Ieri, 15 maggio 2009, i Palestinesi hanno commemorato il 61esimo anniversario della Nakba, la "castrofe", per il loro popolo a seguito della creazione dello Stato ebraico nel 1948.
Circa 500 rifugiati palestinesi in Libano si sono recati alla frontiera israeliana, a Kfar Kila vicino alla Porta di Fatima, sventolando bandiere libanesi, palestinesi e quelle di Hezbollah.La Porta di Fatima, muro in cemento e reti che accompagna il confine per alcune decine di chilometri, è diventato nel 2000 il simbolo del ritiro israeliano dal sud del Libano dopo 22 anni di occupazione. La manifestazione è stata organizzata dal Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP), il cui responsabile Khaled Younès ha dichiarato il rifiuto di qualsiasi insediamento palestinese (tawtin) nei Paesi ospiti per rivendicare il diritto al ritorno.
Nessuna celebrazione al campo di Dbayeh invece.
L'identità palestinese qui è molto meno forte rispetto ad altri campi. Mi chiedo da mesi quale sia il fattore decisivo per questa assenza e cerco di elaborare teorie proprio a partire dal termine "identità" definito mille volte, tuttavia sempre in maniera insoddisfacente. Il ragionare a proposito di questo soggetto lo lascio a giorni migliori quando forse tutto sarà chiaro anche nella mia mente.
Nessuna celebrazione al campo di Dbayeh quindi.
"Allora via si va, via si va, si va via", al campo palestinese di Bourj el-Barajneh. All'ingresso veniamo accolti dai faccioni di Arafat e Nasrallah, il nostro interesse è tuttavia diretto all'acquisto delle buonissime e ipercaloriche noccioline (mi dico che va bene, posso, ho mangiato solo una banana del resto!). Un po' in inglese e un po' in arabo chiediamo dove si celebra la Nakba e veniamo accompagnate nella piazzetta dove, a turno, ragazzi, adolescenti e bambini cantano e danzano per non dimenticare l'inizio della fine, l'inizio dell'essere rifugiato.
Oggi siamo ritornate per assistere a un incontro dove alcuni anziani hanno raccontato ai giovani i ricordi della loro terra, delle loro case, dei loro sogni. Alcuni occhi ancora si commuovono dopo 61 anni. Uno degli anziani scopendro che sono italiana mi ha chiesto un favore: "ti prego, se puoi. La Palestina è il mio paradiso, è la mia terra, è il luogo dove voglio morire. Quando tornerai in Italia racconta a tutti questa storia e quello che desidero. Il ritorno". Invitate da Iman, una bellissima ragazza conosciuta ieri, mi ritrovo sulla terrazza di casa sua a fumare il narghilé gusto enab (uva), parlare, ridacchiare. E' strano pensare che queste persone vengono considerate dalle comuni generalizzazione come dei "terroristi". Il terrore non è certo la sensazione provata e quindi presto torneremo per una cena tipicamente palestinese e per continuare ad ascoltare. Il favore che mi ha chiesto l'anziano di oggi non sarà facile senza orecchie interessate, ma io ci proverò anzi ci provo, ho iniziato ora.
ehm, dalla foto il collo tradisce l'età. mannaggia. scusate ci stavo pensando così e l'ho scritto. pensiero intelligente della domenica pomeriggio in casa a fare il report intanto fuori è brutto giusto perchè sono in LIbano e speravo di essere già abbronzata a maggio, invece no.
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