sabato 19 dicembre 2009

Matteo y el mundo de los Quien

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Pianeta Milano, ore 14.39.

E’ un pomeriggio nevoso d’inverno e la temperatura segna 3 gradi sotto zero.
Una settimana fa ero in Bolivia ed era estate, 35 gradi di giorno e 25 la sera. È proprio vero che non ci sono più le mezze stagioni!

L’11 Dicembre ho intrapreso il viaggio che dall’emisfero australe mi ha portato a quello boreale. Nonostante questo, il viaggio in aereo mi è sembrato un viaggio intergalattico che mi ha portato in un altro mondo.
Scendo le scalette e metto giù il piede a terra nella città in cui ho sempre vissuto: Milano.

Osservo.

Vado in tram, apro i giornali, parlo con i miei amici e guardo la televisione. Passo per il centro e sono travolto dalla corrente che entra ed esce dai negozi in cerca di un regalo per parenti e amici.

Rifletto.

Il Pianeta Milano mi sembra un mondo chiuso in se stesso dalle sue norme sociali. Così come le persone, restie all’incontro con l’altro e con il diverso, ubriachi di abbondanza..senza generalizzare..

Dopo un mese e mezzo passato nel Pianeta Bolivia mi sento di poter azzardare questa affermazione da ciò che ho letto studiando la storia e le statistiche del Pianeta; da quello che mi hanno raccontato Padre Eugenio e Padre Sergio, missionari religiosi; da quello che ho visto e vissuto. Alla fine sono comunque un abitante del Pianeta Milano, so' di non avere voce in capitolo!


Ricordo un mese fa ad Arani…
Siamo partiti alle otto e mezza dalla sede di Caritas Cochabamba. Abbiamo caricato 10 scatoloni di Maizena per anziani, 10 per bambini e 12 sacchi di semillas ( semi da piantare nel campo).
La Maizena è una farina precotta senza glutine che si ricava dall'amido di mais. L’impresa multinazionale Unilever ha donato un lotto in sovrapproduzione a Caritas Cochabamba che lo sta distribuendo al prezzo simbolico di due boliviani ( il prezzo di mercato è 15).
Arani si trova a sud di Cochabamba, è un piccolo paese a 2700 metri di altezza, interamente dedicato all’agricoltura.
Il progetto Mejorando la seguridad alimentaria di Caritas Cochabamba beneficia 140 persone tra differenti comunità.
Dopo una prima tappa dall’Alcalde di Arani, ci siamo recati alla comunità di Juzgado dove uomini donne e bambini ci stavano aspettando. Inizia l’appello. Chi è presente riceverà semi di mais ad “alto rendimento”. C’è chi firma e chi intinge il pollice nell’inchiostro e lascia la sua impronta come prova della sua presenza. Quasi tutti. Arriva una donna. Siamo al completo.
Io e Alessandra, con l’aiuto di alcuni bambini, scarichiamo la Maizena e la mettiamo sotto il portico che ci sta proteggendo dal sole.
Cintia spiega gli effetti benefici delle vitamine presenti nella Maizena e tutti ne comprano alcuni pacchi per gli anziani e alcuni per i bambini. Una volta pagata la somma a Don Pepe, Cintia ci fa segno di quanta Maizena dobbiamo distribuire. “ Tre per anziani e due per bambini! Due per Anziani e cinque per bambini!”. E intanto gli scatoloni si svuotano.
Dopo aver scaricato anche i sacchi con i semi e fotografato il momento della pesa, lasciamo che la comunità si organizzi per la suddivisione in parti uguali.
Andiamo a visitare un’altra comunità un po’ più inerpicata sulle montagne. Suoniamo il clacson affinchè vengano tutti a raccolta e fermiamo la macchina in mezzo alla strada. Don Pepe dialoga in Quechua con il capo villaggio e Cintia chiama a raccolta tutti i bambini. Su cinque sedie disponiamo cinque Kit per l’igiene orale con dentifricio, spazzolino e salviettina colorata. C’è anche una saponetta. I bambini vanno a lavarsi i denti al rubinetto installato da Caritas in un anteriore progetto che ha portato l’acqua alla comunità. Poi, Cintia e Alessandra applicano con cura il fluoro nei denti cariati de bambini.
Il capo del villaggio parla con Don Pepe in Quechua, ci sta dicendo che più in basso stanno organizzando un bloqueo ( una manifestazione di protesta che blocca la strada) e dobbiamo fare in fretta! A meno che non siamo disposti a fermarci ore ad aspettare che riaprano la strada.
Finiamo il lavoro consegnando anche le semillas e mangiamo patate, uova e mais bianco che ci offrono come ringraziamento.
Ritorniamo a Juzgado passando per un soffio dal bloqueo che si stava ancora organizzando. Ci stavano aspettano una donna e un uomo che ci offrono del Charque, ossia un miscuglio di carne secca, patate, riso, formaggio e uova. Il tutto accompagnato da Ciccia! Un liquore di mais, purtroppo responsabile di molti problemi in Bolivia. Non si può non accettare e diamo alcuni sorsi offrendone una parte alla Santa Tierra PachaMama.

Sto imparando quanto sia importante la Terra e quanto sia strettamente legata alla Vita.

venerdì 11 dicembre 2009

Hasta Pronto Hombres!

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h 00.40
E' normale lavare i panni cinque ore prima di partire?
Ci siamo ridotte un pò tardi tra festa di despedida al Redes de Solidaridad, recupero bilancia dimenticata poi dal ferramenta (speriamo di starci dentro col peso..) , visite di amici giunti a salutare, visite ad amici da salutare e Ssimpatico autoinvito a cena della Jefa con famiglia a seguito..
Poi svuoto e lavaggio frigorifero, donazioni ai vicini, pulizie di piena estate, imballaggio di pacchi e pacchettini..
C'è chi lava le lenzuola imprecando contro la pioggia che dopo un mese di siccità ha deciso di cadere proprio in questo momento e chi si ingegna con giornali e plasticoni per portare rum integro al di là dell'oceano.
Chi propone di berselo direttamente con la coca e i lime avanzati..
Insomma.. tutto procede bene e siamo in forma.
Ma è proprio vero che stiamo tornando a Milano?

A presto gente!

giovedì 10 dicembre 2009

Permesso di soggiorno: ultimo episodio!

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Dopo mille peripezie (vi risparmiamo tutti i passaggi intermedi perché vi vogliamo bene), allo scadere del nostro primo periodo qui (mancavano giusto giusto 48 ore), ce l’abbiamo fatta!!! Staremo sul suolo moldavo con tutte le carte in regola, abbiamo finalmente il permesso di soggiorno!!
La foto illustra la nostra felicità ieri sera…

Ultimo giorno SCE

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Non è una foto che rende molto onore alla mia bellezza...ma mi sembrava la logica continuazione del post precedente. L'emozione del ricordo di quel momento di gioia e pianto, mentre ballavo con la mia adorata Ivonne, al collo sempre l'Handala, simbolo del diritto al ritorno dei Palestinesi.

un anno che ti cambia un bel po'

2 commenti:
Penso a questo blog ormai "defunto". Leggo e seguo con interesse il blog dei nuovi ragazzi in servizio civile perchè so che scrivere è un impegno ed è più bello sapere di essere letti. incoraggia a non smettere sotto l'ombra della delusione che quello che si fa lo si fa per niente. Ogni cosa, anche la più piccola, la più silenziosa, immobile agita il nostro io, ha degli effetti (il famosissimo effetto farfalla!). I momenti di stallo, di passaggio sono spesso i più difficili perchè non riesci a capire quale direzione stia prendendo la tua vita. Bisogna avere il coraggio di imparare anche da questi attimi, porsi nella condizione subordinata che il senso lo capiremo poi, adesso no, è troppo presto.
Riflettevo sul titolo di questo blog: servizio civile, un anno che ti cambia la vita. Bhe no, non posso dire che mi ha cambiato la vita...la guerra del 2006 in Libano, vissuta direttamente, sì ha cambiato davvero la mia vita. Ora son sempre bassina, grassottina, furuncolina con un sorriso smagliante DUrbans (sì testoline provocatrici nel 2006 ero cambiata perchè
pppure dimagrita, tié). Non posso, tuttavia, dire di non essere cambiata nel mio io profondo, meno visibile. Si, la mia vita è sempre la stessa, con i suoi alti e bassi, momenti di difficoltà, grandi riconoscimenti che derivano dalle molte persone che mi amano con tutto il loro cuore. Io, un po' cambiata lo sono. In primis, vivere ogni giorno a contatto con delle persone che hanno poco o niente, ti inserisce un microchip nel cervello chiamato "dovere morale verso di loro", di essere felice con loro, anche quando sei giù, con loro si ride. e basta.
E poi, non so perchè non so per come, ma ho imparato a capire il mio valore, ad avere più fiducia in me stessa, a far marciare la "macchina Oriana". E mi sento più donna, pronta ad essere mamma (papà tranquillo, parlo di un ipotetico futuro dopo aver trovato fidanzato, lavoro, essermi sposata a Portovenere nella chiesetta di San Pietro e aver fatto il giro del mondo in ottanta giorni insime al mio Lui).
Quindi il Servizio Civile è un'occasione, bellissima, per aiutarci a crescere, a evolvere. Dipende anche da noi, da come vogliamo affrontarla, questa magica avventura. Con emozione, responsabilità, apertura e rispetto, sarà veramente un anno capace di cambiarti un po', in meglio.

lunedì 7 dicembre 2009

Solidarietà con i Palestinesi

2 commenti:



Dopo esserci cimentate per due giorni in lavoretti artistici, i nostri fiori di carta velina e i vasetti decorati con le bandiere palestinese e libanese prendono forma...




... Oggi, nel nostro centro di Dbaye, abbiamo festaggiato la Giornata Internazionale della Solidarietà con il popolo Palestinese.


Un gruppo di donne musulmane di diversi campi profughi palestinesi ha incontrato alcune donne del nostro campo nell'ambito di un programma di scambio interreligioso. E dopo una breve presentazione individuale, si è avviata una conversazione libera sui propri ricordi e sulle storie legate alla Palestina. Alcune donne hanno espresso il desiderio di ritornare nella loro terra, mentre altre hanno sottolineato le condizioni di convivenza pacifica tra le componenti musulmane, cristiane ed ebraiche del popolo palestinese prima delle interferenze occidentali.


Poi ci siamo divisi in due gruppi per far visita a due persone anziane che, per motivi di salute, non hanno potuto partecipare all'attività.


... e finalmente è arrivato il momento della distribuzione dei nostri manufatti...




ps. anche se all'incontro c'erano solo donne, teniamo a condividere con voi la foto di Zaki, "il poeta del centro", che ci ha regalato una poesia sulla Palestina.

Maria Chiara e Raffaella


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giovedì 3 dicembre 2009

Voci boliviane da Reportone

5 commenti:

Quiero saber quien es
quien inventò y porque
tenemos que hacer...
IL REPORTONE!
p.s. licenza poetica sullo spagnolo...

martedì 1 dicembre 2009

Facce moldave da reportone

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C'è chi gira per Damasco e chi...no!
Da notare l'abbigliamento provocante...

'Id, Damasco

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La ‘Id Al Adha, o “Festa del Sacrificio”, è una delle feste più sentite dai musulmani, paragonabile per importanza alla Pasqua cristiana. La famosa cerimonia dello sgozzamento del montone ricorda il medesimo sacrificio rituale che Ibrahim (Abramo) fece per adempiere alla volontà di Dio. Commemorando le gesta di Abramo, arrivato quasi a sacrificare il suo unico figlio Isma'il pur di superare le prove divine, la ‘Id vuole celebrare la fede e la totale sottomissione a Dio. Durante questi giorni (i cosiddetti “giorni della letizia”) ogni forma di digiuno è severamente proibita, le famiglie si riuniscono per mangiare i tradizionali piatti di carne di agnello, e anche i più bisognosi non vengono dimenticati (partecipano ai banchetti o ricevono direttamente dalle famiglie una parte dell'animale macellato).

Per un turista occidentale, andare a Damasco durante i giorni di ‘Id può essere un esperienza alquanto surreale. La prima impressione è che la città sia anestetizzata. I negozi fuori dal centro sono tutti chiusi, per le strade si aggira solo qualche venditore ambulante con il suo baracchino di cianfrusaglie. I tassisti sono pochi e svogliati, per andare in qualunque parte della città bisogna rinunciare al rassicurante tassametro.

La città vecchia, soprattutto a partire dal pomeriggio, è invece l’esatto contrario. Una bolgia che comincia dal suq al-Hamidyie, sfavillante galleria ottomana dove si concentrano i negozi più eleganti della città, continua oltre la moschea Ommayade, epicentro dei festeggiamenti, e finisce a Bab Tuma, il quartiere cristiano dove si condensa la movida damascena. I tradizionali ristoranti, all’interno di stupende case con cortile, registrano alla sera il tutto esaurito. Con i negozi ufficialmente chiusi, ogni metro quadrato disponibile viene preso d’assalto da banchetti e carretti ambulanti: oggettistica religiosa, giocattoli per bambini e paccottiglia d’importazione, ma anche pannocchie lessate, succhi di mora e limone, fave, falafel e caramelle gommose.

Torme di bambini, adolescenti e giovani camminano scanzonati per i vicoli, rincorrendosi avanti e indietro tra la folla. C’è anche chi si spruzza con la schiuma da barba, chi cerca disperatamente di incunearsi tra la gente con un pratico e maneggevole SUV 4x4 - i più temerari hanno parcheggiato nei pressi della moschea - oppure chi si lascia prendere eccessivamente la mano dal clima di euforia (assistiamo in un solo giorno a ben tre risse, fatto più unico che raro a Damasco).

'Id, un prologo

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Decidiamo di partire per Damasco giovedì. Andiamo di buon passo alla stazione di ‘Abdali, in attesa di uno di quei fantastici taxi che per 11 dinari ti portano fino in Siria. Aspettiamo fiduciosi che il solito procacciatore di turisti ci abbordi con la domanda di rito: “’A-Shaam?” (per Damasco?). Invece niente. La piazza è silenziosa in una maniera inquietante; domani (venerdì) comincia la ‘Id, ci dicono, nessuno si muove dalla città.

Continuiamo, la vacanza in Siria non può proprio essere rimandata. Con qualche dinaro in meno in tasca rispetto al previsto, alla fine riusciamo a partire ugualmente. La strada si estende rettilinea, monotona, e attraversa il deserto giordano lasciandosi alle spalle minuscoli villaggi. Il tassista, tra una telefonata e l’altra, a un certo punto ci indica delle case di pietra diroccate. E un cammello.

"Lo vedi quello?" - ci dice - "E’ per la ’Id. La gente si sta preparando. Compra cammelli, mucche o montoni. Se in casa si è in tanti fratelli il cammello è la cosa migliore, anche se è una grossa spesa. Si può arrivare a spendere anche 1.500-1.800 dinari [stessa cifra in euro]. Mettiamo invece che i fratelli sono cinque. Con 1.200 dinari si comprano una mucca, la fanno macellare e poi la distribuiscono a tutti, anche ai poveri. Altrimenti se uno è da solo può scegliere di prendersi un montone a 200 dinari. E’ la soluzione più comoda, soprattutto in città. Ne stavo giusto parlando con mio fratello al telefono, così trovo tutto organizzato al mio ritorno domani ad Amman."