venerdì 29 maggio 2009

Zappa??? Si,grazie, ho solo questa....

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Se tutti pensavate che avrei parlato di una persona vi sbagliate!

Conosco poche persone che hanno preso in mano la zappa; presa in mano, nel senso di aver lavorato con la zappa. Compreso me, neanche io ho mai lavorato con la zappa, lavorato come si deve.
Mi sto confrontando con un paese dove invece ovunque mi giro vedo persone con la zappa in mano, oppure sulla spalla che vanno al lavoro.

Lavori molto laboriosi che da noi si eseguono con moderni trattori, quà si fanno ancora col duro lavoro manuale ( o con l'aiuto di cavalli o buoi).

Sopratutto ora che si è seminato e stanno crescendo le piante di mais posso notare questo modo di lavorare. Squadre di persone (5-20-1000??) che in mezzo al campo di mais, armati di zappa, estirpano la malerba e la zizzania. Ore di lavoro per una superfice piccola.

Da noi gli agricoltori armati di prodotti chimici in poche ore lavorano una superfice enorme ma a danno del terreno che per anni imbeve litri e litri di prodotti chimici.

Qual'è il modo migliore per lavorare la terra? l'agricoltura è importante. In uno scenario futuro mi vedo costretto a far crescere mais con metodi idroponici o chissà quali altre diavolerie perchè il terreno sarà "consumato" o "avvelenato".

giovedì 28 maggio 2009

Appunti su "A Common Word"_capitatami casualmente tra le mani_

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12 settembre 2006: Benedetto XVI incontra i rappresentanti della scienza presso l'aula magna dell'università di Regensburg sul tema “Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni”. Bypasso a piè pari quello sarebbe un groviglio poco terreno di filosofia e teologia e il polverone che le parole di Ratzinger hanno sollevato per arrivare ad un altro punto e a un'altra data.
13 ottobre 2007: anche in risposta all'Affaire Regensburg, 138 tra studiosi, intellettuali e religiosi musulmani firmano “A common word”, una lettera aperta al Papa e alla cristianità tutta, edita dalla Royal Aal al-Bait Institute for Islamic Thought di Amman (e lo scrivo con un certo orgoglio campanilistico) che sostiene, basandosi su versetti del Corano e su passi della Bibbia, che Islam e Cristianesimo condividono la stessa essenza, (era l'ora!) “i comandamenti gemelli sull'importanza suprema dell'amore per Dio e per il prossimo. E a partire da questa base comune (A Common Word) chiede pace e armonia tra i Cristiani e i Musulmani di tutto il mondo”(parole sante!).
Tra le ultime pagine leggo e qui traduco: “trovare un terreno comune tra Musulmani e Cristiani non è semplicemente una questione di cortese dialogo ecumenico tra leaders religiosi. La Cristianità e l'Islam sono le due più grandi religioni nel mondo e nella storia. (Cristiani e musulmani) insieme costituiscono il 55% della popolazione mondiale, il che fa della relazione tra queste due comunità religiose il fattore più importante nell'ambito del contributo ad una pace significativa in tutto il mondo. Se i Musulmani e i Cristiani non sono in pace, il mondo non può essere in pace...Così è in gioco il nostro comune futuro. La sopravvivenza del mondo stesso è probabilmente in gioco”.
Da quando A Common Word ha iniziato a circolare più di 60 leaders religiosi cristiani, Benedetto XVI incluso, hanno risposto in vario modo alla lettera, mentre i signatari musulmani dell'iniziativa sono saliti da 138 a 300, numero che include circa 460 tra organizzazioni e associazioni islamiche.
Che qualcosa si stia muovendo davvero?

lunedì 25 maggio 2009

Orgoglio Zia

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Chiedo venia. Tuttavia, quando ci vuole ci vuole. Mio nipote, anni due il 30 marzo scorso, dice Libano e sa cos'è ;-). Quando gli si dice: dov'è la zia? Lui risponde: LIbano! Orgoglio zia, scusate ma se l'ha imparato lui che ha due anni prima o poi riuscirò a mettere in testa alle persone un po' più adulte che Libano non è Libia, che di Tripoli ce ne sono due, che sì, qui in Libano ci sono i parrucchieri e no, non confina con l'Egitto ma con Siria, Israele (o Palestina) e si affaccia sul Mar Mediterraneo!?

lunedì 18 maggio 2009

ascolto

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Salomone in 1Re 3,6 chiede a Dio, il quale gli appare in sogno, di concedergli un LEB SHOMEA, un CUORE ASCOLTANTE. Leggo oggi queste informazioni in un quaderno pubblicato da Caritas Ambrosiana contenente una riflessione sul senso cristiano dell’ascolto proposta nel 2001 da Enzo Bianchi. Le parole che leggo mi nutrono e così ho deciso raccontarvele. Partendo dal Cuore Ascoltante richiesto da Salomone, Bianchi ripercorre l’importanza dell’ascolto come fondamento imprescindibile nella religione cristiana e lo fa con rara intelligenza. Leggo: “La preghiera non deve essere intesa come un parlare con Dio, ma come Ascolto di Dio”. E questo è qualcosa di potentissimo secondo me. Spesso mi son interrogata su cosa significasse realmente Pregare. E se pregare significa ascoltare Dio, credo che forse non possa esistere qualcosa di più potente. E ancora se Dio significa Vita, allora mi schianto nella potenza di questa nuova scoperta. E Bianchi afferma ancora: “Ed ascoltare non allo scopo di fornire o captare informazioni, ma come conoscenza penetrativa, personale, esperienziale, che porta alla scoperta della fede, e la fede alla vera conoscenza, ed è poi grazie alla profonda conoscenza che si arriva alla carità, all’Amore”.
Ed ancora ricorda come Gesù ripeta in continuazione ASCOLTATE! Perché è attraverso l’ascolto attivo che si inizia a sperimentare e quindi ad avere fede e quindi a comprendere e ad amare.
E se gli orifizi del nostro corpo in un modo o nell’altro possono essere tutti chiusi le orecchi rimangono aperte al modo che ci circonda a prescindere dal nostro volere, e son anche le uniche che possono salvarci dal sonno. E questo mi ricorda importanti cammini mistici-esoterici, così come l’antico mito della caverna di Platone, per cui l’uomo vive in condizione di sonno perpetuo, chiuso nella sua caverna, impaurito dal mondo che lo circonda.
Ecco l’ascolto si presenta come strumento primo per risvegliarci dal sonno e Vivere.

Scrive D. Bonhoeffer: "Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali".
Ed ora vi saluto e provo ad ascoltare.


domenica 17 maggio 2009

Nakba

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Ieri, 15 maggio 2009, i Palestinesi hanno commemorato il 61esimo anniversario della Nakba, la "castrofe", per il loro popolo a seguito della creazione dello Stato ebraico nel 1948.



Circa 500 rifugiati palestinesi in Libano si sono recati alla frontiera israeliana, a Kfar Kila vicino alla Porta di Fatima, sventolando bandiere libanesi, palestinesi e quelle di Hezbollah.La Porta di Fatima, muro in cemento e reti che accompagna il confine per alcune decine di chilometri, è diventato nel 2000 il simbolo del ritiro israeliano dal sud del Libano dopo 22 anni di occupazione. La manifestazione è stata organizzata dal Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP), il cui responsabile Khaled Younès ha dichiarato il rifiuto di qualsiasi insediamento palestinese (tawtin) nei Paesi ospiti per rivendicare il diritto al ritorno.



Nessuna celebrazione al campo di Dbayeh invece.



L'identità palestinese qui è molto meno forte rispetto ad altri campi. Mi chiedo da mesi quale sia il fattore decisivo per questa assenza e cerco di elaborare teorie proprio a partire dal termine "identità" definito mille volte, tuttavia sempre in maniera insoddisfacente. Il ragionare a proposito di questo soggetto lo lascio a giorni migliori quando forse tutto sarà chiaro anche nella mia mente.



Nessuna celebrazione al campo di Dbayeh quindi.



"Allora via si va, via si va, si va via", al campo palestinese di Bourj el-Barajneh. All'ingresso veniamo accolti dai faccioni di Arafat e Nasrallah, il nostro interesse è tuttavia diretto all'acquisto delle buonissime e ipercaloriche noccioline (mi dico che va bene, posso, ho mangiato solo una banana del resto!). Un po' in inglese e un po' in arabo chiediamo dove si celebra la Nakba e veniamo accompagnate nella piazzetta dove, a turno, ragazzi, adolescenti e bambini cantano e danzano per non dimenticare l'inizio della fine, l'inizio dell'essere rifugiato.




Oggi siamo ritornate per assistere a un incontro dove alcuni anziani hanno raccontato ai giovani i ricordi della loro terra, delle loro case, dei loro sogni. Alcuni occhi ancora si commuovono dopo 61 anni. Uno degli anziani scopendro che sono italiana mi ha chiesto un favore: "ti prego, se puoi. La Palestina è il mio paradiso, è la mia terra, è il luogo dove voglio morire. Quando tornerai in Italia racconta a tutti questa storia e quello che desidero. Il ritorno". Invitate da Iman, una bellissima ragazza conosciuta ieri, mi ritrovo sulla terrazza di casa sua a fumare il narghilé gusto enab (uva), parlare, ridacchiare. E' strano pensare che queste persone vengono considerate dalle comuni generalizzazione come dei "terroristi". Il terrore non è certo la sensazione provata e quindi presto torneremo per una cena tipicamente palestinese e per continuare ad ascoltare. Il favore che mi ha chiesto l'anziano di oggi non sarà facile senza orecchie interessate, ma io ci proverò anzi ci provo, ho iniziato ora.

giovedì 14 maggio 2009

Vedo due film(s)

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Vedo due film.
Mi rimangono, forti.
Ci penso, ci ripenso....ci penso ancora.....

...Quei film che fanno riflettere, che s’insinuano rapidamente e non vanno via....Quei film che ti lasciano la sensazione di polvere addosso....fitta.....microscopica....però c’è e lì rimane.
Non vuoi ‘pulirti’ perchè non sei tu, quello sporco.
O forse sì?
Alla fine conosci già tutto ciò che hai visto e “cosa puoi fare?”, ti chiedi. Tanto? Poco? Niente? Educare? Coinvolgere? Parlare? Dedicartici? Romperti la testa? Ignorare?

Forse finisce tutto domani.
Forse basta dormirci su e, al risveglio, la preoccupazione sarà solo preparare la borsa, la colazione, lavare i denti, correre a prendere l’autobus.
Forse no?
Forse è un mondo d’ingiustizie.

Però no.
No, credo che i due film in questione abbiano fatto un buon lavoro: sensibilizzazione, denuncia, ricordo.
Credo che si possa sempre migliorare.
Credo che esista ancora qualcuno che ‘ci crede’.
Credo che, purtroppo, non finisce tutto domani.
Credo che sia nostro dovere interrogarci.
Credo che sia nostro dovere essere consapevoli.
Credo di non essere, ne voler essere, una Santa ma, comprendo ogni giorno di più, che le mie azioni, le mie re-azioni, le mie rel-azioni contribuiscono a mandar tutto da una parte, dall’altra, dall’altra ancora, dall’altra o dall’altra.....................

“All the invisible children”, costituito da sette episodi diretti da sette registi differenti (
Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Kátia Lund, Jordan Scott - Ridley Scott, Stefano Veneruso e John Woo.)
Sette storie un filo conduttore.

“Garage Olimpo”, regia di Marco Bechis.
‘Pro-memoria’ per non scordare i desaparecidos argentini.

Scusate la nota triste di questo post....giuro che non lo sono....solo pensierosa.....si, pensierosa.....molto....



Un abbraccio a tutti....

martedì 12 maggio 2009

Ragione e dialogo inter-religioso secondo Ratzinger

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Merita attenzione il discorso pronunciato dal Papa sabato scorso presso la moschea al-Hussein, altro attesissimo tassello dell'appena concluso pellegrinaggio in Giordania.
Di seguito alcuni brani del discorso del Papa in traduzione dall'originale inglese. Parole di grande attualità, che per la loro acutezza e intelligenza si esplicano da sole:

"[…]Non possiamo non essere preoccupati per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un'espressione di comunione fra persone e con Dio. Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è".
"Distinti Amici, oggi desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all'insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragion creatrice […] i Musulmani adorano Dio, creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all'umanità. E quali credenti nell'unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in sé stessa dono di Dio e si eleva al punto più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio. In realtà quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti".
"Pertanto l'adesione genuina alla religione -lungi dal restringere le nostre menti- amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l'infinito[…]".
"Una simile comprensione della ragione, che spinge continuamente la mente umana oltre se stessa nella ricerca dell'Assoluto, pone una sfida: contiene un senso sia di speranza sia di prudenza. Insieme, Cristiani e Musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto. Siamo impegnati ad oltrepassare i nostri interessi particolari e ad incoraggiare gli altri, particolarmente gli amministratori e i leader sociali, a fare lo stesso al fine di assaporare la soddisfazione profonda di servire il bene comune, anche a spese personali".
"[…]Proprio perché è la nostra dignità umana che dà origine ai diritti umani universali, essi valgono per ogni uomo e donna, senza distinzione di gruppi religiosi, sociali o etnici ai quali appartengano. […] Il diritto di libertà religiosa va oltre la questione del culto ed include il diritto -specie per le minoranze- di equo accesso al mercato dell'impiego e alle altre sfere della vita sociale".

Fonte: sala stampa della Santa Sede.

lunedì 11 maggio 2009

Il Papa ad Amman

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In una Amman in assetto da guerra ma gioiosa, che non si è fatta mancare nemmeno i cecchini bardati di tutto punto e disseminati sui tetti dei palazzi, ieri mattina allo Stadio Internazionale di Amman si è svolto l'evento che tutti i fedeli attendevano, l'arrivo di Benedetto XVI e la celebrazione della Santa Messa.
Lo staff Caritas, che negli ultimi 10 giorni aveva contribuito all'organizzazione dell'evento con grande fervore, ha passato la notte tra il sabato e la domenica allo stadio per gli ultimi agitati preparativi.
Alle 2 SCE è stato concesso il lusso di assistere all'evento da normali spettatrici e sono comodamente partite da casa alle 4.15 del mattino, via, assonnate e silenziose verso la chiesa di Jabal Amman, dove l'autobus per lo staff Caritas le attendeva per il trasporto verso lo stadio.
Ore 5.00 arrivate a destinazione, superati i cancelli, braccia e gambe divaricate per le perquisizioni di routine, tè caldo per difendersi da un vento del mattino un po’ troppo arrogante. Prendiamo posto sugli spalti ancora deserti. Ma non saremo arrivate un po’ troppo presto? Ormai ci siamo.
Ancora impastate di sonno osserviamo, con il passare delle ore, lo stadio che si riempie, che si colora, che trepida di emozioni, di cori, di linguaggi stridenti tra loro. I primi ad arrivare, insieme ai giordani, sono i filippini che lavorano qui, hanno approfittato del loro unico giorno libero per partecipare a questa grande festa, poi arrivano gruppi di libanesi, di siriani, di tedeschi, australiani, italiani, ognuno orgogliosamente sventolante la sua bandiera.
Qualche parola con i nostri colleghi di Caritas, sfiniti dalla veglia. Le ore passano, lo stadio è colmo. Dall'altoparlante gli spettatori vengono invitati a sedersi.
Una voce gracchiante comunica che il Papa sta arrivando. Applausi scroscianti, grida, tutti in piedi, eccolo nella sua papamobile, di bianco vestito, le braccia spalancate, fa un giro di pista benedicendo i fedeli impazziti per lui per poi prendere posto sull'altare.
Nel discorso di benvenuto il Papa viene simbolicamente accolto dalla comunità tutta, cristiana e musulmana, si parla di pace nel mondo, si stringe il focus sul Medio Oriente e sulla critica situazione del popolo di Terra Santa. Imprescindibili le parole sui rifugiati irakeni che la Giordania accoglie e sulla tutela delle necessità pastorali per gli irakeni di fede cristiana.
Poi sta al Papa, che parla come pastore di Dio. Parla della donna nella società giordana, del rispetto e della dignità per essa come segno di amore e civiltà. Poi passa alla Terra Santa, il Papa ricorda l'importanza della tradizione religiosa che da essa ha origine e la necessità del dialogo interreligioso.
Ma al di là delle parole del Papa, pronunciate in inglese e che non tutti avranno udito o capito, dopo gli incontri ufficiali di Benedetto XVI questa è stata la festa del popolo e il popolo ha risposto in massa.

country roads..

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Questa settimana siamo stati in ritiro con i ragazzi. Siamo andati a Nanyuki, una cittadina a 4 ore di macchina a nord di Nairobi, proprio alle pendici del monte Kenya. Al mattino mi alzavo molto presto per ammirare questo gigante d’Africa: con i suoi 5199 metri d’altezza è la seconda montagna più alta del continente dopo il Kilimanjaro. Al mattino e di notte faceva un freddo cane, quindi non pensate che l’Africa sia tutta sole e caldo soffocante!

Per 5 giorni tutti i ragazzi e tutto lo staff siamo stati in un monastero di monaci benedettini, in un clima di condivisione, amicizia, fraternità. I ragazzi si sono aperti tantissimo agli spunti di riflessione offerti dal frate che li ha coinvolti, li ha ascoltati, li ha fatti parlare del loro passato, del loro presente e del loro futuro.

Ritmi serrati per i momenti di preghiera, di condivisione, sinceramente non ho mai visto un gruppo così tanto serio, così tanto pronto a parlare di sé, del loro passato doloroso, i motivi che li hanno portati dentro un carcere e poi la voglia di stare in comunità, per un futuro migliore, una vita migliore lontana dalla strada , lontana dalla delinquenza giovanile. Non è facile cambiare una vita passata sulla strada, una vita passata alle regole della mob justice, loro ci vogliono riuscire e in alcuni si vedono i cambiamenti radicali, i passi fatti dal loro arrivo in comunità fino ad oggi.

L’ ultimo giorno, momento fortissimo, emozionante: su un foglio abbiamo scritto le nostre ferite ancora aperte che vogliamo sanare, vogliamo guarire e poi le abbiamo bruciate in un piccolo focolare. Poi da una candela è partita una catena di luce che è andata ad accendere tutte le altre, e father Benedict ci ha benedetto ad uno ad uno, con un canto di sottofondo, un canto semplice, ripetuto, che è entrato nel cuore. Alla fine lo scambio della pace, con abbracci veri, di amicizia, di riconciliazione.

La sera, intorno al fuoco, danze, canti di tutte le tribù, dimostrando ancora una volta che è possibile vivere in pace fra tutte le etnie..

Sul matatu sulla strada per Nanyuki andava una vecchia canzone, country roads di John Denver: vera musica da viaggio, musica giusta per quei panorami che il Kenya offre, musica giusta per quelle strade che attraversano piantagioni, villaggi; sono le stesse strade da cui vengono i nostri ragazzi, e le stesse strade che percorreranno quando torneranno a casa..e allora veramente loro potranno pensare country roads take me home..

sabato 9 maggio 2009

Ciuri di campo

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Poesia di Peppino Impastato, eroe antimafia, ucciso il 9 maggio 1978.

Appartiene al tuo sorriso

l'ansia dell'uomo che muore,

al suo sguardo confuso

chiede un pò d'attenzione,

alle sue labbra di rosso corallo

un ingenuo abbandono,

vuol sentire sul petto

il suo respiro affannoso:

è un uomo che muore.

[presa dal sito: http://www.peppinoimpastato.com]

giovedì 7 maggio 2009

Papagrinaggio in Giordania

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Fermento extra-ordinario nel quartier generale di Caritas Jordan ad Amman. Sì perché la Giordania tutta si sta preparando ad un grande evento: la visita di Papa Benedetto XVI tra l'8 e l'11 maggio.
Il Papa farà tappa ad Amman nell'ambito del suo pellegrinaggio in Giordania e Terra Santa in cui oltre ad incontrare la comunità cristiane e musulmane, ripercorrerà i luoghi di Gesù cari al cristianesimo.
E se dalla sponda italiana Alitalia comunica orgogliosa che il Papa volerà sull'Airbus 320 "Dante Alighieri", la gioia e l'orgoglio di questo viaggio sono tutti giordani.
Sul viaggio del Papa l'attenzione è inevitabilmente concentrata sui preparativi a Gerusalemme ma c'è un aspetto molto importante che fino ad ora è passato sorprendentemente inosservato. La novità più significativa rispetto ai due precedenti viaggi di Paolo VI e Giovanni Paolo II è infatti il peso maggiore che la visita di Benedetto XVI avrà sull'economia del pellegrinaggio. Infatti su 8 giorni di viaggio il Papa ne trascorrerà 3 in Giordania, fatto nuovo visto che Wojtila nel 2000 di giorni in Giordania ne trascorse solamente 1. Un grosso regalo dunque per la comunità cristiana giordana che si sta dando da fare affinché l'organizzazione dell'evento sia impeccabile.
In una conferenza stampa il nunzio Francis Assisi Chullikat ha dichiarato che la Giordania è orgogliosa di essere la prima tappa del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Medio Oriente.
In Giordania il Papa celebrerà la S. Messa allo stadio di Amman, farà un incontro con i giovani, incontrerà re Abdallah e consorte in un'udienza privata, visiterà il Monte Nebo, benedirà il luogo su cui sorgerà la nuova chiesa cattolica a Wadi al Kharrar. Ma è previsto un altro momento molto importante ovvero la visita alla moschea Al Hussein, nella capitale. Sarà dunque la seconda volta, dopo la visita nel 2006 alla Moschea Blu di Istanbul, che Papa Benedetto XVI farà il suo ingresso in un luogo islamico. Questa visita sarà anche l'occasione per il primo dei due incontri che il Papa ha in programma con i rappresentanti della comunità islamica, il primo qui, il secondo a Gerusalemme, sulla Spianata, dove il Papa incontrerà il Gran Muftì.
La visita alla moschea di Amman è un evento molto importante nel cammino di dialogo tra cristiani e musulmani. Un dialogo su cui la corona giordana sta investendo molto puntando ad accreditarsi, in aperta concorrenza con l'Arabia Saudita, come punto di riferimento nel mondo musulmano per il dialogo tra cristiani e musulmani.
Dal canto loro la Fratellanza Musulmana e il Fronte di Azione Islamica come suo rappresentante politico fanno sapere attraverso la stampa giordana che attendono ancora le scuse da parte del Papa per le sue affermazioni del 2006 contro l'Islam e il suo Profeta Muhammad. Affermazioni cui il vescovo Sayegh ha risposto dicendo che "i musulmani sono nostri fratelli " e aggiungendo che "non vogliamo che rimangano ai margini di un evento così importante".
Questo pellegrinaggio ha già tutte le caratteristiche di un evento memorabile.

mercoledì 6 maggio 2009

La pasqua a Sadaclia

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Sadaclia è un villaggio che dista poco meno di un ora di macchina da Chisinau. Sinceramente non so quanti km sono, ma ormai dopo qualche mese di permanenza in R.Moldova ho imparata a contare le distanze in base a quanto ci si impiega a raggiungere le località con i mezzi di trasporto. I km diventano relativi quando hai davanti uno sterrato infangato oppure bello asciutto, quando hai davanti una strada asfaltata oppure no. Quindi diciamo che questo paese dove sono andato è abbastanza vicino, un ora di strada non è poì così molto!
A Sadaclia ci vado perché essenzialmente non avevo di meglio da fare a Chisinau durante le vacanze di pasqua ortodosse. L’ufficio dove lavoro è chiuso e molte persone che conosco non ci sono. Quindi accetto di buon grado l’invito a passare la pasqua in un tipico villaggio della Moldova.
Arriviamo a Sadaclia nel tardo pomeriggio e con la macchina facciamo un figurone passando davanti a uno dei bar del paese, di macchine nuove non se ne vedono tutti giorni... Arrivati a casa è ormai tardi per fare qualcosa, allora ci intrufoliamo nella casa dove è nata la nostra collega che ci ha invitato a passare la pasqua con la sua famiglia.
Qua conosciamo i suoi nipoti, figli di sua sorella che, con suo marito, è attualmente in Russia per lavoro. Eh, qua ovunque vado sento parlare di genitori all’estero, in questo caso tutti i due. I due nipoti, un esuberante bambino e una graziosa bambina, ci prendono subito in simpatia e io divento per qualche giorno la figura maschile di riferimento, sia per loro che per la casa!! La notte dormo con il nipotino e il giorno successivo ci svegliamo di buon ora, è sabato prima di pasqua e bisogna finire i lavori in casa prima di poter riposare la domenica e i giorni successivi. Le donne si infilano in cucina e ci rimangono tutto il giorno, a me vengono assegnati compiti esclusivamente “maschili”: cambiare una lampadina, riparare una porta e delle sportelle, spostare oggetti pesanti e macinare grano con mais per il mangime delle galline.



La giornata prosegue di buon ritmo e alla sera mi ritrovo sporco di polvere da capo ai piedi ma felice e appagato del lavoro che ho svolto.
Lavatomi e preparatomi per uscire alla sera verso la mezzanotte mi dirigo alla chiesa del paese dove ha luogo la liturgia della pasqua ortodosso, un rito che durà tutta la notte e che termina con un abbuffata generale di ogni ben di dio portato da ogni persona.
Domenica mattina si prepara la tavola imbandita con piatti squisitissimi e si comincia a accogliere ospiti e visitare parenti e amici del villaggio. Non c’è un ordine, c’è chi va, chi viene, l’importante è stare con qualcuno, mangiare e brindare molto, ma molto molto molto!!

La mia domenica di pasqua la passo con i giovani del paese conosciuti tramite il cugino della collega che ci ha ospitati a Sadaclia. Il pomeriggio quindi ci dirigiamo nel bosco con una scassatissima macchina di origine russa e cominciamo la nostra grigliata pasquale! Pollo, cibo, birra e vino a volontà! Sanno come divertirsi questi giovani! Il tempo scorre alla svelta, soprattutto dopo qualche bicchiere di birra e alla sera tardi il cugino mi riporta a casa, solo che ormai è tardi il nipotino che dormiva con me si è spostato in un altro letto!!
La mattina seguente scorre tranquilla e passo ogni ora a godermi la pace che mi dona questo posto. Quando ripartiamo il martedì dopo pasqua penso che prima o poi dovrò ritornare in questo villaggio nel tempo libero, per riposarmi un po’ ma anche per rivedere la bella gente che ho conosciuto e mi hanno accolto a cuore aperto.

lunedì 4 maggio 2009

Bambini "speciali"

3 commenti:
Sono le 9, e io sono in ritardo. Voglio trovare un libro per Abrham, da leggere insieme. Magari così non si annoia, magari così non gli sembra di fare i compiti. E magari capisce che è bello imparare a leggere. Libreria. Rohal Dahal. Esco e salgo sul taxi-bus 106.
Apro un altro libro e inizio a leggere, 10 minuti dopo arrivo a Tiquipaya, periferia nord di Cochabamba. È qui che lavoro, ed è qui che ho incontrato i “miei” bimbi “speciali”.

Sono le 9.40 quando suono il campanello, e già sento le voci che mi salutano. Quelli che possono, certo. Gli altri fanno dei gran sorrisi quando mi avvicino per dargli il buon giorno.
Abrham è un po’ deluso che la mia sorpresa sia un libro e non un album per colorare. L’infermiera mi passa 3 bicchieri d’acqua, i bimbi devono bere, altrimenti si disidratano. Mannaggia, sono al secondo bicchiere e devo già cambiare il primo pannolino della giornata, e sono solo le 10! Ne seguiranno altri 7, ma questo ancora non lo so.

Mi siedo davanti al lettino di Abrham, apriamo il libro e iniziamo a leggere. Una pagina tu e una io, e lui inizia con la sua voce tremante, scandendo le lettere e pronunciando correttamente una parola ogni 4. “Ho davvero tanto lavoro da fare con lui” penso.

Improvvisamente è mezzogiorno, ora di pranzo! Dalla cucina prendo un piatto con zuppa frullata ma Lilian, l’infermiera, mi ferma “potresti dare da mangiare a Rolando?” Le passo la zuppa frullata e ne prendo uno in cui galleggiano pezzi di carne e patate. Taglio le patate più piccole e mi siedo di fronte a lui, che continua a ripetere lo stesso fischio da più di mezz’ora. Quando vede il piatto però mi fa un sorriso e mi tende la mano per afferrare il cucchiaio: ha una gran fame e non vedeva l’ora!

Mangia tutto, primo e secondo, si beve il secondo bicchierone d’acqua. Poi lo accompagno a riposare. Rolando è uno dei pochi bimbi che, se sostenuto, può camminare, ma essendo piccolo piccolo aiutarlo a stare in piedi non è il massimo per la schiena. Però sorride. Sorrido anche io.

Intanto sono tornati i più piccoli che, avendo solo qualche problema fisico, erano a scuola. Tra gli altri Jorge, che io chiamo Mowgli.
Riesco a sedermi a tavola. Anche oggi “comida andina” inizio a pensare che lo facciano apposta: una cosa tipo zuppa di patate secche con patate e patate e delle cose che sembrano pezzi di carne. Pollo , patatine fritte, hamburger, polpette e pesce quando non ci sono.

I miei 15 minuti di tranquillità finiscono presto: Ale, 17 anni e una sedia a rotelle che la porta in giro, è in ritardo per la scuola. La macchina è già partita e lei, da sola, la salita di strada sterrata che la porta alla via principale non può farla. “Ti accompagno io”.
Mentre cammino sotto il sole dell’1.30 lei inizia a raccontarmi, di come è cambiata la sua vita nell’ultimo anno. Mi dice che si sente sola, che i suoi amici stanno pian piano scomparendo. Non so bene come risponderle.

Mentre torno al centro penso che se avessi avuto io un incidente e fossi su una sedia a rotelle la vedrei ancora più nera.
Abrham che mi aspetta: dove sei finita? Voglio leggere!!! “Che bello, allora il mio sistema gli piace!” Ma dopo 4 paginette si stufa. Facciamo matematica! Decido che una partita a carte può servire a fargli fare un po’ di conti senza che si stufi, quindi iniziamo. Però, intanto, Ana Paola e Johnatan hanno bisogno di un cambio di pannolino e Fredi e Alfredito li seguono a ruota.

Jorgito/Mowgli mi guarda e mi chiede se lo accompagno a farsi la doccia.
Lui è il bimbo che ha meno problemi nel centro: cammina, corre, parla, scrive ed è solo imprigionato in un armatura metallica perché la sua spina dorsale ha deciso che sarebbe stata più storta delle altre. È anche un bel peperino e gli educatori fanno fatica a stargli dietro. Credo che si senta un po’ messo da parte, visto che è difficile che qualcuno si sieda con lui a fare i compiti, può fare tutto da solo. Capisco che vorrebbe qualche attenzione.

Lo accompagno, e, finita la doccia, è il “nostro momento coccole” in cui si fa mettere la crema e mi chiede se c’è un modo per far sparire le cicatrici che ha. Altra domanda a cui non so rispondere. Però gli dico che alle ragazze le cicatrici non dispiacciono, soprattutto se sono cicatrici “di guerra”. Allora inizio a raccontargli delle storie: “Questa è di quando ti ha morso un coccodrillo, questa è di quando hai combattuto con una tigre, questa è una coltellata che ti hanno dato quando volevi salvare una principessa…”

Ride divertito e si dimentica della sua domanda. Poi lo pettino, gli passo i vestiti e scendiamo. Tutti lo guardano sorpresi: come sei pulito e profumato! Ha 7 anni e di solito, quando gli dicono di lavarsi, si mette solo un po’ di acqua in testa facendo finta.

Ora della merenda, poi 2 pannolini in più e arrivano le 6. Dovevo uscire alle 4, e invece, anche oggi, gli faccio compagnia per la cena. Bavaglini pronti, zuppetta che sembra quella del pranzo.

18.30 esco, stanca ma un sacco felice di tutto quello che anche oggi ho fatto. Le ore volano, ci sono sempre mille cose da fare, e, arrivata alla via principale capisco che non è ancora finita. Da lontano vedo una sedia con 2 ruote: è Maira, 17 anni anche lei e un incidente alle spalle. Non riuscirà mai a scendere da sola la salita/discesa per arrivare al centro. La aspetto, la accompagno fino alla porta e le dico che ci vedremo domenica, a messa, se riesco ad arrivare in tempo. “Grazie Martina! Poi ti fermi anche il pomeriggio? Ho un po’ di cose da chiederti”. Probabilmente saranno altre domande a cui non saprò dare risposta, ma sicuramente la aiuterà avere qualcuno con cui parlare.