mercoledì 24 febbraio 2016

Oltre le quattro dita...

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Oggi, venerdì 19, sono andata in centro da sola per controllare la situazione del nostro annual permit all’ufficio immigrazione e ho cercato di rilassarmi per quanto possibile su un matatu viste le tensioni che ci sono al lavoro e che indirettamente convivono nella mia sfera personale.
Ho da sempre percepito Kahawa West, quartiere di periferia dove viviamo un po’ come Baggio – quartiere di periferia dove ho sempre vissuto con i miei genitori – d’altronde senza traffico cisi mette lo stesso tempo per arrivare in centro città Nairobi/Milano: 40 minuti con il matatu/l’autobus.
Il mitico mezzo: matatu n°44 ;)
Il paesaggio è molto diverso: qui ci sono molti spazi aperti, verdi e pochi edifici alti pieni di appartamenti, non c’è la metropolitana ma c’è comunque qualche pazzo che va in bicicletta (stile Teo Bodini: con tutta l’attrezzatura da casco a scarpette adeguate, non come me!) e rischia la vita ad ogni pedalata viste le regole che vigono in strada. La mia intenzione era di leggere un libro, ma non riesco a non guardarmi intorno e vedere che, come al solito anche a Milano, sono quella che è meno profumata, curata, non truccata e indosso vestiti normali (un po’ da lavoro, forse...hehe) mentre gli uomini indossano camicia e pantaloni eleganti, le donne in tailleur come se tutti dovessero andare in ufficio, lo spero! Gli odori durante il tragitto mi ricordano quelli milanesi che si respirano in autobus: sudore di più persone accalcate tutte in uno stesso posto, gas di scarico e, a piccole dosi, qualche ondata di buon profumo che qualche donna si sarà spruzzata a casa prima di uscire.
Faccio tutto quel che devo fare in Nairobi Town, piena di gente, traffico e persone di corsa, e dedico un po’ di tempo anche a faccende personali su internet per poi riprendere il matatu per tornare in quel di Kahawa West direttamente a Cafasso per l’ora di pranzo. Ora, il mezzo di trasporto è meno pieno di gente e respiro felice in quanto so che sto tornando direttamente a Cafasso, posto che mi trasmette tranquillità e serenità il più delle volte nonostante sia nel quartiere delle prigioni: è in mezzo alla natura, non si sentono, se non raramente, il rumore del traffico e delle macchine, i ragazzi mi fanno sentire a casa! ...

Un po’ di sere fa io e Gialu ci siamo guardati un film: Patch Adams e mi ha colpito questo discorso: “Oltre le quattro dita”.
Patch guarda il bicchiere bucato del professore Arthur che sta perdendo caffè macchiando una pila di fogli; prende un adesivo che trova sulla scrivania e lo attacca al bicchiere riparandolo, questo attira l’attenzione di Arthur che, guardandolo, dice: “Quante ne vedi?” (dritto con la mano di Patch puntata verso lui)
Patch: “Sono quattro dita, Arthur…”; ma il professore ribatte:” No no no, guarda me...ti stai concentrando sul problema, se ti concentri sul problema non vedrai mai la soluzione! Mai concentrarsi sul problema, guarda me! Quante ne vedi…? Guarda oltre le tue dita...Quante ne vedi?”
Patch.:”Otto!”
Arthur: “Si si si!!! Otto è una buona risposta! Si, vedi quello che nessun altro vede, vedi quello che tutti gli altri scelgono di non vedere! Senza paura conformismo o pigrizia, vedi il mondo intero come nuovo ogni giorno”.
Il discorso mi ha aperto un po’ la visione che avevo del mio stare qui, a volte vedo solo i problemi e non anche le cose belle e positive che accadono senza tener conto del contesto e di tutte gli altri elementi variabili o meno che ci sono in questo paese con la sua cultura molto diversa da quella italiana e da quella che ero stata abituata a vivere fino a quattro mesi fa della mia vita.
Per il servizio dove stiamo prestando il nostro servizio, molti giorni ora lavoriamo molto sodo e duramente a volte senza neanche i ragazzi di fianco con cui parlare, confrontarsi, relazionarsi in quanto le cose non stanno proprio andando benissimo. A causa della mancanza di soldi e di una buona comunicazione interna tra lo staff, i ragazzi stanno peggiorando i loro comportamenti in quanto non soddisfatti del loro stare a Cafasso, i progetti necessitano cura, unione e voglia di lavorare sodo e rialzarsi di corsa se qualcosa è andato storto e, per ora, ciò non avviene.
Questo rende spesso le cose difficili e a volte frustranti in quanto, nonostante il lavoro che faccio, non riesco a vedere i risultati ma neanche a coinvolgere lo staff ad avere un atteggiamento più positivo, fiducioso e entusiasta.
Ecco che allora mi è venuta in mente anche una frase di Madre Teresa di Calcutta che un amico di Cafasso ripete spesso: “We ourselves feel that what we are doing is just a drop in the ocea. But if the drop was not in the ocean, I think the ocean would be less because of the missing drop”.

A parte piccoli momenti in cui mi demoralizzo, e penso siano normali, cerco sempre e comunque di arrivare a Cafasso ogni mattina con un sorriso, tanta energia e voglia di lavorare sodo così da cercare di trasmetterlo alla staff e farmi coinvolgere e contagiare dall’entusiasmo che i ragazzi, tramite una battuta o uno scherzo, hanno dentro di loro scambiandolo con un gesto di cura nei loro confronti: carezza, abbraccio, scherzo, battuta, sfida a braccio di ferro, cucinare insieme…
Non mancano momenti di svago e gioco insieme ai ragazzi, motivo per cui il sorriso e la speranza non possono mancare, così come la voglia di stare qui.
GreenHouse in Cafasso – Non mancano i momenti in cui, stanchi di lavorare o fare sforzi, i ragazzi si fermano un attimo e si mettono a ballare anche solo per due o tre secondi, ma serve a loro per scaricare le tensioni e poi ripartire freschi come se nulla fosse accaduto prima…che invidia!
Sala da pranzo in Cafasso – Dopo cena, il giorno in cui siamo rimasti a dormire nel servizio, abbiamo iniziato a cantare insegnando loro “Bella Ciao!” e poi abbiamo donato loro fili e perline, erano tutti felicissimi, proprio come una grande famiglia!
YCTC – Gianlu e tutti gli altri ragazzi in campo, noi osserviamo la partita e commentiamo, divertendoci. Guardate che brutte facce!!! J
Un abbraccio a tutti, belli e brutti! :) 
Ire







domenica 21 febbraio 2016

SPAMMATELO!! The new brochure is ready!

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Here we are: the new brochure is ready!!!

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martedì 16 febbraio 2016

Haiti: Post da bloquis

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18.10 del 15 febbraio.

Usciti da Delmas, distretto della capitale nel quale è situato Kay Chal, prendiamo rue de l'Aeroport e arriviamo a carrefour Minustah (incrocio che deve il nome alla missione di stabilizzazione Onu che è qui ad Haiti a partire dal 2004). 
Fino a qua sembra tutto tranquillo, il primo nodo sulla strada verso casa è stato superato. Prossimo ostacolo da superare: carrefour Fleuriot. Da subito si intuisce che stasera non andrà troppo liscia, la polizia ci devia su un altra strada...ma noi ci proviamo lo stesso e continuiamo sulla stessa. In questo momento, davanti a noi,  tante luci rosse che si intensificano ad intermittenza.
Benvenuti in un bloquis all'haitiana!




La sua durata? Pa kone ("boh, non lo so!"), come direbbero da questi parti. Espressione tipicamente accompagnata dal gesto "lavamani" (dorso della mano destra che va sbattere contro il palmo della mano sinistra...e viceversa).
È così che nasce questo "post da bloquis". La sua lunghezza sarà ovviamente proporzionale alla durata dello stesso!

Ad una delle tante stazioni radio - mezzo di informazione più popolare ad Haiti - passano le notizie di giornata. L'argomento più gettonato di questa sera - non che non lo sia già stato negli ultimi mesi - è la nomina del nuovo presidente di transizione: il presidente del senato Privert.


Foto Haitilibre
Dopo che Michel Martelly - in arte Sweet Miky, ex cantante del genere musicale Compa - ha terminato il suo mandato lo scorso 7 febbraio, il paese è senza un presidente scelto tramite "normali" elezioni. In realtà il percorso elettorale era iniziato nell'agosto 2015 con un primo turno elettorale che ha visto partecipare più di 50 candidati alla presidenza. La seconda tornata di fine ottobre ha dato al paese due nomi trai quali scegliere: Jude Celestin - già candidato alle precedenti elezioni del 2010 - e Jovenel Moise, detto "Neg banan nan" (letteralmente il nero - cioè uomo - delle banane. Questo perché dal 2014 ha lanciato una compagnia che si occupa di esportazione di banane grazie ad un ampio possedimento di terreno nel nord est del paese).

Il ballottaggio, fissato inizialmente il 27 dicembre e poi rinviato al 24 gennaio non si è più tenuto (le motivazioni sono tante...ufficialmente uno dei due candidati al ballottaggio ha rifiutato di presentarsi al voto in quanto sostiene che nelle precedenti elezioni ci siano stati dei brogli elettorali...che sono stati in seguito confermati da una commissione straordinaria di controllo).
Non sto qui ad aprire una noiosa puntata di Porta a Porta in stile caraibico basta dire che, alcuni giorni dopo l'uscita dei risultati, abbiamo sentito alla radio un politico domandare in modo retorico se alla elezioni avessero partecipato anche gli zombie! (parola presente nel vocabolario creolo e che si riferisce alla cultura vodoo. Una persona "zombificata" è una persona che, tramite una "magia", si risveglia offesa sotto il punto di vista delle attività cerebrali mentre mantiene le sue capacità motorie).

Nel frattempo la nostra posizione in strada migliora. Superiamo un ponte e prendiamo una via secondaria sterrata. Grado di difficoltà nello scrivere al cellulare tra tutti  questi sali e scendi veramente elevato!

Manca poco a casa. Alterno la scrittura del post con il ripensare la giornata trascorsa a Kay Chal. Come se volessi assimilare in maniera più rilassata i volti incontrati quest'oggi tra Kay Chal Matin  - proposta a taglio piu didattico pensata per bambini restavek - e il pomeriggio trascorso tra qualche risata con gli animatori, i bambini che vengono al centro per fare i compiti, un piccolo aiuto ad un giovane della citè che chiede di conoscere qualche rudimento di inglese e i giovani di passaggio tra laboratorio di informatica e una partita a basket.

19.24. Si apre il cancello. Arrivati! È andata meglio del previsto.
Ci sarebbe altro da raccontare...al prossimo bloquis!

Matteo

domenica 14 febbraio 2016

Bolivia: quando le GENERAZIONI si iNtReCciaNo

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Questo venerdì è stato un giorno speciale: ho festeggiato Carnevale con il gruppo della terza età della parrocchia dove faccio servizio il venerdì!
Niente "chiacchiere e frittelle" quest'anno, ma tante risate e condivisione con delle persone 
che hanno molto da raccontare.
(...E succede che quando le generazioni si intrecciano
e le "differenze culturali" sono qualcosa che ti avvicina e non che ti allontana
torno a casa con una carica in più e tanta positività.)

E poi la domanda che fa sprigionare un sorriso sincero:
 "Nos vemos el proximo viernes, no ve?"
Ecco nel video un assaggio di quello che è stato:


p.s. il materiale con cui abbiamo costruito le collane è costituito da cereali supercolorati e super zuccherati (ovviamente durante la realizzazione delle collane le signore agivano più o meno così, in sequenza: 
"...beh, buoni questi cereali!"
un pezzo lo infilo,   uno lo mangio,    l'altro lo mangio -perchè quello di prima era buono,  però lo faccio senza farmi vedere!-    poi ne infilo un altro ecc ecc.. )    ;) 


Le ultime "ragazze" rimaste, tutte in posa per una foto-ricordo!
Vi saluto,
vi abbraccio,

Lucia

martedì 9 febbraio 2016

A peaceful place

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Una parte fondamentale del mio servizio a Mombasa si svolge in un rescue centre chiamato “Mahali pa Usalama”. Un posto di pace, appunto.

Qui vengono portati per provvedimento giudiziario bambini che si trovano in situazioni di emergenza. Questi bambini sono stati vittime di violenze, abusi di vario genere o abbandonati dalla famiglia di origine, vittime di trafficking e altro ancora; vengono mandati al centro per un periodo più o meno lungo, quanto è lunga la giustizia e la burocrazia kenyota e a seconda della difficoltà del caso.

La mia giornata tipo al centro si svolge così: arriviamo al mattino presto e troviamo i bambini impegnati nelle pulizie di tutta la casa, poi alle dieci iniziano le ore di lezione. 'Classsss!' urla l'housemother e via tutti a sedere.
Boom!, con queste lezioni mi sono ritrovata catapultata in mondi che non pensavo di ricordare. Come si insegnano le divisioni e le moltiplicazioni? Senza regoli né abaco mi sono dovuta arrangiare con palline e stecchini disegnati su un foglio che si riproducono a piacere! E come glielo insegno a un bambino che parla kiswahili (dove le vocali si pronunciano e leggono esattamente come in italiano) a leggere in inglese, dove una 'u' iniziale si legge 'a' e altre simili stranezze fonetiche??? Ci arrangiamo insomma, tra italiano inglese kiswahili e la lingua dei gesti.

All'ora di pranzo mangiamo con i bambini farinata di mais (ugali per gli esperti!) e fagioli, fagioli e mais, fagioli e riso, fagioli&fagioli, lenticchie e, nel giorno della dieta bilanciata, (udite udite) una patata, cavolo e un minuscolo pezzo di carne! Il tutto ovviamente condito con insettini di ogni tipo. Nonostante questa presentazione vi giuro che è tutto molto gradevole!...più o meno.

Nel pomeriggio e nei momenti liberi giochiamo, parliamo, balliamo, cantiamo, facciamo lezioni di gym e di canti all'italiana (tipo 'il cocomero tondo tondo' o 'jack in cucina con tina') e chi più ne ha più ne metta.

La parte più bella di questo servizio è lo 'stare'. Stare sotto un albero seduta a non fare niente tutti insieme, a parlare con le ragazze che mi fanno un sacco di domande assurde sui bianchi e mi raccontano le loro passioni, interessi, sogni o mi chiedono di raccontare fiabe e racconti. Stare vicino a loro, anche fisicamente, con un abbraccio, una carezza, un 'vola vola' coi più piccoli: cose normali che loro molto probabilmente non hanno mai avuto. Stare che significa interessarsi, tenerci a qualcuno anche solo per pochi giorni o un mese, far vedere che c'è dell'altro rispetto a quello che la vita ha riservato loro finora. Stare e non abbattersi, anche quando i bambini non hanno voglia di parlare o sentono la mancanza del mondo esterno e sono arrabbiati con tutto e tutti, stare anche quando proponi un'attività e nessuno ha voglia di seguirmi.
Stare e guardare con occhi puliti chi si ha di fronte, vedendo soltanto un bambino come ogni altro, che ride di niente e piange per un capriccio.

Mari



venerdì 5 febbraio 2016

"La vita giocatevela bene"

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Qualche giorno fa, mentre stavo uscendo dal cancello degli uffici di Caritas, qui a Mombasa, la mia attenzione è caduta su una piccola bambina che cercava di entrare quasi di soppiatto all’interno dell’aia dove ci sono delle piccole giostre. Ha fatto prima capolino dalle inferriate del cancello, e dopo aver visto di non essere osservata, con aria trionfante e agognante è corsa verso lo scivolo, con la tenerezza che solo un bambino di quella età può avere. Ma mentre correva è caduta: due secondi di silenzio ed è scoppiata a piangere. Stavo per uscire ma non mi sono trattenuta dall’andarle incontro e rialzarla, pulirla un po’ e farle coraggio per andare verso i suoi giochi. Avrà avuto tre, quattro anni, e indossava abiti malmessi.
Su quello scivolo, in quel momento, c’era un'altra bambina che aspettava qualcuno che venisse a prenderla, ed era vestita con l’uniforme pulita, blu e bianca, aveva anche uno zainetto rosa. Si sono scambiate due parole, e poi sullo scivolo insieme.

Ma, al di là della condivisione di questo tenero momento, il punto è un altro: 
non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella scena, da quelle due bambine, una di fronte all’altra sullo stesso scivolo; e, tra cinismo e tristezza, ho pensato: eccole lì, due bambine bellissime, della stessa età ma che probabilmente avranno un futuro diverso. (almeno in termini di possibilità)

Ma quella scena ha continuato a interrogarmi su altro, o comunque a portare alla mente altri ricordi del genere.. quanto spesso il futuro di una persona è determinato dalla geografia? Diciamocelo chiaramente, a volte è un fatto di fortuna nascere in un posto piuttosto che in un altro, in una famiglia piuttosto che in un’altra, e questo, tristemente, può pregiudicare il futuro di una persona. Mi sembra di poter affermare, senza retorica o pietismo alcuno, che non tutti nel mondo hanno le stesse possibilità. O comunque, senza gli stessi potenziali mezzi di partenza è tutto più difficile. 
(beh, nel piccolo possiamo pensare anche al nostro Paese in cui nascere in un posto potrebbe voler dire andarsene via un giorno per mancanza di lavoro, o perché non ci sono università se vuoi garantirti un certo livello di istruzione.. insomma, perché altrove potresti avere più possibilità.. e non dipende da te se ti sei trovato in un certo sistema!)

Cosa ho fatto io per meritarmi di nascere dalla parte giusta del mondo? Quale può essere il mio ruolo davanti  a questa che ritengo essere una delle ingiustizie più grandi? Perché a volte non vanno avanti i più capaci, ma quelli che hanno più possibilità.. e questo non credo sia giusto.

Quindi?
Non ho risposte chiuse, non ho soluzioni a portata di mano; però mi sono accorta che non posso neanche salvare il mondo perché supereroi non si nasce, o comunque non tutto dipende da me..

E allora?!
Finora mi sono aiutata avendo due piccoli riferimenti metodologici che mi sembrano legati a tutto ciò: la non indifferenza e la gratitudine.

Mi fa riflettere l’espressione “globalizzazione dell’indifferenza” e ho sempre fatto mio lo slogan di uno dei personaggi che ha segnato la mia adolescenza, che diceva “I CARE”..
Ripeto, non posso salvare tutti, e probabilmente non è neanche il mio compito, e non tutti siamo chiamati all’Africa, o a esperienze forti e grandi o qualcosa di simile (almeno sulla carta), ma io ho almeno il dovere di non essere indifferente davanti alle ingiustizie del mondo.
Anche nel mio piccolo, anche nelle più grandi e ricche città, io non posso girare la faccia davanti a quello non va. Non posso dimenticarmene, e anzi devo farmi interrogare, sentirmi a modo mio responsabile e farmene carico. 

Ma come farsene carico?! In tanti modi forse, ma paradossalmente, quello che mi dico è non sprecando le possibilità che ci sono date: la scuola, il lavoro, le amicizie, la vita in generale.. tutto è possibilità! Non è detto che si faccia sempre tutto bene e con facilità, ma probabilmente essere almeno consapevole di ciò che mi circonda è già un grande passo avanti. Magari poi mi impegnerò anche per gli altri..
Non importa tanto il dove, ma il come mi approccio alla mia realtà, con quale consapevolezza e con quale volontà mi ci gioco, quanto mi faccio toccare, come la modello.. (perché a quelli che mi dicono "quanto sei brava" dico che, credetemi, siamo tutti bravi nelle grandi cose, ma forse la vera differenza la si fa nella semplicità e nell'imperfezione delle piccole cose ovunque sia nel mondo..e hai detto niente!!)

Poi, seconda cosa legata a questo, posso meritarmi anche tante belle possibilità, che giustamente sono anche frutto del mio lavoro e del mio impegno, ma forse forse non tutto dipende da me. E se ho questa convinzione, che devo impegnarmi ma che comunque c'è qualcosa che mi sfugge, che va oltre la mia superbia o il mio egoismo, che non ho fatto tutto da solo, allora posso solo ringraziare.. perché tutto è possibilità, ma tutto è anche grazia.. e grazie!


Quindi, quello che mi ripeto spesso, specialmente nei momenti più difficili, quando vorrei chiudere gli occhi e stare al sicuro, o quando mi sento con la coscienza a posto a farelabravapersona, è che non solo devo rendere onore alle opportunità, ma devo anche dire grazie per averle ottenute.. perché altrove le cose vanno diversamente! (e il cerchio si chiude..)

..e che, con un occhio alla mia vita adesso, da questa esperienza "straordinaria" devo imparare sempre a trarne qualcosa per l'esperienza "ordinaria". 
Sennò me ne faccio poco e niente: avrò foto da mostrare, molto da raccontare ma poco da essere poi..

Angela

ps il titolo di questo post è tratto da un discorso di don Tonino Bello.. che vi invito a leggere!

Un abbraccio

lunedì 1 febbraio 2016

DUE CALCI AL PALLONE

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Qua a Cafasso, la struttura dove prestiamo servizio, uno dei momenti più attesi è la partita al YCTC (centro di correzione giovanile, sostanzialmente un carcere minorile), dal giovedì i ragazzi cominciano a chiedere se si giocherà. Le partite infatti non sono scontate, capita che i ragazzi e le guardie siano impegnate in seminari oppure in visite con le famiglie e quindi impossibilitati a giocare.

Il venerdì mattina qualcuno dello staff va al YCTC a cercare le guardie che solitamente giocano a pallone per accordarsi sulla possibilità di giocare e sull'orario, una volta informati i ragazzi che si giocherà l'eccitazione sale, sono tutti contenti, anche a chi del pallone non gli interessa minimamente perchè solitamente accompagna gli altri al YCTC godendosi un pò di relax guardando le partite.

Durante i primi periodi di frequenza non giocavano mai i ragazzi del YCTC ma solamente le guardie, questo mi lasciava perplesso ma, fortunatamente, nelle ultime settimane partecipa spesso almeno una squadra di ragazzi. Capita anche che la squadra delle guardie abbia il favore degli arbitri, poco di nuovo, nonostante ciò fortunatamente non vincono spesso.
Lo sport è molto utile per fare gruppo e ricevere iniezioni di fiducia, durante la partita tutte le cose che solitamente pensi, tutti i problemi che stai affrontando e tutti i lavori che stai portando avanti svaniscono, almeno per un pò, lasciandoti dentro quel poco di pace che tutti noi cerchiamo. 


Cafasso Team