mercoledì 27 febbraio 2008

bella Bunno

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Bunno strigliato
È morto il mio 1° cane. Io non ho mai avuto animali; figurat, faccio fatica a tenermi strette le biciclette. Una volta la Manu m’aveva regalato un cactus, ma è morto dopo 8 giorni, l’avevo lasciato sotto la lampadina della scrivania. Diciamo che con la roba vivente ho qke difficoltà. Sono stato con lui 11 giorni. 11 giorni in cui entrambi siamo stati malati. Si potrebbe scrivere ke non ci siamo mai conosciuti da sani. Non è diventato tanto grande ke non riuscissi a tenerlo comodamente nella mia mano. Ci ho giocato, l’ho preso in giro, melo sono tenuto in camera. Gli altri si lavavano le mani sempre quando lo toccavano, io non sempre. Non perché gli volessi + bene, e forse x’ sono una testa d *****, ma in realtà non mi piaceva l’idea d dovere correre a lavarmi le mani ogni volta dopo ke l’avevo toccato, cioè se qualcuno lo facesse con me c rimarrei male, insomma. Ci sono stato bene insieme, non so se anke lui, considerato ke ora lui è morto e io no. Non so cosa sarebbe diventato da grande. Magari un dalmata. I primi giorni era veramente supertenero. Trotterellava dietro le persone ovunque andassero. Non potevi uscire ke lui riusciva a seguirti e allora dovevi tornare indietro. Mi sarebbe piaciuto vederlo crescere, jocarc a palla, correrci, già ci vedevo, l’uomo bianco e il micro cane e la gente ke c’indicava. Che già lo fa, oggi da lontano 2 ragazze m’han avvistato e si sono vistosamente sistemate il reggiseno. Poi al cinema ho visto io sono leggenda, uno dei poki film kel mio inglese possa permettersi e -********** va via la luce. Ki ssenefrega, tiro avanti a batteria- fatto sta ke Bunno avrebbe potuto venir su ascoltando bob marley e magari mi dava una zampa cogli zombi, come nel citato film; un paio d alitate delle sue e li faceva tornare nel loro mondo. X + della metà della sua vita con noi (beh, mi sa ke noi lo abbiamo trovato ke avrà avuto 6 giorni. Ke poi è lui ke cià trovato) non siamo riusciti a concordare su un nome, Stefania voleva kiamarlo Buti, ma io non riuscivo a non associare il nome al tizio ke avevamo in classe al liceo, quello coi capelli lisci lunghi, che saliva la pertica ad una velocità animalesca e aveva i biglietti tarokki x lo stadio. Che un giorno poi lò incontrato, sarò stato al 1° anno d università, forse l’ultimo di liceo; davanti alla Sormani. Odio qdo non mi vengono i nomi delle persone e successe; lui il mio se lo ricordava. Parevamo anke contenti d vederci, ma non avevamo un grankè da dirci, succede anke qsto. Fattostà ke non mi sarebbe piaciuto kiamare il mio 1° cane Buti, ke significa stivale in amarico, ed è anke simpatica come cosa, considerato che lui cercava sempre delle scarpe tra cui stare. La questione è ke non credo dovrò rincontrarlo + avanti, xò se accadesse saprei cosa dirgli, insomma. E così, l’altroieri ho optato per “bunno”, che significa un po’ caffè in amarico (bunna), però né è il maskile, un augurio d diventare frizzante, e poi ha un ke d coniglioso e il suono mi piace. Non credo lui abbia fatto in tempo a riconoscersi in quel suono. Non ha fatto in tempo a fare molto, a dire il vero. Una volta sé arrampicato lungo la mia gamba arrivando al ginocchio, ma dall’interno del jeans. Io ero seduto a parlare con Sara e lui tru tru tru tru, unghiette nella calza e oplà. Le gambe dietro non gli funzionavano tanto, ma quelle davanti bastavano. Questa è un po’ la sua impresa. In effetti un po’ da Butti, forse + da Schiavolin; Butti era un professionista, Andrea ce l’aveva spontaneo. Bunno era in età da mamma e quindi continuava a cercarci e voleva starc vicino. Porca miseria, il problema è che è sempre stato piccolo e un po’ malato, quindi c rimarrà così in testa, completamente indifeso e tenerissimo. Dovevi vedere le facce dei gatti ke io non filo mai qdo davamo il latte a Bunno. Si sono presi un onesto numero d calci, lo graffiavano e gli rubavano il cibo e io li prendevo a calci; ke soffiargli non serviva +, il pallone neanke e a me degli animali non è ke. Oh, pausa, kiariamoci, ci sono quelli che c nascono colla prospettiva, cel’hanno attaccata alle kiappe e fanno anke innervosire, talvolta, verrebbe da dirgli “Sì, va bene, così è giusto. Ma tu dove *** 6?”. E c’è ki invece non riesce a raggiungerla in tutta la vita. Io ciò bisogno d un po’ d tempo, qsta è una sorta d elogio funebre x un cane, niente d ke, non sono liciacolò e qdo kiuderò qsto documento starò melio. avevo voglia d scriverlo, insomma glielo dovevo, + facilmente melo devo. Che ******* voldire ke sono in Africa e mi metto ad accudire animali? No, è capitato e certo, qdo c’erano i bambini ke sbirciavano dalla porta x vedere ke lo lavavamo e jocavo con lui, era strano porcaeva. È una bestia e non ho intenzione, almeno consciamente, di umanizzarlo. Quando stava male d solito si buttava in un angolo del giardino da solo, fino a qdo non stava meglio, ke allora tornava. Oggi è entrato in casa ed è arrivato ai miei piedi. Sé fermato lì, io poi mi sono dovuto muovere x sparekkiare e lui ha messo il muso nella ciabatta e forse è stato quello, direbbe nk. Fattostà ke poi la sera dovevamo uscire e lui non aveva ancora mangiato e non riuscivo a svegliarlo e un po’ avevo capito. Senza essere un veterinario ke quello ke è venuto a visitarlo probabile ke l’abbia avvelenato contribuendo alla sua morte con un antivermi ke lui era troppo giovane x prendere; “tra qualke mese diventerà proprio un bell’animale” la sua profezia. ke poi, non sono neanke un igienista, ma la sua è una delle professioni meno indicate x smangiukkiarsi le unghie come Elijah Wood. Però se sta bene, lui. Non sapremo mai ke cos’aveva quel cane; o ke cosa non aveva. Perché stasera Bunno non rispondeva, quindi l’ho cercato d stuzzicare, lui non reagiva, e allora l’ho un po’ tenuto lì e gli ho iniettato in bocca del latte, ma lui annaspava respirando dalla bocca e non si svegliava e poi vabbeh, ha fatto qualke verso, tipo spasmi e. era già freddino insomma. Abbiamo scavato una buca nel giardino, sulla dx, colle mani, con un bastone, avevamo la pila ke m’ha regalato il frà, l’abbiam messo lì. Ke la terra ti sia lieve, piccolo.

in qsta foto c conosciamo da poki minuti, io e Bunno, animali marsupiali

martedì 26 febbraio 2008

L'AVVERTIMENTO...

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Insomma dopo il dilemma Kenya non Kenya...l'attesa per la decisione romana sul mio futuro... eccomi finalmente atterrato in quel di Chisinau!

Appena messo piede fuori dall'aereo rimango un po' deluso...mi aspettavo di vedere la neve e invece...fa più caldo che a Milano!!!

Arriva il primo ostacolo...il controllo del passaporto...nonostante prima di me fossero passati altri due italiani, la signorina, in tenuta militare, appena vede il mio documento mi tira un'occhiataccia... due secondi di terrore... per fortuna la sua espressione cambia e un attimo dopo posso entrare regolarmente in Moldova!

L'ostacolo “bagaglio da recuperare” viene superato agevolmente e appena uscito dalla porticina vedo spuntare Francesca che, dopo avermi omaggiato di un angioletto, mi presenta “Gigi” che ci guiderà verso casa.

Appena saliti in macchina Gigi mi fa: “Noi qui in Moldova guidiamo a sinistra!” e io rispondo “anche da noi in Italia!” ma lui ribatte prontamente “Noi guidiamo a sinistra!!” vengo assalito dal dubbio...forse mi sto confondendo...da noi si guida a destra...ma no a destra guidavano a Nairobi! Sono pronto a confermagli la guida a sinistra ma appena mi giro lo vedo che ride divertito...1 a 0 per lui!

Dopo venti minuti arriviamo ai piedi del nostro “palazzone”... l'ascensore sopporta me, Francesca e i 20,2 kg di bagaglio...

Entriamo a casa e noto con piacere molto diversità rispetto alle foto che quelle due “simpaticone” della Fra e dell'Elisa mi avevano mandato.

Il tempo di mettere i bagagli a terra ed ecco spuntare Elisa e Igor per il pranzo...dopo aver lavato i miei primi piatti moldavi è l'ora di conoscere un po' la città.

Francesca mi porta al mercatino ma mentre davanti al baracchino che ci sta duplicando le chiavi di casa ecco l'avvertimento... all'improvviso sento qualcuno che bussa al mio braccio... mi giro ma non vedo nessuno... abbasso lo sguardo sul braccio... un piccione... o meglio qualcosa che apparteneva a un piccione... o meglio ancora un vero e proprio “gavettone” che un piccione mi ha scagliato dall'alto... ringrazio per non avere mirato dieci centimetri più in là ma rimango un po' così... sono sotto tiro e intanto.... Moldova 2 – Stefano 0.

Non mi do per vinto e dopo aver girato per Chisinau riesco a ritrovare la via di casa senza perdermi... accorcio le distanze... ora sono sotto solo 2 a 1!

Mi tocca il momento più duro... eliminare” l'avvertimento”... non getto la spugna che anzi uso per pareggiare l'azione che ha “macchiato” la mia prestazione... il finale è in crescendo... la macchia è stata eliminata... il risultato finale è 2-2... ma i gol in trasferta valgono doppio!!!

Insomma primo giorno positivo anche se quell'avvertimento....

Stefano

santo gabriele in valentino

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Il giovedì 14 febbraio era san valentino, ma io non lo sapevo: da sostenitore accanito d codesta festività al dio del consumismo, credevo ke sanvalendino fosse il 13 febbraio. Quindi ho dovuto trovare altri motivi x rendere memorabile quella giornata.

Giovedì 14 febbraio mi sveglio alle 7. Alle 7e25 ho appuntamento con Sami davanti casa, alle 7e30 col driver dell’ACS (Segretariato dell’Arcidiocesi cattolica), il quale ci avrebbe portato nella prigione di *****.

Giovedì 14 febbraio alle 7e22 apro il cancello di casa mia. A circa 5m, Sami m’attende, braccia incrociate e trai piedi un cucciolo di cane. Io non amo gli animali, mi piacciono; li ritengo un gran sbattimento, ma fanno compagnia. Lì non c’era molto da decidere: il puppy mi stava kiedendo d prenderlo con sé o di lasciarlo andare a morire. Nelle scelte istintive talvolta sono terribilmente buonista, ma le 2 alternative non si escludevano. Non lo sapevo e, forse, avrei fatto meglio a non necessitare di ulteriori motivi per dare senso al 14 febbraio. Ma in quel momento presi il cucciolo di cane e lo misi in uno scatolone, dove ci buttai anke un paio d miei pantaloni per fargli + tana.

Giovedì 14 febbraio avevo dormito male (evento eccezionale x me), non respiravo benissimo, e alle 10e36 i responsabili di un carcere etiope erano in apprensione x la mia salute. Caldissimo&freddissimo, ma soprattutto difficoltà a portare avanti frasi con almeno una subordinata senza interrompermi per rifiatare. Per tranquillizzarli ridevo, ma non li tranquillizzava affatto accorgersi ke insieme ad una sanità fisica stavo smarrendo anke una sanità mentale. Smisi di ridere, e mi diedi un po’ d contegno. Non tanto.

Giovedì 14 febbraio chiacchierai molto con Sami, ci raccontammo abbastanza; il direttore del carcere fece qke foto colla mia makkinetta, Sami me ne kiese il prezzo (azzardai 120 €, ma non appartenendomi sparai) e concluse saggiamente kei ragazzi etiopi non hanno un reale bisogno duna makkinetta fotografica. Mica come quelli italiani.


photo by ato director
Giovedì 14 febbraio il direttore del carcere c’invitò a pranzo a casa sua, e non l’aveva mai fatto. Lui abita vicino alla prigione ed è una bella casetta, con dei suoi ritratti militari da giovane molto elegante, con sfondi multicolori kitch; c’era da mangiare anche cibo occidentale e il mio malessere non gl’impedì di riempirmi nuovamente il piatto che tanto faticosamente avevo svuotato. Le regole dell’ospitalità si scontravano contro la penuria d’appetito del malato, rischiando di farmi mancare di buona creanza. Alla televisione scorrevano dei filmati sugli infortuni calcistici e scorsi Ronaldo colla maglia dell’Inter. Un binomio bruttissimo, che non fece che peggiorare la mia situazione.

Giovedì 14 febbraio il viaggio di ritorno da quel carcere fu lunghissimo e come mai ho sprezzato i lavori stradali dei cinesi decorati di buke kel nostro driver provava a skivare con differenti esiti.

Giovedì 14 febbraio si portarono molte ipotesi sull’identità del morbo ke m’affliggeva. Malaria, menopausa, tifo, tubercolosi, malattia della montagna; questo prima di andare in ospedale, dove dottori preparati (il meglio dei diplomati etiopi ha accesso alla carriera medica) si preparavano a offrirmi il meglio delle loro conoscenze e dove finalmente avrei scoperto come nella mia biografia avrei menzionato quel giorno malato.


sofferenza documentata
Alla reception del Saint Gabriel Hospital ci sono due impiegate, e dietro di loro cataste di faldoni ad anelli e un ombrellone da spiaggia chiuso. Il dottore #1 è simile ad un presbitero etiope d mia conoscenza d cui non apprezzo la nulla kiarezza: mi misura la pressione mentre parla con un’infermiera con infradito&calze, quindi mela rimisura (120) e poi estrae un attrezzo ke mi punta alla tempia.

lunedì 18 febbraio 2008

da Awasa

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Beh, appto, poi siamo arrivati ad Awasa. Ki una doccia, ki 2 salti colla corda, dopo d ke (dopo di ki) ci siam recati vacanzieri & cosmopoliti al lago d Awasa, al quale abbiamo in breve rubato il palcoscenico di attrazione del pomeriggio. Coppie che interrompono strofinamenti di lingua per occhieggiarci, noi colle nostre macchine fotografiche e le teste girevoli. Il lungolago ospita numerose scene curiose. C’è un uccellino che a 6, 7 m d’altezza sventola le ali come un pazzo ma rimane immobile in un punto su un punto, fino a lasciarsi cadere a sasso in verticale, sul pesce a lui ortogonale; come i cartoni animati dove i personaggi mulinano in aria i piedi per poi schizzare via velocissimi. Ma lui non schizzava, come la migliore Cagn8. Come quei disegnatori acerbi che disegnano subito in bella. O forse i loro sono solo schizzi, troppo giovani per credere di realizzare già disegni compiuti e poco confidenti nella propria mano per insistere collo stesso soggetto. Così qualcuno scambia i loro lavori per opere concluse; ma dove sono finito? Torno al lago, dove il sabato pomeriggio ci si va per divertirsi, magari facendo il bucato in compagnia, oppure per lavarsi. Uomini&animali, c’è acqua x tutti.

bagni d tramonto

Qualche ragazzo guarda ridendo Masaya dandogli del Ciainìs; poche etichette gli sono meno gradite: il nostro amico sostiene fieramente di non conoscere molto dei cinesi e quello che conosce non gli piace. Gli autoctoni più benestanti  vengono qua per trascorrere il weekend in macchina, parcheggiati a qke m dalle rive lacustri, a masticare ciàt (lo scrivo come lo dico), foglie con effetti affini a quelli dell’hashish (in Etiopia, a differenza del fumo, il ciat è legale e consistente merce d’esportazione); scrivo per sentito dire, se qc1 ha mai provato qsto ciat contribuisca a renderne noti i poteri; Maurizio sa che io non ne sto usando. Nonnònnòno. E qste mail come si spiegano? Come vele. Waaoh.

ciattano. pare un po' una foto della narcotici..

Dopo una singola notte in una doppia con Masaya… pausa aneddoto mancato. Prendiamolo un po’ largo, hai 3 minuti? Tanto qsto è un post breve e non bussa mai 2 volte. Come molte città della costa adriatica, che vivono d bagni, Awasa è un po’ la cittadina dell’amore: sul lago ci si vuole + bene (scusate, ci si vuole meglio) ke in città, anke x’ i cittadini d prima classe x volersi bene se ne vanno al lago al largo dalla loro quotidianità. Di conseguenza la popolazione locale di Awasa è gambizzata dal mastino dell’aids. Di conseguenza le autorità locali nascondono goldoni in ogni buco; beh, in molti buchi. Non per promuovere la drammaturgia italiana, avete ragione, lo sapevo: le mie compatriote m’hanno osservato come questo termine non sia tanto deagostinizzato come parola: intendo i condomi. Non voglio pensare allo spammer che bersaglierebbe il blog se utilizzassi termini + noti. Bene, ne ho rinvenuti belli impakkettati dalla direzione dell’albergo (credo) anke nel mio comodino. L’idea era di uno skerzo interculturale italia giappone, dove li estraevo dalla tasca ammiccando in direzione d Masaya; qualcosa di simpatico per facilitare la relazione amicale con lui. Niente che potesse mettere a disagio, ma va, tipo corna di Berlusconi, per intenderci (il “di” assume valore di specificazione, non di possesso), quei siparietti per cui il mondo ci riconosce per quello che effettivamente siamo. La realtà è ke, rincamerato dopo l’ultima magra prestazione della compagine ivoriana (drogba dipendente e drogba deludente), son piombato diretto in un sonno senza sogni. Un aneddoto mancato, non velo posso raccontare.

Dopo una singola notte in una doppia con Masaya, sulla via del ritorno, ci fiondiamo come lucertole al Sabana, una sorta di spiaggia privata con bar, ombrelloni, galleggiante con scivolo, canoe sul Lago Langano. Un motivo per cui fare cooperazione in Etiopia, direi. Vinci il pregiudizio che ti spinge a desiderare l’acqua azzurra e non marrone e ti sbatti al sole a prenderle, o a ridere di come i bianchi siano rifugiati nella riserva protetta dell’ombrellone (tranne sporadike fughe su canoe acquatiche) mentre gli altri se la sguazzano in giro. Poi mi chiedo di che colore sono io, intuisco che forse dovrei proteggermi dai cancerogeni raggi solari, ma mi guardo e fortunatamente mi scopro rosso semaforo (infatti lampeggio); qsto comporta che sono autoesentato dal segregarmi in una pozza d’ombra. Yuppie.

bagni colorati

A lato, fuori dal terreno del Sabana, c’è un bambino magro; non so come sia arrivato lì, ma mi dicono che ci sia una capanna in quella direzione. Voglio credere che la abbatteranno, presto o tardi. Ha la maglietta strappata, è molto serio. Se la leva, si butta nel lago per lavarsi, non per fare il bagno. Ci sporcherà tutta l’acqua marrone. Dovrebbero rimuovere anche lui, la sua tristezza mi pare davvero fuori luogo, inaccettabile. Il responsabile (che forse conosciamo, o forse conosciamo il responsabile dei camerieri, non è ancora kiaro) riceverà una mia lettera. Spero che quel bambino non mi abbia visto. Sarebbero stati capaci d saltare fuori i miei redivivi sensi di colpa e quella roba lì. E poi mi torna in mente perché ero qua. No, grazie.

Oh, poi siamo tornati, e qsto sarà un video su youtube, un giorno, qdo avrò una connessione autostradale, magari per le elezioni la vinco.

Salute a voi, ke qua…

Paolo

domenica 17 febbraio 2008

NON GUARDARE LA CARTINA

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Smettiamola, perfavore. Piantiamola con questa pantomima. Non si può far finta di sapere le cose per sempre. È intellettualmente disonesto, disumano e ad un certo punto riski d fare delle gran figuracce.

(Cosa vuol dire pantomima?)

Ora, lettore d blog, ke t culli nella soffice sicurezza duna lettura anonimamente protetta, io t voglio sul seguente (e non sul precedente, brillante di un Sergio) interrogativo:

“Quali sono i 2 Stati confinanti via terra con il Nicaragua?”





Qsto è un quiz PER:

1. kiunque già NON conosca con certezza i 2 Paesi limitrofi al Nicaragua

Qsto è un quiz SOPRATTUTTO x:

1. gli scemi (nicaraguensi escluse) ke già non sappiano nominare con esattezza i 2 Stati vicini al Nicaragua

Questo è un quiz ASSOLUTAMENTE x:

1. i responsabili scemi (bignardi escluso) che non abbiano già un’idea corretta delle 2 nazioni confinanti con Nicaragua.

Qsto quiz è basato sulla fiducia che l’occhio dei rispondenti non corra ad una cartina.

Qsto quiz è basato sulla fiducia ke ki non sia in grado in base a sue precedenti cognizioni d indicare precisamente le 2 entità statali affiancate al Nicaragua non menta ("io lo so, quindi non rispondo", anke se non è vero) sottraendosi alla risposta.

Per non nascondere la mano (ke poi la perdo) è corretto scrivere che la mia risposta è stata “Guatemala, Honduras, Venezuela”. Ancora non avevo scoperto ke si trattava solo d 2.

La risposta al quiz sarà depositata in questo post tra un mese da oggi.


t aspetto al bancone
n.b. L’assolutamente si distingue dal soprattutto in quanto qualke scemo è a conoscenza di telefonate in Serbia, il cui contenuto svelato (magari a Donna Moderna) potrebbe essere deleterio per la reputazione di cooperante del telefonante. Inoltre, Caritas Internazionalis vi legge, e l’imbarazzo dell’errore nulla sarà rispetto alla codardia del silenzio.

Con affetto spietato, Mr.o Paolo

ps qc1 costringa Maurizio a leggere almeno qsto post

SPOILER D'Avanzo si prepari, kel prossimo verterà sui Paesi confinanti con l'Eritrea..


Risposta

venerdì 15 febbraio 2008

verso Awasa

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Ricapitoliamo: lo scorso weekend siamo andati in Etiopia. Rotta sud sud est, cool car (non si legge come si scrive), colorata formazione con esponenti d tre continenti: Stefania –Italia-, Paolo –Italia, con riserve-, Masaya –Japàn, solo titolari-, Zed –ke joca in casa- e Sara: Italia, ma conta anke un parente americano; conta? Prima volta fuori Addis, iuhuhu. iuu. iu. La strada ke porta fuori da addis è trafficata, si pazienta, dopo un’oretta&1\2 scorre. A quel punto ci fermiamo, in posa x una foto o in cammino verso un gabinetto.


ad ognuno la sua attività

Siamo nella Rift Valley, che giù giù arriva fino al Mozambico. Parte molto povera dell’Etiopia, è macchiata di laghi, sulla riva di uno dei quali (il lago Ziway) abbiamo incontrato un folto numero di goffissimi uccelli chiamati Marabù; colorati, bruttini, passeggiano alti come persone sui sentieri fiancheggianti i laghi, hanno un’apertura alare ampissima, e sono troppo pigri per procacciarsi cibo da sé, così sono soliti pedinare avvoltoi e cibarsi dei loro avanzi. Dei parassiti enormi, ma molto dignitosi.


io sono un marabù e loro sono i miei amiketti

Superando la Valley si passa da Shashemene, cittadina d 90000abitanti dove nel 1963 l’imperatore Hailé Selassié (l’ultimo grande imperatore etiope) aveva concesso un terreno ai rastafariani che lo inneggiavano come Messia della redenzione africana. Ma col tempo, specie durante il Derg (il periodo etiope d stato socialista dal 1974 al 1991), la componente rasta ha perso sempre di + il rilievo a Shashemene fino a che qsta località non è diventata inospitale x i turisti, sporca e molto poco rispecchiante le proiezioni ke nutrivano su essa i seguaci d Marcus Garvey. Da queste parti è + facile ke ad Addis trovare ciclisti, ma anche bambini di pochi anni in piedi alla guida di rudimentali bighe.


i ciclisti salveranno un pianeta. devono decidere quale.

Poi sabato pome raggiungemmo Awasa, ma qsto è tutto un altro post fotografico.

,p

mercoledì 13 febbraio 2008

From Nairobi to...

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Bene, bene…la varicella è ormai un ricordo…o meglio, c’è ancora qualche crosticina a ricordarmi di averla avuta…

Adesso, seduto alla scrivania di Davide (in viaggio per le terre sudamericane), tra un Annual Report sul Congo, una presentazione per i Cantieri e una musichetta gentilmente offerta da Alberto, mi ritrovo a scrivere sul blog…

Non so bene, però, in quale categoria inserire il mio post, sicuramente Kenya… forse Caritas Ambrosiana… e perché no Moldova?

Vabbè, direi che dopo Milano, Nairobi e Chisinau è giunta l’ora di informare gli altri SCE in giro per il mondo, e tutti quelli che ogni tanto passano per questo Blog, che la mia avventura “kegnana” è sfortunatamente giunta al capolinea...

Insomma dopo un mesetto di intense riflessioni sono giunto… o meglio siamo giunti alla conclusione che in questo periodo il Kenya non fa proprio al caso mio….

E adesso?....ecco che entra in gioco la Moldova….

Allora …l’idea di terminare qui il mio anno di servizio civile all’estero non mi “sconfinfera” per niente…e anche i “Boss” sono dello stesso parere.

Perciò, visto che a Chisinau la Fra è da sola, che il lavoro non manca e che Moldova e Kenya erano in concorrenza fin dall’inizio, ecco l’idea di trasferirsi al “fresco”.

Non sono ancora sicuro di andare, perché è necessario avere alcune autorizzazioni, ma intanto le richieste sono partite…

Ok, adesso mi sa che lo sanno proprio tutti, un saluto e speriamo che la prossima volta non debba ancora scrivere da Milano…

Stefano

martedì 12 febbraio 2008

parlare con gli occhi...

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"ma un solo modo perchè il mondo salvi me
che io voglia star con te
che tu voglia star con me"
sono i versi di una canzone di quelle
forse un po' troppo mielose e che tu vorresti
incontrare chi le ha scritte e chiedere spiegazioni
che però alla fine ti stanno in mente
e non le dimentichi più

non le dimentichi più come il modo che ha baba joan
(87 anni e cieco) di stringerti la mano e di portarsela davanti alla faccia
per sentire che profumo fai.. e per tenerti lì ancora un po' con lui.. che si
sente tanto solo..

come il modo che il signor jacob musicista e pittore ormai paralizzato dalla vita in giù
ha di guardare sua moglie e di indicarti gli affreschi sul muro.. li ha fatti lui da giovane, per la loro casa
per renderla accogliente.. sua moglie lo guarda e sorride, ne va ancora fiera..

come il modo in cui Irina in una delle attività del centro sociale
disegna un cuore da portare alla sua mamma

come l'anziana madre di olga che appena ti vede apre la bottiglia di vino delle feste
o il professore allettato che non parla ma non smette un attimo di sorridere
a te proprio a te che sei lì senza dire o poter fare niente
ma ci sei

è così che mi ritrovo a camminare per le strada fangose di rosu, un villaggio al sud della moldova
rido perchè anche qui due vecchine stanno discutendo su chi delle due ha un'artrite più grave
intanto però si tengono compagnia
e mi viene in mente la mia nonna e le sue amiche
stesso strano modo di stare insieme

così penso che c'è qualcosa di strano
se forse più che la povertà estrema
mi colpiscono gli incontri
gli sguardi scambiati
mi colpisce la stretta di mano di baba joan
che prima di dirti che non
ha da mangiare ti dice che non c'è nessuno
che stia con lui a tenergli compagnia

allora quel cantante forse un po' c'aveva ragione..
chiaro che non è sufficiente
eppure a rosu
è stato un po' come trovare
un tesoro
qualcosa da "sarvare"
direbbe la mia nonna in sicilia...
vuol dire conservare, però a me piace pensare
che "sarvare" sia anche "salvare"
e a rosu mi sono sentita salvata

martedì 5 febbraio 2008

Cafasso's burning

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Cafasso House. Placidamente e tra le risa (!!!) dei miei interlocutori (Martin, kenyano, catechista nella prigione, e Paola, volontaria tedesca), parlavo della situazione politica italiana (ecco il perche’ delle risa). Assolutamente ignari di ciò che all’esterno iniziava a prendere forma.

Lascio parlare le fotografie…









Alla fine l’abbiamo avuta vinta noi. Bruciacchiati ma vincenti…

Kwa heri (cioè ‘a presto’)!!!

Ema

venerdì 1 febbraio 2008

2 incontri in carcere d un'infermiera

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INCONTRO IN CARCERE DI UN’INFERMIERA (in seguito a consultazioni con chi di dovere è stato deciso che è + sicuro tacere nomi ed indicazioni precise)

Un prigioniero di 31 anni venne per essere visitato. I suoi sintomi erano nausea, notti insonni e emicrania. Di fatto questi segni indicano vari tipi di disturbi psicosomatici che sono causati da ansietà e stress. Fisicamente il prigioniero non era in buone condizioni. I suoi vestiti erano molto sporchi e appariva molto emaciato.

Gli chiesi cosa lo preoccupasse che gli causava un continuo mal di testa. Improvvisamente scoppiò in lacrime. Disse: “Perché non mi uccidi, Dio? Non posso più credere in te”. Gli chiesi perché lo dicesse. “Guardami. Guarda il mio stato. Indosso degli stracci. Non mi sento bene perché da due anni nessuno mi viene a trovare. Mettiti nei miei panni e giudica tu. Non ho soldi neanche per comprarmi un sapone e lavare il mio vestito per metterlo pulito”.

Pianse almeno per 20 minuti. L’ho ascoltato attentamente. Gli dissi che sarebbe stato davvero benvenuto se la nostra prossima visita avesse desiderato venire a raccontarci come stava. All’istante gli occhi gli brillarono di speranza. Le sue lacrime si asciugarono immediatamente.

Lo rifornii di abiti puliti e di alcune medicine essenziali. Sorprendentemente, alla nostra visita successiva, lui corse da noi per ringraziarci. Mi disse: “Con la tua presenza hai allungato la mia vita di un pollice. Ho riguadagnato la mia dignità. Non sono più solo”.

N.B. Ci sono molti carcerati che condividono la stessa storia. In uno di questi carceri su 630 prigionieri ce ne sono più di 106 che, per molte ragioni, non ricevono visite.

N.M.B. Nessun detenuto –nessuno- ha mai chiesto a me o alle infermiere volontarie un soldo. Sono ben consapevoli della qualità del loro bisogno.

interno d un carcere

STORIA RACCONTATALE IL 24 GENNAIO 2008

Un ragazzo di 15 anni, imprigionato insieme a molti altri più vecchi di lui, venne per un consulto medico. I suoi occhi erano rosso fuoco. Lui si lamentava per la sua salute; disse che si sentiva stordito e che aveva la nausea. Era molto giovane per dei problemi del genere e anche per essere tenuto in carcere. La sua situazione era struggente. Mi disse che era stato condannato all’ergastolo. Confidandomi ciò gli occhi gli si fecero rossastri. Dei suoi parenti avevano testimoniato falsamente contro di lui per l’omicidio di una donna. Mi disse che non la conosceva e che lui non si trovava sul luogo dell’omicidio quando era avvenuto il crimine.

Si sentiva male dicendo che era affamato e allo stesso tempo impotente perché si trovava in prigione mentre quelli che avevano commesso l’omicidio erano fuori.

Visita dopo visita ho conosciuto spesso le lacrime dei prigionieri. Lui era emotivo, piangeva profondamente. Cercavo di comportarmi come mi sembrava meglio, con medicine, parole, ascolto.

N.B. Le false testimonianze sono retribuite profumatamente. È la storia di molti di questi detenuti: secondo il direttore di uno dei carceri di Addis, quasi più del 75% di loro sono imprigionati per false accuse. Un efficace meccanismo di corruzione a discapito dei poveri.

Ci sono dati che dimostrano come la maggioranza dei giudici non sia qualificata per esercitare la professione legale. Questo comporta che l’ignoranza e la negligenza dilagano come mai nella storia dell’Etiopia.

N.M.B. In Etiopia non esistono carceri minorili.

N.D.M.B. A causa dell’instabilità della nostra situazione politica, noi rimaniamo zitti (che vita!).

ragazzo al lavoro

AN ENCOUNTER BY A NURSE
A 31 years old male prisoner at one of the prisons came seeking medical attention. His complaints were nausea, sleepless nights and headache. Actually these signs indicate many sorts of psychosomatic illness which are caused by anxiety and stress. This prisoner’s physical appearance was not in good condition. His clothes were very dirty and looked very emaciated.
I asked Him what was bothering him that caused him a continuous headache. Suddenly he burst in to tears. He said “God why do not you kill me? I cannot put my trust in you any more”. I asked why he said. “Look at me and the state of my life. I put on rugged clothes. I do not feel good because I had no visitor for almost two years. Put yourself in my shoes and judge it for yourself. I have no money even to buy soap and wash my clothes and change clean one”.
He wept almost for 20 minutes. I listened to him attentively. I affirmed to him that he was most welcome to come to us and share his feelings at our visiting time. Instantly, his eyes lit up with hope. His tears dried immediately.
I supplied him with cleaning materials and some essential medicines. Surprisingly, on our next visit, he run to us to express his gratitude. He said to me, “You have lengthened my life an inch because of your presence. I have regained my dignity. I am no more alone”.
N.B. There are many prisoners who have got the same story. In a prison out of 630 prisoners there are over 106 prisoners who have no visitors due to many reasons.

STORY TOLD ON 24 JANUARY, 2008
A 15 year old boy who has put into prison with many others very older than him came to seek medical case. His eyes were red like a fire flame. He complained about his health. He said that he was feeling dizzy and having nausea. He was so young for such health problems and to be kept in the prison. His was heart breaking. He told me that he was sentenced for life long. Those eyes of his have turned turbulent when he expressed. It was witnessed falsely against him by his own relatives for murdering a lady. He said he never knew her and that he was not there on the spot during the crime.
He was extremely hurt saying he felt hungry and helpless at the same time because he was in prison and those who have committed the murder were outside the prison.
Visits after visits, I encountered prisoners expressed their emotions with tears. He was also emotional, wept bitterly. I took measures accordingly.

N.B. False witnesses are performed after gaining some amount of money. This is a story of many of these prisoners; almost over 75% of the prisoners are imprisoned falsely. It indicates that these are routine corruption against the poor.
There was an information that most of the judges were not qualified for such a profession. It implies also that ignorance and negligence erupted greater than ever in the history of Ethiopia.
N.M.B. There is no such prison for young prisoners.
N.D.M.B. Due to the instability of our political condition, we keep silent (what a life!).