sabato 31 ottobre 2015

“…Quello che lasci tu lo conosci, quello che trovi vale di più…”

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Il titolo fa parte di una canzone ("Esci dalla tua terra e va'") che cantavo spesso a messa nella mia parrocchia d’origine a Milano e che recentemente mio papà, in una lettera, mi ha citato…

Andiamo e torniamo da Cafasso ogni giorno a piedi: è bellissimo, tante volte stiamo in silenzio zizzagando tra diverse pozzanghere e arrivo il più delle volte al lavoro già sporca, mi piace proprio finire dentro le pozze e avere le mezze pedule alte come scarpe con i tacchi per il fango che rimane attaccato sotto! J
Beh, è iniziata la stagione delle piogge: ogni giorno a partire dalle 16.30/17 piove molto fino quasi al mattino.
In un pomeriggio di pioggia...matatu che fanno lo slalom tra le pozzanghere...
...e così anche i piki-piki si attrezzano alla pioggia :)
 E questo è il risultato fuori da casa nostra…
Gianlu che chiude il portone!
Molte cose sono già cambiate e ho iniziato a vivere una quotidianità un pochino più definita al lavoro, a casa, con Gianlu ed anche con me stessa.
Lo scorso fine settimana mi sono data a compere “folli”: sono andata alla ricerca di alcune cose per la casa al mercato in mezzo alle bancarelle delle cose usate e non, contrattando per cercare di spendere il meno possibile (il mio lato T-rex si fa sentire anche qui, anche se alcune cose sono piuttosto essenziali). Ora abbiamo tutto il necessario per cucinare: pentole e attrezzi culinari, anche tipici come la padella ed il mattarello per fare il chapati; abbiamo poi la tovaglia, i tovaglioli di stoffa, le stoviglie per sei persone, il filtro dell’acqua ed anche spezie varie.
Signore e signori, abbiamo anche il mini-pinner Ariete: scoperta degli ultimi giorni in casa che il grande Gianlu ha aggiustato!!!

 















Anche a Cafasso il mio compare si sta dando molto da fare per aggiustare ogni cosa: forni, lavatrice, frigorifero, lavandini, … tanto che l’house-mother una volta mi ha detto che Gianlu è una benedizione per il servizio in quanto non potrebbero permettersi una persona che esca a riparare gli elettrodomestici e quindi lo fa lui molto volentieri.

Abbiamo sistemato, pulito e piantato semi che il mio compare si era portato dall’Italia e anche un albero del frutto della passione, due fiori belli colorati e a breve pianteremo dei semi di girasole! E, sorpresa per entrambi, è stato il ritrovamento di ben quattro geranei dietro la nostra bellissima casetta in giardino che abbiamo messo all’ingresso, va solo capito quando fioriranno.
La nostra porta d'ingresso con i geranei...
e la casetta in giardino ancora tutta da arredare!
Sto imparando a vivere un po’ più con tempi africani: di giorno in giorno e senza alcuna fretta, hakuna matata! Non abbiamo ancora internet, ma sono state costruite le mensole per il mio armadio, purtroppo però sono un po’ troppo grandi quindi bisognerà sistemarle, con calma tutto si sistemerà, basta crederci.

A ciascuno la sua amaca!


Ho iniziato a prendermi del tempo per me, per scrivere ogni tanto e staccare la spina: ho già ultimato un libro iniziato una settimana fa scarsa e riesco a svaccarmi una mezz’oretta ogni tanto sull’amaca a sonnecchiare, guardare il vento tra i rami degli alberi nel nostro giardino, grandioso!





Nei molteplici messaggi, che mi arrivano dalle persone che mi sono vicine, mi vengono domandate molto spesso due cose, dopo il chiedermi come sto e come mi trovo in un altro continente e con il mio compare piccolo-uomo: “Iniziato il lavoro? In cosa consiste?”.
Ecco, ora proverò a scriverlo non solo per voi che mi leggete ma anche per rimettere in ordine le idee che mi frullano in testa…
Abbiamo creato una certa routine: sveglia alle 7.40, colazione, alle 8.30 usciamo di casa e, dopo la passeggiata di una mezz’oretta di buon passo, alle 9 siamo a disposizione a Cafasso.
E qui cerchiamo di metterci all’opera seguendo i lavori che fanno i ragazzi o che lo staff ci dice essere utili. I compiti e le mansioni sono molto diverse tra loro:
  • Shamba (= cortile/orto in swahili), in cui si semina, si vanga e ci si prende cura dell’orto in generale;
  • Animali (capre, mucche, vitelli, conigli, galline);
  • Costruzioni in quanto Cafasso si sta rinnovando ed ingrandendo: stanno/stiamo costruendo un nuovo posto per gli attrezzi, una casetta per gli ospiti e tutti gli spazi per gli animali così da poterne comprare altri;
  • Brikets, ovvero dei salsicciotti di carbone, acqua e sabbia che i ragazzi fanno poiché rende meglio del legno;
  • Cucina, in cui principalmente se ne occupano l’house-mater e una ragazza volontaria ma a volte mi intrufolo a vedere cosa mettono sui fornelli, o meglio dire sul fuoco;
  • Classe, ovvero una stanza vicino all’ufficio dove i ragazzi con l’aiuto di un’altra ragazza volontaria fanno i compiti, studiano e si preparano per gli esami di fine anno.
In neanche due settimane, ho avuto l’occasione di girare e provare tutte le mansioni seguendo e affidandomi ai ragazzi di Cafasso, dopo l’approvazione di Felix – nostro responsabile qui a Nairobi. Ho iniziato in shamba a piantare semi di girasole, pulire dalle erbe selvatiche il pezzo di terreno dedicato ai pomodori, ho provato a vangare ma facevo troppa fatica; ho dato da mangiare a mucche e vitelli. Ho assistito chi preparava il cemento passando loro le taniche d’acqua o spostando, almeno provandoci, pesantissime carriole piene di sabbia o sassi o cemento; ho lavorato con due coppie un’intera giornata per fabbricare i brikets, diventando tutta nera come il carbone. Infine, forse dove mi sono sentita più a casa, ho fatto compagnia all’house-mother in cucina a preparare il chapati per tutti (abbiamo usato 5/6 kg di farina), a dividere i fagioli dai fili d’erba o semplicemente rassettare e lavare i piatti.
Così come Gianluca ed io cerchiamo di girare ed assaggiare ogni mansione durante la settimana, così anche i ragazzi sono tenuti a fare, avendo quindi una/due sessioni di manual work ogni giorno e la restante da spendere in classe.
Mangiamo insieme ai ragazzi e stiamo incafasso fino alle 16/17 per poi tornare a casa e lavare i panni/fare la spesa/curare l’orto/svaccarci!
Ormai un must di tutti i giorni è cenare come i nonni alle 7.30 massimo così da prendere alle 8 una tisanina/infuso di erbe magiche, che secondo Gianlu ci faranno scampare ogni malattia qui, e nel frattempo vederci un film per poi andare a nanna.
Una piccola parte della shamba di Cafasso e le "vecchie" stalle delle mucche e delle capre
Tea break alle 11a.m. con salame di cioccolato gentilmente offerto da "La Bettola"
E per finire Gianlu al lavoro: mastro Carpentiere!
Ah, ho fatto una piccola scommessa tra me stessa: prima della fine dell’anno del servizio civile riuscirò a sollevare un sacco di cemento da 100kg!!!...E’ necessario se sto a Cafasso, mi piacerebbe cercare di sperimentare tutte le mansioni che i ragazzi sono tenuti a fare, oltre che metter su un po’ di muccoli! J


Un abbraccio a tutti, belli e brutti!

Ire

Barca a vela

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Mombasa, in una domenica pomeriggio di bel tempo decidiamo di noleggiare una barca a vela per vedere qualche corallo e poi spostarci in una spiaggia vicina frequentata maggiormente dai locali.



La giornata procede egregiamente, o quasi, abbiamo potuto osservare una parte
di ambiente sottomarino ricco di coralli e pesci dai colori sgargianti, abbiamo bevuto una birretta sulla spiaggia di cobbacabana e preso il sole; unico inconveniente fortunatamente non grave è che Maristella si è fatta male ad un piede.


Il bello del pomeriggio non è stato l'ozio e il relax, ma il viaggio di ritorno! Solo in tre siamo tornati tramite la barca.
Subito ci siamo accorti che andavamo molto più lenti e con maggiori difficoltà rispetto all'andata: eravamo controvento. Durante il percorso ho fatto due chiacchere col ragazzo alla vela (mentre il capitano stava al timone) che inizialmente mi ha spiegato quali legni si utilizzano per la costruzione del catamarano, la vela che non deve essere sintetica altrimenti rende ingovernabile il tutto e qualche suo progetto futuro.


Dato che eravamo controvento, per ritornare da dove eravamo venuti, i ragazzi hanno dovuto navigare a zig zag facendo parecchie virate e allontanandosi apparentemente dall'arrivo per evitare di attraccare nel posto sbagliato.
Riflettendo con Maurizio e Angelo, forse accade così anche nelle relazioni. Forse per conoscere l'altro davvero non bisogna solamente tirare dritto, ma a volte allontanarsi e poi riavvicinarsi per evitare incomprensioni e rotture. Allontanarsi e avvicinarsi gradualmente per conoscersi meglio e non bruciare le tappe facendo tutto subito, dritto per dritto.



mercoledì 28 ottobre 2015

9.500 km dall'Italia

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Managua, dunque.
Per l'esattezza: barrio Valle Dorado, de donde fue el restaurante Aragon, una cuadra abajo, dos al lago, dos abajo, costado sur del parque. Claro, no?!

Beh, ripetetelo ad un taxista qualunque e vedrete che saprà trovarci. Se poi una volta là doveste avere difficoltà nell'individuare la casa giusta, potete sempre chiedere informazioni al guardiano della quadra. Lo riconoscerete come l'omino sorridente che, armato di manette e seggiolina di plastica, vi sta osservando dall'ombra di un mango. Attenti che, nonostante l'aria da bimbo sperduto nel Paese delle Meraviglie, sa e vede tutto.

La mia prima regola d'orientamento è sempre stata imparare a memoria il nome della mia via e in che direzione si trova il centro rispetto ad essa. Ma, dal momento che a Managua un centro non esiste e che il mio indirizzo è lungo quasi due righe, mi trovo costretta a rivedere la mia bussola di riferimento, a riconsiderare ciò che mi è sempre risultato più facile, insomma a rimettermi in discussione. Che poi forse è ciò che stavo cercando.

Per fortuna le mappe, per quanto rare, esistono anche qui. Per fortuna forme e colori aiutano, anche quando le parole per definire sono troppe, o mancano del tutto.



venerdì 23 ottobre 2015

Jambo! Questi primi giorni pezzati

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E’ raro che a quest’ora sia ancora sveglia. Diciamo che da quando sono in Kenya il mio lato vecchiodentro ha preso la meglio e fosse per me alle 22 già avrei gli occhi chiusi. Maristella mi aspetta e non spegne la luce per cogliere quest'opportunità per poi pormi domande imbarazzanti. Eh sì, le piace parlare tanto prima di addormentarsi. Ovviamente sbiascico qualche parola, ma non gliela do vinta.

Siamo arrivati in Kenya 15 giorni fa.
Prima tappa Nairobi e nel frattempo, in una sola settimana, ho lasciato la mia supergiacca a vento all’aeroporto di Parigi, mi hanno perso le valigie, ho girato per qualche giorno con una maglia di Paolo VI (sì, proprio il papa..) e un’altra con scritto c’è del disagio – ma come dice Gianlu: tanto tu sei una roncia- , ho conosciuto il luogo dove i miei amici presteranno servizio, sono entrata in un carcere per minori di Nairobi, sono arrivate le valigie rotte, ho visitato l’immensa baraccopoli di Korogocho, ho avuto il piacere di incontrare p. Maurizio che mi ha commosso con la profondità del suo discorso, sono stata bulleggiata da un gruppo di bambini usciti da scuola che mi prendevano palesemente ma simpaticamente in giro, ho fatto formazione con Angelo, operatore di Caritas Italiana, insieme altri due ragazzi italiani anche loro in servizio civile e a due ragazze che sono qui a svolgere ricerche per la tesi, ho mangiato nyama choma con le mani, assaporato la birra locale, contrattato prezzi, osservato le contraddizioni tipiche delle grandi città, aiutato Irene e Gianluca a pulire la loro casa, (detta anche la Bettola.. ma ammetto che mi ci ero affezionata..). 


Korogocho





Insomma, sono stata letteralmente travolta da incontri, parole, pensieri.. Occhi, cuore e polmoni pieni, tra alti e bassi, ma sempre in attesa..
In attesa anche del volo per Mombasa!!


Ed eccoci! Neanche scovando nei ricordi delle vacanze estive più umide e calde mi veniva alla mente, o al corpo, una temperatura così. E dicono che non sia niente. Le mani mi sudano e i vestiti si appiccicano addosso. Lo so, c'è di peggio, ma minaccio comunque di andare in Moldova, per poi continuare a ripetermi che mi abituerò! Lato positivo: evidentemente le sciarpette che ho portato non mi serviranno a coprirmi il collo ma a proteggermi la testa dal sole cocente.. che fashion! 


                                       

                      
La nostra casetta è molto carina, poche blatte, più rane e tante cornacchie, in attesa delle scimmie. Non possiamo lamentarci, tranne all’inizio per l’assenza dei fornelli che non ci ha consentito di bere il caffè al mattino. Nulla di così fondamentale, ma diciamo che affrontare le ore di incontri iniziali con i partner non è stato sempre facilissimo.. Considerando la caldazza e l’assenza di caffè, confesso che qualche volta sorridevo annuendo senza averci capito molto. Ma meno male che Maristella ne sa a pacchi! 
Adesso abbiamo il gas e i fornelli, ma qualche volta il risultato della mia comprensione non cambia! :)


la strada di casa

Nonostante le difficoltà di comprensione tra inglese e Swahili, ammetto di aver suscitato grossa ilarità più di una volta.
Ad esempio: abbiamo incontrato il vescovo di Mombasa una sera a cena. A quanto pare, dopo una mia confidenza ad uno dei nostri responsabili locali, in curia si è diffusa la voce che io sappia cucinare.. mi ha proposto più volte di aprire un ristorante italokeniota e alla fine gli ho detto che potremmo fare l’ugali (piatto tipico keniota) alla bolognese!! Grasse risate per tutti. Ma almeno posso pensare ad un piano b se il futuro dovesse andare non secondo i progetti!
Fuori dal nostro cancello ci sono bambini che ogni volta che usciamo o rientriamo ci si avvicinano con viva curiosità e cominciano a chiamarci Muzungu (bianco in swahili). Rientrando ho detto “ apana muzungo, jina langu ni Angela” (che dovrebbe essere letteralmente: “no bianco, mi chiamo Angela”) .. degli adulti ridevano, probabilmente per la stupidaggine che ho detto, perché, pensandoci,  sono muzungu, eccome! e allora ho corretto il tiro: “sì Muzungo ma Angela”! Grasse risate ancora una volta.  Ma almeno spero che adesso ricorderanno il mio nome.

Un giorno sono entrata in matatu (mezzo su cui ogni giorno ci spostiamo.. ma questo meriterà un post a parte) e ho provato a contrattare il prezzo dicendo un numero in Swahili. Tutti sono scoppiati a ridere. Mari sostiene che è per la pronuncia con cui parlo.. Ma almeno ho ottenuto il prezzo che volevo, mi hanno fatto mettere davanti tra l’autista e un signore che mi parlava di Berlusconi (!!!), delle squadre di calcio italiane, della condizione delle strade, etc etc etc..
Mi sono presentata ai ragazzi della parrocchia e pronunciato delle frasi sconnesse tra inglese, italiano e francese. Grasse risate anche per loro! Ma almeno hanno il volto ben impresso, anche se ho fatto la figura della scema!

Ma, e qui potremmo aprire un capitolo a parte, quello che più si sganascia dalle risate è il nostro guardiano Johnny. Abbastanza in là con l’età, non parla una parola di inglese. Anzi no, sa rispondere “fine” se gli domandi “how are you?”. Dopo di che comincia a parlare in swahili. Mi chiama per nome, mi parla in swahili, gli sorrido scuotendo la testa tra imbarazzo e impotenza e scoppia in grosse risate. Mi porta in giro nel giardino e mi dice i nomi delle cose.. e poi ancora risate!
Però in qualche modo ci capiamo!
O come quando al centro dei bambini vittime di abuso dove prestiamo parte del nostro servizio, mi sono seduta al tavolo con i 3 bambini più piccoli che mi hanno intrattenuto per tutto il tempo del pasto con un discorso in swahili.. Non capivo, ma mi parlavano di gusto con le bocche piene.. eppure qualcosa ce lo siamo detti!
Insomma, ho capito che per adesso, meno capisco, più capisco! Incredibile il linguaggio dell’uomo!! 
Eh sì, forse dovrei proprio “imparare a disimparare” ..almeno per adesso, almeno all’inizio.

Ma comunque, dopo tutto ‘sto popo’ di robbba, in cui ci si aggiunge anche qualche capatina al mare (con annessi disagi che hanno colpito la mia compagna) si comincia a fare sul serio!


Mari punta da un "porcospino" di mare
                                             

Gli inizi per me sono sempre un po’ complessi. Io non so se sono pronta, ma sicuramente, se è vero che “non occorre fare cose grandiose, grandi opere, attività speciali, ma è il piccolo gesto quotidiano che dà sapore alla vita”, allora voglio provare a gustarmi questa quotidianità, che adesso sa di caldo, sa di città di mare, sa di nuovo, sa di inatteso .. (sudore a parte!)

Un abbraccio pezzato
Angela

giovedì 22 ottobre 2015

gamarjobat Sakartvelo

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gamarjobat  Sakartvelo  

In Georgia siamo arrivati
molto carichi e lanciati,
dopo il viaggio lungo un giorno
pane e vino troviamo in soggiorno.
Da preti e suore una grande tavolata
tra veronesi e georgiani la prima abbuffata.
La casa nuova è semplice e carina,
peccato che il fornello non sia in cucina!
 

Dalle finestre una bella visuale,
la fontana del vello d'oro 
nella piazza principale.





Per le strade c'è un gran casino,
ad ogni angolo un mercatino;
pieno di gente che vende qualsiasi cosa,
per le strade macchine e clacson a iosa.
Dopo uno stradone tra block e parlamento,
di entrare al centro è arrivato il momento.
Tutti i bambini ci guardano straniti,
non riusciamo a comunicare e rimaniamo impietriti;
"nela nela" ci facciamo coraggio:
tra inglese, georgiano e italiano inventiamo un linguaggio.
A lezione siamo iniziati ad andare
e qualche parola riusciamo a ricordare,
la loro lingua è davvero incasinata
l'esperanto sarebbe una gran figata!

 
Una calda domenica Gelati e Motsameta possiamo ammirare, 
e pure i famosi kinkhali ci fanno assaggiare.


 






Passiamo a Tbilisi una settimana, 
e iniziamo ad entrare nella festa georgiana;
vino, aglio, cipolle e carne piccante,
se non è il paradiso, non ci è molto distante!
Sabato in giro con freddo polare
ma almeno i famosi balli abbiamo potuto ammirare;
domenica invece giornata particolare,
Irene e Dimitri ci han portato a vendemmiare!


 






L'ambasciatore è la volta di incontrare, 
alla festa italiana ci vuole invitare;
una bella serata suonata e cantata,
la lirica italiana è sempre molto apprezzata.



Ora in treno 5 ore di viaggio,
Kutaisi sarà un miraggio?! 

  

        nakhvamdis - arrivederci

                        giuditta

martedì 20 ottobre 2015

Ahla w sahla: I am in Beirut

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So here I am, updating this blog from the other side, Beirut. I've been in this chaotic and hot city for a week and a half. Yes, it is warm here. Average temperature now in October is 26 degrees. Not bad at all!

Where to start? I can sum up my first impression in a few words: traffic, terrace, manakish, smiles and garbage.

The first thing which struck my mind since our colleague came to pick us at the airport is the traffic; a chaotic, crazy, disoriented way cars, and therefore people, frantically 'line up', honking one another in a road which quickly becomes full of Range Rovers, old cars, pickups, buses and taxis. Everyone seems to have a car. No one walks. You hardly see any sidewalk. Inevitably the air is quite polluted, you can feel it with any breath you take in. Anyway, I am sure I will get used to it...


On my way to work, one hour queue 
Lebanon is mostly a mountainous country, East and West, separated by the fertile Bekaa Valley. Beirut itself is a very hilly city. There is only a narrow coastal strip which fronts the Mediterranean Sea.
I happily found out that my new home sits on a hill with a lovely terrace overlooking the city and the sea on the horizon. Whoop whoop!


I forgot how amazing it can be to have breaky and dinner outdoor, on a terrace with a great view; my flatmates (and work colleague) are surely making the most of it.

Aperitivo on the terrace

Manakish is a delicious Lebanese flatbread I had a few days ago. My favorite topping is with zaatar (a mix of herbs and spices like thyme, oregano, sesame seeds) and jibneh, local cheese. It is sooo good!! I have a feeling I will eat it a lot during my stay in Lebanon.

I didn't meant to talk about food and then move on to garbage but I need to make a point here. Few friends asked me "what's  happening with the garbage situation there?".
The trash crisis is real and it is palpable everywhere you go. Piles and piles of  food waste and trash can be seen on the side of the road, hence the smell is terrible. In some areas of the city people are so fed up they burn what's left on the road, so many toxins are released in the air.... I don't even want to think about it.










The crisis started on July 17 with the closure of the Naameh landfill which meant an abrupt suspension of garbage collection in Beirut. This led to protests and the formation of the grassroots movement named "you stink" directed at the government and its inadequate respose to the crisis. But the protests are about much more than garbage. The web is full of article about it. For a quick and comprehensive view of the situation have a look to this link of the newspaper Daily Star Lebanon. (Trash crisis, how it started


So have you started working yet? Kind of. So far my team and I met with the local partner Caritas Lebanon Migration Center CLMC is a specialised center of Caritas Lebanon, one of the most prominent NGO in Lebanon. Every year CLMC helps asylum seekers, refugees and migrant workers by providing comprehensive assistance, legal counseling, social support, humanitarian and medical assistance, psycho social and recreational activities among others.

I visited the three shelters I will be working at for the next ten months. Seeing them, meeting the local staff and guests put everything into perspective.
Two of these shelters host migrant workers (women alone and women with their kids) and the last one is a Palestinian refugee camp which since 2011 has experienced an influx of many Syrian refugees.

The smiles I was referring to as first impression came from the kids who took part to one of the event organised by our local partner and supported by my team. This day was meant to promote integration between Lebanese, Iraqi and Syrians communities and refugees who live on the same territory.  It was a beautiful day, we hosted between 80 to 100 kids. The picture of me dressed up by the female smurf
to entertain the kids is yet to come...


In the meantime I say good bye with the view of Beirut of today on my way back home. See you soon!






Haiti: coordinate di viaggio

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“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo;
cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari"


Così scrisse il Manzoni descrivendo il saluto della giovine Lucia dalle sue terre natie.
Il punto di partenza e d'arrivo sono un po' differenti ma, in un certo senso, facciamo nostre queste parole. Infatti, dopo solo 5 minuti di volo ci troviamo a sorvolare la zona del lago di Lecco, cara ad entrambi per la ricchezza di sentieri da percorrere.
Non illudetevi: questo è il passaggio culturalmente più elevato che leggerete nei nostri scritti che posteremo per raccontare il nostro anno di SCE.


Dopo un veloce passaggio da Londra, atterriamo su suolo americano. Proprio qui a Miami scopriamo che ogni 68 secondi, in Repubblica Democratica del Congo, un elefante muore. Ringraziamo di cuore l'agente doganale per questa informazione. Gli promettiamo di sottoscrivere la sua petizione contro i bracconieri di elefanti congolesi e decidiamo di andare a riposare le nostre membra. Il giorno successivo ci aspetta il volo verso la nostra destinazione finale: Port au Prince.

foto: Radio-Canada.ca
Sorvolando la città ci colpiscono due cose: il colore cristallino del mare e il riflesso del sole sui tetti di lamiera delle Citè. Questa è solo la prima di tante contraddizioni che giorno dopo giorno incontriamo nella nostra quotidianità haitiana.
Non c'è neanche il tempo di portare le nostre valigie a casa che veniamo calorosamente (in tutti i sensi) accolti da Marta e dalla comunità delle Piccole Sorelle con un succulento pranzo nella cucina di Kay Chal. Ha così inizio il nostro anno di servizio.



Sono già tanti gli stimoli ricevuti, le parole incomprese, le persone incontrate, le circostanze difficili da decifrare. Ci piace farci accompagnare da un proverbio haitiano: "avec pasienz nap rejoin trip foumi". Non diamo garanzie sulla correttezza della trascrizione, ma mettiamo mani (e piedi) sul fuoco per quanto riguarda la sostanza: con pazienza si possono trovare anche le intestina di una formica.


Laura e Matteo


lunedì 19 ottobre 2015

Vedere, Odorare, Sentire, Gustare, Toccare, Vivere in questi primi giorni!

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Dieci giorni in Kenya e…
Panni stesi in Mombasa centro
Ho già visto un sacco di cose: il centro della città di Nairobi dove ci sono palazzoni, grandi uffici ed i più poveri vengono scacciati con forza dalla polizia così come le baraccopoli: esempio più lampante è Korogocho. Quello che più mi ha colpita qui è stata la dedizione e la voglia di studiare di due ragazzi in una biblioteca all’interno della slum.
I colori, gli sguardi e gli stralci quotidiani sono le cose che più catturano la mia attenzione.


Casa a Mombasa centro






Ho odorato molti profumi ed odori: al mercato così come nelle stradine e negli stradoni si sentono tutti i tipi di odori possibili che spesso è difficile contraddistinguere tra piacevole e non.







Vicolo a Mombasa centro
 Ho sentito moltissime voci espresse in diverse lingue ed esperienze. La lingua maggiormente usata per ora è l’inglese anche se a tratti parliamo italiano e moooolto raramente qualche parola/espressione in swahili, questo soprattutto nei primi giorni mi faceva venire un mal di testa tremendo. Tutte le testimonianze ed esperienze di vita concrete che ho ascoltato con interesse mi hanno coinvolta e fatta rimanere a volte a bocca aperta per lo stupore, altre volte ho guardato con meraviglia la dedizione e la tenacia proprie della persona che avevo difronte.









Ho gustato alcuni dei piatti tipici: carne (nyama choma), verdure (sukamaweki), accompagnamenti (tipo chapati, cous cous, riso, polenta), dolci (tipo cupcakes); tutto da mangiare con le mani in maniera molto aggraziata e nessuno tra noi quattro per ora ce l’ha fatta.
Mare cristallino di Mombasa


Per ora ho toccato quasi sempre il cibo con le mani impiastricciandomi bene come piace a me, così come l’acqua salata dell’Oceano e la sabbia finissima bianca.
Primo bagno al Sai Rock

 Ho vissuto tante emozioni: positive come l’essere accolta in Cafasso House dai ragazzi e dall’équipe e dall’operatore italiano in loco, Angelo. Come poi poter dimenticare la prima ed unica volta, per ora, dopo una settimana dal nostro arrivo su un Piki-Piki (moto) senza casco in quanto ho respirato profondamente, è stata un’esperienza solitaria e mi ha dato modo di osservare/guardare i paesaggi e le persone senza soffermarmi troppo e al contempo senza essere osservata troppo. Altra esperienza che non posso scordare è la mia prima esperienza su un “catamarano” di legno un po’ pericolante e un po’ di snorkeling: ho messo per la prima volta una maschera e ho aperto gli occhi sott’acqua per vedere dei magnifici pesci!!!
Ho provato sensazioni anche non troppo piacevoli: la prima e forse più significante in questi primi momenti è stata lo sconforto di trovare la casa non proprio come me l’aspettavo, non so bene cosa avessi in testa ma non proprio Blattiland – “La Bettola” (come scrive la Mari). C’è voluta quasi una settimana per percepire la casa un po’ più mia e di Gianluca, dopo le prime pulizie e qualche blatta in meno; ho quindi deciso di disfare le valigie (mi mancano le mensole nell’armadio quindi andrò a familiarizzare prossimamente con un falegname in quartiere), abbellire la mia stanza e la cucina e tener conto delle blatte che di certo non scacceremo mai del tutto, basta conviverci in maniera serena!

Beh, non si può negare che il cult della prima settimana è stato il FORNO!!! In quanto, non avendo il forno a casa nostra, ho iniziato a pensare o forse più a rimuginare a come costruirne uno nel nostro grande e bellissimo giardino tanto da far uscire ossessionati gli altri tre compagni di viaggio la cui prima domanda in una casa è diventata: “Ma, c’è il forno?”.

Ora siamo a Mombasa da giovedì e domani sera torneremo nella nostra casetta a Kahawa West dopo meeting di formazione e di incontri con i nostri responsabili ma non si può negare che ci siamo divertiti e abbiamo conciliato bene il servizio/formazione con anche momenti di relax!!!

l'allegra comitiva sul catamarano!!!
  
Mari - la principessa colpita dal feroce "Porcospino"

Angy contemplativa

Gianlu - il marinaio


Alla prossima, sicuramente da casa nostra.

Ire