mercoledì 14 agosto 2019

Serbia. Estate ai Caraibi? No, a Bogovadja!

Quest’estate ho deciso di trascorrere due settimane in Serbia presso un campo di accoglienza per migranti, come volontario.

Un periodo breve effettivamente, forse troppo perché ne valesse realmente la pena. “Forse con quattordici giorni di ferie sarebbe stato meglio rilassarsi in qualche spiaggia tropicale e non pensare a niente..” riflettevo tra me e me nel viaggio in macchina prima di raggiungere l’aeroporto di Linate.

Il primo impatto con il campo poi non è stato neanche tra i più positivi. 
Disperso tra verdi colline, non molto distante da una piccola cittadina di nome Valjevo, mi è parso una sorta di oratorio frequentato da individui che per ovvi motivi sembravano per lo più schivi e poco socievoli.
E l’idea di dovermi improvvisare animatore in un contesto del genere risultava quanto meno forzata.


Tra una mattinata trascorsa a dipingere un cartellone con dei ragazzini provenienti da diverse parti dell’Asia, un pomeriggio passato a giocare a calcio con solo qualche adulto interessato tra le decine presenti nel campo e ore intere spese a tenere a bada bambini alquanto vivaci;

il tempo è volato piuttosto in fretta.

Ma sono stati i momenti non programmati, le chiacchierate spontanee e  disinteressate che mi hanno fatto conoscere più da vicino alcune di queste persone.

Ho conosciuto Amir, uomo iraniano dall’animo spiritoso e amante dei selfie. Nel primo incontro si è soffermato più volte a raccontare e descrivere  le bellezze naturali e architettoniche della sua città; lasciando però trapelare un senso profondo di malinconia. Abbandonare tutto, perché contrario alle imposizioni del regime islamico, non deve essere stata una scelta facile da prendere.

Ho conosciuto Reza, artista eclettico capace di tenerti incollato sulla sedia usando un semplice filo di alluminio e uno di rame. Non pensavo che potessero bastare per riuscire a fabbricare stupendi braccialetti.!

Ho conosciuto Daniel, bambino ormai quasi adolescente, apparentemente allergico all’acqua della piscina che dopo aver indossato i miei occhialini , seppure al contrario, è riuscito a nuotare per qualche bracciata.
Per sua felicità ho deciso di regalarglieli.. per mia felicità ha promesso che da ora in avanti li userà nel verso corretto.

Ho conosciuto Zahid, ragazzo pakistano volenteroso e determinato che per arrivare fino in Serbia ha percorso lunghi tratti a piedi, giorno e notte senza sosta,  seguendo quella rotta balcanica tanto battuta dai migranti.
A dir la verità Il suo viaggio è tutt’altro che finito.
“Ci rivediamo in Italia!” sono infatti state le sue ultime parole mentre ci salutavamo.

E con un po’ di emozione ho salutato  anche tutti gli altri migranti del campo. 

Persone tra loro molto diverse, temporaneamente  parcheggiate a Bogavadja, e in attesa di ottenere dalle autorità locali un permesso di tre giorni; così da poter sfidare nuovamente la sorte e superare i confini serbi.

“In bocca al lupo per tutto!” .. non mi resta che augurarvi!

Andrea

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