domenica 8 settembre 2019

Haiti Tololo


Come si può raccontare un’esperienza di un mese in poche righe? Come tradurre per iscritto emozioni, sensazioni, odori e gusti provati in questo mese?

“Ma vai ad Haiti quest’estate? Ma sei sicura? Guarda che è pericoloso!”. Ma io queste frasi le ho ignorate, non ci ho dato peso, quasi non le ho neanche ascoltate.
Sono partita per Haiti senza troppi pensieri, senza pregiudizi e senza aspettative per lasciarmi stupire ed emozionare da tutto ciò che mi sarebbe successo.
Ed ecco cosa è successo.

Si, Haiti è davvero uno dei paesi più poveri al mondo.

È un paese con tasso di disoccupazione e di analfabetismo elevati, con 768 km di strada asfaltata (su 4266 km). È il paese dove gli scarichi fognari sono a cielo aperto, i bambini corrono scalzi, dove la giornata è scandita dalla luce del sole perché la corrente, dove c’è, viene fornita solo poche ore al giorno e quando viene buio tutto si ferma perché di notte ci sono i lupi mannari; dove l’acqua potabile non è un bene disponibile così facilmente, dove i bambini camminano ore per recuperare un barile di acqua sotto il sole caraibico.
È un paese dove l’immondizia si brucia e l’odore in capitale è soffocante, dove le case (si possono chiamare case?) sono in cemento (tutte in cemento), una vicina all’altra e i vicoletti dei labirinti stretti stretti.


È un paese dove se sei straniero sei al centro dell’attenzione, dove per la strada ti urlano “blan, blan” con toni a volte aggressivi e a volte per te, i prezzi al mercato si alzano esageratamente, dove sei considerato “quello ricco”, dove bambini e ragazzi quando vedono che hai un paio di occhiali da sole, uno zaino, un bel cellulare ti dicono “Bamwen” (dammi!!) o ragazzi ti chiedono di pagargli le spese dell’università.



Si, Haiti è davvero così!!Ma è soltanto questo?
No! Haiti non è solo questo!Anzi..

Haiti è terra con paesaggi mozzafiato (dalle montagne alle colline, passando per gli altipiani e per il mare), con il mare azzurro caraibico e distese verdeggianti, albe e tramonti da cartolina, cieli e stellate che ti fanno sentire minuscolo.
È il paese dei frutti tropicali mai sentiti che mangi a qualunque ora, delle bibite zuccherate a tutti i gusti e della Mamba spalmata sul panino alla mattina. È il paese delle bananpesee e delle scatole di riso e pesce mangiate in spiaggia.
È il paese degli acquazzoni caraibici che ricorderai per tutta la vita: dei salti nel fango, delle risate e dei canti abbracciati sotto la pioggia.


È il paese dove quando piove i bambini, i ragazzi, gli adulti cominciano a danzare sotto la pioggia ringraziando il cielo.

È il paese della musica: a qualunque ora del giorno e (ahi noi) della notte c’è musica che “spacca orecchie” ma musica che ti rimane dentro e continui a canticchiarla anche se non conosci le parole, tanto da arrivare in Italia e continuare ad ascoltarla in loop.
È il paese della danza. Ballano a qualunque età, bambini e ragazzi, ma anche anziane signore nei villaggi. Ciascuno balla a modo suo, ha il suo movimento ma balla. Ballano perché la danza è vita e loro hanno voglia di vivere. 
È il paese delle presenze. Suor Luisa, suor Gabriella e suor Marie Stel, don Levi, don Ervè e don Claudio, Maddalena, padre Elder, Chiara, la comunità Papa Giovanni XXIII, i volontari. Ci sono. Semplicemente stanno tra la gente.

È il paese dove non serve l’orologio, dove non puoi stabilire l’orario di ritrovo perché tanto prima succederanno altri imprevisti. Dove non c’è fretta né frenesia.

E poi è il paese di Kay Chal. Kay Chal è casa.

Kay Chal sono Vaillant, Jameson, Stanley, Kenchy, Jacklin, Tito, Doumy, Mazlen, Jovenel, Julien, Boy – Guy e metFalou.
KayChal è casa per tutti i bambini del quartiere a CitéJeremie. È casa perché ci puoi trovare amicie trascorrere qualche ora giocando o imparando; è una macchia di colore tra il grigiore della capitale.
Kay Chal è amicizia nata nel giro di poche ore, amicizia che non ha bisogno della lingua per farsi capire, perché a volte bastano uno sguardo o dei gesti. Kay Chal sono animatori a cui dai un dito e si prendono tutto (anche le tue ciabatte), ti travolgono con la loro forza e le loro storie. Sono amici che una volta che hai conosciuto sembra conoscessi da una vita.

Kay Chal è voglia di mettersi in gioco, animatori che prendono in mano il microfono e diventano uno spettacolo da guardare, che non hanno nulla e a volte magari non mangiano per giorni, ma tirano fuori un’energia contagiosa. Animatori che costruiscono aquiloni spettacolari con legnetti e sacchetti di plastica e braccialetti a volontà e animatori che riescono a farti commuovere e ridere allo stesso tempo.
Ragazzi che non vedono l’ora di farti da guida per la Citè e ti portarti a casa loro e farti vedere dove abitano.KayChal sono ragazzi che ti riempiono il telefono di selfie brutti ma intrisi di una storia bella e vissuta.
Kay Chal sono ragazzi che ti dicono “tanto vi dimenticherete di Haiti” e che giustamente si arrabbiano con la vita e poi tornano a viverla.

Kay Chal è casa per i ragazzi di Haiti ma sarà sempre casa per noi.
Si Haiti è tutto questo e forse tante altre cose.

A voi, amici e animatori di KayChal posso dire questo: no, non ci dimenticheremo di Haiti, non è possibile dimenticarsi di voi, di ciascuno di voi, dei vostri sorrisi e delle vostre risate contagiose, dei vostri balli, delle vostre frasi (amwaiiiii, aaaanywayyyy, tissimooooo, ghenbagay, andiamo a mangiare qualcosina), delle vostre storie e della vostra energia.

Grazie a voi ho conosciuto Haiti, grazie a voi casa mia non è più solo in Italia e grazie a voi un pezzo del mio cuore rimarrà sempre ad Haiti.

Haiti tololo!!

Giada

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