venerdì 17 giugno 2011
Alla Ricerca del Senso
venerdì 25 febbraio 2011
7mila milioni
Questo è un video interessante. Verrà mostrato (tra le altre millanta installazioni) nello stand Caritas di Fa’ la cosa giusta tra il 25 e il 27 marzo, intitolato “Facce da slum”.

Non tutti i lettori potranno prendere parte alla fiera, ed è anche per questo l'ho postato.
venerdì 7 agosto 2009
Urkupiña
Iniziamo con due o tre chicche che poi verranno pubblicate sul best seller
- "i disabili hanno rubato la macchina del cafè??!!!???" Carlotta
- "ma per trovarci alle 7.45 partiamo alle 8????" Francesca
- "la pizzeria si chiamava qualcosa come silkepil... " (in realtà si chiama eli's) Marta
- "ho visto un tipo barbuto che probabilmente si chiama Orfeo" Martina cantierista
- "bello questo posto sembra il villaggio low cost della valtur" Raffaele
6. "oggi non mi hanno fatto passare una patata al controllo qualità taglio patate del centro di Danilo!" Daniele
7. a Francesco "mangi tanto che sembri il sacco dell'umido"
Oggi vi spieghiamo come funziona la mobilità in Bolivia:
nuovissimi autobus e auto di media e piccola cilindrata come da foto, sfrecciano da nord a sud di Cochabamba, con ogni lettera e numero e disegno dell'alfabeto greco e cinese, formando simpatiche combinazioni come: LL CUORICINO ROSSO, 111 BANDIERINA ARANCIONE.
all'interno ogni mezzo è dotato di display che indica il percorso e le fermate in tre lingue: quechua, aymarà e castigliano. i simpatici autisti, sempre sorridenti, disponibili a dare spiegazioni, ci accolgono con un ottimo servizio e di accoglienza e catering.
L'altezza media di ogni autobus è un metro e sessanta, consigliabile occupare i posti in fondo per evitare di essere espulsi alla prima curva o primo incrocio non segnalato o primo semaforo verde a cui ci si deve fermare.
Oggi festa nazionale boliviana
ieri grande DESFILE con sfilata dei bambini del centro FAPIZ che a ritmo di IZQ (leggi ISCHIA, per chi non osa sapere lo spagnolo) 1, 2, 3 marciavano accompagnate da tre magiche volontarie in perfette divise e coccarda nazionale.
Oggi città bloccata
per il desfile civico di tutti i militari veramente in divisa anche quelli della marina militare Boliviana che si esercitano sul lago Titicaca in attesa ( da solo di 100 anni!) che qualcuno gli regali uno sbocco al mare.
visita al parco Tunari
Francesca scappata di casa a soli 4100mt
se si fosse bucata una ruota solo i lama avrebbero potuto salvarci!!!!!
Solo per voi
ANTEPRIMA di domani:
- Carlotta, senza voce, si racconta in braille!!!!! chiedendosi se riusciranno i bambini ciechi a comunicare con lei non potendola sentire.
- come lavare i piatti in un lavandino di un bagno
- come fare un'assicurazione sulla vita in bolivia
P.S.: Davide abbiamo comprato delle azioni della Taquiña. ci puoi inviare 10.000 $ per coprire le spese del campo e i debiti che abbiamo appena contratto; fra l'altro c'è da riparare un tubo in cucina...
mercoledì 1 luglio 2009
colore sbiadito
Il colore alle pareti è chiaro, e tende al giallo, probabilmente per enfatizzare la luce artificiale. Finestre nessuna. La stanza è in realtà un piccolo soggiorno, trasformata temporaneamente in camera da letto. Così, su alcuni tavolini in legno e vetro poggiano dei cuscini; la camicia da notte è piegata sul divano e di fronte a quello stesso divano, un letto da una piazza e mezza. Alcune tigri in peluche osservano dalla loro posizione privilegiata la scena, e sembrano un po’ infastidite dal momentaneo contrattempo. Su una parete, un quadro. Una bambina con due fiocchetti azzurri tra i suoi capelli a caschetto, gli occhi grigio-verdi. Piange, mentre guarda una bandiera della Palestina.
Accanto al letto, i trentatré grani di un rosario in legno gigante, una Madonna con bambino e qualche foto. Dei fiori rossi in un vaso, su un mobiletto. Sembrano finti in realtà, troppo rossi, troppo perfetti. Dietro, altre foto. Yasser Arafat e Hassan Nasrallah, che si guardano e si sorridono. Paradossi medio orientali.
Le urla sibilate, quasi timide, si diffondono un po’ dappertutto. Se si avesse il tempo di ascoltarle bene, probabilmente entrerebbero nelle ossa, probabilmente trasformerebbero la pelle in brivido. Un urlo se viene estrapolato dal contesto, è solo un rumore, più o meno forte. Se ad un urlo invece associ uno sguardo, degli odori, del sudore, allora non è un rumore.
È vita. È resistenza.
Tant Jamìle è sdraiata sul letto, due bende bagnate sui piedi nudi, un asciugamano in testa, agli occhi, le lacrime. E urla. E sembra di ascoltare attraverso questo suo urlo, così debole e sottile, ma anche così intenso e potente, la voce di tutto un popolo. L’operazione è riuscita, ma è ritornata dall’ospedale con alcune infezioni su una gamba. Ma d’altra parte se vinci decine e decine di punti sulla coscia per ricostruire il tuo femore rotto in una banale caduta, non hai diritto a lamentarti, se nel frattempo accadono alcuni imprevisti. Ma per Tant Jamìle, gli imprevisti saranno sempre più spesso quotidianità. Il suo passo lento ma sicuro, sarà una sedia a rotelle, o un walker, se le andrà bene. Il suo prendere l’iniziativa, sarà un per favore. Forse nelle sue urla l’umiliazione contava più del dolore. Forse le sue lacrime mentre veniva pisciata, lavata, e vestita erano umiliazione. E forse era umiliazione il chiedermi una mano per alzarla, per tenerla mentre le veniva pulito il culo, mentre le venivano disinfettate le piaghe, mentre le veniva tolto il pannolone. Non c’è niente di peggio che conoscere persone umiliate appartenenti ad una società umiliata.
Scopro gli anziani in un campo profughi, nonostante abbia vissuto tutta la mia vita in una zona dove la media di decessi è di due alla settimana, nonostante sia italiano, from Italy, la patria dei vecchi per definizione ormai, battuta solo dal paese dei giapu. E nel campo profughi mi accorgo che il mondo non è solo nord-sud, poveri e ricchi. È anche vecchiaia e giovinezza, salute e malattia.
Ma essere poveri, vecchi e storpi umilia il sangue, e scolorisce il bianco degli occhi, come le troppe centrifughe di una maglietta usata.
Ed in questo bianco sbiadito, non riconosco, e mai riconoscerò giustizia.
domenica 28 giugno 2009
Senza "campagna" elettorale



domenica 7 giugno 2009
elezioni
Eppure il mio cuore, la mia mente, la mia partecipazione, la mia angoscia, il mio futuro è dentro le elezioni che si sono tenute oggi in Libano e che vedono contrapporsi le forze del 14 marzo e quelle dell'8 marzo. Da un lato quindi la coalizione filo-occidentale composta in maggioranza dai sunniti che fanno capo a Saad Hariri (figlio dell'ex Primo Ministro Rafic Hariri) e dai cristiani di Gemayel e Geagea (più altri gruppi minoritari o indipendenti). Dall'altro lato la coalizione composta da Hezbollah, Amal, e la Corrente patriottica libera del Generale cristiano Michel Aoun. Una sfida questa che determinerà in buona parte i futuri assetti del Paese e della regione mediorientale tout court. Incollata a internet, essendo ormai in Italia, mi ritrovo emozionata. In quale Paese ritornerò? Come si svilupperà l'illusione democratica in Libano?
L'eccitazione per un Paese in cui tutto è da definire ancora. La delusione per un Paese, il mio, che vedo decadere.
Affluenza record in Libano e apparentemente nessuno scontro anche se questi mesi mi hanno segnato che qualora avvengano delle bagarre anche piuttosto gravi non sono registrate dai media per non fomentare altre violenze a catena. Sembra che in Italia abbia votato solo il 57,7 %.
200 osservatori internazionali hanno monitorato le elezioni in Libano. I miei occhi non sono ufficiali ma aspettano la notizia. Sembra che potremo sapere a mezzanotte i risultati ufficiali.
Per chiudere questo primo post del ritorno vorrei fare un flash back al mio primo post in assoluto. Si parlava di una pantegana trovata in casa il secondo giorno di vita libanese. Per far capire quanto i due Paesi (Italia e Libano) siano simili, oggi, secondo giorno di presenza in brianz,a ho visto due bei topoloni giganti fuori casa mia. E tutto il mondo è Paese...
sabato 23 maggio 2009
sabato 9 maggio 2009
Ciuri di campo
Appartiene al tuo sorriso
l'ansia dell'uomo che muore,
al suo sguardo confuso
chiede un pò d'attenzione,
alle sue labbra di rosso corallo
un ingenuo abbandono,
vuol sentire sul petto
il suo respiro affannoso:
è un uomo che muore.
[presa dal sito: http://www.peppinoimpastato.com]
venerdì 24 aprile 2009
Non aver paura, apriti agli altri, apri ai diritti

Lo SPAURACCHIO è il simbolo della campagna nazionale contro il razzismo, l'indifferenza e la paura dell'altro.
Disegnato da un bambino rom rappresenta le sue paure e come, con un tratto di pennarello, "le può far sorridere".
Naturalmente propongo agli amici SCE di aderire alla campagna che vede tra i promotori Caritas insieme a 25 organizzazioni e, perchè no, di diffondere il simbolo anche dalle vostre parti!
sabato 18 aprile 2009
Italy
Di Giovanni De Mauro
Italy
Evviva il made in Italy! Apprezzato in tutto il mondo per il suo stile inconfondibile. Come nel settore delle armi, che rappresenta “un patrimonio tecnologico e produttivo non trascurabile per l’economia del paese”. E che sfida la crisi segnando un incredibile +222 per cento nell’ultimo anno. Sono dati del rapporto della presidenza del consiglio. Tra i nostri clienti ci sono un po’ tutti. In cima alla lista la Turchia. Ma anche l’India e il Pakistan, l’Algeria e la Libia, la Nigeria e Israele. Al Kosovo le aziende italiane forniscono “agenti tossici, chimici o biologici, gas lacrimogeni e materiali radioattivi”. Al Messico, insanguinato dalla guerra tra narcos e governo, abbiamo venduto armi leggere e pesanti per 10 milioni di euro. Siamo all’ottavo posto tra i paesi esportatori di armi, ma per l’Archivio disarmo potremmo arrivare al sesto. Finmeccanica è l’azienda leader: quinta nel mondo per profitti legati al settore militare, prima in Europa.
E chi è il principale azionista di Finmeccanica?
Lo stato italiano.
A proposito di stato italiano...
In questo giorni è in corso un "contenzioso" con Malta per quanto riguarga una nave mercantile che ha raccolto 154 migranti da due barconi alla deriva, al largo delle coste di Lampedusa, ma in acque territoriali maltesi. Attualmente la nave, con a bordo feriti e qualche cadavere, è ferma, a ridosso delle acque territoriali italiane. Nessuno la vuole, e si stanno rimbalzando la "palla".
Sì, siamo arrivati a pensare (TUTTI!) che 154 persone siano un fastidio, una seccatura, un costo. I ricchi arabi che vengono a fare shopping a Milano, i giapponesi o i cinesi che fotografo Venezia, i tedeschi gli inglesi o gli americani per le strade di Roma, quelli sì che sono gente a posto. Benvenuti, coccolati, ospitati. Non è più una questione di pelle e di colore, il razzismo. E' questione di portafoglio. Si dovrebbe chiamare "soldismo" o "denarismo"...
E gli altri, nel frattempo, vengono chiamati da tutti (TUTTI!) clandestini, extracomunitari, immigrati, diperati quando va bene.
Invece sono solo uomini.
Auguri Sergio!
lunedì 6 aprile 2009
riflessioni condivise
Leggo, leggo.
Convegno (e raduno) di Forza Nuova a Milano. Oh perbacco, foto: tre individui fanno il saluto romano a Roberto Fiore leader di Forza Nuova. Fiore nega di aver visto ma le foto ci sono: http://milano.repubblica.it/?ref=hpsbsx. Ingenuamente mi chiedo se tutto ciò non sia apologia di reato. Evidentemente no, altrimenti non soltanto i partiti e movimenti di sinistra o i rappresentanti dell’associazione dei partigiani chiederebbero al prefetto di non concedere il permesso per tali raduni ma qualunque cittadino italiano rispettoso della propria Costituzione di fronte al saluto romano si indignerebbe. Ci indigniamo?
Solo per ricordare un attimo, aiutiamoci con Wikipedia:
L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645
(contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale
(comma primo) della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4
sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di
un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e
perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista,
oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del
fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». http://it.wikipedia.org/wiki/Apologia_del_fascismo
Leggo anche di pestaggi il sabato sera al grido «froci, comunisti» davanti a un locale milanese.
Ora avete capito perché sono sconcertata: 2009-2010 anni di disoccupazione per i giovani al di sotto dei 35 anni! (prima notizia linkata, fredda ironia, I know ma non sapevo come finire questo posto talmente lo sconcerto lasci senza musica).
domenica 8 marzo 2009
I cieli di Amman
Seduta al tavolo di una terrazza di Jabal Amman, coccolata da un sole primaverile, in attesa del mio zatar, osservo i tetti sotto di me.
I tetti della vecchia Amman non sono tetti come gli altri. Ora, osservandoli, non si nota niente di strano, solo le consuete antenne della tv, i condizionatori, le cisterne per l'acqua. Su ogni tetto, invariati, i suddetti tre elementi.
Ma ogni pomeriggio, dall'autunno alla fine della primavera, non prima delle tre e mezzo, i tetti di Amman si animano di vita propria e i cieli si colorano di migliaia di puntini mobili, delle onde impazzite dei piccioni viaggiatori.
Mentre il traffico del centro città prosegue monotono, in alto, dai tetti di Jabal Amman gli addestratori di piccioni aprono le loro gabbie per dare il via a questo quotidiano privato spettacolo, vecchio di secoli.
Quello che oggi costituisce un vero e proprio sport, con le sue regole e il suo mercato, fu importato ad Amman dai siriani negli anni '40 e costituisce la moderna evoluzione dell'antichissima arte di allevare i piccioni che in Medio Oriente risale al 1150, quando il Sultano di Baghdad creò un sistema di corrispondenza per mezzo di piccioni viaggiatori.
Una volta aperte le gabbie gli addestratori col naso all'insù osservano rapiti il loro stormo roteare vorticosamente nel cielo, allontanarsi, mischiarsi con altri stormi, per poi tornare, fedelmente, alla base. Non si tratta dunque di una mera gara di piccioni. Gli addestratori devono dimostrare la loro abilità nell'aver addestrato gli animali alla fedeltà.
In una nazione problematica che conta un tasso di disoccupazione del 12,9%, quello ufficiale, del 30% quello non ufficiale, per chi non ha un impiego diverso le alternative sembrano essere due: la moschea o l'allevamento di questi nobili animali. I loro addestratori passano anche più di 10 ore al giorno ad allenare i loro piccioni maschi e a farne degli animali fedeli.
In tempi recenti questo sport si è involgarito ed è nato un sottobosco di collezionisti, di mercanti, di ladri di piccioni, assassini (addirittura!) di piccioni che non ha fatto altro che mettere in cattiva luce chi invece questo sport lo pratica con passione e devozione. Si dice che gli addestratori vengano considerati quasi al pari dei ladri il che significa che la loro testimonianza davanti a un giudice non ha valore. Altri affermano che la vera passione degli addestratori è la carne del piccione e non lo sport in sé e per sé.
In seguito all'influenza aviaria le autorità giordane hanno imposto una moratoria che ha fatto schizzare il prezzo dei piccioni importati, così gli addestratori sono stati costretti ad improvvisare accordi bilaterali con gli addestratori dei tetti vicini.
Oggi, sebbene quest'antica arte di allevare i piccioni sia ancora molto diffusa, tra i giovani sta subendo un calo di popolarità e i ragazzi giordani, come in tutto il mondo, preferiscono passare il loro tempo libero negli internet-caffè o in giro per la città piuttosto che dedicarsi alla cura di questi animali.
Ma è il pomeriggio di un nuovo giorno, 3, 2, 1, via, si aprono le gabbie...
giovedì 5 marzo 2009
Habemus casa
Ad essere precisi, nella casa parrocchiale di Condebamba. Nell’umile periferia di Cochabamba, un chiesa bianchissima e due preti grandiosi, un giardino con la frutta, una cucina grande e la mitica Irene cuoca. Molta gente in giro a diverse ore del giorno e anche della notte. Nessun party, cari miei, piuttosto molte storie e bisogni in cerca di soluzione e soddisfazione.
Per circa tre mesi, quando raccontavo che vivevo in una chiesa, amici e sconosciuti mi facevano quella faccia lì. Quella che ti dice che, insomma, chi ti sta davanti non può essere proprio sincero perché sta male fare commenti acidi su luoghi religiosi... ma che, appunto, qualcuno ci starebbe pure. Ma come, non esci? E i tuoi spazi? Ma vai a messa tutti i giorni? E se un giorno non torni o torni tardi? Quella batteria di domande che io stessa mi sono posta e che tre mesi or sono avrei fatto a mia volta.
In realtà la difficoltà più grande non stava nelle mancate uscite o nelle rinunce a chissà quale divertimento, di fatto poche e anche giustificate. La cosa più tosta, ho capito, è stato vivere dove non c’è orario per dare una mano, e neppure limite ad ascoltare. Tutto entra nella tua casa senza chiedere permesso. Storie belle e sorrisi, vicende tristi e impensabili senza distinzione. Difficile confrontarsi con tanto bisogno e solida generosità. Lo standard è alto, e la mia disponibilità, ho scoperto, fatta di una pasta più molle. Non lo dico con moralismo o chissà quale senso del peccato. Solo credo mi abbia messo molto in discussione convivere con questo mondo senza troppe pareti.
Ieri Martina è tornata a casa, quella che condividiamo io e lei nel centro della città, e mi ha inondato della vita di Condebamba. Passata di lì, ha trovato riunioni in sala, Padre Sergio – il mitico parroco di Condebamba – appresso a non so quale faccenda della sua comunità, i bimbetti fuori dalla chiesa che le danno un assalto di abbracci. In me si sono mischiati conforto e nostalgia: che serenità guardare la mia cucina con la porta chiusa, ma che perdita - di occasioni per imparare, conoscere e crescere - lasciare fuori tutta quella vita!
giovedì 26 febbraio 2009
Muro di Comunicazione
...quando si va oltre la separazione e ci s'incontra nella comunicazione.
Ramallah, 620 km di muro di separazione. Un gruppo di ragazzi palestinesi sostenuti da alcune ONG internazionali, hanno dato il via a questa iniziativa.
venerdì 20 febbraio 2009
Therèse
Si volta. Mi guarda. Anzi, mi squadra. Poi mi rivolge la parola. Un fiume di parole. Incomprensibili, naturalmente. Si chiama Therèse. Urla. Parla sempre, veramente in continuazione.
Mi rivolgo a lei, cercando di spiegarle un po’ a gesti, un po’ perché la prima cosa che ho imparato in arabo è stato “Non parlo arabo!”, che appunto, l’arabo non lo parlo. Niente. La corrente di parole continua. Inondazione. Ci riprovo. Sempre le solite tre parole. “Ana la arab!!” Io non parlo l’arabo!! Anzi, ad essere onesti, significa Io No Arabo, che non è proprio la stessa cosa. Ma nessun effetto. Anzi, effetto contrario. E allora rido. Prima un sorriso, poi un sorriso che piano diventa risata, poi risata che subito diventa figura di merda, come in tutti quei casi in cui ridere in faccia alle persone, e non perché sono simpatiche, significa umiliare, violentare, o anche solo non ascoltare. Ma Therèse è superiore a tutto questo, e se si blocca, e per fortuna si blocca, è per altro. Altri. Perdo d’interesse. La curiosità per lo straniero, che arriva dall’Italia, che non capisce la lingua, è già terminata. Ci rimango male. Sì, lo ammetto. Poi mi rendo conto, che questa curiosità, non è mai iniziata. Che ha fatto con me, la cosa più bella che un uomo possa fare ad un altro uomo. Mi ha riconosciuto. Mi ha accolto. Come se ci fossi sempre stato. Come se mi avesse detto – oggi fa freschino vero? Guarda lascia stare costa tutto un sacco, per non parlare delle mie pastiglie poi mi fa male un braccio non so perché domani forse sento i miei parenti no non vivono qua dovresti saperlo Mireille c’è? –. Cose così. Cose normalissime, di dialogo quotidiano. Cioè, di dialogo quotidiano in un campo profughi palestinesi in Libano.
Non un cenno di stupore.
Mi sono sentito a casa. Mi ha incontrato, e mi ha riconosciuto.
Grazie.
Incontrarsi è riconoscersi.
L'apartheid è finita?
Eravamo alloggiati in una guest house situata vicino al mare, gestita dai padri Comboniani, così siamo riusciti a fare una specie di turismo sostenibile e responsabile..oltre che per loro anche per noi!
Per accedere alle spiagge bellissime bianche e contornate da palme, bisognava entrare sempre dai cancelli degli hotel privati, questo il duro prezzo da pagare per noi, che non volevamo vedere tutto quello sfarzo e quel lusso tipico di questi lodge sulle coste dell'oceano.
Per tre giorni io e Andrea, uno degli altri compagni di viaggio, tranquillamente entravamo in uno di questi cancelli, salutavamo la guardia, ci chiedeva da che altro hotel venivamo, e senza problemi ci faceva passare per godere di quelle magnifiche spiagge.
L'ultimo giorno ci raggiunge dalla Tanzania un amico keniano, Lenny. Al mattino facciamo la solita strada per andare in spiaggia, salutiamo la guardia (di pelle nera), che ormai ci conosce, ma ad un certo punto chiede a Lenny (che ha la pelle nera): Unaenda wapi?, Dove vai tu?.
E lui risponde: sono con loro, stiamo andando in spiaggia!
La guardia scuote la testa e dice: you can't pass..go back!
Allibiti io e Andrea ci guardiamo..tra l'incredulità, pensavamo scherzasse, ma il viso della guardia non transige..Lenny non poteva entrare.
Dopo qualche minuto di discussione, chiediamo alla guardia se conosce Mandela, Luther King, gente che si è battuta per i diritti umani, e ancora nel 2009, un ragazzo di colore viene discriminato nel suo paese perché NERO! Assurdo!! arrivano di gran carriera due poliziotti in borghese, ci fanno domande..Lenny è con voi?, dove state?, da dove venite?ecc..i poliziotti non ne vogliono sapere, uno di loro tira fuori le manette! Vuole arrestarlo!sempre più allibiti noi cerchiamo di ragionare, ma ci sembra impossibile in questa assurda situazione, cerchiamo di far ragionare i poliziotti, ma non ci ascoltano neanche..Lenny non poteva essere un turista normale nel suo paese come tutti gli altri perché è NERO.
La spiegazione del divieto d'accesso ai neri poi sarà: blacks are the problem..lascio a voi immaginare la nostra reazione..sempre più assurdo!
Evitato l'arresto, torniamo a casa, in silenzio, ognuno con i suoi pensieri in testa: io odiavo i turisti bianchi perché se questo è accaduto è perché i bianchi di questi hotel non vogliono avere nulla a che fare con la gente locale, se non solo per quando ti portano in giro a fare i safari, quando sono camerieri nei ristoranti, o peggio ancora quando soddisfano le voglie sessuali di pensionati o pensionate.
Lenny, ancora una volta, si è messo a piangere..è la quarta volta che viene discriminato nel suo paese per il colore della sua pelle.
Vi lascio questo post, scusate la lunghezza ma ne valeva la pena..capire come funzionano questi posti turistici nei paesi in via di sviluppo, dove la gente locale viene sfruttata e gli italiani sono tutti contenti quando la gente ci dice qualche parola nella nostra lingua..
vi prego di far girare questo post a tutti quelli che vanno in vacanza in villaggi turistici, hotel lussuosi, o addirittura hanno la casa a Malindi, per fare capire come vive la gente locale..
e io paradossalmente indossavo una maglietta..la scritta diceva: un altro mondo è possibile.
sabato 14 febbraio 2009
Venerdìsera
È venerdì sera e ho appena finito di vedere «L'ospite inatteso» di Thomas McCarthy. Hiam Abbass, che nel film interpreta il ruolo della madre di Tarek ragazzo siriano, ha recitato anche, ma non solo (ricordiamo tra i tanti «La sposa siriana»), ne «Il giardino di limoni». L’attrice, arabo-israeliana di origini palestinesi, mi trasmette una sensazione di familiarità: Hiam ha una bellezza naturale e il Suo è uno sguardo profondo che nella mia immaginazione porta con sé l'esodo di un popolo espulso, rifugiato in campi sparsi per il mondo, accolto poco e odiato tanto, come qui in Libano. Un Libano che attribuisce ai palestinesi la sua rovina, fermo e chiuso nel ricordo di due date storiche: gli accordi del Cairo del 1969 che hanno permesso la lotta armata palestinese contro Israele dall’interno del Paese dei Cedri e il 1975 anno di inizio della guerra “civile” caratterizzato da uno scontro libano-palestinese.
Bambini vittime di un sistema nefando; due gli esempi di oggi (anche piuttosto blandi rispetto a quelli di ieri e di domani): un padre che sperpera il suo stipendio per giocare d’azzardo, senza nessuna intenzione di smettere, e che impedisce così a suo figlio, un ragazzino vivace e creativo, di condurre una vita normale. Una ragazza di quindici anni che vuole morire; mi ha mostrato i graffi autoinflitti sulla pancia. Evidentemente non si voleva fare troppo male però...però... Crescerò e sarò un po’ più uomo ancora Un’altra guerra mi cullerà.
Mi dispiace: per noi è comodo, spesso troppo semplice e liberatorio, pronunciare queste parole. «Cosa ne sai tu che sei fuori? Sono io a stare qui dentro. Volevo una vita normale, volevo solo suonare la mia musica», potrebbe obiettare Tarek dal centro di detenzione per clandestini.
Piccole briciole, descritte forse in modo un po’ maldestro, per ricordare coloro che davvero non hanno avuto la possibilità di vivere una vita normale e che sono trattati come reietti o terroristi. Caino, invece, siamo noi che non possiamo/vogliamo capire e che rimaniamo al di là del vetro accusando e disprezzando i nostri fratelli ritenendoli indegni di abitare la nostra stessa terra. E nel momento in cui ‘Tarek’ sarà espulso, magari per una denuncia esposta da un medico, e tornerà nel suo Paese, noi ci dimenticheremo anche del Suo nome.
venerdì 13 febbraio 2009
M'illumino di meno!

Avrei dovuto scriverlo prima questo post ed ora mi pare tardi. ma tardi è meglio di tardissimo.
Il titolo: M'illumino di meno. Istruzioni per l'uso: semplice, semplicissimo come un "click" di un interruttore spento! L'iniziativa promossa da Caterpillar, programma di Radiodue, è volta a sensibilizzare le persone ad impegnarsi in nome del risparmio energetico.
Quando? Oggi.
A che ora? a partire dalle 18 (ora italiana) siamo tutti invitati a spegnere luci e dispositivi elettrici non indispensabili per favorire il calore e il romanticismo di una candela (visto che domani è anche San Valenticchio chi se lo può permettere può iniziare i festeggiamenti da oggi!).
Dove: In-Ogni-Dove. Anche qui in Libano! A questo proposito vorrei segnalare infatti l'iniziativa di COSV, un'ONG milanese che opera in partner con Dpna, la quale ha coinvolto nella proposta la società elettrica libanese con questo risultato: alle 19 locali le luci di alcune vie della città di Saida nonché Sidone saranno spente, verranno accese candele e distribuiti volantini con il "decalogo" della campagna.
E, quanto c'è bisogno di una giornata come questa qui, in Libano, dove il mistero dell'elettricità alternata ai generatori mi risulta ancora come un nodo gordiano.
Il bianconiglio mi ripeterebbe, noioso, è tardi è tardi, ma chissà che non possa ritrovarvi stasera in casa a leggere un libro a lume di candela o a fare una bella chiacchierata in famiglia con tanto di antipasto, primo, secondo, contorno, caffè, ammazza caffè ecc...non tutte le energie vanno risparmiate oggi!!! (i piatti, però, poi vanno lavati a mano e con pochissima acqua perché intanto, come diceva un vecchio marinaio, un po' di unto sulle pentole dà sapore).
Un abbraccio a tutti!
giovedì 5 febbraio 2009
Schifo..
Vi trovate bene?
Come faremo domani a guardare in faccia un ragazzo senegalese, o una donna peruviana, o un barbone?
Ci vergogneremo per quello che sta succedendo? Ci schiferemo, per quello che sta succedendo?
No, domani sarà indifferenza, o paura, o odio.
No, domani quando salirà sul nostro autobus qualcuno col taglio degli occhi diverso dal nostro, qualcuno col vestito più logoro del nostro, più puzzolente, qualcuno che risponde al telefono con parole diverse dalle nostre, il nostro primo pensiero andrà al portafoglio, poi al cellulare, e poi a come costui è entrato in questa italia del cazzo.
No, domani sarà uguale a oggi ed io questa cosa proprio non riesco a mandarla giù.
Domani sarà uguale ad oggi e mi fa proprio schifo schifo schifo il fatto che sia così.
Ci stanno dicendo che una vita umana, vale più di un’altra vita umana, e noi li crediamo.
Ci stanno dicendo che un cazzo di passaporto, è più importante della vita umana, e noi li crediamo.
Ci stanno togliendo pure l’indignazione, e le mie sono parole nel vento...