lunedì 31 marzo 2008

intercETtazioni

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Quando arriverai a 27 anni te ne renderai conto”.

Stefania Cardinale, 23.11.2007


Addis ha un sindaco molto bravo. Appartiene al CUD. Vive a New York”.

Donna etiope, 24 03 2008


Un poster missionario italiano scorto in una missione cappuccina recita: “Insegniamo a fare ed impariamo ad essere”.


Voi italiani siete così buoni con gli animali che loro lo sanno. Per questo i gatti vengono da voi”.
Tolde, 30.1.2008


"Gli standard etici di una società possono essere misurati sulla base delle responsabilità che noi siamo in grado di assumerci riguardo la vita e l’umanità degli altri. Siamo tutti guardiani dei nostri fratelli. Tutti in qualche modo coinvolti nella dimensione della colpa e del peccato, in qualche modo tutti colpevoli per il male che c’è nel mondo, e tutti dobbiamo farci responsabili per i lavori di giustizia che rende la società più umana”,

Sara Carcatella, 2007

martedì 25 marzo 2008

x' 6 qa?

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Un mese fa ho scritto qsto pezzo per lo Unity, il mensile del Segretariato Cattolico Arcidiocesano. Ho buttato delle idee italiane, le ho infilate in una vestaglia inglese, Sara ne ha ricamato un abito dublinese e Eyenaddis le trascrive in un Gabi amarico. Poi mi son detto “Beh, già che l’ho scritto, lo posso girare in Italia, per certi versi ha a ke fare colla storia d “Acque Etiopi” quella tra ottobre e novembre, dài, qdo trovo 1\2 pomeriggio”. Il 1\2 pomeriggio l’ho trovato, non ho trovato la bozza originale, qdi l'ho ritradotto in italiano, un po’ ragionandolo d nuovo. L’esito qua sotto, the result here below below.





“Perché sei qua?”


Ehilà, ciao, buongiorno, tenayasatallana, o tenèstlì. Sono Paolo, il ragazzo italiano, volontario di Caritas Ambrosiana... yeah, lui. Lavoro colla ***** **** ****** ********** e qualcheduno mi ha chiesto di scrivere un articolo su questo giornale, e magari tu sei interessato a leggere del perché io sono in Etiopia.

Credo che per me essere qua sia una micidiale opportunità di crescita, conoscendo un po’ un’altra cultura, con i suoi aspetti positivi e negativi. Ma per spiegarmi bene, è meglio partire da un’altra sponda: ho avuto la fortuna di andare in Africa quando ero più giovane e da tutti i viaggi sono tornato un po’ cambiato, e mi piaceva come cambiavo.

Non è facilissimo comprendere una decisione come la mia, ma è possibile. Quando sono partito, mia sorella mi scrisse che lei non riusciva a capire perché io lasciassi casa: se fosse stato per lei mi avrebbe incatenato alla tazza del cesso fino a quando non mi passava l’idea; anche qui ho visto che un po’ di persone erano stupefatte quando hanno scoperto che volevo vivere per un anno in Etiopia come servizio civile. Perché? Così tanti di noi vogliono vivere in Italia, e tu vieni qua?

Ok, alla base della mia scelta c’è un credo politico (in senso ampio): l’ingiustizia vige sulla Terra e l’economia guida tutto; mi piacerebbe che la politica e l’etica si sposassero (nascerebbe la “poletica”), ma non sembra realistico in un mondo del genere. Non importa: io credo che un altro mondo sia possibile (non solo dopo la morte), e per realizzarlo ciò che posso fare è prima di tutto cambiare me stesso. Spesso sogni e realtà sono lontani; per renderli comunicanti io voglio che gli ideali guidino la mia vita e allora decido di venire qui. Il passaggio non è matematico, hai ragione: lo stesso ragionamento potrebbe portare un altro a non muoversi dalla sua tana. Perché pure in Italia ci sono molte povertà, non solo in senso stretto, economico, ma soprattutto collegate ad una pochezza spirituale e morale. E allora? È per liberarmi da alcune di queste miserie che sono qua, a vedere un po’ come si vive in un’altra maniera, da un’altra parte, sebbene sappia bene che non sarà sufficiente.

Venir su nel benessere spesso porta a crescere bisogni disumani, che non appartengono all’uomo, e ci si ritrova inquinati di desideri di polistirolo, conseguenze del materialismo bombardante. Nel mondo Occidentale il lavoro è strettamente connesso allo stipendio: più prendi, più consumi, più 6 felice. E così, senza ke necessariamente ce ne si renda conto, l’“avere” diventa + importante dell’“essere”.

Stare un po’ in Africa mi può insegnare alcune cose: vi riconosco una sensibilità + affinata di quella europea nel campo della relazionalità, della spiritualità, della conseguente gestione del tempo. Certo, la difficoltà finora maggiore è quella di mancare nelle relazioni italiane (familiari e amicali) e lavorare al computer nell’ufficio di una metropoli non è esattamente l’idea che ho di Africa, ma, si sa, è difficile che la vita (o Chi per essa) ti dia quello che ti aspetti. Talvolta ti dà di +, e quasi sempre per altre strade.

Paolo Dell’Oca

venerdì 21 marzo 2008

Franza !!!!!!

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Carissima Franza, noi siamo nei qui... tu... sei nei li... probabilmente stai ancora facendo le nanne e le ragazze ti stanno aspettando alla stazione degli autobus!

Il nostro viaggio è andato bene il pullman era a due piani e a quattro stelle, Joan era con noi, ai confini nessun problema la chiara non si è mai svegliata, l'elisa se l'è fatta addosso e io stavo cadendo dal pullman alle 3!

L'autogrill era all'aperto, soprattutto i bagni e la luna ci illuminava a giorno.

Adesso ci aspetta una Crepe perciò ti salutiamo, fai la brava e occhio al gas...

Ste, Eli, Cia

P.s. per gli estranei...siamo a kiev....buona pasqua!

EASTER or SOUTHER?

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Per Pasqua volevo offrire 1 contributo un po’ di spessore. Quindi mi faccio a lato e lascio parlare Tonino Bello, inoltratomi da Ema, Silvano Fausti e incollo un estratto dall’introduzione del libro “Inter-culture”, il terrorismo del denaro, che m’ha allungato dax. Se “Pasqua” nel mio dizionario interattivo della lingua inglese monopolizza il significato della parola “Easter”, “Souther” viene tradotto con “vento dal sud, specialmente nell’accezione di burrasca”. Per fedeltà al titolo, quindi, non posso andarci piano.

Tonino mostra una meta, un punto d’arrivo, una gratuità dal sapore d santità, propria d ki riesce a vedere come strutture d peccato (strutture di peccatoooo) crocifiggano quotidianamente molti di noi, talvolta mascherate da “forme di ricchezza”. E vengono invidiate, idoli che già ci possiedono nel momento in cui magnetizzano i nostri desideri. Nel 1995 Padre Silverio Farneti scriveva come dovesse ancora trovare un ateo tra gli Etiopi del Kambatta-Hadya. O uno psicologo, aggiungerebbe il tanzano Elio, accennando a qdo noi siamo gli idoli di noi stessi. Avevo detto che mi facevo da parte? Partiamo dagli ultimi, allora. E dal bello.
“Partire dagli ultimi, dai poveri: non è l’ultimo ritrovato della inesauribile furbizia clericale che cerca spazio sul mercato della popolarità. Una Chiesa povera, semplice, mite. Che sperimenta il travaglio umanissimo della perplessità e della insicurezza. Non una Chiesa arrogante, che vuole rivincite, che attende il turno per le sue rivalse temporali. Ma una Chiesa disarmata, che sa convivere con la complessità. Che lava i piedi al mondo senza chiedergli nulla in contraccambio, neppure il prezzo di credere in Dio, o il pedaggio di andare alla Messa alla domenica, o di una vita morale meno indegna e più in linea con il Vangelo”.


perché qua non è Pasqua? dove vado?
Appiccico Silvano, invece, qdo scrive della preghiera. Per come ne parla, per me illuminante.
“Ogni forma di meditazione e di preghiera, compresa quella liturgica, o è una ricerca del proprio piacere – c’è anche quello spirituale, oltre a quello fisico, intellettuale e del cuore! – o ha come fine quello di preparare e disporre la persona a rimuovere da sé ogni schiavitù, e così poter cercare e trovare la propria autenticità. Solo in questo modo ami davvero Dio e raggiungi quella verità in cui e per cui sei stato creato. Diversamente ogni tua pratica spirituale non è un atto di amore per l’altro. Ma un semplice farti solletico allo spirito, provare delle sensazioni che ti chiudono nel tuo io, invece di aprirti a Dio. Questo “autoerotismo spirituale” è scambiato da molti per vita spirituale. Pregare per le buone sensazioni che puoi ricevere dalla preghiera è come amare un altro per il piacere che ti dà. In realtà non ami l’altro, ma solo il tuo piacere nell’altro. Ma amare è piacere all’altro!”.
Poi un intervento + laico (ma non laido), che i laici sono Chiesa come i sacerdoti, per mischiare ulteriormente la fede con la realtà, nello specifico la realtà della cooperazione. Variegato ambito nel quale il servizio civile nazionale all’estero si muove, e così il settore internazionale di Caritas Ambrosiana.


mettersi in rete

"La cooperazione nasce dall'incontro tra persone, dal dialogo e dalla simpatia dei nuovi rapporti culturali e sociali che vi fanno seguito, dal voler condividere e partecipare a percorsi comuni di vita. La cooperazione non è una "forma anonima" di aiuto che governi e istituzioni possono offrire e scambiarsi in condizioni di emergenza. Il contributo originale e innovativo delle organizzazioni della cooperazione internazionale è rappresentato non dalla realizzazione del singolo progetto o dal soddisfacimento di un bisogno urgente, ma dal fatto che questi interventi costituiscano l'occasione d un incontro tra persone e famiglie, innestino rapporti d solidarietà, diventino un progetto comune capace di riprodursi e ampliarsi fino a coinvolgere altre persone, altre famiglie, altre comunità. Nella cooperazione nessuno aiuta nessuno, ma si impara a vivere insieme. Per queste ragioni la cooperazione richiede tempo, e nella cooperazione non si cambiano progetti e paesi, così come non cambiano facilmente gli amici".

And so, “Good Souther”, readers. E guardiamo in basso. E dentro.


pa

sabato 15 marzo 2008

Tenastellen Ethiopia

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Tempo effettivo etiope 4 mesi. Una stagione è una buona quantità di ore per fare la conoscenza. Fai in tempo a superare un sufficiente numero di step tipo scegliere come salutarla, guardarla negli occhi la prima volta, quasi di sfuggita, rincontrarla verificando la prima impressione, pensare a lei da lontano, ipotizzare come si comporterà in una certa situazione, entrarci in confidenza amicale toccandole il braccio quando le parli, vedere come si veste per la festa, starle vicino in un momento poco felice, stancarti di lei, allontanarti senza motivo, e poi tornare con una consapevolezza appena più profonda. In una stagione vissuta a pieno succede questo con uno dei personaggi delle mie storie, un personaggio importante, portante, la cui voce funge da colonna sonora di tutti i racconti fino ad oggi postati. Era giusto che ve la presentassi. Lettrici&lettori: l’Etiopia.


siccome il pezzo è un po’ pacco, spalmiamo almeno una foto un po’ frikkettona. ma poi il titolo della foto lo mostra tutto anke se è lunghissimo? cioè mi stai facendo credere ke po3i celare delle bonus track a mò d didascalie? eh, eh.. qsta era una cosa ke forse era meglio ke non scoprissi.. po3i anke mettere tutti i miei prossimi post come titoli d foto? ma avrà un limite? iniziamo così, poi si vede. ecco, così. ancora un po’… basta.
Lei è enorme: spaziosa come Francia, Germania, Polonia messe insieme[1]; via, mettici anche San Marino. Sta molto male, incontrarne la sofferenza (cosa ke io non ho fatto, se non superficialmente) è drammatico. Snocciolati, grani di un rosario laico (mistero del dolore), i dati recitano: Etiopia 169° su 177[2] per indice di sviluppo umano ma ULTIMA tra gli Stati popolosi (ne conta + d 74, forse 80, ness1 lo sa, ma pare cresca d DUE MILIONI all’anno[3]). Per quanto altro vi scriverò, questa appena riportata è secondo me l’indicazione più grave: ultima tra gli Stati popolati da + d 20 mln d persone, per indice di sviluppo umano, dato che incrocia attesa di vita, istruzione&alfabetizzazione E PIL procapite (a parità di potere d’acquisto), quest’ultimo il + basso del mondo[4]; l’81,9% della popolazione vive con meno di 1 dollaro al giorno. Molto meno: una famiglia povera d Addis, diciamo appartenente al 22% più basso (che però è rappresentativo del Paese fuori dalla capitale) si sfama con 20 centesimi d € a testa, non ha acqua corrente né servizi igienici[5]; ciò significa che una mia cena al ristorante la pago facciamo 60birr (meno d 4€), come il costo dell’alimentazione di 24 giorni di una persona etiope. Le buone cose? La crescita del PIL al 9.6% (ma si tratta di dati governativi, ridimensionabili al 5/6%, in piena media sub sahariana), gli investimenti diretti dall’estero, e, questo sì, il crescente numero di università (21, comprese le 8 in costruzione[6]).

Ovviamente c'è un sacco d altro, un sacco d'immondizia per la precisione: sostegni governativi nulli per le iniziative imprenditoriali dei privati; precipitazione libera della moneta locale[7]: l'inflazione sela sbrazza sul 20%, ma grano mais e sesamo --> 30 150 e 100%[8]. La prostituzione è talmente diffusa che al gradino + basso dell'offerta è possibile attirare le attenzioni di una ragazza a 5 birr. 30 centesimi d €. Aids all'8% 2° il ministro della sanità etiope[9]. E leggiti qsta: un governo ke pur d negare ufficialmente la presenza dell'epidemia di colera costringe i medici a denominarla epidemia di "acute water diarrhoea"[10].

Dai 3 ai 5 mln di malnutriti cronici[11]; una tesi interessante arriva da Amartya Sen, Premio Nobel per l’Economia 1998: “Nella spaventosa storia delle carestie non ce n’è mai stata una grave che abbia colpito un Paese indipendente e democratico, con una stampa relativamente libera”[12].

In Etiopia gli aiuti internazionali rappresentano 1\3 del bilancio dello Stato ed erano stati interrotti x le violenze governative (torture, pestaggi alla morte, strangolamenti, spari alla testa) con cui il 1° Ministro Meles Zenawi[13] azzittì le manifestazioni contro i brogli del 2005[14]; ripresero con l’impegno etiope a Mogadiscio. Corruzione interna, gestione del potere in mano a Zenawi e ai suoi amichetti (qdo ha proposto il cambio di alcuni ministri, questi l’hanno affettuosamente ricattato. Cosa sapevano?). Aspetta, lo riscrivo, ke anke qsto è decisivo, e tu te lo rileggi: M-E-L-E-S Z-E-N-A-W-I della stirpe di quelli che il potere politico gli rimane appiccicato come l’Unico Anello, ke gli permette d farla franca, ma ogni volta che lo USA corrompe un po’ d + il suo mondo. E ke sicuramente, mentre la fa  franca, ha dietro qcno (..) ke non compare mai, forse tale Svat, d cui però so moltopoco.

giovedì 13 marzo 2008

Andreij

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Giornata strana e lunga quella di oggi. La sveglia è un po' prima del solito... mi aspetta l'ospedale... niente di grave, solo gli esami (qui sono di routine) per avere il permesso di soggiorno.
La Fra, vista la mia “passione” per il sangue mi fa: “Va che dove fanno i prelievi ci sono dei barattoli pieni!!”... insomma sono abbastanza certo che un mancamento mi colpirà... e addio permesso di soggiorno!
Usciamo di casa, alle 8.10 appuntamento con Ghizza, Gigi, Ghena, Gheorge....ma quanti nomi ha??? Quasi come me....
Gigi sorridente, mi dice “Sei pronto?” e io “Abbastanza...”.
Arriviamo al policlinico e... dopo un'ora sono già fuori! Non sono svenuto, ma ho incontrato la dottoressa Pic che indolore mi ha prelevato il sangue dal braccio, la dottoressa Vampira che mentre mi chiedeva a ripetizione “Sente bine?” mi ha asportato sangue dal dito per un paio di minuti e il dottor Cruciverba che durante la radiografia ai polmoni stava rispondendo, se non sbaglio, alla 7 verticale del giornale di oggi.
Arriviamo in ufficio ed è già ora di ripartire, è sempre “Gigi” al volante, con noi ora ci sono anche la Fra e Nadia, destinazione Ucrainca.
Ucrainca è un villaggio a sud della Moldova, l'ultimo prima dell'Ucraina e questa estate, proprio li, ci saranno i campi estivi.
Dopo un'oretta e mezza di strada moldava arriviamo a destinazione. Veniamo subito accolti da Parinte (il don all'italiana) Mihail che ci porta prima a visitare i luoghi dove si svolgeranno le attività la prossima estate e poi a vedere un po' il villaggio e tutto quello che ci sta intorno.
Al termine di questo interessante “tour” non può mancare una visita alla chiesa. Il Parinte ce ne racconta la storia e prima di uscire ecco spuntare una carrozzina. E' una carrozzina usata, un po' sporca, non ha un bellissimo aspetto; tra l'altro ci sono 2 pezzi in più che, nonostante un quarto d'ora di impegno, non riusciamo a capire come utilizzare.
Usciamo dalla chiesa con questa carrozzina, ritorniamo sulla strada e iniziamo a incamminarci, ma non sono riuscito a capire per dove... oggi il tempo non è bellissimo, il cielo è grigio è il vento è fastidioso e freddo... dopo 5 minuti di cammino, noi e la carrozzina, incrociamo un bambino che ci guarda, ci sorride e ci fa “Bona Ziua” (Buon Giorno)... è la prima persona che incrociamo su questa lunga strada sterrata e anche l'ultima... fino a quando non entriamo nel cortile di una “villetta” che costeggia la strada.
Suoniamo... si presenta una signora... ancora non capisco perchè la carrozzina è con noi... forse servirà a qualcuno della casa... ad un certo punto la signora rientra nell'abitazione ma, dopo qualche secondo, eccola rispuntare... ha in braccio Andrej.
Andrej ha 11 anni ma fisicamente ne dimostra 6-7, quando non urla ha una faccia troppo simpatica, sembra che rida (sembra...) e comunque non può camminare...
L'incontro con la carrozzina non sembra essere di suo gradimento, non vuole proprio saperne di sedercisi sopra, si ribella e non poco... Gigi prova a prendergli la mano e appoggiarla sulle ruote, Andrej non gradisce ma poi quella mano non la mollerà più... Nadia gli regala un “gianduiotto” che lui vorrebbe mangiare con la carta... mossa non saggia caro Andrej... la carta se ne va e il gianduiotto anche...
Andrej adesso è tranquillo, la mamma sembra felice e per noi è ora di tornare... stiamo per uscire ma ecco che entra il bambino che abbiamo incontrato per strada... è il fratellino di Andrej! Ora mi spiego perchè ci sorrideva, aveva già capito tutto... non come me!
Mi giro ancora una volta prima di uscire, la mamma ci saluta sorridente, il fratellino incomincia a fare le prime “evoluzioni” con la carrozzina e ad Andrej, che adesso ha smesso di urlare, gli è rimasta la faccia simpatica...
Sono solo le 14.30 la giornata è ancora lunga, ci aspetta il pranzo da Parinte Mihail, il ritorno sulle strade moldave, la festa in ufficio per il compleanno di Mariana...adesso sono ormai le 10 di sera, mi sto apprestando a vedere un film, anche se non so ancora il titolo, ma nella mia mente si ripropone sempre lo stesso pensiero: “Non avrei mai pensato che una carrozzina usata, mezza sporca e un po' così così potesse far sorridere qualcuno...”

Stefano

lunedì 10 marzo 2008

Happy new year!

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Pubblico qui sul blog un articolo uscito oggi sul quotidiano Daily Nation, interessante per comprendere alcuni sviluppi, aspettative e preoccupazioni, a seguito dell’accordo di condivisione del potere siglato circa dieci giorni fa da Kibaki e Odinga.

NOI APPARTENIAMO A UN UNICO GRUPPO ETNICO CHE SI CHIAMA KENYA

Dal momento che ai kenyani è stata tolta la possibilità di festeggiare l’arrivo del nuovo anno, hanno scelto di celebrarlo il 29 febbraio, il giorno dopo l’accordo di una coalizione di governo tra Kibaki e Raila, che andrà a cambiare il modo in cui il nostro paese è governato.
Dopo due mesi di tensione, caratterizzati da uccisioni e caos nel paese, era palpabile un diverso umore nel Kenya: colleghi di lavoro e vicini di casa appartenenti a differenti gruppi etnici o differenti partiti politici che si erano ignorati per settimane, hanno ripreso a rivolgersi la parola.
“Happy new year” – un augurio che si poteva sentire ovunque, nei bar, nelle strade, anche sui matatu.
Comunque, a differenza delle esultanze che seguirono la vittoria schiacciante del governo NARC nel 2002, in questo caso le celebrazioni sono state ben diverse. Un atteggiamento comprensibile visto l’alto livello di sofferenza che il paese ha vissuto a partire dal 30 dicembre.
Centinaia di kenyani sono ancora in lutto per la perdita dei loro cari uccisi negli scontri e centinaia di migliaia vivono ancora nei campi profughi, dopo aver perso non solo la propria casa ma anche ogni fonte di sussistenza.
Coloro che non sono stati fisicamente colpiti hanno vissuto un altro tipo di trauma. La maggior parte dei kenyani infatti ha percepito gli effetti dell’animosità etnica e dell’odio manifestatosi in forme più o meno gravi.
La perdita peggiore durante la crisi è stato il concetto di appartenenza a un’unica nazione, a un unico gruppo etnico chiamato Kenya. Questa perdita è incommensurabile e ci tormenterà per gli anni a venire.
Ma potrebbe essere non troppo tardi per capovolgere la situazione. Il vero test per i nostri leader sarà proprio come saranno in grado di creare un’identità nazionale in un paese ora molto diviso.
Sfortunatamente dobbiamo ancora vedere segni di questo. I politici stanno parlando di come dividere le cariche tra i diversi gruppi e di come creare nuove cariche per accontentare le 42 comunità etniche.
Io sono dalla parte della diversità e della rappresentanza proporzionale nei posti di lavoro pubblici. Ciò che critico è il mito, perpetuato dai politici kenyani, in base al quale una posizione nel governo automaticamente porta a vantaggi o prosperità per il gruppo di appartenenza di quel politico. Chiedi a un Luo che passeggia per Nyanza se avere un ministero del governo guidato da un politico del suo gruppo lo ha aiutato ad avere più cibo, e la risposta, ci posso scommettere, sarà: No! Allo stesso modo, avere un presidente kikuyu è servito a poco per migliorare le condizioni di vita delle centinaia di kikuyu che abitano a Mathare o Kibera.
È però vero che gli enormi poteri nelle mani del precedente presidente hanno dato a loro (i kikuyu) illimitato accesso alle risorse pubbliche, usate spesso per avvantaggiare la propria comunità, o più spesso determinate cricche, invece che intere regioni. Così facendo hanno creato l’illusione, o meglio, il grande imbroglio, di far credere a milioni di kenyani che avere un membro del proprio gruppo etnico al potere avrebbe miracolosamente trasformato le loro vite. Per mantenere questa illusione, era necessario che i politici continuassero a mantenere divisi i kenyani.
[…] La de-etnicizzazione della politica deve essere il primo compito della nuova coalizione.
Un altro è cambiare il modo con cui la gente vede il fattore etnico in Kenya. A causa del trascorso coloniale, la maggior parte dei kenyani ha una relazione di amore-odio con la propria identità etnica.
Da una parte coloro che aspirano alla modernità o che mirano a salire nella scala sociale si dissociano dalla loro identità etnica, scoraggiando i bambini dall’imparare la propria lingua materna e spendendo anni cercando di rimuovere tracce del loro accento etnico mentre parlano in inglese.
Dall’altra parte questi sono gli stessi che fanno della propria appartenenza etnica uno dei fattori principali nel cercare un impiego o che chiudono gli occhi quando un membro del proprio gruppo etnico viene preso con le mani nel sacco.
Di per sé l’identità etnica è una buona cosa, è un patrimonio culturale e dovrebbe essere causa di orgoglio per ognuno. Ma quando è usata per sopprimere o escludere persone, diventa oppressione. Se noi, come nazione, possiamo riconciliare le nostre diverse identità etniche con la nostra aspirazione ad essere una nazione, allora avremo davvero una ragione per festeggiare un nuovo anno.

(di Rasna Warah)
 
 

Saluti a tutti,
Ema

domenica 9 marzo 2008

Mamma che freddo!!!

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Sono esattamente 13 i giorni trascorsi dal mio arrivo in Chisinau....

12 giorni sono filati via, coccolato dal tiepido vento di Primavara (qui si chiama così...), inizia una nuova settimana... Elisa che ha “aperto” l'ufficio chiama la Fra e dice “Si muore di freddo!!!! Portatemi un maglione!!!” Io penso: “Sarà la nuova pettinatura alla Mila Jokovic (ma come si scrive?) che, Valentin “il parrucchiere”, gli ha recapitato in testa...forse avrà freddo al “coppino” data la potatura della folta chioma...”

Usciamo di casa... inizia a piovere... non ho l'ombrello... per fortuna che metto sempre le felpe col cappuccio... oggi no!... affrettiamo il passo... aumenta la pioggia... finalmente saliamo sull'autobus!
Quando sono nuovamente asciutto... si scende!

La pioggia è ancora più fitta... la strada per l'ufficio (5 minuti... forse meno) sembra lunga come il campo di Holly e Benji... arriviamo, diamo il maglione alla statua di ghiaccio di Elisa e andiamo in ufficio... o meglio sulla scrivania... ci avvisano: “Non funziona internet!” dentro di me penso: “Sopravviveremo...” tolgo la giacca ma... c'è qualcos'altro che non funziona... il riscaldamento!!!!!
Il freddo ha iniziato a congelarmi prima le dita dei piedi... è salito alle ginocchia... ho provato a sgretolare il sottile strato di ghiaccio che mi stava ricoprendo sparandomi del Power Metal nelle orecchie ma... tutto inutile... è l'ora della riunione... siamo tutti immobili... chi per il freddo... chi per il sonno (vero mila?) ma l'effetto bue e asinello riesce a scaldare l'ambiente... stranamente la riunione dura pochissimo... ma come?... proprio oggi????

La gente esce dalla stanza e sull'uscio chi vedo... proprio lui... bastardo!!!! Il gelo non bussa... entra e basta... ritorna a sedersi al mio fianco... con abile mossa mi divincolo... esco e cambio stanza... e chi vedo... il tè caldo!!! Riempio la tazza... bustina... zucchero... e giù nel gargarozzo (mitico Vito Catozzo!!!).

Non ho mai bevuto un tè così bollente (chiedere conferma alle coinquiline...) rientro nella mia cella frigorifera mentre mi asciugo il sudore provocato dalla reazione freddo/caldo... mi sento fortissimo... i primi minuti sembra di essere come sulle piste da sci dopo aver bevuto la grolla... sono invincibile... ma no!...l'effetto sta per svanire... l'alluce sinistro perde sensibilità... ci risiamo... mi sbatto nelle orecchie Highway Star cantata dai Quintorigo... inizio a ballare un po' per il freddo...un po' no.... la stanza si svuota!!! Siamo soli io e il freddo... sono sopraffatto, il tè se ne andato... sta vagando nei tubi sotto gli uffici... mi ha lasciato solo... quando anche i polsi si sono bloccati...miraggio!!!! Il blog... inizio a scrivere una quantità di parole indescrivibile... puntini di sospensione a manetta... le dita si muovono ancora!!! Non voglio più smettere... ma arriva Elisa col mangiare... si è presa l'insalata “Flamingo”... si chiama proprio cosi!!! Come è simpatica sta ragazza (Sergio perchè proprio a me!!!)... ringrazio e penso alla frase di stamattina... “Si muore di freddo!” non voglio ammetterlo ma forse aveva ragione... come si dice “la mamma ha sempre ragione...” ma mi viene in mente sabato quando mi sono tagliato il dito... “Non preoccuparti, con questa cosa verde non ti esce più il sangue vedrai!!!!”.... dopo 5 minuti mi sono messo un cerotto!... la mamma ha quasi sempre ragione...

Stefano

giovedì 6 marzo 2008

Aggiungi un "post" a tavola

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Premessa: il presente post è stato scritto a quattro mani: da me e da Julius, ragazzo ospitato nella Cafasso House…

Premessa-bis: per favore arrivate fino in fondo (al PostScriptum), nella lettura, dal momento che alla fine ho un quesito culinario da chiedere a tutti i lettori…

Io e Julius lanciamo qui sul blog una rubrica che sicuramente riscuoterà un grandissimo successo… e che immagino i colleghi SCEmi vorranno certamente riproporre.

Ebbene, eccoci a proporre la ricetta e le indicazioni pratiche per la preparazione di uno dei cibi tipici del Kenya.

Nome: CHAPATI (di evidente derivazione indiana ma ormai tipico kenyano)

Si accompagna molto bene a tanti tipi di piatti – diciamo che sostanzialmente è un degnissimo sostituto del pane.

Ingredienti: farina, uova, latte, olio

Attrezzi necessari: pentola, padella, asse di legno, matterello

Preparazione (per due/tre persone):

- versare 150 ml di latte in pentola (fuoco medio)

- sbattere nel latte due uova

- aggiungere mezzo cucchiaio di zucchero, un cucchiaio di olio e mescolare bene il tutto

- aggiungere la farina (non so esattamente la quantità – però ricordo che era tanta!)

- mescolare tanto (è consentito usare le mani)


- estrarre dalla pentola, mettere su un asse di legno e iniziare a formare diverse piccole palle di farina della grandezza di un pugno

- estrarre il matterello e con esso iniziare a spianare (più e più volte ripiegandole spesso su se stesse) ogni piccola forma in modo da farle diventare molto fini


- in padella (fuoco medio-basso): versare un po’ d’olio e dopo pochi minuti mettere in padella una forma di farina spianata per volta

- girare più volte - in pochi minuti la forma inizia a prendere il giusto colore (giallo-bruciacchiato – vedi fotografia) – ripetere questo procedimento con le altre



- quando tutte le forme sono pronte e cotte al punto giusto tagliarle in quattro parti in base all’utilizzo che si preferisce


by
Ema e Julius

PS eccoci al quesito di cui parlavo all’inizio: so che mi gioco la reputazione di esperto-cuoco che spero però rimanga intatta… ad ogni modo… qualcuno conosce per caso qualche rimedio pratico/consiglio della nonna per evitare di lacrimare copiosamente mentre si tagliano le cipolle? Mi sono già arrivati tanti consigli (del tipo: bisogna indossare occhialini da piscina…)… ma mi sento di rilanciare a voi tutti…

domenica 2 marzo 2008

BINE AI VENIT TETO..SHTEFAN USCIA...STEP..FLAMINGO..BONBON...FABIO..FLAVIO..BRICIOLA..TWEETY...

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guida alla lettura: questo post è scritto a otto mani le parti in corsivo sono i commenti di stefano eli e chiara...buona lettura...e comunque è tutta colpa di teto!!

domenica pomeriggio,casa magnifico-paradiso-ceriotti-..e un po' anche porta...svaccati sul divano pensiamo ai giorni appena trascorsi..insomma ai primi giorni di stefano,teto,step,flamingo, bonbon,fabio,flavio,briciola,tweety in moldova...
dopo l'avvertimento del piccione di cose ne sono successe:.;”()”elisa, sorella gemella di paola turci è caduta (poverinaa) mentre cercava di correre per prendere l'autobus e ora ha il ginocchio sbucciato come non le succedeva dalle elementari ora stiamo cercando di convincerla a mettere un cerotto ma dice che i cerotti sono da bambini e lei è una persona adulta essendo ormai una donna sposata..eheeeehhhh..
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Step invece ha dato prova delle sue innumerevoli qualità: dopo essersi rifocillato guardando la partita dell'inter in russo (dovevate vedere che sorrisino aveva.ehe eheh), l'abbiamo trovato girare per casa con l'aria desolata in cerca di qualcuno perchè non riusciva a far funzionare lo sciacquone, poi è stato bellissimo vederlo alle prese con l'aspirapolvere che proprio non ne voleva sapere di accendersi con la sola forza del pensiero (eli quale sarà mai il pulsante di accensione??..facciamo notare che ce ne sono due.. )
..per quanto riguarda la cucina invece se la cava proprio alla grande..peccato che ci siano quei barattoli difficili da aprire..chiara ci ha messo ben due secondi, dopo mezz'ora di tentativi di flamingo...l'unico problema è che ci costringe a lavare le sue mutande...fate un po' voi..
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sul resto del servizio invece tutto bene adesso (che intanto è diventato lunedì mattina) è lì che guarda il computer con l'occhio fisso sì perchè tra feste di compeanno con mille brindisi e pranzi nell'ufficio del capo a base di cognac io e eli cominciamo a temere un po' per il suo fegato..lui invece per il giro vita..o per la vita in generale

E cmq siccome il suo nome è uguale a quello dell'eroe nazionale gli hanno già proposto di diventare parlamentare e gli hanno anche costruito un palco in piazza..lui ha detto di no perchè ha già un sacco di impegni..sull'autobus e in giro continua ad innamorarsi...e un sacco di ragazze si presentano così davanti alla nostra porta..
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però non tutto procede proprio bene...perchè proprio come ogni super eroe che si rispetti anche “super TETO, SHTEFAN USCIA, STEP, FLAMINGO, BONBON, FABIO, FLAVIO, BRICIOLA, TWEETY” ha un acerrimo nemico anche se non sappiamo proprio bene il motivo...il temibile MAFFOLONE di cui mettiamo una fotinamaffolone censored

quindi mentre io e eli aspettiamo che le intercessioni di serioja (il nostro responsabile paese) per teto davanti a maffolone abbiano effetto io e eli abbiamo già provveduto a una guardia del corpo...
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un abbraccio
fra

ps non so se dopo le foto che ho messo mi daranno il permesso di scrivere ancora...però mi piacerebbe aggiornarvi sui nuovi nomi di stefano..beh troverò un modo!
Cmq tutti questi abiti da sposa sono perchè siamo state a un matrimonio, indovinate di chi!!eheh! ..metto qualche filmato nei link