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mercoledì 30 maggio 2012

Di tutto un po...st

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29/05/2012  Modena

Appena tornata incredibilmente illesa da un posto pericolosisimooo! dove la gente ti assalta per strada, ti rapina, ti deruba, dove l'aqua torrenziale della stagione delle pioggie si porta via tutto e i capricci della terra fanno crollare e radono al suolo intere città... mi ritrovo qui, nella mia terra natale, a ballare con un ritmo sconosciuto insieme a famigliari, amici, concittadini ormai stanchi e spaventati... guarda un po' le assurde capriole del vento e del destino!

 

Dal giardino - perchè fuori si sta, in città sembra che abbiano proclamato un nuovo Festival dell'Aria Aperta! e invece no, è solo il terremoto - con un lieve giramento di testa, ormai fisso dopo le tre scosse di oggi, e un discreto senso di impotenza, mi viene in mente che prima di partire, cioè di tornare, cioè...boh! volevo scrivere un post, di saluto al Nicaragua, di riflessione sulla speranza, sul senso del nostro servizio, sul senso..

Ma forse ora, vista la situazione, non ci sta.

O forse ci sta.


E allora mi faccio aiutare dalle voci dei bimbi del Guís:







Mi faccio aiutare dalla parole di Enzo Bianchi, che ho riscoperto, grazie al regalo di un'amica, durante la mia permanenza in terra nica:

«Ma la speranza nasce quando si prende posizione riguardo al futuro, quando si pensa che un avvenire sia ancora possibile per un individuo, una società, l'umanità intera: si tratta di vedere oggi per il domani. Scegliere di sperare significa decidersi per una responsabilità, per un impegno riguardo al destino comune, significa educare le nuove generazioni trasmettendo loro la capacità di ascoltare e di guardare l'altro: quando due esseri umani si ascoltano e si guardano con stupore e interesse, allora nasce e cresce la speranza [...] Sperare è possibile solo se si spera per tutti» (E. Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione).


Mi faccio aiutare da un'immagine, un murales di Ciudad Sandino, comprensibile anche agli analfabeti...

sabato 20 settembre 2008

I caubòi di Emaus

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    Ed ecco in quello stesso anno due e più di loro erano in cammino per un villaggio distante circa cinquemilasettecento chilometri da Nairobi, di nome Milano, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Kenya da non sapere ciò che vi è accaduto in questi anni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi manager e i nostri capi politici lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare l’Africa; con tutto ciò son passati duemilaotto anni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi un mattino nello slum e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla discarica e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Non l’hanno visto, my dear brothers&sisters. Non lo vedevamo. E come potevamo? Tra gli angeli c’era un bimbo ke giaceva in uno pneumatico, una copertina di mosche il suo unico vestito. Vedi solo quello, è troppo ingombrante.

La sua mamma?

Assente, pròf.

Ne sapete qualcosa?

No, pròf, cosa vuole… Avrà fatto sega con Dio.

Non c’è neanke lui?

Lei lo vede?


Inizio da qua, dalla fine, la fossa biologica del pianeta. Noi a camminarci intorno, occhio di ognuno aggrappato alla propria scarpa da ginnastica, non farlo sbarcare a terra, no no no no; e per quanto simulassimo indifferenza, il nostro passaggio era una passerella e non poteva essere altro; Zulander a confronto era discreto, e se lo fosse stato davvero sarebbe stato meglio per tutti quelli ke l’hanno visto.

Dona pane a chi ha fame e fame d giustizia a chi ha pane.

La nostra fama c precede, la loro fame la accoglie. Pensa se c guardassero con curiosità e basta, un 1° impatto tra 2 culture: stuzzicato dall’altra e fiero della tua. Un’asse d equilibrio: viventi nello stesso mondo, modo diverso nel vivere. Come succederebbe a un canadese in Danimarca, per dire; colla nana differenza ke non tutti i danesi vogliono vivere in Canada, e non tutti i canadesi non vivrebbero mai in Danimarca.

I legamenti tra Europa & Africa c stanno da molto; dapprima militari economici, poi anke culturali, e sempre politici. Pulitici, poletici? Nàààà. Politici. Sempre stati. Da prima ke fossero Stati.

Ci danno il benvenuto nelle voci dei bambini ke chiamano Auariù finchè non concediamo magnanimi 1 sorriso, una strizzata d mano. Che assillo l’assedio dei fans.

Cosa vuoi, un autografo?

Dove telo faccio?

Qua sul barattolo d colla?

Come ti chiami?

Non ho capito non importa.

Ecco, grazie, ciao. Sìcuro, mi ricorderò di te.


Come il Papa. Come un pappa accolto da Papa. Visto da Unpaeselontanolontano, in campo lungo, è assurdo: 6 in uno dei posti + miserrimi d ovunque e t trovi circondato da infanti ossessionati dallo stato della tua salute.

Come stai?

Bene, bene.

Come stai?

Bene, ti ricordi? L’ho appena detto al tuo amiketto d fianco.

Come stai?

Bene, aoh, cosa fate? Me la tirate?

Come stai?

Davvero vuoi saperlo? Come vuoi ke stia? Guarda cosa vedo..

M’inalbero, hai capito? Provo allora a bruciargli il tempo. Glielo kiedo io, stocco in anticipo.

Auàriù?



Forse in realtà non sanno cosa vuol dire, ripetono a pappa gallo, a mò d saluto. Improbabile ke si rifiutino d rispondermi, magari perchè non sanno mentire e non vogliono mettermi in difficoltà. E dove saremmo? In una bigottopoli? Forse non vogliono mettere la parola fine alla nostra relazione. (L’hai capita?).

Fàin. Ebbravo Paolo, intanto continua a stringere centinaia d manine fraffose, è Africa, i primi secondi è 1 sballo, poi c va messa + umanità pussibile. Nei miei occhi la preghiera “Which God taxi driver”. Se è nascosto da qke parte, qa parlerà l’inglese (d al pacino); lo parlano tutti tranne noi. Talvolta non sappiamo cosa dire, altre volte non sappiamo come dirlo. Dove non placcano le paranoie, la scuola italiana arriva corto. Short. Shortcut. Scorciatrota. Psicopompo. Apotropaico.

Conosci la differenza tra Mungu e musungu?

Sì. Su.

Bravo, quella sillaba lì.

Sì. Lì.


Ke se santo mi dà tanto, e in kiswahili (ki?) “giù” significa “su”, ci siamo: Dio sta sopra, l’omino bianco sotto. Ma sotto sotto, come te, non come viceDio. DiceDio kei primi saranno gli ultimi. Prima d allora saranno primi.

Ogni volta ke scrivo d’Africa sta frase balza fuori.

Già.

La traduci tu a loro, per gentilezza?

No, tu.


Tutti primi, tutti ultimi, evvaiva. Utopie cattocomuniste, forse anke un po’ arcigay. Qua gli uomini non sono uguali, semmai sono ugali, tanto ne mangiano. Tanto è insapore, mica l’injera. Cosa c’entra? Non uscire dai confini. Ma d fronte alla sofferenza ke conduce senza esitazioni alla morte, io non sono degno d pensarmi tuo fratello. Tu ingolli Jet Five, distillato dall’olio bruciato degli aerei; noi ci compriamo magliette da 70€.

Non ha senso, lo capisci ke non ha senso?



Dài, ciumbia, Chiara è riuscita a fare credere ad un militare ke non stava fotografando lui ma 1 albero perché a Milano non c sono!


Va bene, allora, ok. Ci sto. Facciamo saltare tutto. Katabuum! Vediamo cosa succede. Io seguo, non guido. Non Guido, sarebbe semanticamente iperbolico. Seguo a scrivere.

Noi siamo caubòi venuti giù a Nairobi con camicia (shirt) e pantaloncino (sempre shirt, giacché shirts è pantaloncini) blu, portiamo i sogni del 2° mondo, cerkiamo i bimbi ke abbiamo visto alla tivù. I caubòi van giò a Nairòbi, coi salumi e l’ultima sigaretta. Han poki soldi e vengon da lontan e una vita sola non gli basta +.

Noi siamo caubòi, e nel nostro mondo c sono anke gli indiani. Nel mondo degli indiani ci sono anke i caubòi. Ognuno ha la sua casa, ognuno il suo villaggio, le feste ed il lavoro, la paura ed il coraggio.. Stessa luna, a fettine o tutta intera.. Mma sse mangiano una mucca cucinata sopra il fuoco sotto c’è la stessa fame e scusateci se è poco. Poco.. con una capra ci abbiamo pasteggiato in 20, e non tutti avevano spazio per la prelibatezza dell’intestino cotto ripieno d cuore polmoni sangue. Una mucca non è poco, piuttosto scusateci se questa mucca non ce l’avete. Scusateci se magari non avete niente. E se gli indiani son finiti male. Se resistono nostalgici in racconti mielanconici da Natale.

Visto ke è arrivato lo spazio dello scusa, so kè soltanto un’altra scusa, ma mi siedo d fianco ed è come se non fossi qui, scusateci anke voi, piccoletti kenyani ke avete imparato i nostri nomi. Una scusa preventiva, prima d tirarvi in ballo (e vai avanti, muovendo i fianki, poi torna indietro indietro indietro ancora un po’), per vaccinarmi da sensi d colpa cerebrali. Qua la scrivo, la firmo, P a o l o. Sottoscrivo il pacco: Auguri.

C’era una matata (un problema, fratemo!) i primi giorni: sarebbero affluiti poki bambini, giusto qualche decina. Ma l’ho scritto, è collassato tutto. Prendi Matrix, Truman Show, Alice nel Paese delle Meraviglie, the Game, the Island. No, ecco, The Island, riposala, da bravo. È successo qcsa d simile. Ne erano previsti 60, furono 673. Colline brulicanti d pupetti. L’esercito d Saruman, continuano ad arrivarne, scappiamo, siamo spacciati. Saremmo stati spacciati se non fosse stato per il nostro Mago. Gandalf a confronto è un ipnotizzatore di licheni. E allora il cavo della corrente ke si sgancia sulle nostre teste, le guardie ke ci bloccano sia la strada verso il campo sia quella per il carcere giovanile, diventano minuzie presto scordate. Ma anke prima suonavano male.

Il 2° giorno la carica dei 673 c impedisce d raggiungere il luogo del ritrovo, c si scapicollano incontro in rapide umane. Poi abbiam fatto le gare e hanno smesso d venire, però quella è un’altra storia. Una storia in cui i rarissimi bambini ke riuscivano a competere si toglievano scarpe e calze x spuntare in testa alla corsa. Spunta in testa il donBello ritornello dei caski bianki caritasambrosiani d quest’anno: “a piedi scalzi verso traguardi di pace”: i giovani atleti sanno ke così si è + veloci. Oppure è anke una questione di direzione, il piede calzato (giovane ricco) vizia la traiettoria?

A camminare trale casette dove “lavoravamo”.. dove giocavamo, risuonavano i nostri nomi: “Marcooo, Valentinooo, Stivennn”. Ke anke se sai d essere un pistola se succede una roba del genere, t senti un pistola importante. Ke so io, Bassolino, Putin, Scajola, Beretta.

Ogni Revoluzione ke si rispecti esige un costo in termine d vite umane, solitamente collegata al cambio d potere: Ema andava sacrificato al termine d pirotecnike giornate elettorali, non fosse ke riuscì a ricomprarci con shopping e nutella (la sua superiorità concepì promesse diversificate per genere sessuale). Il popolino si accontentò d salivare alla prima edizione di Miss Affettato 2008. Faccio outing: gli agognati salami volarono poi ad Addis con me, cacca d Lele, lupo insieme al bòs (fui complice nell’affiancarlo nell’acquisto dell’amato Sandwich Beef...).


Poi, aspirato dalle chitarre di Bar Bra (un passato da alcoolista veronese) Lele e Ma, il Liga kiede un momento a Dio, ispirati dalle giraffe di Naivasha glielo kiediamo anke noi, non siamo così vicini al cielo, ma è tempo per noi, menziono 2 segni. Abbiam già lasciato in giro la prima pelle abbronzata, per lo strippo strappo dei bambini ke tra il fregarci le braccia x scolorirci e l’ammirarci i peli delle ascelle erano gioiosissimi (sì, non conoscevo tantissimi joki da proporgli). Non mimì facevo + il letto così non correvo il riskio ke las mosquitos penetrassero oltre la zanzariera e dormivo quindi in una palla d coperte. Ma poi abbiam insindacabilmente sconfitto le zanzare col malarOne, quando Marianna ne ha spetasciata una colla relativa scatola.

Eravamo definitivamente pronti ad incontrare Dio. E qua torniamo all’inizio. Ke può essere un modo per concludere un racconto, la narrazione circolare, non fosse ke non ho nessuna intenzione d kiudere, vediamo dove si va. Si torna in baraccopoli, stavolta a Kibera. Un pelo d’ascella + sgamati, ne avevamo parlato e pregato e vediamo cosa succede. Succede ke non troviamo Dio, ma una replica d Korogocho. E allora ci kiediamo come vorremmo Dio. Qualcuno non lo vorrebbe popo, almeno x il momento, lo strozzerebbe; ke sarebbe un casino, tribunale celeste, gli usa non l’hanno ratificato ma kenya & italia sì. Qualcuno invece non lo vorrebbe così permissivo e riflette ke con tutta la sofferenza ke siam capaci d creare, forse sarebbe davvero meglio ke fossimo privati della libertà. Qualcuno lo vorrebbe seduto con noi, a tentare d spiegare; magari si arrampikerebbe sui vetri, ma sappiamo ke nessun cherubino verrà a prenderlo al volo.

In mancanza d altri, abbiam consultato il Korogocho d Alex, dove il comboniano scrive di un Dio debole, ossimoro ad effetto, un Dio mamma ke tiene trale braccia un bimbo malato ma non ci può fare niente, se non amarlo; impotente, un Dio da aiutare, perché ha deciso d autolimitarsi x noi. Io ci sto in qsta lettura. C sto ke Dio c offra la sua vicinanza attraverso lo Spirito, ma siam noi ke cambiamo il reale riflettendoLo. Anke x’ credo in Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi. Credo ke Lui sia stato torturato e sfottuto e appeso al legno da noi. E credo allora ke Dio fosse presente negli slum, fosse il bambino dentro alla ruota, fosse la nostra dolcissima accompagnatrice malata d aids, fosse dappertutto, fosse onnipresente nella fossa biologica del mondo. Credo nelle rovesciate di Van Basten.

Poi distribuiamo casualmente (casualmente, melaverde, non causalmente) frasi del Vg, da tenersi al polso x un giorno, e leggere alla sera alla luce delle ore trascorse. Bòn, a me capita: “Tutto è possibile presso Dio”. Frase ke smonta l’algoritmo su cui m’appoggiavo; a meno ke non le si faccia dire “Tutto è possibile presso Dio attraverso di me”. Uff. Comunque è andata così tra noi, e diciamo ke è un po’ come l’ippototamo d Mc. Cioè lui è stato pazientissimo ad aspettarlo e alla fine l’ha anke visto. Però così dice lui, x’ dalle foto non si evince un niente. Io però mi fido. L’avrei anke votato. Nemmeno un trucco è cambiato che: che se il mondo cambia, qualche mondo non cambia mai.

Mi trova lì anke Padre Daniele (succeduto ad Alex) qdo ci confida ke la qualità soggettiva della vita prescinde da pil, sofferenza, nro morti evitabili. E io sono quello ke durante la sua meravigliosa celebrazione per i malati, fisso il crocifisso, 2 listelli dipinti a mano, e osservo come le moske si posino sul sangue pitturato d Gesù. Il reale surclassa l’immaginazione e gli uomini la kiamano magia, ma ci sono sempre i trukki, e per una magia così, dice, val la pena vivere.

E ci sarà dentro te e aldilà dell’orizzonte una piccola magia, ci sarà e forse esiste già di là dell’orizzonte una magia anche per te. Vorrei rinascere per te e ricominciare insieme come se non sentissi + dolore. Ma tu hai tessuto sogni di cristallo troppo coraggiosi e fragili per morire adesso solo per un rimpianto. Altro sortilegio cromatico riscontrabile sul muro della chiesa d korogocho: pigmentazioni epiteliali non erano rosee o more, a seconda del soggetto, ma vie di mezzo, irriconoscibili, sfumature. E le sfumature fanno la differenza, s’imparò in Bosnia. Quando capita anche a noi di vedere in bianco e nero ricordiamoci che il mondo è da guardare tutto intero. I colori sono tanti e le lingue ancor di più ma i bambini riescon a dire viva tutte le tribù.

(Salto)

Al riatteraggio il campo sé trasformato in una discesa, noi prendiamo velocità e la fine giunge prima del dovuto, lo fulmicotona in fuga; potremmo andare tutti quanti allo zoo comunale a guardare nelle gabbie le bestie feroci, o proporre “Bella raga, andiamo al museo!”. E vedere d nascosto l’effetto ke fa.

Ke po3bbe finire qua, eh, e noi ne usciremmo non dico da vincitori, ma in piedi.

Non fosse ke.

Il dietro le quinte della baraccopoli vuole kei bambini gridino “Hauàiù” ai bianki, perché questo in kiswahili significa “sei una patata”, e quindi si sbellikino qdo noi gli sorridiamo, e gli diamo la mano, ringraziandoli per averci dato della “patata”. L’abbiamo scoperto gli ultimi giorni, e quando Marianna ha provato a fare dire a BEL, la bambina canterina, “io sono una patata”, lei al massimo (ma alla marianna) ha detto “Io sono hakuna matata”, io sono senza problemi. I kenyani intercalano i loro discorsi domandando se tra noi ci sia Celine Diòn, così: “Selindiò?”; per confonderci. Sono superiori, non c’è niente da fare; sbircia una qualunque messa concerto. O il podio d una qualsiasi gara di corsa olimpica, secoli d polestra c farebbero pareggiare. O come ognuno tra il Dr Martin, il Dr Mèthiuu, Denzel, Charles&Joseph, Evaristo (tanzano, scusate se insisto) abbia emesso un suono diverso all’inkiesta scientifica di Marco sul verso del coccodrillo. Loro facevano il verso al coccodrillo. Macòffi. Loro sanno ke in kiesa non bisogna spellarsi le mani durante le canzoni: dovresti battere le mani x te stesso, x’ senti la musica e t viene da muovert, da farne parte. Non applaudire perfarti sentire, anke x’ se così fosse non arriveresti alla prima lettura.

Ma cerkiamo d farti arrivare alla fine qsta prima lettura, exit strategy: procedere a ritroso ritracciando kiavi d lettura, ke poi tutta sta roba mi torna utile qua in Etiopia, ke non è Africa fino ad un certo pto, da quel punto in poi è Africa, e io non vorrei impuntarmi e neppure impantanarmi.

Nella valle delle zebre, dove crescono i chapati, non esistono citofoni, e anche Dio el ciàpa el matato... scià dài, alùra giò! E i cau boi vànn sö a milàn: senza camicie e la radio che la và! Fànn un casòtt de veri "italiàn" e allo stewart gli fanno un palloncin.

!muubataK. Ke Dio t’assista, la preghiera nei miei occhi. E i cau boi i vànn a lavurà nel lünedè che 'l paar un cucudrìll (!) e lavurà e sempru lavurà... Una mattina mi son svegliato, o Kenya ciao, Kenya ciao, Kenya ciao ciao ciao. Ognuno ha le sue notti, ognuno i suoi mattini, le mamme ed i papà, i nonni ed i bambini... Ho provato in più modi a farli piangere, non esiste ke qsti non piangano x’ non è la loro cultura. Beh, belìn, alla fine mi sono anke mancati. Come quando ho sbottato con degli autoctoni, e un’ora dopo era come se non fosse mai successo. Boh, mistero. Buh. La magia ha dominato (magie, magie, magie d Ema), ma tu… understand? Under stand? Sotto stai? Giù? Su? Mezzo? Vuoto? Saccopieno? 1 2 3 stella! Senza cielo. Celò. Un contenitorino, con le lacrime versate nella mia vita. Tutte le volte che il mio volto ha dimostrato la mia debolezza, che mi son reso vulnerabile, che mi son sentito un perdonato. Perdona e dimentikerai: per quanto possa fare male, in fondo, sai, che 6 ancora qui. E dare tutto e dare tanto quanto il tempo in cui il tuo segno rimarrà… questo nodo lo sciolga il sole come sa fare con la neve.

Le palle di neve: poki link più esotici x il Chenia. Ma non ho trovato d meglio e tutti sappiam far girare le 3 palline, ciascuno le proprie, tranne qualcuno ke, formidabile, sa fare girare anke quelle degli altri, ma l’ultimo vero trucco è Suo, io vi lascio qua, saluto ed esco, facendo piano, el fico, per non svegliarvi; vado a skitarrare alle ragazze con Marco; vado in Etiopia a salutare; arrivo, jambo, salàm, tenestli.

[25]Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! [26]Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». [27]E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [28]Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. [29]Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. [30]Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. [31]Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

    paul

mercoledì 10 settembre 2008

kenya

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Dio, dove sei?
Vai in giro e la gente non solo si permette di essere bianca, ma in più neanche ti saluta.
Cammini per la strada e i bambini non ti riconoscono.
Ti svegli la mattina e vai a letto la sera senza dover alzare un velo per coricarti.
Aspetti i tuoi amici e, eventualmente, ti puoi accendere una sigaretta.
Ma dove sono?
Questa città per tratti la riconosco, è così famigliare. Per tratti la trovo completamente estranea.
Dio, dove sei?
E fino a una settimana fa dov’ero io? Dove ho vissuto? Che persone ho incontrato? Che luoghi ho visto? Che animali ho fotografato? Erano scolpiti nella mia mente, erano entrati nella mia quotidianità come se lì fossero sempre stati e ora, di punto in bianco, tanto improvvisamente come può essere improvviso trovarsi a far parte della giuria di un concorso di salami, così improvvisamente sono svaniti ed è necessario parlarne, guardare foto e video, scriverne, affinché il ricordo rimanga vivo.

Dio, dove sei?
Il ricordo che non rimarrà tale, perché noi ci abbiamo riflettuto sopra insieme, noi ci abbiamo sbattuto la testa contro, ci abbiamo litigato e ci abbiamo discusso, quindi ora non sarà mai più un ricordo, ma sarà un piccolo ruscello di acqua calda accanto alla nostra strada che ci starà vicino, farà immergere noi, se lo vogliamo, farà immergere la gente che ci sta intorno e quella che incontriamo per caso, se lo vogliamo.

Dio, dove sei?
Tanti anni aspettando che il momento giusto arrivi, il momento per entrare in un’altra realtà, per stare 9 ore su un aereo, per essere pronto a mangiare cose che non avresti mai voluto mangiare, il momento che forse più che giusto è solo il momento che deve arrivare.

Dio, dove sei?
E poi quando arriva ti organizzi, prepari la tua valigia, solo una perché l’altra serve a qualcun altro; decidi i giochi, già sapendo inconsciamente che non serviranno; fai le vaccinazioni o non le fai che tanto zanzare non se ne vedono; compri fazzoletti, disinfettanti, cerotti o non li compri, perché tanto hai già conosciuto la Vale e sai più o meno che è una farmacia ambulante.

Dio, dove sei?
E alla fine non c’è niente da fare. Ci sei dentro. E ti alzi la mattina alle8, contento di alzarti a quell’ora, col senno di poi, ovvio; vai incontro al campo da calcio, scoprendo poco dopo che è lui che viene incontro a te; mangi assuefatto due panini emmezzo con prosciutto annegato nelle salse+banana; entri in un carcere sapendo che tu ci uscirai prima di 4mesi; ti ritrovi a pregare un Dio che ancora non conosci, o meglio, un Dio che non ri-conosci, e poi correre a casa che il coprifuoco non perdona; ti lavi per quanto puoi, mangi più che puoi e poi ti trovi. Con quelli che ora sono i tuoi amici.

Now you’re my friend?

Non capisco. Cosa mi chiedi? Se sono tua amica? Ma come faccio a essere tua amica? Non ti conosco neanche, non ti ho mai vista prima di questa settimana, a malapena mi ricordo il tuo nome e me l’hai ripetuto più di tre volte. Poi però ricordo…

Of course. Now we are friends. Abbiamo mangiato insieme. E percorrendo questa strada che ci riporterà a Kahawa West, forse stiamo arrivando più lontano.

Dio, dove sei?
Perché tu pedali e tenti di non cadere sopra questa sabbia con la quale all’inizio ti divertivi a cercare di stare in piedi, ma poi diventa una sfida tra te e lei. Il terreno è instabile e il tuo mezzo forse non è tra i più adeguati. Ma in ogni caso sarebbe difficile non cadere di fronte a un Dio che ti chiede di aiutarlo e ti fa arrabbiare; di fronte a dei bambini che ti chiedono dei palloncini al di là di una rete di filo spinato; di fronte a Benson che salutandoti ti bacia sulla guancia; di fronte a una signora che ospita nella sua casa più persone di quante ce ne potrebbero stare; di fronte a un ragazzo che ti regala una spina di porcospino; di fronte a un tappo che alla fine ci entra nella bottiglia; di fronte ai poveri, qualsiasi essi siano. E allora dalla bicicletta ci puoi anche cadere perché sei giustificato, ma l’importante è che poi la riprendi in mano e ti rimetti sopra e continui a pedalare su questa sabbia.
Come hai fatto.


Dio, dove sei?
Una domanda ha accompagnato questo nostro viaggio. Sempre presente, ma particolarmente assillante percorrendo le baraccopoli. Una domanda a cui ancora non abbiamo una risposta e forse mai l’avremo. Tuttavia questo viaggio ha dato una bella spinta alla nostra ricerca e accompagnati dalla fede scopriremo, prima o poi, qual è il verso del coccodrillo. Ma forse scopriremo anche dov’è Dio.

Dio, dove sei?
Che poi di domande ne abbiamo avute sempre in abbondanza, perché guardando gli occhi dei bambini, guardando nelle scelte dei bambini che non solo non hanno bisogno delle scarpe da corsa per correre, bensì proprio se le tolgono le scarpe, perché loro corrono; guardando gli occhi di Rose, guardando nella vita di Rose e accorgendoti che non solo lei non te la nasconde, ma addirittura ci tiene che tu ne cominci a far parte, tu che poi non sei nient’altro che uno sconosciuto; guardando gli occhi dei ragazzi, guardando nei loro sogni e scoprendo a poco a poco, mentre loro te ne parlano, che questi sogni non si realizzeranno mai; guardando gli occhi di padre Daniele, guardando nel suo di sogno e ammirare che forse una parte è stata raggiunta; guardando gli occhi di Martin, guardando i suoi sacrifici, per trascorrere venti giorni con 9 italiani che non ha mai visto; guardando gli occhi di Matthew guardando la pazienza di Matthew, di fronte a proposte indecenti e di fronte a un Kenya per il quale il futuro si propone ottimista; guardando gli occhi degli altri volontari, guardando nelle malattie degli altri volontari, che nonostante questo continuano a trascorrere il loro tempo a Soweto, quando non sono in ospedale; guardando gli occhi del Kenya, guardando le contraddizioni del Kenya, guardando tutto questo coi nostri di occhi, occhi per certi versi appena nati, cresciuti più in venti giorni che in venti anni, di domande ne crescono tante quante sono le manciate di ugali che sei costretto a mangiare per non offendere il tuo ospite.

Dio, dove sei?
Dove sei mentre questi bambini chiedono a me come sto e io rispondo “fine”? Certo, io sto bene, siete voi che state male, sono io che devo chiedere a voi “how are you?” o “sei una banana”, sono io che ho la presunzione di aiutare voi. Ma siete voi che state aiutando me. È così che doveva andare?
Non lo so, ma ancora io mi chiedo Dio dove sei?


Dio, dove sei?
Oggi Dio non lo so dove sei. Non ho la più pallida idea di dove tu sia finito, se stai coi poveri, se stai coi ricchi, chi sono i poveri e chi sono i ricchi. Io però so che in questo viaggio probabilmente ti ho incontrato più volte di quante non me ne sia effettivamente resa conto.

Il pregiudizio di chi vede Dio che è morto e quindi non può essere con loro. Il pregiudizio di chi conosce la realtà e quindi pensa che non possa più stupirlo.”
Questo pregiudizio lo avevo. Ed è solo una delle tante cose inutili con cui sono partita e che ora ho affidato ad Evaristo, scusate se insisto

Tornerete? No, non torneremo, inutile raccontarci bugie.
Ma forse non ce ne andremo mai. E sicuramente, per un po’, staremo ancora li con voi, più che qua, con loro.

Loro, che poi sono le nostre domande. Ma forse, se perdiamo tempo a farci domande, ci dimentichiamo di viverlo questo Kenya, di viverlo nella nostra vita, il compito più difficile, anche più difficile del trovare le risposte.

E ora è questo il compito che abbiamo.

Perciò, Dio, io non ti pongo più una domanda, non ti chiedo dove sei, ma ti dò una risposta: ok, Dio, io ti aiuto.

 

venerdì 29 agosto 2008

Sarah, angelo all'inferno.

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Oggi il mondo mi fa schifo.

Camminavo tra quelle “strade” con lo spirito che avevo ad Auschwitz. Solo che qui le persone erano ancora vive. Ancora. Sarah almeno per ora.

Ci avviciniamo alla “scuola” di questa baraccopoli e vedo una bambina alta tanto quanto il mio ginocchio, a piedi nudi, in mezzo allo schifo, in una specie di fosso, appoggiata ad una parete che non riesce a passare. Piange. Non è giusto che sia li. Dovrebbe esserci vicino a lei una mamma che le ha comprato un sacco di vestiti e di scarpe, quelle che ti fanno impazzire da quanto sono piccoline; che non la lascia andare in giro da sola neanche per casa. Ma quale casa?


La ferrovia passa qua in mezzo, nella larghezza di 6 metri. Ci fermiamo perchè sta per arrivare il treno. Mi riposo un po’. Volto gli occhi e un panorama di tetti di lamiera invade la mia testa. Come quelli che vedi nei libri di scuola, quelle foto che guardi un attimo, ma giri subito pagina perchè lo sai che ci sono queste cose, ma cosa ci puoi fare tu? E poi mica è colpa tua, oh!

Sarah ci accompagna in questo nostro giro. Sarah è una donna bella con gli occhi che ridono sorridendo.
A un certo punto ci fa entrare in una baracca e non capisco bene perchè.
Poi ci spiega.
È casa sua.
Una minuscola stanza con un sacco di cose accatastate alle pareti; un tavolino in mezzo circondato da tre “panchette”. Una parete è un lenzuolo che copre la stanza da letto. La stanza in cui siamo ora è cucina, salottino..tutto quello che non è stanza da letto.

Ne va fiera.

Ci sediamo e ci chiede se può offrirci da bere.
Cerchiamo di rifiutare, ma insiste.
Poi esce per tornare poco dopo con una bottiglia di coca, una di sprite, una di fanta e una di limonata. Sorridendo le appoggia sul tavolino. Poi si gira, si abbassa e tira fuori dei bicchieri. Si ferma e va nell’ “altra stanza” tornando con un fazzoletto con cui li spolvera. Le chiediamo cosa vuole, ma lei risponde che ha già la sua cosa da bere e sparisce di nuovo per tornare con una bottiglia di fanta già cominciata. Rimane in piedi perchè per lei non cè più posto e ci racconta che vive li con suo marito (un elettricista), suo figlio, sua nipote e un ragazzo che hanno “adottato”. È fiera e contenta della sua famiglia. E della sua casa. Si libera un posto e la invitiamo a sedersi. Io la guardo e...

No Sarah. Tu non puoi.
Mi viene il sospetto che Sarah abbia l’aids.
No Sarah, tu non puoi.
Le carte ci sono.

Brutta tosse -Sarah, smettila di tossire, cazzo!-; foulard in testa -togliti quello stupido foluard Sarah!-; voce bassa –alza la voce Sarah, maledizione!- e macchie sulla pelle –vatti a lavare la faccia Sarah, ti prego, vatti a lavare la faccia...-.
No Sarah, tu non puoi.

Ci ringrazia per essere li con lei, è molto contenta ci dice. Ci fa vedere delle foto. Sarah, in queste foto non avevi il foulard, perchè ora ce l’hai? Toglitelo Sarah, per favore.
Arriva suo figlio e lei ce lo presenta parlando con gli occhi.
Usciamo e facciamo una foto tutti insieme. Ci avviamo verso l’uscita della baraccopoli, dove ci saluta uno ad uno. Dicendoci infine:

grazie, vi porterò nel mio cuore per sempre. È stato uno dei giorni più belli della mia vita.

No Sarah, tu non devi.

Oggi, amico Dio, stammi pure alla larga che tanto io non ho nessuna voglia di vederti.

Oggi il mondo fa schifo.




venerdì 1 agosto 2008

pro Dossier Etiopia (sigh..)

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Il 25 novembre 2007 prende piede ad Addis Ababa la maratona del Millennio, evento podistico la cui aura internazionale consente agli Etiopi una minimerrima manifestazione di dissenso politico. Ma quando, a farci una birra dopo la gara, gli chiedo cosa pensa di Zenawi, Belacho mi guarda male: “Siamo in un bar, Paolo. L’aria ha le orecchie”. Si sono moltiplicati gli informatori in borghese di Melès Zenaui, ********** travestito da Primo Ministro ad una festa, la sua, cominciata 17 anni fa.

Art.29, c.3: “È garantita la libertà di stampa e degli altri mass media e la libertà di produzione artistica. La libertà di stampa dovrà specificamente includere i seguenti elementi: (a) proibizione di ogni forma di censura e (b) accesso alle informazioni di interesse pubblico”.

La costituzione scopiazzata dalla fila di banchi davanti, da quelle francese, canadese e indiana, è un Pro Forma per raccattare le strette di mano del mondo, la cui coscienza è ben lieta di essere presa in giro; talmente assuefatta da avere smarrito capacità critiche e posizioni morali che vadano oltre il “Buona sera. Come stai.”, pronunciato sorridendo e senza il punto di domanda, perché la risposta, invero, non interessa. I Paesi rimirano il proprio riflesso negli altri Stati: la condotta politica altrui è valutata in base a risorse naturali interne e all’affiancamento nella “Lotta al Terrorismo”. Che poi coincide col terrorismo stesso. Quindi se Zenaui fa le ********* a Bush firmandosi col sangue somalo, George DoubleU parlerà bene di lui ai suoi compagnetti del G8.

da Stefania (a questa ragazza)
È un grottesco pingpong: per esempio, intorno all’imbrunire del 2007 una missione ONU ha visitato la regione etiope dell’Ogaden riscontrando urgenza di aiuti internazionali e timori circa il rispetto dei diritti umani nell’area. Allora il consigliere per i media di Melès impugna il microfono provando a calmare le acque (colla sola imposizione delle mani): “C’è un problema umanitario cui stiamo facendo fronte”. Dopodiché gli operatori della Croce Rossa Internazionale, accusati di appoggiare frange ribelli indipendentiste, vengon buttati fuori dalla regione. E per sigillare l’Ogaden nello scantinato dei crimini negati, il silicone è di origine controllata: “Le truppe etiopiche non stanno uccidendo civili nella regione. Stanno solo cercando di fermare i ribelli. L’Etiopia ha pur diritto di difendersi”.

Anche il mondo avrebbe il diritto di difendersi da bombe come questa di Jendayi Frazer, sottosegretario di Stato USA con delega per l’Africa. Una tesi interessante arriva da Amartya Sen, Premio Nobel per l’Economia 1998: “Nella spaventosa storia delle carestie non ce n’è mai stata una grave che abbia colpito un Paese indipendente e democratico, con una stampa relativamente libera”.

“Oh, bravo, ho letto la tua pappardella, ti sei documentato e allora? Credi di avere scritto qualcosa di nuovo? Lo so anch’io che ogni anno per gestire un avatar si consumano 1752 chilowattora, mentre un brasiliano in carne&ossa ne usa 1015. Io non perdo tempo con SecondLife, quindi mollami. *** vuoi da me?”.

Tu sei colpevole. Io sono colpevole. Riconosciamo questa responsabilità. Martin Luther King non temeva le parole dei violenti, ma il silenzio degli onesti.

Il biblista Gianfranco Ravasi e il poeta Mario Luzi camminavano sul Lungarno a Firenze e guardando nelle case le vedevano tutte fiocamente illuminate dallo stesso elettrico focolare. “Tante persone – disse il poeta – sono davanti al televisore con le mani alzate in segno di resa o di adorazione”. Non si tratta di controllo dell’informazione, questo è controllo della mente. La televisione è uno strumento pervasivo la cui fruizione quotidiana muta i processi mentali. La De Filippi e Vespa fanno passare che sia normale (anzi bello poetico geniale, scrive sardonico Baricco) che si dichiari i propri sentimenti di fronte a 10 milioni di persone, che se c’è una tragedia dobbiamo saperne tutto, montando un plastico con miniature x risolvere noi il caso, e sia partecipazione alla vita pubblica della nazione (in ultima istanza “politica” in senso ampio) nutrire un’opinione a riguardo. Il vero orrore non è la cronaca nera, è che noi abbiamo imparato che il vero orrore è la cronaca nera. Io e te siamo colpevoli –colpevoli- coi nostri porchi consumi (porchi, non parchi, rosa, non verdi: nessun errore), frutto di una maleducazione civile e intellettuale, di avvallare un sistema che esige nel mondo 150.000 morti al giorno.

Io mi faccio orrore. “Mi faccio” è da leggersi come “divento”, non come “mi provoco”.

E dove risiede la speranza? Nella nostra natura. Siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, ci credi? E l’incontro con Dio ha luogo nel mio limite, nella mia debolezza, nella tenebra: quando umilmente la riconosco e mi sbatto per ritrovare la luce. Colui cui si perdona tanto, ama tanto: il punto non è sbagliare meno, ma amare di più; e per amare bisogna sentirsi accolti: non ti faccio un favore per essere ringraziato, ma se non mi ringrazi ci rimango male: la gratuità del gesto non contraddice la natura erotica dell’amore (agape & eros), l’amore di scambio. Se non faccio l’esperienza dell’essere perdonato sono il fariseo che fa le cose per dire di farle, amo al minimo sindacale, non piango perché sono forte e gli altri non mi possono consolare: c’è da credere che Qualcuno stia raccogliendo le nostre lacrime in un otre che potremo utilizzare quando al nostro gameover Gli laveremo i piedi e allora non ci verrà chiesto di noi, ma dei nostri fratelli. Non ci verrà chiesto chi siamo o cosa abbiamo, ma cosa abbiamo dato.



Certo, trova la pace interiore e una moltitudine intorno a te troverà la salvezza. E la pace interiore è diversa per ognuno di noi e avviene quando la realizzazione dei nostri desideri coinciderà finalmente con la realizzazione di noi stessi. E non più con (bi)sogni indotti estranei alla nostra soggettiva umanità.

Amen.

sabato 19 luglio 2008

Is Christian love an utopia?

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Da giugno la domenica mi trovo con alcuni ragazzi per stare insieme e fare cose: discussioni, giochi, preghiere, volontariato. Quelle robe lì. Ci siamo dati il nome di MAPS, ci piaceva pensare ke siamo un po’ mappe; magari illeggibili per quasi tutti, poi uno capisce un enigma e trova il suo tesoro. E magari la persona grazie al quale l’ha trovato non lo saprà mai, lei era solo la mappa. Oltretutto “to be on the map” significa “essere attuale”. Essere in palla. Non avanti, non indietro: qui. Io lo spiegherei così. Sami invece ci scrive questa cosa. Poi ce la legge. Poi mi dice: “Beh, magari a qualcuno può interessare. In fondo la storia dell’essere mappe...”. “Blog?”. “Blog”.
From June, I have been spending the Sundays with some youngsters to stay together and to do things: discussions, games, prayers, voluntary service. This genre of stuff. We have chosen “MAPS” as group-name; we like thinking that everyone are, in a certain sense, like maps: maybe illegible, but then one person understands the enigma and discovers his treasure. And perhaps the person (thanks to whom he has found it) will never know it: he was only the map. Besides “to be on the map” means “to be actual”. To be present. Not ahead not behind: here. I explain so this group. Sami wrote these lines instead. Then he read them to us. Then he said: “Beh, maybe someone is interested to read these things. After all, the story of being maps...”. “Blog?”. “Blog”.

paolo

bye lando
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In today’s world we are a messenger of truth friendship. This may be strange sound for one who read this articles. In one or another way he raised the question, of course right!

Now we heard about that, war instability & disagreement which is serious, also the spirit of racism on our planet. We are peoples like everybody, we have emotion, we need to have the best thing with us like nowadays the world starved it. We commit ourselves not to commit the others, we commit ourselves not to rearrange the world but to love it and to create the spirit of tolerance & friendship between every peoples.

Our world is in the deep starvation of tolerance, hope, love, unity & of peace & justice. “So what is new” Nothing, but we are peoples who carry hope & vision to change it. We can’t do big things spontaneously but we can do little things with a great love & new spirit of friendship to clean up selfishness, injustice & breathless of peaceful air.

Peoples can boasted because they have good life expectancy, knowledge, treasure etc... But it’s not a matter of class that can build our strong tower of friendship but it’s only humanity. Nothing can stop friendship if it has a good base & started by committed peoples who can live & make themselves comforted for the living spirit of group.

If friendship built with the same peoples, the same grade & the same opportunity to live; God will not sent his only son to rebuild to us once again!

We are free men who search for those good days from the deepest sea of friendship life with the help of unity ship. There may be peoples who don’t like us, but we like them because our task & commitment is to rebuild the broken chain of friendship in the world, in each hearts of human beings. We believe that behind every face & under every heart there is always “A GREAT THIRST” for love & being a friend.

We speak for who have a good listening skill for the words of peace & justice, but our speech is not built by words but through daily actions, we preach everybody through the moment of life to think about the special gift in their hearts. To live what they existed for.

May be some hearts are warmed because of our friendship meaning, we are so happy to keep this hearts with us. Everyone of you have to ready yourself to be a friend for a friendless, so that we will explain our weekly programs as follows:

    08 06 07 coordination meeting
    08 06 15 retreat “Is Christian love an utopia?”
    08 06 22 activity at orphanage
    08 06 29 stay together
    08 07 13 retreat “Peace, justice and forgiveness”

le foto del comple non le avevo ancora postate
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Nel mondo odierno siamo chiamati ad essere messaggeri di amicizia vera. Può suonare strano per uno che legge questi post e, in un modo o nell’altro, solleverà fondatissimi dubbi.

Sentiamo di guerre, instabilità e seri litigi, sul nostro pianeta aleggia pure lo spettro del razzismo. A noi piacciono tutti, ci emozioniamo e vogliamo il meglio per noi, in condivisione come gruppo quando invece la mentalità corrente predica il tenersi tutto per sé. Impegniamo noi stessi e non gli altri; non c’impegniamo a risistemare il mondo ma ad amarlo e a creare uno spirito di tolleranza e amicizia tra tutte le genti.

Il nostro mondo è affamato di tolleranza, speranza, amore, unità & di pace & di giustizia. “Cosa c’è quindi di nuovo?”. Niente, ma noi portiamo speranza e intuizioni per cambiare l’andazzo. Naturalmente non possiamo fare un granché, ma piccole cose con un grande amore & uno spirito di amicizia nuovo, che lavi via egoismo, ingiustizia e assenza di brezza pacifica.

Le persone possono vantarsi di avere una buona aspettativa di vita, conoscenza, tesori,… Non c’entra il ceto per costruire la nostra resistente torre di amicizia, ma solo l’umanità. Niente può fermare l’amicizia se poggia su una buona base ed è intrapresa da persone impegnate che possono vivere e rispettare il profondo spirito del gruppo.

Se l’amicizia si costruisse soltanto tra persone uguali, dello stesso livello e delle stesse possibilità, Dio avrebbe mandato il suo figlio unico per niente!

Noi siamo uomini liberi in cerca di buoni giorni nel profondo mare dell’amicizia vitale con l’aiuto della barca dell’unità. Ci possono essere persone cui non piacciamo, ma noi le apprezziamo perché il nostro compito e impegno consiste nel ricostruire la catena spezzata dell’amicizia nel mondo, in ogni cuore di esseri umani. Noi crediamo che dietro ogni faccia e sotto ogni cuore c’è sempre “UNA GRANDE SETE” di amore e amicizia.

Parliamo per chi è capace di ascoltare parole di pace & giustizia, ma il nostro discorso non è composto soltanto da parole, ma attraverso le azioni quotidiane, noi predichiamo a tutti il momento della vita di riflettere sul dono speciale presente nei cuori di ciascuno. Per vivere ciò per cui sono al mondo.

Forse alcuni cuori si sono scaldati per il significato della nostra amicizia, noi siamo molto felici di tenere questi cuori con noi. Ciascuno di voi deve prepararsi a essere amico per chi non ha amici, il programma che noi abbiamo scelto per realizzare la nostra amicizia è il seguente:

    08 06 07 incontro organizzativo
    08 06 15 ritiro: “l’amore cristiano è un’utopia?
    08 06 22 attività all’orfanotrofio
    08 06 29 giornata insieme
    08 07 13 ritiro: “pace, giustizia e perdono”

giovedì 24 aprile 2008

holy thursday?

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Oggi qua èl gioved santo. Qdi il Segretariato Cattolico dell’Arcidiocesi d Addis si è raccolto in una piccola celebrazione, sotto la decisa direzione di Sister Wally, una suora tedesca. [Nomignolare “Addis” la città d Addis Ababa è come kiamare “New” la metropoli d New York, ma tantè. Giusto per, Addis Ababa significa “Nuovo Fiore”]. A seguire una festicciola, biscottibibitetorta ke anke se è digiuno mi spiegano ke l’ultima cena è un momento d convivialità e come tale va ricordato. (Da Bruno il gelataio è in vendita e pubblicizzato il gelato del digiuno, interamente realizzato con ingredienti consentiti in fasting time. Sono entrato ad indagare ed è vero. Inutile e triste come la birra senz’alcool, x dirla alla Vecchio Alex).



Ad una gita d 2 giorni in montagna scelgo il farmi la Pasqua colle celebrazioni etiopi, e stamattina la comunità con cui prego mi provoca contemporaneamente fastidio in alcuni elementi (ma il Baffi mi ha invitato ad evitare informazioni scomode x la Chiesa locale, ke ha già i suoi problemi senza ke qsti vengano messi alla berlina sul caritas blog) e ammirazione, nei casi umani di disagio toccabile vissuto con fervore incrollabile. Stupefacente ai miei okki, specie se riscontrati in una fede credente ke Dio agisca direttamente sulla realtà.

Mentre mi sorprendo in codeste riflessioni mi risuona (il canto del gallo) il ritornello dogon d ottobre: gli okki dello straniero vedono solo ciò ke già conoscono. E non posso fare a meno di notare come il giudizio così sprezzante su ki mi sta a fianco sia una mia miope povertà d ki non vuole rinunciare a criteri d analisi italiano centrici. Io stesso mi guardo con un okkio d stima affettuosa e uno severamente critico (la dicotomia madre-padre). Ke però non devono mai essere disgiunti.

Ci rifletto e stabilisco ke non è solo quello: da un’altra parte riscontro una forma di particolare discriminazione, ke è tipo “sono Etiopi, poveretti, è naturale ke non rispondano ai miei standard d sufficienza etica”. Ke è differente dal dire “non conosco qsta cultura, mi astengo dal commentare” (componente ank’essa presente).

Dubbioso, vado a cercare un passaggio d Fausti (già citato in occasione della vostra Pasqua, si presta a qste interferenze festive; ma i prossimi giorni lo riproporrò in almeno altri 2 pezzi):

    La stima è il bisogno fondamentale dell’uomo, più del pane (senza stima non esiste amore!). L’altro diventa secondo la stima che io ho di lui. Per questo è importante stimarlo, senza mai identificarlo con i suoi errori. Si può infatti pensare e parlare “contro”, chiusi nell’incomunicabilità di interminabili monologhi, o pensare e parlare “con”, comunicando con l’altro e dialogando.

    Per questo “se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto”. La lingua è come il timone: una cosa piccola che fa andare dove vuole anche una grande nave. È come un piccolo fuoco che può incendiare una grande foresta (cf. Gc 3,1ss). La parola è sempre efficace, con un potere divino di creare o antidivino di decreare: quella buona costruisce, quella cattiva distrugge.

    È inoltre importante non prestare mai all’altro intenzioni cattive, ma solo buone, non riportare mai parole o fatti negativi, ma solo positivi. Se si vuol migliorare la comunicazione, evitare malintesi e mali, è necessario non ri-cordare (= tenere nel cuore) il male, anche se reale. Va s-cordato (= tirato fuori dal cuore), in modo da ricordare solo il bene e farlo crescere (uno vive i suoi ri-cordi, ciò che gli sta nel cuore!).

    Ognuno vive o muore dello sguardo dell’altro: l’occhio buono dà respiro, il malocchio (!) uccide. Per questo il principio vitale di ogni relazione è la stima e il parlare bene dell’altro, il valorizzare ciò che di positivo c’è in lui. Ci vuole finezza di testa per capirlo e bontà di cuore per favorirlo. La critica invece demolisce ogni rapporto – e siamo tutti criticabili all’infinito, appunto perché finiti e mancanti sempre dell’infinito.

Non c vedo + la connessione ke intravedevo all’inizio, ma penso al romanzo “Notte inquieta”, al dilemma del cappellano militare dell’esercito nazista, a come semplicemente spesso sia arduo determinare dove stia il giusto. E se i casi estremi ci aiutano a pensare, rifletto su come a volte eroismo e martirio vadano semplicemente in direzioni diverse. Ma qsto è completamente un altro percorso e lo abbandono, rileggendo le parole d Fausti, e concludendo ke vorrei andare a parlare con qke sacerdote qua, sentire cosa dice.

lunedì 31 marzo 2008

intercETtazioni

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Quando arriverai a 27 anni te ne renderai conto”.

Stefania Cardinale, 23.11.2007


Addis ha un sindaco molto bravo. Appartiene al CUD. Vive a New York”.

Donna etiope, 24 03 2008


Un poster missionario italiano scorto in una missione cappuccina recita: “Insegniamo a fare ed impariamo ad essere”.


Voi italiani siete così buoni con gli animali che loro lo sanno. Per questo i gatti vengono da voi”.
Tolde, 30.1.2008


"Gli standard etici di una società possono essere misurati sulla base delle responsabilità che noi siamo in grado di assumerci riguardo la vita e l’umanità degli altri. Siamo tutti guardiani dei nostri fratelli. Tutti in qualche modo coinvolti nella dimensione della colpa e del peccato, in qualche modo tutti colpevoli per il male che c’è nel mondo, e tutti dobbiamo farci responsabili per i lavori di giustizia che rende la società più umana”,

Sara Carcatella, 2007

venerdì 21 marzo 2008

EASTER or SOUTHER?

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Per Pasqua volevo offrire 1 contributo un po’ di spessore. Quindi mi faccio a lato e lascio parlare Tonino Bello, inoltratomi da Ema, Silvano Fausti e incollo un estratto dall’introduzione del libro “Inter-culture”, il terrorismo del denaro, che m’ha allungato dax. Se “Pasqua” nel mio dizionario interattivo della lingua inglese monopolizza il significato della parola “Easter”, “Souther” viene tradotto con “vento dal sud, specialmente nell’accezione di burrasca”. Per fedeltà al titolo, quindi, non posso andarci piano.

Tonino mostra una meta, un punto d’arrivo, una gratuità dal sapore d santità, propria d ki riesce a vedere come strutture d peccato (strutture di peccatoooo) crocifiggano quotidianamente molti di noi, talvolta mascherate da “forme di ricchezza”. E vengono invidiate, idoli che già ci possiedono nel momento in cui magnetizzano i nostri desideri. Nel 1995 Padre Silverio Farneti scriveva come dovesse ancora trovare un ateo tra gli Etiopi del Kambatta-Hadya. O uno psicologo, aggiungerebbe il tanzano Elio, accennando a qdo noi siamo gli idoli di noi stessi. Avevo detto che mi facevo da parte? Partiamo dagli ultimi, allora. E dal bello.
“Partire dagli ultimi, dai poveri: non è l’ultimo ritrovato della inesauribile furbizia clericale che cerca spazio sul mercato della popolarità. Una Chiesa povera, semplice, mite. Che sperimenta il travaglio umanissimo della perplessità e della insicurezza. Non una Chiesa arrogante, che vuole rivincite, che attende il turno per le sue rivalse temporali. Ma una Chiesa disarmata, che sa convivere con la complessità. Che lava i piedi al mondo senza chiedergli nulla in contraccambio, neppure il prezzo di credere in Dio, o il pedaggio di andare alla Messa alla domenica, o di una vita morale meno indegna e più in linea con il Vangelo”.


perché qua non è Pasqua? dove vado?
Appiccico Silvano, invece, qdo scrive della preghiera. Per come ne parla, per me illuminante.
“Ogni forma di meditazione e di preghiera, compresa quella liturgica, o è una ricerca del proprio piacere – c’è anche quello spirituale, oltre a quello fisico, intellettuale e del cuore! – o ha come fine quello di preparare e disporre la persona a rimuovere da sé ogni schiavitù, e così poter cercare e trovare la propria autenticità. Solo in questo modo ami davvero Dio e raggiungi quella verità in cui e per cui sei stato creato. Diversamente ogni tua pratica spirituale non è un atto di amore per l’altro. Ma un semplice farti solletico allo spirito, provare delle sensazioni che ti chiudono nel tuo io, invece di aprirti a Dio. Questo “autoerotismo spirituale” è scambiato da molti per vita spirituale. Pregare per le buone sensazioni che puoi ricevere dalla preghiera è come amare un altro per il piacere che ti dà. In realtà non ami l’altro, ma solo il tuo piacere nell’altro. Ma amare è piacere all’altro!”.
Poi un intervento + laico (ma non laido), che i laici sono Chiesa come i sacerdoti, per mischiare ulteriormente la fede con la realtà, nello specifico la realtà della cooperazione. Variegato ambito nel quale il servizio civile nazionale all’estero si muove, e così il settore internazionale di Caritas Ambrosiana.


mettersi in rete

"La cooperazione nasce dall'incontro tra persone, dal dialogo e dalla simpatia dei nuovi rapporti culturali e sociali che vi fanno seguito, dal voler condividere e partecipare a percorsi comuni di vita. La cooperazione non è una "forma anonima" di aiuto che governi e istituzioni possono offrire e scambiarsi in condizioni di emergenza. Il contributo originale e innovativo delle organizzazioni della cooperazione internazionale è rappresentato non dalla realizzazione del singolo progetto o dal soddisfacimento di un bisogno urgente, ma dal fatto che questi interventi costituiscano l'occasione d un incontro tra persone e famiglie, innestino rapporti d solidarietà, diventino un progetto comune capace di riprodursi e ampliarsi fino a coinvolgere altre persone, altre famiglie, altre comunità. Nella cooperazione nessuno aiuta nessuno, ma si impara a vivere insieme. Per queste ragioni la cooperazione richiede tempo, e nella cooperazione non si cambiano progetti e paesi, così come non cambiano facilmente gli amici".

And so, “Good Souther”, readers. E guardiamo in basso. E dentro.


pa

domenica 23 dicembre 2007

La storia di Sami

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Paolo: Ti piace scrivere?

Sami: Sì.

P: Ma scrivi solo in amarico, immagino..

S: Sì. Però posso scrivere una storia in inglese e fartela leggere.

P: Mi piacerebbe. Poi, se vuoi, possiamo metterla in internet, sul blog di Caritas.

1 ha tradotto, l'altro ha scritto

La storia di Sami

The night was so beautiful. The moon and the stars together shine their light towards earth. Now I found myself on one narrow road. The road has the shape of a cross. Only this place was light full and the other part of the earth was so dull.

I start to observe my surrounding. There are a lot of people around me, but they aren’t on the road which I stand on. They move here and there in the darkest part of earth. I throw my eyes in front and I saw one guy who stand at the edge of the road. The man was dressed unusual. He was covered by a strong rays of light. I have never seen this man before in this big city. At the moment he showed a warm smile to me and said that “Now you are on the right track... Come to me then we will getting together!” pointed the small door behind him.

What he wants to mean “Come to me and we will getting together”?! I don’t know! I saw my surrounding once ... those people are still walking in the darkness. I put off my eyes from them and I look that person again... he still smiles and lift up his hands. He looks like a person who waits his lover in suspension. I can read his mysterious adore from his eyes. I don’t know why at the first time I want to join him.

Now I start to walk one step towards him. But I hear strange voice behind me. The voice comes out from those people who walks in the darkness. I scared a lot and I stopped myself on the track then I hold back myself one step...

At this moment some sweet and strong words are coming out from the person’s tongue: “You are mine and I call you by your name”, said the man. At this moment I ask myself: “Who am I?” and “Who is he?”. Yes! I am Christian so this man might be Christ! But I’m not sure enough.

I don’t know why and how come both but both fears and happiness shadows on me. All the things look like dream for me. I don’t know what shall I suppose to do. At this time that guy add more words to me “I’m the truth shepherd, the meaningful life and the right track to my father’s kingdom”, said the man.

I can’t hold myself back from his calling; his words touched me a lot and so I decide to join him for the second time. I start to walk towards him... But the people of the darkness start to shout... a great noise... “Come to us... We will give you your father’s land & kingdom... come... come to us!...”. But I don’t want to stop my legs walking towards the man who stood in front of the small door.

Some people of the darkness lift their hands towards me and try to catch me & also they want to hold me back to them. I can’t continue my walks towards the man. So I come back to my first point then I put off my eyes from them and I turned my face to the man. He was smiling and his hands were lifted up. “Look at my wounds”, said the man. His hands and his legs were wounded. My heart treated a deep sadness & my eyes start to weep. Everything makes me confuse but in the middle of this confusion I told to myself that now I must be in his hugs. The most difficult decision!

I start to walk on the crossroad for the third time. The first step of this big and difficult journey. Till now I told to myself repeatedly that I must to do it! ... Now I reach at the half of the road. The people were shouting on me, but I continue my walk towards the man. Suddenly, those people keep themselves silent... I smelt a pleasant perfume that I had never smelt before, I turned my face slowly... Oh my God!! How a beautiful girl?! I can’t believe my eyes.

She smiles to me... her teeth was cleaner than the polar ice. She gave me a sign in order to follow her. I turned my face to the previous man for a moment. He still smiles and his hands were lifted up... his hopefulness makes me amaze but I don’t want to spent more time with him. So I turned my face back to my beautiful lady.

When I start to went towards her she also went to the darkest part of the earth. We continue our journey in such away... Finally I left only one step to be the member of those people who are in the darkness. At this moment, the man start to talk and he adds some words again. I thought that these words are may be the last words of the man. “I know what have you done! I know that you are neither cold nor hot. How I wish you were either one or the other! But because you are LUKE WARM, neither cold nor hot, I’m going to spit you out of my mouth.”, said the man.

Now I hold back myself and think that how he can know all my secrets and my falsity in the life of Christian. So all you Christians nowadays our will to follow Christ is like this. Our final decision to carry the cross of Christ is so weak. But today, Christ gives us one more chance, one more year and one more calling of decision. So please let’s use this one more chance, this one more year of mercy & let’s give a replay for his loveable calling to our soul.

Sammy, picolino news service




Sami's story

Quella notte era davvero suggestiva. La luna e le stelle insieme spruzzavano luce verso la terra. Allora mi trovavo su una strada stretta a forma di croce. Solo questo luogo era luminoso, mentre il resto del pianeta era bigio.

Inizio a osservare ciò che mi circonda. Ci sono un sacco di persone intorno a me, ma non si trovano sulla mia strada. Si muovono qua e là nella parte più buia della terra. Ho gettato lo sguardo davanti e ho visto un uomo che stava a un capo della via. Era vestito in modo inusuale, coperto da spessi raggi di luce. Non l’avevo mai visto prima in questa grande città. In quel momento mi mostrò un sorriso caloroso e disse: “Adesso tu sei sulla strada giusta… Vieni da me e entreremo insieme!”, indicando la piccola porta dietro lui.

Cosa vuol dire con “Vieni da me e procederemo insieme!”?! Non lo so! Mi son guardato attorno un’altra volta… quella gente seguitava a camminare nell’oscurità. Distolgo gli occhi da loro e guardo ancora quell’uomo… lui sorride e solleva le sue mani. Sembra una persona in attesa del proprio amato. Posso leggergli negli occhi la sua misteriosa adorazione. Non so perché dal primo momento desidero seguirlo.

Adesso faccio un passo nella sua direzione. Ma sento una strana voce dietro di me. Proviene da quegli uomini che camminano nelle tenebre. Mi spaventai molto, mi bloccai e trattenni il passo seguente...

In questo istante dalla gola dell’uomo mi arrivano alcune dolci e forti parole: “Tu sei mio e io ti chiamo per nome”, diceva. Allora mi chiedo: “Chi sono io?”, e: “Chi è lui?”. Sì! Io sono cristiano, quindi quest’uomo dev’essere Cristo! Ma non sono molto sicuro.

Non so né perché né come arrivino insieme, ma paure e felicità piombano su di me. Mi sembra di essere in un sogno. Non so cosa dovrei fare. Ora quell’uomo m’indirizza altre parole: “Io sono il pastore vero, la spiegazione della vita e la via giusta per il regno di mio padre”, disse.

Non posso resistere alla sua chiamata; le sue parole mi avevano toccato molto e così decido per la seconda volta di raggiungerlo. Comincio a dirigermi verso di lui… Ma la gente dall’oscurità inizia a gridare… una bolgia… “Vieni da noi… Ti daremo la terra e il regno di tuo padre… Vieni… Vieni da noi!..”. Ma non voglio fermare le mie gambe che camminano verso l’uomo che rimaneva in piedi davanti alla piccola porta.

Alcuni uomini delle tenebre levano le mani verso di me e provano ad afferrarmi; vogliono trascinarmi con loro. Non riesco a proseguire i miei passi verso l’uomo. Così torno al punto di partenza, quando sposto lo sguardo da loro, girandomi verso l’uomo. Lui stava sorridendo e le sue mani erano alzate. “Guarda le mie ferite”, disse. Le sue mani e le sue gambe erano tagliate. Il mio cuore soffrì una profonda tristezza e i miei occhi iniziarono a lacrimare. Tutto mi confondeva ma in mezzo a questo spaesamento mi son detto che ora dovevo essere nel suo abbraccio. La decisione più difficile!

Comincio a camminare per la terza volta sull’incrocio. Il primo passo di questo lungo e complicato viaggio. Fino adesso ho continuato a ripetermi che dovevo farlo! … Ora raggiungo metà della strada. La gente mi gridava contro, ma io proseguivo il mio cammino verso l’uomo. Improvvisamente, quelle persone si zittiscono… Mi colpisce un gradevole profumo che non avevo mai sentito prima, ruoto lentamente il mio viso… O mio Dio! Una bellissima ragazza?! Non posso credere ai miei occhi.

Lei mi sorride e i suoi denti sono più immacolati del ghiaccio polare. Mi ha fatto segno di seguirla. Mi volto verso l’uomo di prima per un secondo. Lui sorride ancora e le sue mani erano alzate… il suo ottimismo mi stupisce, ma non voglio trascorrere altro tempo con lui. Così mi rigiro verso la mia bellissima lady.

Quando inizio ad incamminarmi presso lei, anche lei si reca verso la parte più adombrata della terra. Continuiamo così il nostro viaggio… Alla fine mi rimane solo un passo per raggiungere il gruppo delle persone che sono nelle tenebre. Allora, l’uomo prende a parlare e aggiunge altre parole. Pensai che queste potevano essere le sue ultime. “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo, né caldo! Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei TIEPIDO, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca”, disse l’uomo.

Ora io mi fermo e mi chiedo come può conoscere tutti i miei segreti e la mia falsità nella vita cristiana. Così per tutti voi, cristiani di questi tempi: la nostra volontà a seguire Cristo è come questa. La nostra decisione finale nel trasportare la croce di Cristo è davvero debole. Ma oggi Cristo ci offre un’altra possibilità, un altro anno e un altro invito a scegliere. Quindi per favore sfruttiamo quest’ulteriore possibilità, quest’altro anno di misericordia e concediamo alla sua amorevole chiamata dei nostri spiriti un ennesimo tentativo.

Sammy, picolino news service