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domenica 5 marzo 2017

Il carnevale di Oruro

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Immagina di arrivare in una città completamente diversa da quelle a cui sei abituato a vivere, a vedere giorno dopo giorno. Immagina che in questa città ci siano molte case, senza intonaco. Alcune di queste case sono vecchie, altre invece ti danno la parvenza di essere molto nuove. Il colore predominante è il grigio e c’è profumo di terra bagnata perché ha appena piovuto. E tu ti aggiri in questa città completamente nuova, scoprendo e conoscendo una parte di mondo a te ancora sconosciuta. Dopo aver girovagato un po’, giri un angolo e non è più tutto grigio ma la città ha preso vita, ed è tutto super colorato. Sei al carnevale di Oruro. 
Carnevale 
Ti siedi su delle gradinate anche se hai un po’ di paura di cadere di sotto, ma in quel preciso momento non ha importanza, sei al carnevale di Oruro e l’unica cosa a cui pensi è goderti quel momento, quei colori e quell’aria di festa. Tante persone ti avevano parlato di questa manifestazione e ti avevano detto che non potevi per nulla al mondo perdertela. I ballerini sfilano davanti ai tuoi occhi, ballando danze tipiche del carnevale: morenada, diablada, caporales, llamerada, tinku, zampoñeros, waka waka, antawara, phujillay, incas. Indossano dei vestiti veramente belli e coloratissimi. Utilizzano talmente tanti colori che un fanatico della settimana della moda di Milano probabilmente si chiederebbe come hanno fatto ad unire tanti colori così diversi. Ma tu non puoi fare altro che guardarli e pensare al loro significato. Il giornale che hai comprato sul carnevale, infatti, ti spiega bene perché ballano questi balli e non altri. E così scopri che qualcuno rappresenta la lotta del bene contro il male, qualcun altro la schiavitù africana in Bolivia, un altro la popolazione Inca e la scomparsa dell’impero. Ed è tutto super affascinante ed ipnotico. Ogni gruppo di ballerini è accompagnato da una banda. In particolare di grande spettacolo è la “banda Popoo”, ex minatori che adesso suonano e ballano con i loro strumenti, da lasciare senza fiato per la loro bravura. 
Caporales
Ma il carnevale non è soltanto sfilare, suonare e ballare … ci sono anche i venditori di qualunque cosa: birra, cibo di vario genere, spuma, cuscini fatti di polistirolo, coca cola, poncho per la pioggia, zucchero filato e qualunque cosa ti venga in mente. Loro urlano alle persone che sono sulle gratinate e queste agitano le mani per attirare la loro attenzione. 
Purtroppo in ogni cosa bella c’è sempre l’altra faccia della medaglia. Qualcuno ti dice che la lattina di birra la puoi tranquillamente buttare sotto la gradinata, tanto qualcuno la raccoglierà. Infatti se guardi sotto di te c’è una signora con una busta che sta proprio raccogliendo lattine, bottigliette di plastica e lattine di spuma vuote. Ma quello che ti colpisce di più non è tanto la signora quanto i due bimbi che sono con lei. Avranno si e no 7, 8 anni, un cappello e una busta. Probabilmente rivenderanno le lattine e le bottiglie per pochi boliviani. 
Cercando di non pensare a quello che hai appena visto ti butti nella lettura per capire cos’è davvero il carnevale di Oruro. E scopri che è un pellegrinaggio. I ballerini come pellegrini si dirigono verso il santuario della Virgen del Socavón (Madonna della Candelora), per ringraziarla per aver salvato Oruro dalla miseria. Per le popolazioni andine la Virgen rappresenterebbe la Pachamama, la Madre Terra. All’inizio non c’era un percorso stabilito, ma tutta la città si riempiva di colori e da ogni parte ci si dirigeva verso il Santuario, adesso diciamo che è tutto più organizzato. Per qualcun altro, invece, il carnevale ha perso questo spirito religioso ed è solo una festa dove potersi ubriacare in compagnia. Per l’UNESCO invece è “Opera Maestra del Patrimonio orale ed intangibile dell’umanità”. Per te è un altro modo di poter conoscere un popolo, un paese. Un modo per essere un po’ di più parte di questo paese che ti sta ospitando per un periodo. 

martedì 7 febbraio 2017

Pensieri

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Dopo il ritorno a Cochabamba dalle vacanze natalizie e dopo essermi ambientata di nuovo ho deciso che è arrivato il momento di pensare, di riflettere e di scrivere due parole sulla mia percezione di Cochabamba o di quello che ho potuto vedere e sentire. Mi sono resa conto che questa città ha qualcosa di magico, come se ci fosse qualcosa di magnetico che ti attrae e ti spinge a tornare o almeno a me. 
Il primo impatto in ogni nuova cittá è sempre un po’ traumatico. Peró delle volte rifletterci aiuta. 
Oggi il mio impatto riguarda il carcere. Per la prima volta sono entrata in un carcere di soli uomini in Bolivia. É difficile descrivere ció che ho visto e le sensazioni che ho provato sono state discordanti. Per esempio alcune dinamiche interne al carcere non le ho capite, ed altre ho delle difficoltá ad accettarle. Ma di una cosa sono sicura, il carcere ha per me una calamita che mi spinge a tornare per saperne di piú. Come se il desiderio di scoprire, insito nell’essere umano, si trasformasse anche in concreto aiuto per il prossimo. Quando sono uscita dal carcere ho pensato: voglio saperne di più, voglio tornarci e non smettevo di fare domande a chi mi ha accompagnato. Volevo sapere come vivevano, come passavano il loro tempo, cosa facevano. Ma soprattutto cosa potevo o posso fare io per loro, tenendo presente come lo fanno loro.
Quando qualcuno arriva qui per la prima volta e si scontra con questo mondo, il primo pensiero è com’è diverso, come sono distanti da noi, come sono arretrati. Poi, con il tempo, vivendo un po’ ti rendi conto che forse non sono così distanti da un mondo che alcuni di noi hanno sentito solamente nei racconti dei nostri nonni. Io mi sento fortunata perché è vero che non ho dovuto vivere dei tempi in cui c’erano ristrettezze economiche o grosse difficoltà, però sono anche fortunata perché vedendole qui, posso apprezzare di più quello che ho e quello che qualcun altro ha fatto per me affinché io potessi vivere in un modo migliore.  

lunedì 24 ottobre 2016

In cammino verso la Bolivia

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Camminando per la Bolivia 
Prima o poi per tutti la domanda fatidica arriverà:
Cosa vuoi fare dopo l’università?
Tu studi e sui libri ti danni
E pian piano passano gli anni.
Ma purtroppo ancora non hai ben compreso
Chi sei e cosa vuoi fare con tutto quel peso.
Così intorno a te un po’ ti inizi a guardare
E qualche piccola esperienza inizi a fare.
In Italia o all'estero non ha molta importanza
L’importante è che sia un’esperienza di sostanza.
Parlando tra amici arrivi a scoprire
Quello che il servizio civile ti può offrire
“Un’esperienza di vita e di crescita sicuramente sarà
E a capire che genere di persona vuoi essere ti aiuterà”.
Durante un’esperienza in Bolivia qualcosa ti ha colpito
Tanto che un obiettivo hai inseguito.
Tornare in Bolivia e imparare ancora di più
Attraverso un progetto che non hai fatto tu.
I tuoi valori sicuramente non dovranno mancare
Ma anche quelli degli altri ti potranno aiutare
L’ascolto, l’aiuto ma soprattutto la CArità
Dovranno essere alla base della tua personalità.
In questo viaggio con qualcuno dovrai andare
Insieme a lei tante cose potrai imparare.
L’incontro con l’altro, la vita in comunità
E cercare di aver sempre un po’ di umiltà.
In Bolivia sicuro molte cose potrai scoprire
E in questo modo ti potrai arricchire
Non solo tu ma anche altre persone
Che sul cammino andranno in apparizione.
In un anno tutta te stessa dovrai poter impiegare
E la tua esperienza poter tramandare.
Non c’è molto altro da dire
Se non un grande “in bocca al lupo” a tutti quelli che devono partire.
In Bolivia o in un altro paese
Ci rivedremo tutti alla fine del 12° mese.