lunedì 19 agosto 2019

Kenya. L'Araba fenice


to become a good person and to change; I want to go to school, to search a job and I want to help my parents to get-out of the poverty”.

Queste poche parole sono la risposta di Camcuria o meglio Ismael, il suo vero nome, alla mia domanda “cosa fai qui?”.
Possono essere parole che estrapolate da un discorso possono sembrare banali, ripetitive. Quante volte sentiamo dire di voler diventare una persona migliore o meglio ancora, di voler cambiare dall’oggi al domani il proprio modo di essere.
Ecco invece questa volta hanno fatto breccia nella mia mente e soprattutto nel mio cuore. Mi rimbombano quotidianamente nel cervello come un assolo di tamburi, bum bum bum, sì perché questa volta lo posso dire forte, è diverso.
In queste prime due settimane a Nairobi ho visto tanta speranza negli occhi di questi ragazzi che mi ha fatto capire veramente che si può ritornare ad essere se stessi e non continuare a vivere (o meglio sopravvivere) con l’etichetta di bad-person che le condizioni di vita ci impongono di essere.
Ismael è uno dei tanti ragazzi che vivono a Kibiko, una scuola di vita incantevole immersa nelle colline della capitale. Perché, come dice padre Maurizio, ognuno di noi ha diritto al bello, soprattutto coloro che di bello nella loro esile vita hanno avuto poco o niente.
Ismael, è bello dirlo, è uno dei tanti. É uno dei tanti che ha voluto e scelto questo percorso, perché al posto suo potrei scrivere Crispine, Njuguna, Nathan, Waylong, Wesley, Francis e tanti altri ancora. Un insieme di nomi, di storie, di vite che fanno credere in questa rinascita. Fanno credere in questa nuova generazione di giovani che vogliono un futuro pieno, ricco di vita e di sogni.
Un ingegnere, un architetto, un musicista, un maestro ballerino, un meccanico, un dottore e persino il papa: questi sono i nostri ragazzi ed è quello che sognano e che io auguro loro davvero con tutto il cuore di raggiungere.
Mi rivedo molto in loro, quella voglia di riscatto, di lasciarsi alle spalle la parte peggiore di se stessi e di cercare il bello, di voler raggiungere il bello.
Perché non importa se W. è dovuto diventare spacciatore per potersi comperare i libri per andare a scuola, l’importante è che guardando quei libri si ricordi della fatica del proprio passato e della forza che sta mettendo in gioco per la sua felicità e per poter finalmente dire ai propri genitori, che ormai non credono più in lui, “ce l’ho fatta anche io!”.


Roberto



Nessun commento:

Posta un commento