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venerdì 22 settembre 2017

Grata

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"Nessun posto è casa mia, l'ho capito andando via..."

Così comincia la canzone di Chiara Galiazzo che sto ascoltando. Mi soffermo un' attimo su queste parole. Sì, posso dire che è stato così anche per me.
L'andare via è stato per me un'occasione di riconquista di quello che avevo lasciato, la mia vita in Italia.
è come con un quadro: non riesci a vederlo con chiarezza ed apprezzarlo in tutte le sue particolarità e nella sua complessità se lo guardi da troppo vicino, è necessario allontanarsi un po'.
Andare via per un' anno, immergermi in una realtà così diversa, mi ha permesso di riprendere coscienza della mia di realtà, riscoprendone tutta la ricchezza.

Mi ritrovo quindi grata della mia vita in Italia, della mia famiglia, dei miei amici, del mio cammino di fede, con tutte le fatiche annesse e connesse.

Così come sono grata dell'esperienza di quest'anno, delle persone incontrate e della pienezza vissuta.

Sorprendentemente mi scopro vogliosa e curiosa di ricominciare la mia avventura quotidiana.
Non ho paura di perdere tutto quello che ho guadagnato qui una volta tornata, perché un'esperienza così ti plasma e conforma, cambiandoti irreversibilmente. Così nella mia vita di tutti i giorni, nelle cose da fare e nei rapporti che mi saranno dati, proponendo me stessa sono certa che porterò anche questa esperienza, diventata ormai parte di me.

A confortarmi inoltre c'è la certezza che tornerò qui in Moldova, perché il legame con questo paese resterà vivo nei rapporti costruiti.
Così posso concludere come la nostra Chiara:

"Perché si torna sempre dove si è stati bene e i luoghi sono semplicemente persone."



mercoledì 26 luglio 2017

Moldova: Sorpresa

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Sorpresa: con questa parola si riassume la mia esperienza nel villaggio di Feteşti dove, con un gruppo di sette volontari italiani dell'associazione "Bambini in Romania" e una decina di volontari moldavi di questa località, abbiamo realizzato cinque giorni di attività per i bambini del "sat".
Ho iniziato questa avventura senza particolari aspettative, perché conoscevo poco la realtà che avrei incontrato e avevo pochi elementi per potermi anche solo fare un' immagine di ciò che avrei vissuto. Un po' impaurita ma curiosa di fronte all'incognita sono partita e quello che ho ricevuto è molto di più di quello che mai avrei potuto immaginare.

Sorpresa: riscoprire la bellezza della Moldova, questo paese che nonostante le molte ferite dà tanto, spesso proprio attraverso di esse. Paesaggi incontaminati e meravigliosi, come le persone incontrate, così disponibili e accoglienti, con tanta voglia di raccontare e farsi raccontare. I bambini, a volte faticosi, ma capaci di affezionarsi sinceramente.

Sorpresa: ho scoperto di più me stessa, d'altronde non si smette mai di conoscersi. Sono emersi punti di forza e limiti che non sempre sono riuscita a superare, ma questi ultimi non sono stati l'ultima parola su questa esperienza, perché quello che ricevevo era molto di più e sfondava qualsiasi tentazione di chiusura e sconforto di fronte ad essi.

Sorpresa: il mio gruppo di volontari, la sorpresa più grande e bella. Ho conosciuto persone con tanta voglia e grande capacità di scoprire, imparare, incontrare, ascoltare, mettersi in gioco, condividere e voler bene, persone da cui ho molto da imparare. Siamo diventati una squadra "tosta", che ha superato molte avversità grazie al sostegno reciproco e l'attenzione verso l'altro sempre presenti. Mi ha sorpreso molto la libertà e la familiarità con cui siamo stati in rapporto; li ringrazio, perché mi hanno permesso di essere me stessa e mi hanno fatto sempre sentire accolta, anche nelle nostre differenze. 


In questi ultimi mesi di permanenza in Moldova porto tutti questi incontri e tutte queste scoperte con me, convinta che questo paese mi riserverà altrettante sorprese e sarà ancora in grado di stupirmi.  



giovedì 2 febbraio 2017

Un unico bisogno

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Un altro turno della mensa mobile è finito. Stanche ma soddisfatte del servizio ci accingiamo a fare un po’ di ordine sul camioncino. Ad un tratto si avvicina una donna anziana. Ancora cariche della frenesia dell’attività, ci affrettiamo senza indugio a preparare una porzione per la signora, ma lei stupita e visibilmente un po’ offesa ci ferma. Nella precipitosità non abbiamo prestato molta attenzione a chi avevamo di fronte. Osservandola mi accorgo che si tratta di una signora molto distinta e ben vestita, che ipotizzo si sia risentita del nostro scambiarla per una beneficiaria. Mentre faccio queste considerazioni tra me e me, la signora si rivolge a Victor, il responsabile della mensa nonché autista del camioncino. La flebile speranza di comprendere qualcosa del dialogo svanisce quando mi accorgo che stanno parlando in russo.

Terminato lo scambio con la signora, Victor ci invita a risalire a bordo per tornare a Diaconia. Appena salita sul furgoncino sto per domandare a Victor della conversazione quando lui mi anticipa “Sapete cosa mi ha chiesto la signora? Avendo letto sul furgoncino la scritta – Mitropolia Basarabiei-  indicante la nostra appartenenza alla Chiesa ortodossa romena, mi ha domandato perché distribuiamo pasti ad anziani che sono per la maggior parte russi. Io ho risposto che non scegliamo i beneficiari e lei mi ha replicato suggerendomi di lasciar perdere questi anziani russi, perché ci pensa Dodon a loro.” Igor Dodon è il nuovo presidente moldavo dichiaratamente filorusso.

Questo semplice episodio mi ha fatto riflettere molto perché è fortemente indicativo della situazione attuale della Moldova. La mia quotidianità è costellata da fatti come questo che fanno riemergere continuamente la profonda spaccatura di questo popolo, le cui le tormentate vicende storiche hanno privato di un’identità unicamente riconosciuta. Mi scoraggia constatare che nemmeno la condivisione della medesima situazione problematica come la povertà materiale, che non risparmia nessuno (russo o romeno che sia), sembra sanare questa frattura così radicata. La mia speranza è che questa avversione sia pian piano scardinata dall'emergere e dal riconoscere ciò che in fondo ci unisce, lo stesso bisogno, la cui urgenza sproni a una collaborazione nel tentare di darne risposta.






lunedì 5 dicembre 2016

La storia di noi due

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Il romeno, che brutta bestia! A parte che a volte pensiamo non sia così necessario per noi impararlo, poiché da quando siamo arrivate sempre più persone ci chiedono di insegnare loro l'italiano e volenterose iniziano a sfoderare un vocabolario di tutto rispetto. L'apice l'abbiamo raggiunto con Adriano, tassista incontrato settimana scorsa che, una volta capito che siamo italiane, ha iniziato a raccontarci la sua passata permanenza di sette anni in Italia; in particolare la città che l'ha ospitato non è stata a lungo un mistero grazie al suo marcato accento romano, che è esploso in tutta la sua portata in un’esclamazione di fronte alla notizia della nostra lunga permanenza in Moldova: "Ammazza oh!"
E dopo il tassista moldavo che parla un romeno romano, pensavamo di averle viste tutte, e invece...

Mentre partecipavo alla mensa mobile ho conosciuto un signore sulla cinquantina che ha attirato la mia attenzione chiamandomi "bambina". Anche questo signore si è mostrato desideroso di imparare l'italiano, poiché vorrebbe venire nel nostro paese. Possiamo dire che possiede una base d' italiano, anche se è costituita per lo più da parole e citazioni provenienti da canzoni di nostri illustri cantanti.. Infatti il mio amico ama molto la musica italiana, in particolare Celentano, Gianni Morandi, Pavarotti, Toto Cutugno e il mitico Pupo. Un giorno mi ha raccontato la sua storia, ovviamente non del tutto compresa a causa della mia ancora scarsa conoscenza del romeno; ho intuito che non ha più una casa, ma vive in un garage, per un incendio causato dai suoi ex vicini. Purtroppo non è riuscito a farsi risarcire e nel raccontarmi la dinamica ha ripetuto più volte la parola “mafia”, per poi concludere dicendo: "Da voi in Italia, mafia piccola, da noi in Moldova, mafia grande. Se hai i soldi qui non hai problemi." Non c'è niente da fare, ci hanno tolto anche questo primato! Ora sta lavorando qualche giorno a settimana facendo le pulizie per mettere da parte i soldi per un nuovo appartamento e per pagare un avvocato.

Mercoledì scorso, giorno non molto positivo al lavoro, ero particolarmente scoraggiata per la lingua, poiché è frustrante non riuscire a comunicare, soprattutto per una logorroica come me. Inoltre l’assenza di comunicazione verbale mi sembrava impedisse una comunicazione per me fondamentale, cioè quella della mia persona, che più di tutto mi interessa. Mentre rimuginavo su questo pensiero è arrivato il mio amico, che appena mi ha visto ha richiamato la mia attenzione gridando: "La Storia di noi due". Mentre consideravo fosse un’affermazione ancora un po' prematura, nonostante la mia evidente preferenza per lui, il mio amico ha tirato fuori da un sacchetto un vinile, il tutto accompagnato dalla colonna sonora: "Gelato al cioccolato dolce e un po' salato tu, gelato al cioccolato". Non ci potevo credere! Era il vinile di Pupo, edizione russa e molto datata direi, vedendo l'immagine sulla copertina di un giovanissimo Pupo, quasi irriconoscibile. Un vero pezzo d’epoca! Ho scoperto così, che la frase con cui mi aveva chiamato è il titolo di una canzone presente nel vinile.

Ovviamente mi sono commossa. Sapevo quanto il mio amico ci tenesse ai suoi vinili, consumati dai suoi quotidiani ascolti. Questo episodio mi ha riconfermato il perché sono venuta qui e mi ha ridato un po’ di fiducia, anche per quanto riguarda la lingua. Infatti ho pensato che in fondo ci sono altri modi di comunicare, che ci sembrano meno incisivi, ma non lo sono: un sorriso, un gesto, un’attenzione, il tuo essere una presenza costante, possono trasmettere molto. E il rapporto nato tra me e il mio amico ne è la prova. 


domenica 20 novembre 2016

Pane e libertà

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Lunedì mattina in ufficio si respira un’aria di scoraggiamento e preoccupazione. Domenica 13/11 ci sono state le elezioni presidenziali e come spesso accade, soprattutto ultimamente, il risultato non è quello auspicato. Si è trattato di un momento storico fondamentale per la Moldova. Innanzitutto perché queste elezioni erano le prime dirette dal 1997; inoltre perché l’esito sarebbe stato un punto di svolta decisivo riguardo la direzione intrapresa dal paese, se verso Bruxelles o Mosca. Infatti la politica moldava, come la sua gente, si trova divisa in due correnti fondamentali, una filorussa l’altra filo-europeista. Questi due orientamenti sono incarnati dai due candidati maggiormente sostenuti: Igor Dodon, rappresentante del partito socialista e dichiaratamente filorusso e Maria Sandu, del partito dell’Azione e solidarietà prossimo all'Europa. Numerosi sondaggi davano come favorito Dodon, previsione non sorprendente dato l’andamento poco positivo degli ultimi governi filo-europeisti. Dopo una svolta governativa verso l’Occidente, le cui promesse di miglioramento delle condizioni di vita e un avvicinamento all'Europa sono miseramente fallite, è comprensibile come i cittadini moldavi pongano le proprie speranze altrove. I più disillusi sono gli anziani, che guardano con nostalgia agli anni del dominio russo, in cui di certo mancava la libertà, ma non il pane in tavola. La mia iniziale riluttanza di fronte a questo desiderio di un passato così drammatico, è andata via via scemando guardando un documentario in cui veniva descritta la crisi economica che ha investito la Moldova dopo il crollo dell’Unione Sovietica e il raggiungimento dell’autonomia. Dalla testimonianza di alcune persone emergeva il passaggio da uno stato di relativo benessere a una condizione di povertà assoluta. Così mi sono trovata, non a condividere questa posizione, ma a comprenderla di più, constatando che è più semplice speculare di libertà e altri valori a stomaco pieno. Tornando a noi, Lunedì ci e stato comunicato il verdetto e come previsto Dodon ha trionfato. La sua vittoria tuttavia non si può definire pacifica. Una delle polemiche più accese riguarda la votazione estera. Infatti è stata denunciata la disfunzione di numerosi seggi elettorali: a Londra, Bologna, Padova, Parigi, Bucarest sarebbero finite le schede elettorali, impedendo il voto di molti moldavi espatriati. Così la cocente delusione si ricopre di un velo di indignazione, che al lavoro scaturisce in dibatti accesi. In particolare noto lo sconforto di una mia giovane collega, attiva sostenitrice della candidata democratica Sandu. Quello che mi colpisce, aldilà del resoconto di tutti le “gabole” propagandistiche ed elettorali per cui Dodon e i suoi sostenitori sono accusati, è la sua rassegnazione di fronte a un insanabile spaccatura del popolo Moldavo. Una divisione geopolitica, storica, culturale, ritratta alla perfezione dall'andamento di queste elezioni. Una mancanza di identità riscontrabile nel quotidiano: prodotti con etichette scritte in russo, cartelli stradali scritti in russo, le centraliniste dei taxi che ti rispondono in russo, persone più anziane che ti parlano in russo e che a un tuo tentennante accenno di risposta in romeno, non sembrano disponibili ad adeguarsi e continuano con l’inaccessibile cirillico. Dopo un iniziale abbattimento nel ritrarmi la complessa problematicità della situazione moldava attuale, ritrovo un barlume di fiducia negli occhi della mia collega che ad un tratto mi dice: “sicuramente non ne vedrò i frutti, forse li vedranno i figli dei miei figli, ma io e gli altri giovani moldavi possiamo farci promotori, con il nostro piccolo contributo, di un cambiamento, tratteggiando insieme un volto comune per il nostro paese."





sabato 12 novembre 2016

Il quotidiano sfida

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Grinta. Questa parola riassume il giusto stato d'animo con cui ci sembrava necessario partire. Dovevamo iniziare questa avventura con carica e coraggio perché le sfide che avremmo affrontato ne avrebbero richiesto parecchio. Pensavamo ai numerosi ostacoli che avremmo incontrato sul nostro cammino: una nuova lingua da imparare, un contesto socio-culturale diverso da comprendere e in cui ambientarsi, una nuova realtà lavorativa in cui inserirsi. Immaginavamo la fatica nel trovare attività da fare con le adolescenti e con le ragazze madri, la pazienza nel costruire rapporti, il rischio di qualche aspettativa delusa. Tutte sfide degne solo dei più valorosi. Eppure come spesso accade, la vita ti riserva delle sorprese, infrangendo le seppur elevate immagini che ti eri costruito. Le lotte che ci sono state chieste qui, nei primi giorni dal nostro arrivo a Chisinau, non hanno avuto a che fare con nobili cause ed intenti. Una coppia di vicini di casa rumorosi, che ogni mattina alle cinque, se eravamo fortunate alle sei, ti tiravano giù dal letto con grida e sfuriate poco confacenti anche agli sposi più scontrosi. Un brutto incidente capitato alla mia compagna Jessica, quasi investita da un autista mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. La pazienza nel sopportare la maleducazione dei vicini e qualche ora di sonno arretrato, la fatica nelle limitazioni e nelle difficoltà che un infortunio ti procura, l'impotenza di fronte a una realtà che non puoi del tutto controllare; queste sono le sfide più ardue che sono chieste a me e a Jessica. Così ci troviamo a farci forza e coraggio nell'andare a fare la spesa, nel prendere l'autobus, nel salire su marciapiedi alti privi di rampe con le stampelle, nelle mille insidie che questa città riserva a chi ha una disabilità; nella paura di attraversare strade poco illuminate, in cui sfrecciano macchine dall'andamento un po' spericolato e in cui dunque il pedone non ha vita facile. Così mi viene in mente un'espressione di una canzone di Giò Sada, cantante che, da fissata di X Factor quale sono, conosco bene: le sfide più ostiche che la vita spesso ci pone dinanzi sono le nostre "battaglie normali".


lunedì 24 ottobre 2016

Che l'aiuto mi aiuti!

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Salve a tutti, 
con qualche rima cercherò di presentarmi,
chiedendovi in anticipo di perdonarmi.
In breve vi voglio raccontare
perché questa avventura ho deciso di affrontare.
Dopo una laurea triennale in filosofia,
ho intuito che questa strada forse non era la mia.
Ho pensato ai momenti in cui mi sono sentita me stessa,
in cui la mia persona era completamente espressa. 
Le occasioni che mi hanno più ripagato,
sono stati i gesti di volontariato.
Nell'incontro con l'altro che aiutavo
ero io in primis che ci guadagnavo.
Da lì la grande intuizione:
perché non svoltare verso questa direzione? 
Più che un filosofico ragionamento,
questa avventura può essere un chiarimento. 
Ora parto piena di fiducia e curiosità,
con la certezza che un'occasione di crescita di sicuro sarà.