sabato 25 giugno 2011

Liberi tutti

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Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame...
Faber

Parafrasando Shakespaere potrei dire che per me il cinema è fatto dello stesso materiale di cui sono fatti i sogni. é grazie ai film che mi sono immedesimato nelle storie più disparate, è sempre grazie a loro che ho visto e rielaborato immagini in cui venivano ritratte le situazioni più disparate. Una di queste immagini che mi ha sempre colpito ritrae la conversazione fra un carcerato e un suo parente o amico, attraverso un vetro che impedisce i contatti, con l'ausilio di un telefono che collega le due parti.

Quando mi sono ritrovato nella stessa situazione qui in Giordania, durante la mia attività di visita ai carcerati all'interno del progetto di servizio civile, la sensazione di dejà vu è stata fortissima, come ritrovarmi all'improvviso nei panni di qualche attore hollywoodiano...

C'è però una diversa immaginazione dell'universo carcere non ricavata dal cinema ma bensì spesso dai mass media che vuole la persona incarcerata come essenzialmente maligna, antisociale, qualcuno che sia bene chiudere per sempre lontano da tutti noi, e che fa invocare certezza di pene infinite, e spesso rimpiangere anche antiche pene capitali.

Ebbene dopo i mesi che ho passato qui, e soprattutto i martedì in cui le mattinate spesso se ne vanno attendendo il momento di poter accedere al parlatorio, posso dire di aver incontrato persone ben diverse da questi clichè, i cui occhi impauriti, le continue domande sulle nostre corrispondenze con le loro famiglie lontane, gli affannati conti alla rovescia e le loro storie sfortunate mi hanno consegnato ricordi che porterò per sempre con me. Memorie di una umanità dolente, spesso defraudata dei più elementari diritti e spinta a tentativi di imprese illegali spesso finite male, molto, troppo male. Spero che il tempo voli davvero, per ognuno di loro...


La giustizia è come una ragnatela: Gli insetti più piccoli vi rimangono impigliati, ma quelli più grandi la evitano, bucandola
Solone

venerdì 24 giugno 2011

Mattina in Diaconia

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Ti svegli e sei più stanca di quando hai chiuso gli occhi la sera prima, ma maledire il divanoletto non serve a niente!
Un caffé , una colazione veloce, perchè immancabilmente sei in ritardo.
Filobus affollato.. puzza, tanta puzza...
Arrivi in ufficio già stressata, ma basta poco per risollevarti il morale, perchè una collega fa partire un video... ti strofini gli occhi, non ci puoi credere: "ma Anna, sei tu!!!!" perché i miei occhi hanno visto cose che voi umani... i miei occhi hanno visto Anna ballare.. e signori, questo cagnolino ve ne potrà dare un primo assaggio!!!! ( ovviamente io sono l'ippopotamo).

Elisa

Suona la sveglia, la posticipo di dieci minuti, poi mi alzo. Spesso la mattina canticchio tra me e me canzoni improponibili, tipo "5 minuti solo 5 vedrai"...oggi è il turno di "Auimmaue". Colazione, denti, trolleibuz. Si arriva in ufficio, e la canzoncina è sempre la stessa.
Parte il video...ho passato questi mesi a capire chi mi ricordasse la Eli...prima pensavo alla nonnina di Ranma...poi a Zoolander...poi a Kung fu Panda...ma ora, l'illuminazione: Hippo!
Buona giornata anche a voi!

Anne


sabato 18 giugno 2011

Un Paese per Vecchi

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Ho assimilato l'idea di “casa” il mattino dell'undici Giugno, quando ancora rintronata dalla sveglia ho
sorseggiato il primo caffè del mattino e preso fra le mani il giornale: una piccola routine che mancava alle mie giornate ormai vissute nel web.

..E come spesso accade alienandosi dalla realtà che “ci” vive, sono i nostri stessi pensieri a prenderci alla sprovvista.

Riflessioni che migrano anch'esse assieme a noi e che, catapultate in una realtà che non le riguarda, si fanno più intense , disgreganti : mandando in frantumi ogni convincimento.

E' complicato visualizzare qualcosa di cui non si ha conoscenza: la prima volta che ho sentito il termine “ internat” non ho pensato a niente, la prima volta che ho visto un “internat” , ho capito tutto.


Eredità del regime sovietico, gli Internat nascono come centri di accoglienza per bambini dotati, ma presto diventano mezzo utile alle famiglie che decidono di migrare per lasciarvi i figli . Con la promessa (un giorno) di tornare, queste famiglie non fanno che determinare una nuova generazione di orfani sociali.

Un quarto di popolazione in età lavorativa emigra , più del 50 % dei bambini residenti nei villaggi subiscono l'assenza di uno o di entrambi i genitori, rimanendo spesso alle cure degli anziani . Le difficili situazioni di vita spingono queste persone ad intraprendere il viaggio anche sprovviste dei documenti necessari, diventando frequentemente vittime della tratta degli essere umani.

E come un “cane che si morde la coda”, molti dei dei genitori che rimangono in patria sono alcolizzati ed è la violenza domestica un' altro fattore determinante che spinge i bambini ad allontanarsi da casa, diventando facili prede delle organizzazioni criminali.

Passeggiando fra gli stretti corridoi degli internat, mi rendo conto della minaccia intrinseca di questo luogo. Se rifletto sul mondo conoscibile, di cosa questi bambini hanno esperienza?


.. Di 4 mura, 50 persone in tutto, abiti smessi e di qualche nozione di matematica...


«...alla dimora della prigione, e la luce del fuoco che vi è dentro al potere del sole. Se poi tu consideri che l'ascesa e la contemplazione del mondo superiore equivalgono all'elevazione dell'anima al mondo intelligibile, non concluderai molto diversamente da me . Nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello, e nel mondo visibile essa genera la luce e il sovrano della luce, nell'intelligibile largisce essa stessa, da sovrana, verità e intelletto.»


Noi sappiamo aggirare il pericolo perché ne abbiamo coscienza, ma loro no e spesso ( per volontà di riscatto) , è dello stesso pericolo che si nutrono.

Troppo piccoli per rimanere soli, troppo arrabbiati per sognare: li immagino chiudere gli occhi per inventare un posto che non c'è..

venerdì 17 giugno 2011

Alla Ricerca del Senso

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Mi sveglio ogni mattina a Kahawa West, dove abito quest'anno, periferia medio borghese di Nairobi, la capitale. Non è zona turistica, ma è il posto più ricco del paese (forse di tutto il sud-est africano), e contemporaneamente più povero, ma procediamo un passo per volta. Colazione: cavolo manca l'acqua! La stagione delle piogge non arriva e le persone aspettano la benedizione dal cielo: mentre qui in città è solo una questione “di rubinetto”, nel nord del paese i raccolti stanno letteralmente bruciando (% persone senza accesso diretto all'acqua: Italia O – Kenya 41%). Posso comunque ritenermi fortunato, ho due taniche da 15 litri sotto il lavandino per ogni evenienza. Verso le 8 esco di casa, il sole è già a picco ma il mercato lungo la strada è ancora vuoto, ci sono solo i matatu, cioè il servizio di trasporto pubblico...più o meno: i matatu sono dei malmessi pulmini con 15 posti, “estendibili”a 20 per casi di necessità, che con la musica irrimediabilmente a palla sfrecciano per le strade, salgono sui marciapiedi e vanno contromano più spesso che in un telefilm americano, e nessuno gli dice niente perchè il giro di affari dei matatu è gestito dai Mugiki, la mafia locale: ebbene si, anche noi abbiamo qualcosa in comune col Kenya... inizialmente associazione legale di cui facevano parte le persone che avevano lottato per l'indipendenza del paese dal Regno Unito senza riceverne alcun profitto, oggi setta clandestina infiltrata in tutta la società, politica inclusa (% persone vittime di corruzione nell'ultimo anno: Italia 6% - Kenya 32%). Torniamo a noi, dov'eravamo rimasti? Già, il mercato...puoi trovare i pomodori e le melanzane, le patate e la papaya, e non mancano i quotidiani, tutti concentrati sulle elezioni dell'anno prossimo, nella speranza che non si ripetano le violenze etnico-politiche del 2008 (circa 600 morti per cui sono indagati dall' Aja per crimini contro l'umanità alcuni dei maggiori esponenti politici): le etnie sono più di 40 ma le più potenti sono 3 o 4, ognuna con il suo candidato di riferimento, perchè se vince il tuo candidato, speri di avere una fetta della torta.
 
Finalmente arrivo in comunità! “Habari Yako! Mzuri Sana!”: i ragazzi mi salutano calorosamente, loro sono arrivati qui dopo essere usciti dal carcere minorile dove passano 4 mesi per aver commesso reati di poco conto. Dimenticate violenza e bullismo, in Kenya si ruba per mangiare, si litiga con la madre perchè il patrigno di etnia diversa ti picchia e ti sbatte fuori di casa, si sniffa la colla per non sentire la fame. Chi finisce in carcere è segnato a vita: la famiglia non ti rivuole indietro, e trovare lavoro è quasi impossibile. Oltre il danno, anche la beffa: è la storia di questi Chokora (ragazzi di strada) della Cafasso House, accolti da questo progetto in quanto impossibilitati a tornare nelle loro famiglie.
 
E' ora di pranzo finalmente, a tavola parlo un po' con “S”. Mi dice che vuole lasciare la comunità, prendere un pullman per Mombasa, e diventare un beach boy, mi dice che si guadagna bene. Già, perchè dovete sapere che la bellissima costa del Kenya è piena di aitanti ragazzi africani che parlano un italiano fluente e “lavorano” per migliorare la qualità delle vacanze delle donne italiane di mezza età. Il fenomeno è talmente diffuso che tutte le persone che incontro credono che in Italia le donne scelgono l'uomo da sposare, senza possibilità di appello per il malcapitato. Lo convinco sia a restare, sia che nel belpaese funziona come nel resto del mondo...
 
Siamo alla parte più dura della giornata, i colloqui nel carcere minorile per decidere chi sarà il prossimo ragazzo ospitato nella nostra comunità.”J” ci racconta di quando si è trasferito qui, con i suoi genitori. Lavorare nei campi al loro villaggio era duro, e così speravano di trovare qualche impiego a Nairobi, in Town, lo slum doveva essere una collocazione temporanea, ma più passava il tempo meno erano i soldi e lui ha iniziato a frequentare brutti giri per tirar su qualche scellino, finchè non è stato beccato dalla polizia. Nelle baraccopoli di Nairobi queste sono storie comuni di migliaia di ragazzi di strada (età media della popolazione: Italia 43,3 – Kenya 18,4), che non sono gli unici a soffrire: fame, prostituzione e alcolismo dilagano in questi inferni, dove la polizia si fa complice dei colpevoli, e i più piccoli sono le vittime, sì, perchè se puoi pagare la passi liscia, ma se sei un semplice chokora che non trova neanche da mangiare, ti aspetta la cella. La vita e l'affitto di una stanza costano molto poco, e sono così tante le persone che vi si trasferiscono sia dalle altre parti della città per risparmiare, sia da altre parte del Kenya per cercare lavoro, che oggi più di un milione di persone vivono sotto un tetto di lamiera (% persone che vivono con meno di 1,25$ al giorno: Italia 0 – Kenya 19,7%). Tutto questo succede a poche centinaia di metri dal centro, dove io con le mie All Star sembro un poveraccio: cravatte e iPhone dappertutto, sedi di ambasciate ed aziende di tutto il mondo mi ricordano che questo paese è uno dei più ricchi dal Sahaara in giù (indice di disuguaglianza -Gini, da 1 a 100- : Italia 36 – Kenya 47,7).
 
Si è fatto tardi e devo tornare a casa perchè non è sicuro girare col buio per un bianco come me (% persone che si ritengono sicure: Italia 61% - Kenya 35%), i ragazzi, sempre sorridenti, mi salutano: “Tuonane kesho!”, ci vediamo domani ragazzi, per un altra giornata paradossale.

Fonte: www.hdr.undp.org

quell'11 giugno a Milano

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Milano --> Lecco --> tutte le destinazioni.

Queste le tappe per i giovani che partiranno per i Cantieri.


Uno o più individui vagavano per l'oratorio del Redentore con un apparecchio fotografico.


Questi due scatti sono esito dei loro gesti.