Visualizzazione post con etichetta guerra. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta guerra. Mostra tutti i post

domenica 28 gennaio 2018

BEIT BEIRUT O LE FERITE DI UNA GUERRA

Nessun commento:

Nel cuore di Beirut, precisamente nel quartiere di Dowtown, sorge una decadente costruzione oggi nota come Beit Beirut, “la casa di Beirut”. Nessuno chiama più quell'edificio col suo vero nome, Palazzo Barakat, anche perché è ormai passato quasi un secolo da quando Nicholas Barakat, nel 1924, commissionò il progetto di questa dimora gentilizia. 

Palazzo Barakat era costituito da otto appartamenti abitati da alcune famiglie della classe media. L’edificio si affacciava sull'angolo formato da due delle arterie principali del traffico di Beirut: Independence Street e la Beirut-Damasco. Probabilmente negli anni Trenta la capitale libanese non era ancora coperta dal pesante velo di smog che si respira oggi e Palazzo Barakat non era esposto alle grida dei clacson come lo è ora. 


Palazzo Barakat doveva sicuramente catturare lo sguardo dei passanti. La pietra dal fragile colore giallo formava sottili colonne che ricordavano vagamente l’architettura greca. Sempre un ibrido, Beirut. Una città posta nel bel mezzo del Mediterraneo e che trae la propria identità dalle contaminazioni, dagli incroci e dagli stili commisti. E con le sue ariose facciate, Palazzo Barakat doveva sicuramente incarnare lo spirito beirutino: la ricchezza mostrata sempre con distratta eleganza. 

Poi accadde. Il 13 aprile 1975 il mondo finì e nessuno sembrava aspettarselo. Eppure la gente doveva sapere. Le guerre non scoppiano mai da un giorno all’altro. Serve ben più di una scintilla, più dei colpi di mitra che lacerarono l’aria di Ain El Rummaneh, quel giorno di primavera. 

Una guerra per procura, naturalmente. C’era Israele che stava cacciando il popolo palestinese dalla sua terra, la Siria con le sue mire espansionistiche e i precari equilibri confessionali in Parlamento. Le guerre scoppiano fra i potenti, ma sono i piccoli che le scontano. In Libano tutti cominciarono a sentirsi minacciati da tutti e nel ’75 iniziò il conflitto. 



Palazzo Barakat divenne suo malgrado un simbolo di guerra. La sua posizione, proprio in corrispondenza della Linea Verde, lo rese la postazione ideale per i cecchini. La sua architettura permetteva ai combattenti di nascondersi fra le sue colonne, di annidarsi nei suoi spazi interni. E da Sodeco altri guerriglieri rispondevano col fuoco, ferendo la facciata di Palazzo Barakat. 

Passarono gli anni e la guerra finì. Ma Beirut era stata ormai profanata. I lutti e le perdite portarono le varie comunità religiose ad autosegregarsi. Così Beirut Est divenne la roccaforte dei cristiani, mentre a Beirut Ovest trovarono rifugio i musulmani. Achrafieh e Hamra divennero i nuovi centri di una città ormai bicefala e Palazzo Barakat perse la sua centralità. 



Ecco cos’è Palazzo Barakat oggi. Una casa fantasma dalle cicatrici indelebili. Durante la ristrutturazione gli architetti hanno rinforzato il suo fragile scheletro con delle protesi di metallo. Ormai disabitato, Palazzo Barakat ha perso la sua alterigia nobile ed è diventato Beit Beirut, un museo della memoria. E con quella strana commistione di pietra e ferro, Palazzo Barakat è diventato ancora una volta lo specchio di Beirut, una città ibrida che si vuole moderna, ma che non riesce mai a sbarazzarsi del suo passato.



mercoledì 30 luglio 2014

Infanzie prese a prestito

Nessun commento:
Non ereditiamo il mondo dai nostri padri ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli” recita un vecchio proverbio che qualcuno addebita ai nativi americani, altri alle tribù Masai.
Chiunque l'abbia ideato, il proverbio sottolinea quanta cura e attenzione sia stata posta nei confronti degli infanti da diversi secoli ad oggi.


Wata Al Jawz, Libano
Nel 2014, in Medio Oriente e non solo, tutto ciò non è realtà. L'infanzia non è preservata, ma viene essa stessa "presa in prestito", usurpata,  divenendo il principale target di guerre e genocidi combattuti sopra la testa della popolazione civile. 

Ad oggi, più di un miliardo di minorenni vivono ad oggi in zone di guerra: tra i paesi più colpiti Sud Sudan, Iraq e Siria.





Ed è proprio su quest'ultimo conflitto che voglio soffermarmi, visto che  attraversa quotidianamente la mia permanenza qui in Libano. Nei vari centri dove prestiamo servizio,  veniamo a contatto con diverse famiglie siriane: ognuna porta con sé 3-4-5-6 figli, spesso malati e versanti in condizioni difficili. Capita spesso di strappare loro e di strapparci un sorriso, basta davvero poco.



No, questa non è la storia de" i bambini poveri sono belli". Non funziona. Nemmeno, e soprattutto, per quelli che vivono in zone di conflitto. Non esistono solo i loro sorrisi, non esiste solo il loro "essere felici con poco". Questa bambina è sorella di quella più piccina che vedete abbracciare il pallone appena sopra : una bomba dentro casa sua ad Aleppo e...

Wata al Jawz, Libano
Aleppo dicevamo: eccovi una delle foto più condivise della settimana sui quotidiani nazionali. Una piscina "naturale" ricavata dal cratere creato da una forte esplosione nel centro della città. L'unico accesso all'acqua per centinaia di persone, l'unico modo di trovare un briciolo di frescura. L'unico modo di reinventarsi un'infanzia.           
La forza creatrice fantasiosa dei bambini non legittima nessuno a prendere in prestito la loro infanzia.
.
La forza indomita dei bambini di ritrovare il proprio essere umano che rivediamo in questa ragazzina palestinese a Gaza. Solo macerie restano dell'intero villaggio dove abitava: eh sì, sono passati, come periodicamente succede, gli occupanti israeliani a "fare un po' di pulizia". E lei che fa, accorre sul luogo che un tempo si chiamava "casa" per recuperare i libri di scuola.  Nulla da aggiungere credo.





La forza creatrice fantasiosa dei bambini non legittima nessuno a prendere in prestito la loro infanzia.






No, non c'è nulla di romantico o amorevole in questo ultimo  fotogramma: nulla ha a che vedere con quattro bambini a Copacabana o in qualsiasi altra spiaggia del mondo. Questi quattro bambini hanno avuto la sfortuna di nascere a Gaza, di crescere a Gaza e soprattutto di incontrare sulla spiaggia vicino a casa la mano insanguinata dell'IDF. Israel Defence Force: sì proprio questo è l'acronimo dell'esercito "più morale al mondo" secondo quanto ripetono ad ogni conferenza stampa i vertici sionisti.
Sì, cari ragazzi , se un missile ha dilaniato le vostre membra e il cuore dei vostri genitori, è per una questione di difesa
Siete nati a Gaza, siete sempre e comunque parte di quei 1,8 milioni di terroristi che affollano quella striscia di terra. E come voi, pure più di 200 altri bambini ammazzati in 24 giorni  tra  parchi giochi, case e perfino scuole dell'UNRWA. 
Avete capito bene: esiste al mondo uno stato che può permettersi il lusso di bombardare una scuola delle Nazioni Unite, il presunto garante della sicurezza e della pace internazionale, e di rimanere impunito. Anzi.


Adesso scendete nel vostro paese, chiamate 200 bambini e radunateli in piazza.


Guardate i loro volti ad uno ad uno;
guardateli scomparire uno ad uno.
Domani mattina andate dal giornalaio all'angolo:
No, non leggerete i nomi dei vostri figli o dei vostri fratelli ammazzati: si chiameranno:
"rappresaglia", 
"scheggia impazzita", 
"ritorsione legittima", 
"difesa giusta", 
"danno collaterale".

La mano che ammazza questi bambini è anche la nostra che toglie lo sguardo di fronte a questo massacro.



La forza creatrice fantasiosa dei bambini non legittima nessuno a prendere in prestito la loro infanzia, tantomeno ad ammazzarla.









martedì 1 aprile 2014

Georgia: profughi per sempre

Nessun commento:

Chi si ricorda della guerra dei 5 giorni dell'agosto 2008?
Queste 3000 famiglie (circa 12000 persone) certamente sí.

Nessuno oggi crede (ma molti lo sostenevano già 6 anni fa) di poter far ritorno in Ossezia del sud, la cui indipendenza non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale tranne che dalla Russia e dal Nicaragua (!?!).

Ecco, la connessione non ci permette di raccontare altro, ma la foto racconta a sufficienza l'immobilismo delle diplomazie e le analogie con la complessità della situazione attuale in Ucraina.  Speriamo di sbagliarci. Speriamo...

mercoledì 11 settembre 2013

Foto ricordo (Kampala, Settembre 2013)

1 commento:


Una foto ricordo al termine del Summit della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (CIRGL) tra rappresentanti internazionali e capi di stato africani coinvolti nella difficile mediazione tra il governo di Kinshasa e i ribelli (filo rwandesi) dell’ M23, che si è tenuto lo scorso 5 settembre a Kampala.

Questa foto ha dell’incredibile per tanti motivi,  di cui ne elencherò un paio.

1) Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, il cui Paese ha sperimentato, nella sua parte orientale,  un’escalation di violenza e di scontri nelle ultime settimane, se la ride di gusto accanto a coloro che sono accusati dalle Nazioni Unite di violare e destabilizzare i confini congolesi minandone la pace.

2) Il presidente della Repubblica Democratica del Congo è uno dei rarissimi esempi di Congolese a sfoggiare i suoi denti bianchissimi davanti all’obiettivo di una macchina fotografica. Infatti, uno degli strascichi della colonizzazione belga in RDC, ahimè, è che i sorrisi smaglianti (protagonisti indiscutibili delle giornate tipo di questa popolazione africana) si trasformano in espressioni serie e da duri quando c’è da mettersi in posa. 

(Per chi non lo conoscesse, il Presidente Kabila è quello accanto all’uomo con il cappello, nonché presidente dell’Uganda, Museveni)

Chiara B.

lunedì 2 settembre 2013

La calme apparente

Nessun commento:
Giovedì 22 agosto, Goma
BooM

‘Un fuoco d’artificio?’ si chiede la bambina felice che è in me.
Questo boato non può che evocare ricordi spensierati e gioiosi.

Per chi, infatti, ha la fortuna di non sapere che rumore fa una bomba non è immediato associarla a circostanze avverse. Ho giusto un attimo per realizzare che [..]. E ancora BooM.

I ribelli dell'M23 lanciano il secondo obice in centro città.

Ribelli dell'M23 sulle colline attorno alla città di Goma

Venerdì 23 agosto, Goma
La città non è sicura, bisogna evacuare.

Zaino e passaporto al volo.

Ci si rifugia a Kigali.


Sabato 24 agosto, Kigali
I nostri amici rimasti a Goma ci dicono che la situazione è tesissima.

Tante bombe continuano a colpire la città.

Chi è in evacuazione, chi in ibernazione, chi in stato di disperazione.

Militari FARDC tra le strade di Goma.

Mercoledì 28 agosto, Kigali

Est-ce que c’est calme la situation à Goma? Oui, c’est calme!

La situazione si è stabilizzata.

La Brigata Internazionale della MONUSCO garantisce che per un raggio di 30 km la città sarà al sicuro.

Possiamo rientrare.

Su in bus, si torna a casa!

Soldati Brigata Internazionale MONUSCO

Giovedì 29 agosto, Goma
BooM
BooM
Fiiiiiiiiuuuuuuuuuuu...BooM

Altri tre obici. Questa volta li riconosco immediatamente. E il terzo è il più vicino, il più chiaro ed eloquente di tutti. Ci dicono che ne sono stati lanciati molti altri, anche in territorio rwandese. Le notizie che ci arrivano parlano di una possibile chiusura della frontiera con il Rwanda.

La città non è sicura, bisogna evacuare.

Zaino e passaporto al volo.

Ci si rifugia a Kigali.

Domenica 1 settembre, Kigali
Est-ce que c’est calme la situation à Goma? Oui, c’est calme!

La situazione si è stabilizzata.

La Brigata Internazionale delle Nazioni Unite sostiene che i ribelli si siano ritirati di qualche chilometro.

Con ogni probabilità si riapriranno i negoziati a Kampala tra ribelli e governo congolese.

Possiamo rientrare.

Sul véhicule, si torna a casa!

Frontiera Gisenyi- Goma

Lunedì 2 settembre, Goma
Che questo lunedì sia un giorno di tregua per una popolazione così abituata alla guerra che a seconda della rilevanza acustica di una bomba è capace di alternare risate consapevoli e rassegnate a sguardi di terrore che raccontano storie vissute troppe volte.

Chiara

lunedì 17 dicembre 2012

Una Striscia Rosso Sangue 2

Nessun commento:
Gaza la vendetta? No, la Tregua!

Premessa

Un Enigma… Forse una ricetta?
  • per fare una guerra ci vogliono almeno 2 nemici, fatto OK 
  • per fare una tregua ci vuole una guerra, fatto OK
  • per fare la pace ci vuole un vincitore che poi scriva la storia, la sua... NO, non ci siamo: i vincitori, stando alle cronache da Gaza e da Gerusalemme, sono due…!
Quindi, tranquilli, non c’è la pace: è una tregua con due vincitori.


Potremmo dire che è “solo tempo di silenzio armato”, ovvero quel periodo in cui due o più contendenti fanno tacere le armi ma non disarmano gli animi nè le (la) ragioni!
 
Meno male che qualcuno ha lanciato l’SOS con l’Alfabeto “Morsi” e dal Cairo ci si è mossi per la mediazione; missione compiuta, che tregua sia. Tutti pronti a congratularsi con ciascuno, anche tra quelli che non hanno fatto nulla e sono stati a guardare tristi, vicini col pensiero ma lontani per potersi mettere in mezzo oltre ai proclami di rito (leggi vari pezzi o brandelli della Comunità Internazionale…).

Evviva, è anche la vittoria del Presidente Obama che ha voluto fortemente Morsi d’Egitto come Mediatore… e la tregua sia voilà!

Peccato, che sfiga, shit… Per dirla tutta in gergo diplomatico… Adesso che abbiamo ritrovato un importante alleato, che si era perso nel deserto, parte un’altra volta l’SOS ma questa volta proprio a causa dell’Alfabeto “Morsi” che si prende un po’ di nuovi  poteri d’Egitto con un Decreto leggermente inappellabile (come tutto il resto).

L’opposizione ha capito e compreso e scende democraticamente in piazza Tahrir rimanendoci questa volta in modo inappellabile e permanente! Speriamo bene che “l’Alfabeto” si riprenda e senta il peso di questo SOS dalla piazza!

Scusate l’excursus ma era doveroso e referenziale verso zio Morsi, torniamo quindi alla tregua. E’ stata una bella festa al di qua e di là della prima linea! Ciascuno come sempre ha cantato vittoria, anche se è una tregua. Come se un Milan - Juventus in un'improponibile finale di Champions League finisca al 90° minuto e il direttore artistico mister Galliani (zio Fester) e il Sior Andrea Agnelli esultino entrambi gridando vittoria. Ma da regolamento UEFA non dovrebbero esserci i tempi supplementari?

OK torniamo al 90° a Gaza: Hamas sfoggia l’abito bello della festa e proclama una “giornata nazionale di Vittoria”: si spera di ottenere un allentamento significativo del blocco imposto nella Striscia di Gaza.

Nella notte migliaia di persone hanno festeggiato per le strade della città sparando in alto in segno di giubilo… Visto la mira non propriamente precisa dei combattenti di Hamas in Israele hanno fatto comunque risuonare le sirene d’allarme, non si sa mai.

Ora in altri giornali e TG si commenta che può ricominciare la normalità… Che vista da Gaza in particolare in certe piazze dove c’erano dei condomini si potrebbe dire che si ricomincia da meno 2, dal sotterraneo – 2, che prima non c’era ma, dopo l’impresa balistica dell’aviazione isreliana, ora è un lusso strutturale per molte case... Certo: mancano i piani 0, 1, 2, 3 e in alcuni casi anche il 4° però capite bene che avere, in centro a Gaza City, i box nel sotterraneo, senza pagare i costi degli scavi, è sicuramente una pacchia; che bello finalmente poter parcheggiarvi quello che resta della propria macchina centrata da un missile.

Penso invece in modo serio a tutte quelle povere vittime, nella maggior parte civili… E sarà dura ripartire per chi è sopravvissuto. Ripartire da cosa, con chi? Oltre a non esserci un risarcimento economico, non ci sarà neanche un “risarcimento morale”, un sentire comune della Comunità Internazionale perché ciò non capiti più.

Ma in Israele che si dice? Non si canta vittoria, ma in modo serio e professionale si convoca la solita pallosa conferenza stampa e si presentano uno in fila all’altro gli obiettivi raggiunti. Sembra un incontro per i venditori della rete commerciale delle aziende che a fine anno presenta con soddisfazione, all’assemblea degli azionisti, i grafici dei risultati ottenuti.

Abbiamo colpito questo, quello e quell’altro ancora. Siamo proprio bravi a centrare così tanti siti terroristici, con le nuove super bombe. "Bombardamenti precisi" ha dichiarato un generale, con la sicurezza di un cardiochirurgo appena uscito dalla sala operatoria dopo una complicata operazione a cuore aperto! Certo, restando in campo sanitario bisogna stare attenti a possibili effetti collaterali; in caso di sovradosaggio missilistico, si raccomanda di effettuare, in concomitanza con le misure abituali per l'eliminazione dei terroristi (lavande gastriche…) con normali sorvoli retrovirali di droni per una completa copertura da possibili prossime infezioni post operatorie! Le premiate ditte farmaceutiche: Tsahal e la Heyl Ha'Avir (in ebraico: חיל האוויר, spesso abbreviata in IAF da Israeli Air Force) ringraziano per l’attenzione!

A questo punto il sipario, come al solito, si è chiuso i vari e i pochi corrispondenti embedded si sono congratulati tra loro per la bella copertura mediatica e possono tornare a casa felici per le feste di Natale.

Ultima sottolineatura: in Siria, per chi si fosse distratto, continua l’escalation di morti, feriti, distruzioni sia all’interno del Paese che nei Paesi confinanti. Ma tutto sembra volutamente congelato. Certo, ogni tanto anche l’amministrazione americana si sveglia e dice: "Attenti alle armi chimiche!", gli inglesi fanno eco e russi e cinesi, ponendo il veto al Consiglio di sicurezza, rispondono in coro: "Armi chimiche cosa, dove, chi…?" In altre parole, ancora una volta la Comunità Internazionale non scenderà in campo.


Pare proprio invece che l’unico che abbia sempre una sfrenata voglia di scendere in campo sia sempre lui, SB, e purtroppo in questo caso non possiamo contare sul veto della Russia perché non funziona in Italia.

D’altronde a Mosca ci sono ben altri problemi, sono così presi da una situazione alienante: come ha detto di recente il premier russo Medvedev, dopo alcuni brindisi alla vodka: “Gli alieni sono tra noi”.


Prima di concludere vi avviso dei prossimi possibili post su:
  • F35 e portaerei fantasma
  • il riconoscimento della Palestina nel Palazzo di vetro

Si accettano suggerimenti!
 
Vi auguro un buon S. Natale con questi pensieri profondi di Bertolt:

Generale, il tuo carro armato

è una macchina potente

Spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un carrista.
 
Generale, il tuo bombardiere è potente.
 
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

 
B. B.
 
Se t'interessa, qua trovi di manifestazioni israeliane di solidarietà per i palestinesi ("eppur si muove!")

Alberto

lunedì 19 novembre 2012

Una striscia rosso sangue…

1 commento:
Gaza non propriamente in prima pagina!
Premessa
Si sa che i media nostrani sono sempre un po’ riservati nel parlar di “cose lontane” per umiltà, poca conoscenza o semplicemente perché i corrispondenti sono un lusso e costano e oggigiorno le notizie fanno fatica a pagarsi… Quindi prima di addentrarci in questa selva oscura di dichiarazioni dei vari potenti di turno circa quanto sta succedendo in Medio Oriente, riportiamo oggi (data astrale 19 novembre 2012) ciò che viene titolata come prima notizia sulle Home Page dei principali quotidiani nazionali.

La Stampa, La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Giornale, Libero, Il Messaggero, il Fatto Quotidiano, Il Sole 24 ore
Sequestro Spinelli: il cassiere di Berlusconi rapito per alcune ore nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, per un dossier che potrebbe ribaltare la sentenza Lodo Mondadori...! Gli indagati avrebbero chiesto come estorsione 35 milioni di € in cambio di carte importanti per Berlusconi contro De Benedetti.
 
 


Chi apre su Gaza e la nuova guerra in Medio Oriente sono “il diavolo e l’acqua santa”: Il Manifesto e Avvenire.



Non è per stilare una classifica ma solo per registrare un dato di fatto. La notizia dei bombardamenti su Gaza e Israele viene citata da tutti come seconda, terza o più giù, e se si va a leggere nelle rispettive pagine degli Esteri la troviamo. Ma in che modo? E cosa si sottolinea?

Tutti cercano di descrivere la complessa situazione e per non rischiare di essere di parte quello che ci vuole è una bella equidistanza che convinca i lettori da che parte sta il male e da quale il bene. Quasi mai l’operazione riesce a ricordare quali siano i diritti e doveri di ciascuno!
In modalità random sottolineiamo e commentiamo le interessanti dichiarazioni di “autorevoli” esponenti della politica internazionale, lasciando a ciascuno la riflessione sull'opportunità delle stesse. Noi speriamo siano frutti di errori di traduzione...

N. d. A. Alcune meriterebbero di essere segnalate su un blog leggermente satirico come Spinoza!
da Il Corriere della Sera

«Hamas apre il fuoco dalle aree civili e colpisce la propria gente». Per Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la Politica Estera dell'Ue, serve «una soluzione a lungo termine che assicuri pace e sicurezza alla gente che vive in quella zona». Quanto è lungo il termine? Quale zona?
Mentre Terzi, il Ministro degli Esteri Italiano, annuncia che «ci sono le premesse perchè si arrivi a una tregua nelle prossime ore», ma Israele può «autolimitare la sua forza solo se c'è sicurezza assoluta che i lanci di missili non si ripetano».

Autolimitare? Forse bombardando a giorni alterni così il PM10 delle polveri sottili non aumenta...
ISRAELE - Mentre le offensive continuano, secondo un sondaggio del quotidiano Haaretz, l'84% degli israeliani appoggia l'operazione «Colonna di nuvola», contro un 12% che la rifiuta. A schierarsi per un attacco via terra su Gaza è solamente il 30% del campione di israeliani consultato dal giornale, mentre il 39% intende continuare solo con gli attacchi aerei. Intanto per il figlio di Sharon, Gilad, bisognerebbe radere al suolo tutta Gaza. Perché «gli americani non si sono fermati a Hiroshima: i giapponesi non si stavano arrendendo abbastanza in fretta, così hanno colpito anche Nagasaki».

Certo sarebbe interessante sentire il parere dei Giapponesi, ma la storia non la scrive chi perde la guerra...



da La Stampa
Rasmussen, Segretario Generale della Nato: «Sono molto preoccupato per l’escalation» a Gaza, dove da una parte «gli attacchi contro Israele devono cessare» e dall’altra «la comunità internazionale si aspetta che Israele mostri moderazione».

Forse "modearazione" significa: "Ragazzi, l’accordo è semplice: basta razzi. E noi sganciamo ordigni light".
Ban Ki-moon ha parlato mentre era diretto per Il Cairo dove si unirà ai colloqui in corso per una possibile tregua. Il Segretario delle Nazioni Unite ha lanciato un appello per un cessate il fuoco immediato.

Certo che se ci si mette anche l’Onu a lanciare qualcosa… Provare a stare un po’ fermi ed azionare solo il cervello?


da Il Giornale

Un comunicato del portavoce militare israeliano traccia una sorta di riassunto dell'operazione "Colonna di nuvola": "L'aviazione israeliana ha colpito 1.350 "siti terroristici". Nella notte ne sono stati centrati 80: fra questi rampe sotterranee di lanci di razzi; tunnel utilizzati a fini terroristici; basi di addestramento e cellule impegnate nel lancio di razzi".   

Oltre ad un certo numero di civili che abitano in quei quartieri… Con tutto lo spazio e la terra che ci sono a Gaza dove poter sopravvivere! A proposito, ma l’operazione non si chiamava “pilastro di difesa”?
Gli emissari della Lega Araba saranno domani a Gaza, mentre ieri Laurent Fabius, il Ministro degli Esteri francese, ha incontrato Netanyahu: «La guerra deve essere evitata», ha detto. Quello che la comunità internazionale cerca in queste ore di evitare è un'offensiva di terra israeliana.

Oui, bien sûr, la guerre doit être évitée, les bombardements sont une autre chose...!
Ieri il Presidente americano Obama, pur difendendo il diritto d'Israele a difendersi dal lancio di razzi, ha detto che un'incursione di terra rischia di gonfiare il numero delle vittime. William Hague è andato oltre. Anche il Ministro degli Esteri britannico ha rinnovato il proprio sostegno a Israele per poi però ricordare che un'invasione costerebbe al governo di Netanyahu l'appoggio internazionale.

Certo che il rischio di “gonfiare” il numero delle vittime è troppo anche per un Premio Nobel della Pace!
 
 
da Libero

Il quotidiano Haaretz sottolinea che l’operazione «Pilastro di Difesa» può aprire la strada ai raid contro i siti atomici iraniani anche se sul piano militare si tratta di operazioni molto diverse tra loro. Il rischio è semmai che una lunga battaglia a Gaza (il comando israeliano ha avvertito la popolazione di prepararsi ad almeno sette settimane di guerra) allarghi il conflitto all’Egitto, agli Hezbollah libanesi o allo stesso Iran. Uno scenario che infuocherebbe il Medio Oriente facendo quasi dimenticare la guerra civile siriana ma che potrebbe concretizzarsi solo se Washington si smarcasse dall’alleanza storica con Israele. Forse proprio per questo la Jihad Islamica palestinese non crede che gli israeliani facciano sul serio e valuta la minaccia di un assalto a Gaza e il richiamo dei riservisti. «Azioni di guerra psicologica», come ha detto Ahmad al Mudallal all'agenzia iraniana Fars. «Non vorremo entrare a Gaza ma lo faremo se nelle prossime 24-36 ore saranno lanciati altri razzi contro di noi», ha dichiarato invece alla CNN il Vice Ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon. Presto vedremo chi sta bluffando.
Ci risiamo. Non si chiama “colonna di nuvola”. Il  Mossad poteva chiamarla "guerra"... Quanto ad umorismo quelli dei servizi si dimostrano original yiddish!

Meno male che si sono organizzati in sole sette settimane di guerra; nel frattempo aspettiamo di vedere chi bluffa!
 
Una cosa è certa: sia i civili palestinesi sia quelli israeliani stanno subendo la tragica guerra in corso in Medio Oriente tra Hamas e le forze armate israeliane; entrambi sono vittime della cecità e mediocrità dei rispettivi governi e politici. Sembra proprio che questi governanti non vogliano sedersi ad un tavolo a parlare di un futuro di pace. La posizione di forza e la conseguente azione israeliana non solo sono sproporzionate, ma non porteranno a nessuna vittoria. Anche i razzi di Hamas contro Israele hanno ucciso e continueranno a farlo!

Vedo difficile parlare sempre e solo di legittima difesa, ritorsioni, diritti e mai parlare di accettare l’altro. Se si fa di tutto per convincere la propria opinione pubblica che il male sta solo dall’altra parte, prima o poi tutti ci crederanno e allora sarà solo arrivato il tempo di scegliere su quale fronte combattere. Forse è quello che potrebbe evitare una “fantomatica” Comunità Internazionale, che, invece di calcolare le opportunità di real politik, dovrebbe solo guardare all’unica opportunità che ci compete: quella di cercare in ogni modo di umanizzare le vite di ciascuno perché la pace e la salvezza riguardano tutti noi oppure sarà solo questione di tempo e il vento farà il suo giro!

Per tutti noi forse vale la pena di questi tempi rileggere il discorso per la festa di Sant'Ambrogio fatto nel 2001 dall’allora Cardinale Carlo Maria Martini  su terrorismo, ritorsione, legittima difesa, guerra e pace.
Alberto

domenica 20 marzo 2011

Siamo in guerra

Nessun commento:
Una due giorni intensa qui ad Amman.
Un lungo meeting ieri, un pò di relax girovagando oggi.
Quando arrivo a casa sarà qualche ora che non vedo le notizie.
Ci risiamo.
Quanto ci hanno messo poco a decidere questa volta.
é solo l'ennesima rincorsa di interessi occidentali travestita da guerra umanitaria?
Era pensabile di lasciare Gheddafi libero di massacrare il suo popolo?
Sarà un altro Iraq?
Il milan ha perso.
La "primavera araba" sta finendo nel peggiore dei modi?
C'è qualcuno della stampa che prova a rispondere a queste domande con onestà senza servire un qualche padrone?
é avanzata la pasta di oggi, così non devo neanche cucinare.
Sarà sicura l'Italia a un tiro di schioppo dal nostro alleato fino all'altroieri?
Il comando militare a Napoli. Wow.
Ci risiamo.
Riusciremo mai a espellere la guerra dalla storia dell'umanità?
Non adesso. Ripassare in un futuro indefinito.
La prima volta Ruby aveva 16 anni.
Tra poco rivedo casa.
Ci risiamo.
Not in my name.
Ma adesso è ora di dormire.
Chissà se lì si dorme.
Ne dubito, i missili fanno parecchio rumore.

mercoledì 30 gennaio 2008

"Save our beloved country"

Nessun commento:
Carissimi!

Rieccomi finalmente di ritorno in Kenya. Per qualche settimana sarò solo vista la defezione del collega Teto, in preda a varicella acuta…speriamo in una pronta guarigione!

Un mio ritorno reso possibile dalla situazione pacifica del quartiere in cui vivo (Kahawa West, periferia settentrionale di Nairobi), che, nei tre giorni trascorsi, ho potuto davvero notare piuttosto invariato rispetto a dicembre, quando ne venni via. Sono stato anche a Nairobi-centrocittà, luogo di tanti scontri e manifestazioni mai approvate dal governo, ma in cui la vita e il caos quotidiano, fatto di miriadi di matatu e auto, sembrano essere ripresi. In questo momento particolare, infatti, il partito di Raila Odinga (opposizione che rivendica però la vittoria alle elezioni dello scorso 27 dicembre), per le forti pressioni di Kofi Annan (attuale mediatore, nel quale vengono riposte molte speranze del popolo keniano) sembra aver scelto di non organizzare manifestazioni in centrocittà. Nelle baraccopoli la situazione è sempre davvero incandescente. Città nella città come Kibera (un milione di baraccati circa in una decina di km2), Mathare e Korogocho, per citare le maggiori delle quasi duecento baraccopoli di Nairobi, vivono quotidianamente scontri, vendette, rappresaglie di polizia e esercito. La situazione più drammatica è fuori Nairobi. Una delle prime città in cui la violenza post-elettorale è esplosa è stata Kisumu, sulle sponde del Lago Vittoria, luogo nel quale è fortemente radicata l’etnia luo (Raila Odinga) e dove da subito è iniziata la caccia al kikuyu (etnia dell’attuale presidente, Kibaki, fortemente “contestato” per brogli elettorali, piuttosto evidenti). Ora tante altre città, nella vastissima zona della Rift Valley (Nakuru, Naivasha, Eldoret, Molo, etc…) vivono la stessa situazione. Scontri etnici molto sapientemente orchestrati e organizzati dagli stessi leaders politici. Una regia sempre meno occulta, dal momento che gli stessi quotidiani ormai sanno rivelare con esattezza quanto i giovani vengano pagati per uccidere, incendiare, distruggere e tendere agguati lungo le strade.

I morti sono ormai tantissimi, ma ancora di più gli sfollati (non meno di mezzo milione). È interessante come, a fronte dell’arrivo, in centri già predisposti, di alcuni gruppi di sfollati proprio a Kahawa West, la gente del quartiere e della parrocchia si sia prodigata per fornire degli aiuti (beni di prima necessità, come vestiti e cibo).

Pur non essendo qui toccati da scontri e violenze è chiaro e ovvio come i discorsi vadano quasi sempre a finire su tali tematiche di attualità. All’interno della Cafasso House (casa che accoglie giovani usciti dal carcere minorile, e nella quale opero quotidianamente) siamo in attesa di un ragazzo (Timothy) che, tornato presso il luogo di provenienza (quasi al confine ugandese) durante il periodo natalizio, è impossibilitato a tornare qui a Nairobi vista l’estrema pericolosità delle strade. Un altro ragazzo, uscito tempo fa dalla Cafasso House, ma di ritorno oggi per una sorta di rimpatriata, ha i propri famigliari a Kisumu e, pur volendo fortemente tornare, ne è, anche lui, impossibilitato.

L’informazione keniana, nota per essere piuttosto libera e di qualità, segue molto da vicino tutti gli avvenimenti, per cui se da un lato non è bello vedere immagini come le lunghe code di sfollati che percorrono le strade con in testa operatori che puntano loro addosso le telecamere, dall’altro in particolare la carta stampata si dimostra molto critica verso entrambi i contendenti; notevole, durante i primi giorni di gennaio, come le tre testate principali del Kenya abbiano deciso di intitolare le prime pagine allo stesso modo: “Save our beloved country”, pubblicando poi uno stesso editoriale di forte condanna e critica verso il comportamento di Kibaki e Raila e contro le tante violenze in atto.

Chiudo qui. Come si può notare la situazione è molto difficile.

Concludo cercando comunque di tranquillizzare rispetto al luogo nel quale vivo, tranquillo sia durante il già tormentato periodo elettorale, ma pacifico anche ora.

A presto a tutti!

Kwa heri!

Ema

 

mercoledì 23 gennaio 2008

Conflitti dimenticati

Nessun commento:
Mi sembra interessante segnalare a tutti voi questo nuovo e interessante strumento di approfondimento.

Saluti a tutti!

Sergio

È nato il 31 dicembre u.s. il sito www.conflittidimenticati.it, promosso da Caritas Italiana e da Pax Christi Italia.

Obiettivo del progetto è quello di rafforzare la linea di impegno verso una migliore informazione per quanti non accettano che ci siano guerre di "serie A" e guerre di "serie B", e di svolgere un ruolo educativo nel porre le basi e le condizioni per una crescita della consapevolezza delle minacce alla pace e dei segnali di speranza che si accendono nelle situazioni di conflitto».

Il sito internet è in continuità con le due ricerche sui conflitti dimenticati realizzate nel 2003 e nel 2005 da Caritas Italiana, mentre è in preparazione la terza.

Conflittidimenticati.it, oltre alle informazioni storiche sulle varie guerre in corso, offre approfondimenti sul tema del conflitto e del diritto internazionale, strumenti per la formazione e l'animazione pastorale, nonché i racconti delle vittime, facendo tesoro delle esperienze e delle "reti" internazionali nei quali sono attivi i due soggetti promotori, per far crescere una cultura di pace.