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martedì 26 aprile 2005

Il Chiapas e lo sviluppo

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Strategicamente parlando:
- emigrare conviene;
- il governo ci aiuta ad andare via;
- domani finalmente saremo attori e non spettatori del mercato;
- nel frattempo abbelliscono la nostra terra.

Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) negli Stati Uniti ci sono circa 600.000 immigrati messicani e il governo statunitense stima circa 10 milioni di indocumentati sul suo territorio (immigrati illegali provenienti da tutta l’America Centrale).

Per la
Banca Mondiale “è chiaro che la migrazione e le rimesse in valuta pregiata hanno un ruolo importante nella riduzione della povertà degli stati del sud del Messico”.
Secondo gli esperti, infatti, i vantaggi delle rimesse sono molteplici:
* capitali freschi per chi non ha accesso al credito,
* via d’uscita da periodi di crisi dovuti a siccità e crollo del raccolto,
* oscillazione dei prezzi dei mercati,
* eccetera...

Questo, insieme agli interventi del governo messicano (
PROCAMPO, PROGRESA, FISM), permetterà di alleviare “i costi sociali” sostenuti dalle famiglie quali la separazione dei coniugi, i bambini che abbandonano le scuole per i campi, ecc.

Si dice che ogni scelta comporti un’attenta valutazione dei costi e dei benefici. La scelta di emigrare è certamente razionale dal punto di vista economico: “sono povero perché vivo con meno di un dollaro al giorno, quindi vado dove me ne danno almeno otto”. Improvvisamente non sono più povero perché con i soldi non si può essere poveri.
Abbandonare la propria casa conviene.
Le statistiche insieme ai policymaker sorridono.

La BM ha ragione: bisogna andare via.


A rendere più difficile la mia scelta c’è la famiglia, il figlio piccolo, la moglie che dovrà curare il campo al posto mio.
Ci vorrà un po’ di tempo perché io riesca a mandare soldi a casa. Fortunatamente per ogni ettaro di terreno il governo mi da un po’ di pesos ogni anno (sussidio all’agricoltura per migliorare i livelli di produzione in barba a tutte le regole sul libero commercio), in più alle donne con figli garantisce una paga mensile e visite ginecologiche gratuite.
La scelta è più facile.

Il governo rassicura: si può andare via.


I soldi generano un circolo virtuoso e, poco a poco, un ”inserimento” di fasce disagiate della popolazione all’interno del mercato produttivo.
“Inserimento” è, da un lato, capacità di produzione di altri soldi e, dall’altro, capacità di spesa. In altre parole significa apprendere il funzionamento del mercato o anche apprenderne la bellezza.

Il vicino è stato negli Stati Uniti. Ora ha una casa di mattoni e una macchina.
Ci provo anche io.

Mercato significa anche capacità di consumo per aumentare la percezione (sociale) del proprio benessere.

La BM, nello stesso testo, avanza alcuni consigli al governo messicano per migliorare gli effetti benefici del processo (tutti i + nel sistema decisionale).
Perché il mercato funzioni occorrono “diritti di proprietà” ben definiti e un sistema giudiziario che li garantisca.
La struttura ejidal delle comunità messicane (un incomprensibile miscuglio di proprietà privata e comunitaria) non aiuta ad agilizzare il processo. Il governo messicano interviene con un nuovo programma, il PROSEDE. Improvvisamente si diventa proprietari della terra che la comunità aveva affidato in gestione.
Ora un documento certifica in modo indubitabile il diritto di proprietà. L’alienazione o l’alterazione del bene in questione (la terra) è una scelta che spetta al singolo individuo e non più alla comunità. Certamente il singolo valuterà la profittabilità economica della sua scelta [+ o -] ma la comunità (in senso ejidal) non esiterà più.

Nel frattempo il governo del Chiapas firma un accordo diretto con la Unione Europea (primo caso in cui la UE firma un accordo con un governo locale) per lo sviluppo sostenibile della
Selva Lacandona ricca di petrolio e uranio e casa di quelli che non tanto sono d’accordo.
Vivere la selva è la missione del progetto, scoprire al mondo le incredibili bellezze che possiede è lo scopo.
Riassumendo.
I giovani chiapanechi si vanno a formare alla bellezza del mercato negli Stati Uniti, nel frattempo il governo prepara il loro ritorno. La terra è loro e non più della comunità cosicché, pieni di “iniziativa imprenditoriale”, potranno lanciarsi in attività economiche individuali o familiari. La comunità non esiste più quindi non esistono più tutti i diritti che i contadini possono ancora vantare sul governo nazionale.

Nel frattempo c’è da controllare l’annosa questione zapatista.
I militari sono già intorno alla selva ma non possono più entrarci (ufficialmente), così entrano i progetti dell’UE di sviluppo sostenibile. Con i soldi arrivati ci diranno che la povertà si è ridotta mentre la gente si è abituata a ricevere denaro: il governo non è più così male. I giovani rientrando non saranno più disposti a fomentare un gruppetto di gente che si oppone alle politiche centrali; hanno visto con i loro occhi che si può vivere bene con la televisione via cavo e i fast food.
Così gli zapatisti non esisteranno più per insufficienza di zapatisti e il Chiapas sarà il motore dell’economia messicana nel terzo millennio.
 
Rocco
dal sud del Chiapas

giovedì 16 settembre 2004

Il punto uno

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1 - 1 6 s e t t e m b r e 2 0 0 4

Un'immagine: intorno a un tavolo\scrivania, due bottiglie di vino aperte con martello e cacciaviti, una pizza poco cotta che si farà sentire nella notte e un discorso che nasce da una semplice frase detta per far ridere un po': "l'importante è essere felici".
"Come si fa ad essere felici? Siamo qui, festeggiamo un compleanno, vino e pizza, io non sono felice, i miei amici non hanno né vino né pizza in questo momento".
"E se una persona fosse felice bevendo? Cosa dovrei fare? Farla bere in continuazione?".
" C'è anche chi è contento a fare soldi togliendo la terra a noi contadini! Che dovremmo fare allora? Farlo felice? Dargli la nostra terra?".
Risata di tutti, io con loro, la mia diversa però.

La terra? Cosa ne so io? Cos'è la terra? La terra è terra, non è altro, è terra altrimenti si chiamerebbe con un altro nome, magari pizza, magari vino.
Io ho la mia terra, posso farne un campo di fiori, costruirci una città, possa addirittura non farne niente e tenerla lì e vedere cosa succede quando la natura si rimpossessa di se stessa.
I contadini sono felici se hanno la terra, anche loro non sarebbero contadini altrimenti, si chiamerebbero con un altro nome, magari pizza, magari vino.

Un gessetto nelle mani, "delle persone mi hanno spiegato che la nostra società è come una piramide, alla punta ci sono i politici, il governo, guadagnano un sacco di soldi, subito sotto c'è la classe media, intellettuali, quelli che hanno studiato, poi ci siamo noi, i campesinos e noi non abbiamo proprio niente, niente, solo la terra, e se ce la portano via? Che abbiamo noi?".

Seduto accanto alla lavagna, annuivo, non potevo dire altro. Però pensavo a una cosa. Certo che queste persone non assomigliano in nessun modo a Brad Pitt o a Mel Gibson. Sono più bassi di me, e io non sono alto, sono magri come me però scuri di pelle, più di quando mi abbronzo, hanno dei baffetti non proprio bellissimi e certo più brutti del pizzetto che ho coltivato fin da quando sedicenne camminavo con i 7 peli che stavano crescendo sotto il mento.
Qualcuno aveva spiegato della piramide e uno di loro me la ripeteva come l'aveva ascoltata. L'idea della piramide gli piaceva proprio, tutto funziona così. Ricordo che anche a me piacque tanto questa immagine quando la maestra alle elementari mi spiegava della struttura sociale nell'antico Egitto. La piramide si ricorda sempre, chissà perché.

Un'altra immagine da ricordare: il machete. Deludente per certi versi. È un grande coltello, una via di mezzo tra una spada, una sciabola e un coltello da cucina. Bruttino, però taglia! Con un gesto lento della mano da destra verso sinistra, stando attento a non portarmi via un piede, ho tagliato un ciuffo di erba solo sfiorandolo. Mi ha ricordato una scena del film "La guardia del Corpo" quando lei, cantante di fama, gioca con una spada e lui, un po' bello e dannato, duro ma con un cuore grande così, le si avvicina, le sfila il foulard di pura seta, lo fa volteggiare in aria e ricadere giusto giusto sulla spada. La spada ferma, immobile lo taglia e lei cade tra le braccia di lui.
Loro lo usano per tagliare l'erba e io lo provavo e pensavo a questo e alle guerre non intelligenti.

In queste notti, quando mi stendo sul letto mi sento strano e non è solo per la pizza o per i fagioli e tortillas che si mangiano. Provo una sensazione di fastidio che non sempre capisco. Perché quando loro mi parlano o mi guardano con quegli occhi io mi sento piccolo, mi sento un po' inutile, un po' sbagliato, come se avessi capito poco e caspita che di libri ne ho letti! Non sono un dotto però la mia laurea ce l'ho! Ero quasi pronto ad entrare nel mondo del lavoro, avevo praticamente un piede e mezzo dentro prima che venissi qui. Però non mi sento a posto.
Alcune volte, addirittura, provo una cosa difficile da decifrare, sento che mi piacerebbe essere per alcuni momenti della mia vita come loro ed essere capace di trovare la cosa giusta, capace di lottare per la terra, questa caspita di terra, lottare per la verità di qualcosa, un solo contadino senza terra, con la maschera, perché non sono io ma la mia felicità che è quella degli altri e di quel contadino e vorrei guardarmi dentro e sapere che sarei capace anch'io di giocare con la mia vita perché tutto continui, anche senza di me, ma in un modo più bello.

Poi mi addormento... e dormo un sonno profondo e prima di riaprire gli occhi immagino la mia casetta fuori dalla città, con tutti i confort ma nel pieno di una campagna, immagino il mio cane e dei bambini da accompagnare a scuola, immagino il traffico della tangenziale e il clacson che impazzisce. Mi lavo i denti, scendo a fare colazione e un uomo con quei baffetti mi dice "Buon giorno".
Lo saluto, beviamo insieme un caffé, mi offre un po' del suo pane dolce. La casetta si sfuma un po', mi dice "Grazie di essere qui", e io inizio di nuovo a non capire e inizia un'altra giornata in Chiapas.
[rs]