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martedì 16 novembre 2010

La Via Lattea sorridente

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Esco da un piccolo bar… il primo dopo quasi tre settimane di permanenza sull’isola haitiana. Quattro chiacchiere, un sorso di birra, un momento di condivisione e relax. Beh, quale stupore più grande, arrivati alla soglia, nell’alzare gli occhi verso il cielo e sentirsi immensamente piccoli, avvolti da un manto stellato incredibile e da una sorridente via lattea. Non so l’ultima volta che ho visto una meraviglia del genere… che bello provare stupore di fronte a tanta abbondanza del creato!!! Ancora una volta scopro di essere piccola, forse un nonnulla; è una piacevole sensazione perché è come sentirmi racchiusa in un grande abbraccio. La vita notturna di Mare Rouge sta per concludersi: sono le 19.00. E’ ora di rientrare alla base. Mi sono dimenticata la pila: ancora non sono entrata nella logica di non avere sempre a disposizione la corrente. Le strade sono buie ma riusciamo a trovare lo stesso il cammino. Il non dare per scontato le comodità che per noi sono quotidiane, fa apprezzare per esempio la luce nella stanza che stasera funziona e mi permette quindi di scrivere, o l’acqua calda del tè bevuto a cena, perché oggi qualcuno è andato a riempire le taniche di acqua alla fonte di Mare Rouge.


Elisa Brivio


Foto di Stefania Cardinale

venerdì 12 novembre 2010

Se saremo ancora vivi

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Sono nella stanza con altre venti persone. Un letto è occupato da una donna malata. Attaccato al suo braccio una flebo… è arrugginita. Sugli altri tre letti ci siamo seduti tutti noi, che attendiamo la visita dal dottore. Sì, perché non ci sono sedie a sufficienza per tutti. Due persone si scambiano un piccolo pacchetto plastificato, poi cominciano a ridere: quell’uomo incita la “mademoiselle" a comprare la cura magica; si tratta di una medicina tradizionale (un misto di erbe e pasta fatta in casa). Per 2.000$ haitiani potrebbe essere la soluzione più facile per risolvere o alleviare le sofferenze fisiche e psichiche di gran lunga più complesse. Nella stanza non c’è la corrente: le luci sono spente e l’aria comincia ad essere pesante ed umida. Il dottore arriva nella sala e propone alla signora stesa sul letto di andare a Port de Paix e, se avesse la possibilità, a Port au Prince, per “risolvere” la malattia che l’attanaglia. I presenti nella sala ascoltano il responso del medico. Qui tutti conoscono tutto, non esiste privacy: le gioie come le sofferenze sono condivise.


Ogni volta si ripropone il medesimo problema: nelle piccole cliniche disperse sui monti di Mare Rouge è quasi impossibile riuscire a trovare una cura e dei dottori in grado di far fronte ai problemi e malattie dei suoi abitanti: le medicine e gli specialisti non arrivano fin quassù! Effettivamente per raggiungere Mare Rouge sono necessarie quattro ore di fuoristrada da Port de Paix, nove ore di fuoristrada dalla capitale. È terra argillosa e rossa quella che accompagna ogni giorno i passi della moltitudine di persone che si spostano per raggiungere fonti d’acqua e vendere i propri prodotti al mercato. È terra scivolosa, che si interpica tra banani e manghi. È terra che offre sostentamento ma che, nel contempo, obbliga ad un isolamento che segna il confine tra la vita e la morte. La gente che vive sui monti è di classe B, tra le povertà e miserie che affliggono l’intero Paese. Si muore di diabete perché non si trova l’insulina! Si muore soli, perché anche le famiglie abbandonano il proprio caro: è la legge della sopravvivenza, del più forte, ognuno deve pensare a se stesso. La vita, come la terra, se non produce più frutto, non serve a nulla.

Ormai nella piccola sala d’attesa del dispensario, si distinguono solo occhi che, irrequieti, cercano tra le quattro mura una soluzione. Ma la notte è già calata come un manto su tutto: copre le sofferenze e le speranze; domani sarà un nuovo giorno e, si Bondye vlé, sarà ancora Lui la presenza nella quale affidarsi, sarà Lui ad indicare nuove strade… se saremo ancora vivi.


Elisa Brivio

Foto di Stefania Cardinale

giovedì 11 novembre 2010

Se fossi nata ad Haiti

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Se fossi nata ad Haiti, oggi non saprei la mia data di nascita, quindi la mia età.

Se fossi nata ad Haiti avrei cinque, sette, otto figli da sfamare, diversi uomini da soddisfare, un solo amore vero ancora da sognare ed aspettare. Vivrei in quattro mura e qualche pezzo di lamiera tra i vicoli di Port de Paix: senza una rete fognaria, ogni mattina avrei dovuto scavalcare il rigagnolo di urina e odore che separerebbe la mia casa dalla strada.

Se fossi nata ad Haiti la mia giornata sarebbe cominciata alle 5.00, ai primi raggi del sole. Con il mio cesto di galline sulla testa ed i frutti raccolti da qualche banano e mango: sarei andata al mercato più vicino per appoggiare i miei prodotti sulle assi di legno ed attendere l’interessamento di qualcuno.

Se fossi nata ad Haiti, starei seduta al mercato in attesa: sguardo perso nel vuoto perché sarebbe davvero impossibile porre l’attenzione a tutte quelle persone, macchine, motorini, cani, bambini, carri, asini, cesti, cappelli, frutti, quaderni, carne, taniche di benzina, sandali, piedi scalzi,… che mi passerebbero davanti.

Se fossi nata ad Haiti la polvere di Port de Paix mi avrebbe infastidito gli occhi, i clacson dei fuoristrada ed i motorini mi avrebbero danneggiato i timpani, la terra dura e l’assenza di sandali adeguati mi avrebbero reso i piedi grandi e callosi.

Se fossi nata ad Haiti avrei chiesto “ghiv mi e dolar” al primo bianco incontrato.

Se fossi nata ad Haiti avrei dovuto trovare l’argent per comprare le divise richieste dalla scuola dei miei bimbi ed i nastrini colorati da appendere ai loro capelli crespi e soffici.

Se fossi nata ad Haiti ogni mattina mi sarebbe venuto spontaneo ringraziare il Signore per la vita, per il pane quotidiano, per la salute, per la forza fisica nel sopportare le fatiche della giornata.

Se fossi nata ad Haiti oggi non avrei potuto scappare da questo Paese che comincia di nuovo a morire schiacciato da una minaccia chiamata colera: avrei atteso inerme, imperterrita, il mio destino, pregando il buon Dio di risparmiarmi anche questa volta.

Elisa Brivio



Stefania Cardinale ed Elisa Brivio con l'equipe di Port de Paix

mercoledì 10 novembre 2010

Haiti continua a tremare

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Troppo facile descrivere ciò che si vede rimanendo chiusi in una macchina e scattando qualche fotografia dai finestrini alla moltitudine di tende e gente che brulica per le strade affollate di Port au Prince. Difficile scacciare la polvere che si appiccica alla pelle ed entra negli occhi: polvere di calcinacci, di case crollate, di vite distrutte. Haiti continua a tremare, sotto gli ombrelli colorati della moltitudine di venditori ambulanti, nei “tap tap” (mezzi di trasporti locali) carichi di persone ammassate l’una all’altra, nella vita quotidiana di chi, vivendo nelle tendopoli, cerca di nascondersi da occhi indiscreti mentre si lava in una tinozza di plastica. Haiti continua a tremare, ora più che mai, perché un terremoto lascia segni indelebili nel paesaggio ma soprattutto nella mente e nel cuore delle persone: crepe difficili da risanare perché sono le ennesime, dopo secoli di schiavitù e sottomissione. Questo è un popolo forte, che non si arrende facilmente ma che, nel contempo, si indurisce: è raro incrociare lo sguardo di un haitiano, difficile far credere di essere venuti per aiutare, quando “il bianco” ha sempre significato supremazia e violazione; il passato non si dimentica ed il presente certo non aiuta a riacquisire fiducia in se stessi e negli altri.


Il Palazzo Nazionale e la Cattedrale sono ridotti ad un cumulo di macerie: tutto è crollato come un castello di carte. Ormai questi edifici sono diventati l’emblema di attrazione da parte di europei ed americani: i bambini ci invitano a vedere gli avanzi di terra e cemento “vieni, qui è ancora più distrutto! …se vuoi posso accompagnarti all’interno!” nella speranza di ricevere qualche gourde in cambio della “visita turistica”. Mi sento a disagio perché ho la strana sensazione di essere nella realtà, ma completamente schermata da una campana di vetro che mi permette di essere mera osservatrice e non attrice.


Al calar del sole bisogna rientrare rapidi a casa, così dicono le regole previste dalle Nazioni Unite. Poche luci e qualche fuoco fanno intravedere la vita notturna della città: con passi spediti tutti ritornano alle proprie “case”: è trascorso un altro giorno, e già si sentono in lontananza voci che inneggiano canti e litanie; un ringraziamento semplice e sincero per un nuovo giorno che comincerà domani.

Elisa Brivio
Foto di Stefania Cardinale

mercoledì 11 novembre 2009

Prime Nostalgie...

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Sono ormai passati 50 giorni dall'inizio del nostro servizio civile, 22 dalla partenza per il Nicaragua e 9 dal ritorno della nostra amata Elisa (SCE precedente) in Italia.
La Eli è stata per noi una fantastica traghettatrice di anime, ci ha condotto sulle rive del nuovo mondo, tra indios e banani giganti, pipian, pitaya, naranjilla e nacatamales.
Si è dedicata a noi con tutta se stessa attraverso vari e improbabili rapporti nica: con i taxisti, con i responsabili dei progetti locali, con la trece, con la signora della venta, con i pandilleros del barrio, con il nostro mandante supremo Davide Caritas Ambrosiana, con i vari personaggi che ci hanno sistemato casa, con tutta la gente che fin'ora abbiamo incontrato.
Fin da quella prima colazione della domenica in cui è partita si è cominciato a sentire un vuoto nella nostra casetta, ma la presenza della Eli si è radicata nei nostri cuori così profondamente da assumere forma propria..













venerdì 23 ottobre 2009

Prima cena! Pollo con Yucca e chayote!

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All'aereoporto di Malpensa c'era tanta gente,
amici, fidanzati, genitori..
Saluti e auguri a tutti e poi via!
Pensavi, sull'aereo, di avere finalmente un pò di tempo per realizzare che stai lasciando un mondo per un anno intero..
Ma è impossibile: si chiacchiera col vicino di posto ( chi più chi meno, vero Fra?:), si guardano i film proiettati per animare il viaggio del passeggero, si legge, si guarda il tramonto fuori dal finestrino (finalmente!! Dopo 16 ore di sole anche per noi arriva la sera!) si dorme..
Poi si arriva!
Un bagno turco ci accoglie!
E' l'aria di Managua!
Primo segno..ma dove siamo?
All'aereoporto c'è Don Reinaldo ad aspettarci.. con semplicità prende le valige, le carica su un camioncino, ci porta a casa!
Casa!
Poco il tempo per guardarsi intorno, notare con qualche residuo di sorpresa che il "dentro casa" e il patio sono separati solo da una persiana di paglia.. decidere che stanza prende chi e fiondarsi a letto.....Qui sono le nove de la tarde ma in Italia sono le cinque del mattino, un pò di stanchezza si sente!
Dopo poche ore giunge il giorno, colazione, lava i panni del viaggio, a mano..wowowow..qualche mail a casa e tuffo in giro a Managua per le varie commissioni pratiche!
Col taxi son risate, quattro straniere, appetitosi polli da spennare!!
Ma grazie a Elisa, ex sce in Nicaragua qui con noi per un pò, impariamo subito l'arte della contrattazione!
Quello che succede dopo è un bagno di colori.
Il Nicaragua ha i colori dei pappagalli..ovunque, case, autobus, mototaxi..
Fuori dal finestrino immagini che avevi visto solo nei libri, e poi quelle foglie giganti.. su cui puoi quasi sdraiarti..
Si comincia a capire dove siamo..ma non lo diciamo troppo ad alta voce..
Il giorno dopo ci aspetta Nueva Vida..
Ce ne hanno parlato tanto nei giorni di formazione, è un quartiere alla periferia della capitale, sorto sulla riva del lago di Managua, per accogliere gli sfollati in seguito all'uragano Mitch..

Finalmente ci siamo arrivate, l'abbiamo vista.. ma è presto per descriverla..

Tengo in mente il proverbio maya raccontatoci da Davide in quel primo giorno di formazione, quando del Nicaragua conoscevo solo la collocazione geografica e un pò di storia..
..Sono stato un mese in America Latina, ho capito molte cose!
Ci sono stato un anno, ho capito ancora più cose!
Ci ho vissuto una vita intera..
non ho capito niente..


E noi?

Per ora ci accontentiamo di capire la lingua!!
Che non è poco!
Vero Moldove? ;)

sabato 15 agosto 2009

L'arrivo scoppiettante

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12 agosto 2009, Nicaragua, Ciudad Sandino…per la precisione Nueva Vida! Siamo qui da quasi una settimana…e già facciamo fatica a riordinare i pensieri, le emozioni e le esperienze vissute.
L’inizio è stato scoppiettante: tra il ritardo dell’aereo, una valigia ispezionata e rotta, una direttamente persa, giungiamo alla ridente Managua che è talmente bella e accogliente che le coordinatrici non ci hanno fatto passare più di 7 ore circa (solo per dormire in casa). Per nulla affranti dalla cosa, partiamo l’indomani per l’isola di Ometepe. La domanda del giorno è: perché sul traghetto che va su un’isola del più grande lago del centro america mandano in onda un film coreano anni 70 con i sottotitoli in inglese? Misteri della vita! Se poi ti tocca guardarlo con il lago mosso a causa della pioggia ( un grazie alla eli brivio che la gufava già da Managua) e l’aria condizionata ghiacciata sulla schiena, sai che la giornata non può che migliorare…
La giornata sì forse…ma la notte no. Forse non lo sapete ma in mezzo ad una natura veramente esplosiva, in una finca di campesinos ormai diventata un ostello ai piedi di un vulcano (il Madera), non vi può solo succedere di prendere le pulci, essere punti da qualche insetto o essere rapito da un monocongo (ribattezzato dalla cantierista Sara macongo, meretongo, mococombo…), ma potreste svegliarvi nel mezzo della notte facendo fatica a respirare a causa di una strana puzza di bruciato e scoprire che a fianco della vostra casetta degli intelligentissimi nicaraguensi hanno dato fuoco niente popodimenoche … a una cumputadora!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
A parte queste disavventure, che rientrano comunque nella normalità nicaraguense, l’inizio del cantiere non è stato niente male: ci siamo inoltrati nella lussureggiante foresta tropicale fino a raggiungere una cascata e i più coraggiosi si sono spinti, sotto la pioggia, lungo sentieri fangosi (ma veramente fangosi), fino al cratere del vulcano Madera.
Dulcis in fundo: una giornata di relax nelle piscine naturali per chi non è salito al vulcano…
Lunedì però è già finita la pacchia: si torna a Managua per dirigerci a Nueva Vida…ma questo merita un racconto a parte…

sabato 20 giugno 2009

Che felicità!

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Dopo tre giorni di attesa....finalmente sono arrivate all'aeroporto di Managua......sono loro, sono le mitiche 12 bandiere!

Non ci sono stati pesi di piombo che abbiano impedito l'arrivo a destinazione.....

un GRAZIE SPECIALE a tutte le persone che hanno collaborato alla loro realizzazione.

a presto le prime immagini di lanci... nell'aria di Nueva Vida.

domenica 15 marzo 2009

Una bella giornata

5 commenti:
Oggi posso dormire, è domenica.

Già, se non ci organizziamo per fare cento altre cose ci rimangono le mille della routine.
A volte le chiamano 'faccende domestiche'. Sembra un codice di mafia.....

Ieri sera mi sono accordata con Marta: lei lava i panni dalle 6.00 alle 8.00 (a mano, ovviamente) e io prendo il turno successivo così dormo fino alle 8.00!!!
Normalmente, quando andiamo al lavoro, la sveglia è alle 5.00 ed il potermi rigirare qualche oretta in più tra le lenzuola non mi dispiace affatto!

L'unica cosa che 'stona' sono i venditori ambulanti che già alle prime ore del giorno passano urlando e proponendo la propria mercanzia.
La prima è la signora del pane che, col suo carrettino ed una voce che, per decibel, non fa invidia a quella della Ricciarelli, urla un ' el paaaaaaaaan' ritmicamente scandito a tempi regolari.
Poi c'è il signore dei nacatamales (*), los ricos, che vende anche ensalada de fruta y frescos.
E' tutto logico, si va in ordine di necessità per la colozione....Poco a poco arrivano i dolci, poi la frutta, il venditore di gelato Eskimo con la campanella.......

Il vicino accende la radio, due opzioni: reggeaton o musica 'classica' Nica ( si parla di canzoni mielose d'amore e fanno, tra gli altri, la loro sporca figura i nostri Eros Ramazzotti e Laura Pausini....)
Per quanto triste possa sembrare: preferisco la seconda opzione.
A questo punto, dato che i vetri vibrano e le sonorità si mischiano, è sempre più difficile rimanere a letto.

Ok Eli, alzati, è ora.

Marta ha già riempito il patio di ropa (vestiti) lavata. Sembra un mercato.
Lei indaffarata ed instancabile. Una lavatrice non avrebbe reso come lei, questa mattina.
Il bidone di biancheria è già quasi vuoto. I suoi abiti e quelli dei bimbi.....

Che bimbi? ah, non ve li ho presentati?.....
I bimbi.....bhe, sono due ragazzini,ormai...
Lui è Wiston e ha 10 anni, quasi 11, lei è Xochilt (si legge Socil) e ne ha 13, quasi 14.
Sono i nipotini di Marta. No, non di sangue, il legame è ancora più forte. Li ha conosciuti appena venuta in Nicaragua, quando erano veramente piccoli, 10 anni fa......
La storia non la so bene, non la voglio chiedere e mi interessa relativamente, so che quello che vivono e condividono è veramente forte e bello.
Lei si prende cura di loro, segue la loro educazione e molte delle loro necessità. Loro la chiamano zia e le vogliono un bene dell'anima.
Tutti i fine settimana sono qui a casa nostra e, se non siamo in giro a conoscere il Nicaragua, ci godiamo tanti bei momenti con loro.

Uff....mi sono persa.....dunque....i bimbi ve li ho presentati.....i loro panni sono stesi nel patio....
Gli altri dormono....
Aiuto Elisa a lavare i piatti. Cioè, io li asciugo....prepariamo la colazione....caffè profumato, latte, pane e marmellata di mango, papaya e jocotes (*2) aromatizzata con chiodi di garofano e cannella ( questo giro mi sa che c'abbiam proprio azzeccato...).
Poco a poco si svegliano tutti....Elisa si prepara per uscire, oggi va alla laguna de Apoyo coi suoi colleghi.
Si è fermato anche Pancho a dormire...un amico di Marta. Un tipo strano...è simpatico e interessante. E' ingegnere civile ma fa il cuoco. Ha viaggiato molto, ha tante stori da raccontare.....

Mi metto a lavare...Acci, quanta roba!!!......Inizia a fare caldo......
Di buono c'è che la rapidità con cui si asciuga la biancheria è impressionante....

Xochilt e Wiston sono una gioia...è un piacere stare con loro...Mi fanno ridere!! Sono così ingenui e allo stesso tempo saltan fuori con certe frasi che mi stupiscono.....

La giornata passa veloce con loro...è un condividere, un insegnare, un ricevere....Sono genuini e spontanei...sono ancora bambini ed è un meraviglia!
E' allegria.

S'insinuano in camera mia, dopo pranzo a curiosare cosa io stia facendo...
Wiston balla....
Xochilt alza gli occhi....lei ormai è 'signorina'.....Ieri, in spiaggia, mi ha chiesto se conosco l'amore, come si fa a riconoscerlo, cosa ti fa provare e perchè. Sudavo freddo. Ahahah

Sono due vulcani............così diversi tra loro e così vivi.
La giornata prosegue, semplice e felice. Preparo il caffè, si chiacchiera, si programmano viaggi, si sogna.....si ascolta musica....

Nel tardo pomeriggio se ne vanno, tornano a casa. Marta li accompagna dall'altra parte della città.
Ci vediamo il prossimo fine settimana....
Anche Pancho va.
Io rimango.....vi scrivo. Serena.
Tra poco torna Elisa, mi racconterà tutto della sua giornata...nei dettagli.....come sempre....
Ci berremo una birra, prepareremo la cena. Forse vedremo un film....

Cos'ho fatto, alla fine, oggi?...Mha....niente di particolare, però di certo ho passato una bella giornata.....


(*) nacatamal: piatto tipico del Nicaragua di origine indigena. Ci sono molto varianti in tutto il Centro America. E' generalmente composto da un impasto di farina di mais, latte, patate, peperoni verdi, cipolle, aglio, sale, spezie, foglie di menta, il tutto avvolto in foglie di banano e normalmente cotto al vapore. Si trova di due tipi: con pollo o con maiale.





(*2) jocotes: piccolo frutto ovale con un singolo seme tipico delle regioni tropicali delle Americhe. Quando acerbo si può mangiare con sale; maturo assume un colore rosso e può essere mangiato con o senza pelle. ( aggiungo: estremamente BUONO.)





domenica 25 gennaio 2009

Pintaggio casa

3 commenti:
Anche oggi mi è preso lo schiribizzo di dipingere un po'.... forse sta diventando un'ossessione...forse un semplice e puro divertimento!!!

Ricordo comunque con piacere l'inizio di tutta questa avventura, cominciata a novembre 2008 con le mie mitiche compagne di viaggio...



Vi terrò aggiornati sugli sviluppi della nostra casettina ..... ogni giorno diventa sempre più carina!!!!



Che bella soddisfazione!

Lo stupore di fronte ad...... un fiore!!!

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E' solo un fiore, che sta nascendo su un albero che non mi apparteiene, che non ho comprato, un albero, potrei dire, anonimo!
Eppure quel semplice fiore che ogni giorno svela un petalo nuovo, suscita in me una grande emozione: come se vedessi rinascere la vita, come se vedessi un'oasi nel deserto.


Alcune indicazioni geografiche:
Nicaragua, Ciudad Sandino, barrio Nueva Vida

giovedì 22 gennaio 2009

Uno spunto di riflessione semplice....para compartir...!

1 commento:
ciao a tutti,
vorrei condividere solamente un paragrafo di un libro che sto leggendo.

Ancora una volta mi rendo conto come alcune pagine di libro possano diventare significative ed essere associate a momenti particolari di vita ed emozioni che si stanno vivendo.

Il libro s'intitola "tre tazze di tè" di Greg Mortenson e David Oliver Relin;

"La prima volta che dividi il tuo tè con un baltì, sei uno straniero. la seconda volta, sei un ospite onorato. la terza diventi parte della famiglia.

....

Haji Ali mi insegnò a condividere tre tazze di tè, a rallentare, considerare la costruzione di rapporti importante quanto quella di edifici. Mi insegnò che avevo più da imparare dalle persone con cui lavoravo di quanto potessi mai sperare di insegnare loro."

Penso che spesso viviamo un po' questo senso di "presunzione", di "onnipotenza", del "tutto e subito". Riscoprire il senso delle piccole cose, dei gesti quotidiani, degli sguardi.... stare ai tempi dell'altro, saper aspettare, attendere, saper ascoltare, saper stare anche nella "frustazione" del non fare apparentemente nulla...

Queste sono le cose che l'esperienza nicaraguense mi sta facendo riscoprire con prepotenza e con rinnovato entusiasmo!