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martedì 8 marzo 2011

[OT] Davide ad Haiti 2 - Una scuola per i bimbi di Thomazeau

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8 marzo ad Haiti. La festa della donna non trova eco a queste latitudini.

Accompagnati da suor Isabel Sola, religiosa spagnola della congregazione di Gesù Maria, e da altre 3 donne, stamattina ci rechiamo a Joineau, un piccolo villaggio del municipio di Thomazeau, 35 km ad est della capitale Port-au-Prince, ancora meno dalla frontiera con la Repubblica Domenicana.

Suor Isa lavora qui da anni, il suo intervento è particolare: non apre centri, scuole o ospedali che verranno gestiti da lei e dalla sua congregazione religiosa, bensì nella zona dove è presente supporta e rafforza alcuni interventi socio-educativi già esistenti o in embrione.

E’ quanto è successo nell’incontro a Joineau con la comunità locale, un villaggio di circa 4.000 abitanti senza una scuola materna. Ad Haiti lo Stato riesce ad occuparsi solamente del 10% dei bambini della scuola elementare e media mentre non realizza alcun intervento con i bimbi più piccoli.

Dall’incontro tra suor Isa e gli operatori di Caritas Italiana presenti a Port-au-Prince è nato così questo progetto, che mira a costruire una scuola materna che accoglierà circa 120 bambini da 3 a 6 anni. La scuola sorgerà a fianco della piccola chiesa della comunità e sarà aperta a tutti i bambini della zona, in particolare a quanti hanno perso i genitori durante il terremoto. Suor Isa, che visita periodicamente le comunità della zona, ha già cominciato un percorso di formazione per gli insegnanti della scuola, perché possano accogliere nel modo migliore i piccoli che frequenteranno la scuola di Joineau.

Abbiamo così deciso di sostenere l’intero progetto. I lavori dovrebbero cominciare a settimane e nel giro di 4-5 mesi questi bimbi potranno giocare e imparare in uno spazio adeguato.

Davide

lunedì 7 marzo 2011

[OT] Davide ad Haiti 1 - Ayiti cherie

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Dopo quasi un anno dalla mia prima visita ad Haiti eccomi nuovamente in questa terra martoriata continuamente dalle emergenze e che non riesce a trovare pace e stabilità.

Il volo che atterra all’aeroporto Toussaint Louverture augura a tutti quanti il benvenuto in “Ayiti cherie”, nella cara Haiti. Un’orchestrina locale griffata Western Union allieta le persone in coda per sbrigare le pratiche doganali. Nonostante questo il clima è tutt’altro che disteso, si respira un’aria pesante.
Recuperiamo il bagaglio e, sotto un sole cocente, passiamo sotto una lunga tettoia dove una folla di facchini si propongono di aiutarci a trasportare i nostri bagagli. Incontriamo subito Fidel, collaboratore di Caritas Italiana a Port-au-Prince, che ha il compito di portarci (o scortarci) fino a casa.

Lentamente, nel solito traffico del centro capitalino, attraversiamo strade devastate, qualcuna in costruzione, tutte quante discariche maleodoranti a cielo aperto frequentate da capre che cercano qualcosa da mangiare.

Ovunque, ai bordi, ritrovo le tendopoli che avevano riempito i miei occhi nel precedente viaggio. Sono ancora tantissime, però meno affollate. Anna e Davide la sera ci spiegano che in tanti alla fine hanno accettato di essere trasferiti nei nuovi campi al nord della città, come Corail Cesse-Lesse; altri ancora, passata la paura del terremoto, sono rientrati nelle loro case che seppur danneggiate sono state dichiarate abitabili. Ma ancora tanti, tanti davvero, vivono nei campi cresciuti come funghi subito dopo il terremoto.

Le elezioni sono alle porte. Si riuscirà a breve a ristabilire una situazione di parvente normalità, che potrebbe facilitare il lentissimo processo di ricostruzione?

Davide