre. Ruperta, dell’Abds (Associazione donatori di sangue boliviani) ci racconta di un signore che ha avuto bisogno di sei sacchette di sangue per operarsi. In cambio i familiari dovevano restituire il doppio delle sacche di sangue richieste (trovatevi dei donatori), e pagare 300-500 boliviani (40-60€) per ogni sacca. Il signore purtroppo è morto in sala operatoria. Niente sacche di sangue allora? Ehnno! Le ha comunque utilizzate, tutte e sei! Quindi? Quindi la famiglia non può seppellirlo se non ripaga il suo debito. Signori e signore, corpo in ostaggio: o 12 sacche di sangue e 2000 boliviani o il vostro caro defunto rimane qua. La famiglia ce l’ha fatta? Sì, l’Abds li ha aiutati a recuperare le sacche e il signore alla fine ha ricevuto la sua degna sepoltura. Caspita, ma almeno i donatori di sangue, qualora dovessero averne bisogno, hanno delle agevolazioni? Magari, che so, non pagano i 300 boliviani per sacca… Agevolazioni?  No di certo! Bravi loro che donano, ma qui c’è il 2X1 al contrario: prendi una sacca e ne devi riportare due, sempre. E la sacca conquistata comunque la devi pagare, sempre. Ah.

Quando torno in Italia richiamo per prenotare la visita oculistica, e quando me la danno, me la danno.


NB: secondo l'Ine (Instituto Nacional de Estadìstica), nel 2015, il 38,55% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, ovvero con meno di 3€ al giorno nelle aeree urbane e meno di 2€ al giorno in quelle rurali.

sabato 28 ottobre 2017

-7 a Cochabamba: gli ultimi passi per la Bolivia!

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-      L'inizio di un viaggio con radici lontane


Un passo, poi un altro, ed ecco, sono qui. Quando cammini con il gusto del viaggio arrivi anche a dei momenti di sosta, dove hai bisogno – o decidi – di fermarti. Ti vuoi riposare, ammirare quanto ti sta intorno o vedere meglio dove stai andando.


Mi trovo adesso in uno di questi momenti, ferma, ma carica di quell'energia di chi è sul punto di saltare: sento di aver camminato tanto per arrivare a questo punto, ma allo stesso tempo di avere davanti a me orizzonti ancora sconfinati. La decisione di saltare l’ho già presa: ha richiesto tempo e forza, ma adesso sto prendendo la rincorsa per lanciarmi!



Se provo a ripensare a cosa mi ha portata fino a qui, ecco che una matassa lunghissima comincia a srotolarsi e a correre da tutte le parti, piena di nodi e ingarbugliamenti, apparentemente senza né capo né coda. Da piccola volevo fare la missionaria, poi girare il mondo come medico, poi … quanti cambiamenti!


I più importanti non sono mai stati né semplici né indolori, ma se cerco di rileggerli mi sembrano un po’ il frutto di un movimento tra due vette, le mie paure e quello che veramente desideravo, che mi faceva sentire viva. E di questo fanno parte il desiderio di scoprire, di viaggiare, di aprirsi al mondo.
Ma anche di agire nel mondo, sporcandomi le mani, cercando di capirlo, di maneggiarlo, lasciando un segno. 

Confronti politici, volontariato, la scelta degli studi: tutto questo si amalgama nella pasta di cui sono fatta oggi. Ma che forma ha? Sapere in quale direzione vuoi andare è già difficile, ma per farlo diventare realtà devi poi tradurlo in scelte, percorsi: a volte li intraprendi di tua volontà e a volte semplicemente ti affidi.

Il Servizio Civile all'Estero è stata per me una scoperta che ha avuto origine quasi per caso: avevo 19 anni, volevo partire e il mio don mi ha consigliato – ormai tanto tempo fa!- di chiedere in Caritas. Ho scoperto così i Cantieri della Solidarietà –esperienze di volontariato all'estero organizzate da Caritas Ambrosiana- e sono partita per la Moldova. Lì ho incontrato un ragazzo che stava facendo il Servizio Civile.

Cos'era il Servizio Civile? E chi lo sapeva! L’ho scoperto allora, e da quel momento l’ho come messo in tasca e tenuto lì, continuando la mia strada. Quell'idea, quel sogno mi ha aiutata ad orientarmi: sono partita altre volte, viaggi vicini e lontani, ho cambiato università, casa, città, e in tutto questo sono cambiata tanto anch'io! Ma quel sogno bruciava sempre in tasca, finché non ho deciso di tirarlo fuori e di provare finalmente a coltivarlo. E adesso …. Uno Dos Tres Cuatro Cinco …. –7 a Cochabamba! Tra sette giorni saremo in Bolivia.


Chissà che frutti nasceranno durante quest’anno … In questo blog magari riusciremo a condividerne il sapore, ma state attenti: i sogni sono contagiosi!

Chiara