giovedì 31 marzo 2005

Tragedie esotiche e mezzi di comunicazione

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Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque...
Nel novembre 1998 le autorità nicaraguensi iniziarono a costruire Nueva Vida per accogliere gli sfollati della costa del lago di Managua.
Le torrenziali piogge portate dall'uragano Mitch avevano provocato l'innalzamento del lago di vari metri e le case di coloro che vivevano sulla riva furono portate via dall'acqua.

Come sempre in queste situazioni la solidarietà internazionale non tardò ad arrivare; milioni e milioni si riversarono nelle casse di istituzioni, associazioni e ONG per soccorrere la popolazione danneggiata.
Cosicché gli sfollati, con i loro fagotti e le poche cose che avevano potuto salvare dalla furia dell'acqua, furono riubicati a Nueva Vida.

In quei giorni non smettevano di passare camion pieni di gente; dalla mattina alla sera; e dalla sera alla mattina.
Fiumi di gente.
Io non c'ero e non potrò mai capirlo fino in fondo, però ho visto delle foto e ho ascoltato tanti racconti... arrivavano a valanghe, i camion li scaricavano, assegnavano a ciascuno uno spazio e da lì in avanti dovevano arrangiarsi.

Ovviamente le autorità provvedevano a garantire viveri, medicinali, ecc.

Però la realtà é sempre più complicata di quello che i piani delle emergenze umanitarie riescono a prevedere.

Innanzitutto nei campi dove oggi sorge Nueva Vida non c'era acqua.
É l'ironia della Natura, l'acqua che aveva appena causato la rovina di tante persone mancava.
Bisognava camminare un po' per andarla a recuperare e nel tragitto era alto il rischio di essere assaltati da sciacalli che Dio solo sa come potessero approfittare di una situazione simile.
Lo stesso per il cibo; a ciascuno era assegnata una razione, però non te lo portavano a casa, e nessuno vigilava affinché nel tragitto non si verificassero "problemi"...

Le persone che avevano perso tutto si arrangiavano come potevano: teli di plastica, pezzi di legno mezzo marcio, pezzi di lamiera, lattine... tutto ciò si trasformava magicamente in case.
La costruzione delle case vere iniziò rapidamente, però è un "rapidamente" per i tempi di chi organizza e realizza il lavoro.
Per chi lo deve aspettare mi immagino che siano state notti lunghe e giorni interminabili.

Andare a cercare cibo e acqua, medicine per i bambini, vestiti, teli per coprirsi... la verità è che è al di là della mia immaginazione, deve essere stato terribile.
Le notti fredde, in mezzo a gente estranea, in mezzo al marasma generale, con un occhio aperto per vigilare sui pochi preziosissimi averi.
Sì, preziosissimi, perché quando non si ha nulla anche solo un bottone è qualcosa, e a qualcosa può servire.

Il suolo stanco dei campi di cotone cedette il posto alle piccole case. Piano piano è nata Nueva Vida, da questa ferita profonda nel petto di povera gente che aveva poco e si è ritrovata con meno.

Tanti amici sconosciuti hanno aiutato queste persone, parecchi continuano a farlo, però i più già iniziano a dimenticarsi, trascinati dai media verso altre esotiche tragedie.

Intanto Nueva Vida continua a vivere la sua quotidiana tragedia della fame, della violenza e della morte, trascinandosi una sanguinosa ferita che stenta a rimarginarsi.
Una delle tante tragedie che ogni giorno si consumano in Nicaragua e nel mondo senza che i più se ne accorgano.

Oggi è sicuramente molto diverso da quei primi drammatici giorni, nondimeno rimane una situazione d'emergenza. Ovviamente i politici non lo ammetterebbero mai perché le implicazioni del termine "emergenza" li obbligherebbero ad affrontare il problema seriamente, molto più di quello che stanno facendo.
Preferiscono pensare di aver compiuto con la loro missione di restituire una casa e una vita a quella gente. Ma la triste verità è che l'emergenza cresce e si aggrava sempre più: un terzo dei bambini denutriti; condizioni igienico-sanitarie pericolosissime; analfabetismo sopra il 40%; indici di violenza sociale e familiare che fanno rabbrividire; disgregazione familiare sopra il 60%; disoccupazione e sottoccupazione che arrivano probabilmente al 50%.

Mi sento un po' a disagio a darvi queste informazioni perché non posso indicare le fonti. Non ci sono fonti di informazione, nessuno ha voglia di ricercare seriamente perché sa che si troverebbe di fronte a una situazione molto difficile.
È più facile far finta di niente e non ascoltare il grido disperato di chi sta morendo di fame e di stenti.

Non possiamo salvare tutto il mondo, ne sono cosciente, però sono qui e non posso fare a meno di vedere la fame negli occhi dei bambini che mi circondano, il vuoto negli occhi dei giovani che hanno rinunciato a sperare (perché è duro farlo quando non ci sono soluzioni), l'affanno negli occhi delle madri che vanno a caccia di cibo, per lo meno quello per riempire lo stomaco dei loro numerosi figli quella sera...

Sono qui, vedo tutte queste cose e non posso fare a meno di pensare che dei tanti soldi destinati alla cooperazione internazionale, la maggior parte vengono utilizzati per fare una guerra che serve a pochi e danneggia ai più, una guerra ingiusta e penosa.

Sono qui e non posso fare a meno di pensare che adesso altre acque hanno sommerso altre persone; una catastrofe immane, più fresca e più appetitosa per i media, anche perché la morte di tanti turisti europei e nordamericani ci ha colpito in modo più diretto.

Si stanno muovendo aiuti che purtroppo non ricostruiranno la vita di quelle persone, perché queste tragedie causano ferite molto profonde.
Probabilmente ci saremo dimenticati di loro fra cinque anni, quando i media parleranno di altre catastrofi ma loro saranno ancora lì a soffrire.

Forse non sarete d'accordo, ma io credo che siano molto più gravi le piccole tragedie quotidiane che vivono miliardi di persone che le (pur sempre gravi) grandi tragedie che provocano migliaia di morti in pochi minuti.

La lotta alla povertà e all'emarginazione che vivono i bambini di Nueva Vida è una sfida molto più onerosa della ricostruzione dei pozzi di petrolio in Iraq e dei grandi complessi turistici delle Maldive.

Una sfida che i mezzi di comunicazione preferiscono dimenticare in fretta.

Giulio Pini
Obiettore di coscienza in Servizio Civile in Nicaragua

venerdì 25 marzo 2005

Servizio Civile: inno della scelta di servire

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"Voi sunteti sarea pamantului [...] Voi sunteti lumina lumii [...]"

"Voi siete il sale della terra [...] Voi siete la luce del mondo [...]"

Durante una Messa nella Catedrala Catolica di Bucarest, ancora una volta il dono della Parola, ancora una volta il dono di queste parole, che mi paiono ancor più belle, più saporite, più luminose, in quanto ascoltate e comprese in una lingua nuova. Ho sempre sentito vicino, mio, questo brano di Vangelo, ma credo di averlo fatto inno di quest'anno di Servizio Civile: inno della scelta di servire, inno della condivisione, inno del partire e del restare.

E mettendolo sul piatto della bilancia insieme alle relazioni costruite, si fa contrappeso dei momenti difficili, dell'ansia del fare, delle incomprensioni e delle difficoltà; si fa muro maestro dell'accoglienza dell'altro, dell'attenzione verso l'altro; si fa nodulo delle emozioni, delle motivazioni, della crescita personale.

Servire è stato entrare in relazione con le persone che ho incontrato, cercare di essere disponibile all'ascolto, all'osservazione, allo scambio, alla comprensione, all'attesa.

Servire è stato e sarà raccontare quello che ho visto e sentito, testimoniare e agire di conseguenza a quello che ho imparato e che mi è stato donato.

Servire sarà servire ancora, con umiltà e perseveranza.

Francesca