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domenica 31 agosto 2014

Ethiopia Dalle nostre stalle alle loro stelle

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Prima di partire per i Cantieri della Solidarietà, è facile gasarsi pensando di arrivare in Etiopia e “salvare il mondo” in tre settimane. E’ facile però che le aspettative vengano stravolte e che sia la gente del posto a venire in tuo aiuto a dimostrarti quanto, lavorando in silenzio, gli africani diano anima e corpo per la loro comunità.
E’ quello che abbiamo capito noi cantieristi quando, sulla strada verso la missione di Getche, a 40 chilometri dal primo centro abitato, siamo rimasti fermi in mezzo alla strada per colpa di un guasto alla mitica jeep di suor Lucia.

 Appena scesi dal veicolo, ecco venirci incontro una dozzina di bambini e un’anziana signora che, invece di chiederci soldi o caramelle come al solito, ci dispensano grandi sorrisi e canna da zucchero da sgranocchiare. Così, gratuitamente, senza chiederci nulla in cambio, per il semplice fatto di dimostrarci la loro ospitalità. Esattamente nello stesso modo in cui, in meno di un’ora, suor Francesca  è accorsa a caricarci sul suo pullmino e a portarci dritti fino a Getche. Ma ancora più sorprendenti, oltre all’enorme disponibilità con cui siamo stati accolti dalle sorelle della missione, sono stati i racconti di suor Francesca e suor  Marta di come riescano praticamente da sole a gestire una clinica a disposizione di circa 12000 abitanti nei 4 paesi circostanti. I servizi sanitari in Etiopia sono tutti a pagamento; le suore di Getche invece, finanziandosi esclusivamente con le donazioni che ricevono, hanno tirato in piedi questa struttura in cui, nonostante a causa di un guasto alla corrente l’ elettricità manchi ormai da tre mesi (e sembra che nessuno abbia intenzione di restituirgliela), riescono ad offrire supporto e assistenza alla loro gente.
Ti sorprende la grande forza d’animo che traspare dai comportamenti delle “sisters”, la consapevolezza di quanto la salute sia un diritto fondamentale dell’essere umano e di quanto stia loro a cuore che la gente venga educata al rispetto anche delle più banali norme igieniche. Certo, le possibilità che le condizioni di vita offrono in quella terra sono assai limitate, ma questo non basta a evitare che queste donne si spendano gratuitamente e senza mezze misure per dare un significativo contributo a favore dei loro fratelli.
Un servizio straordinariamente importante ma svolto nel massimo silenzio, che può essere un esempio da seguire per tutti noi, ognuno impegnato a modo suo nel dare una mano e a mettersi in gioco nei confronti di chi ci sta accanto.

Ali,Marti,Fedea,Babi,Andre,Ele,Fedeo,Giuli

Ethiopia Ottavo giorno

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Ancora il wi-fi non è stato trovato, le comunicazioni tra la nostra guest house e il resto del mondo appaiono sempre più utopiche. Finalmente stasera è tornata la corrente, per quanto riguarda l’acqua nel nostro bagno non ci siamo ancora, ma ci stiamo lavorando. Il tanto temuto “cagotto” sta iniziando a mietere vittime, ci sono stati i primi caduti, ma per fortuna si stanno eroicamente riprendendo. Le nostre valigie non sono ancora state avvistate, attendiamo con ansia la mitologica “Tin Sai” che, stando a quanto dice il nostro comandante suor Delia, sta per portarcele. A dirla tutta, doveva arrivare “domani” esattamente sei giorni fa ma, si sa, siamo in Africa del resto. Qui bisogna dimenticarsi di orari, appuntamenti e tempi precisi (anche perché è difficile, se si tiene conto che per il calendario etiope siamo nel 2007 e le nostre 6 di mattina corrispondono alla loro mezzanotte!).

Eppure è anche in questo che risiede il fascino del nostro cantiere. 

Il fatto di “staccare la spina”, in senso metaforico e letterale, dal mondo a cui siamo abituati e dalla routine e immergersi completamente in questo mondo affascinante in cui un caffè che si rispetti, per essere consumato, richiede almeno un’ora di rito e dove per attraversare la strada devi stare attento a non scontrarti con asini, cavalli e “bajaj” (una sorta di trashissimo apecar all’africana, il top per un giro in città).
 Il cellulare poi ti serve poco se ti ritrovi disperso in mezzo alle campagne dopo due ore di cammino sulla strada sbagliata! Fortuna che almeno con noi c’è sempre un corteo di almeno 30 bambini che ci segue ridendo, dandoci la mano e intonando “una sardinaaaaa” con l’accento più improbabile che si sia mai sentito.  Per loro siamo indiscutibilmente le star del momento,ci seguirebbero in capo al mondo.. Ehm, un momento, però alle 18,30 qua inizia a fare buio, e il nostro gagliardo seguito non è comunque una grande difesa da quello che potrebbe aspettarci nella notte africana.
Ma niente paura gente: perché preoccuparsi, quando c’è un camioncino di boscaioli lungo la strada, pronto a caricarci insieme alla  legna e riportarci in città sul tetto, mentre all’orizzonte possiamo gustarci lo spettacolo della famosa super luna che si staglia nel cielo etiope?

Una tranquilla gita fuori porta, insomma. Ma ne è valsa la pena per un’immersione in questa assurda e affascinante realtà. E poi, meglio un’avventura del genere o passare il pomeriggio a guardare il documentario di Santa Barbara che Suor Delia sta ancora cercando di propinarci???
Ebbene sì, otto giorni fa è iniziato il nostro cantiere. Prima di partire, si sa, ogni “cantierista” ha delle aspettative e quella più comune è che il cantiere sia una grande avventura;  e se dopo solo otto giorni i presupposti sono questi ... altro che grande avventura!!

Ali,Fedea,Fedeo,Marti,Babi,Ele,Andre,Giuli

venerdì 2 agosto 2013

Li vuoi quei Kiwi? Quali Kiwi? Quei Kiwi! News mombasiane!!!

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Sai toccarti l'orecchio sinistro con la mano destra? Avanti, prova! 

Fortunatamente i criteri di ammissione alla scuola primaria keniota sono cambiati dagli anni '60. 
Al termine di una giornata trascorsa tra i bambini del Rescue Center di Mombasa e tra i vari turbolenti spostamenti nel traffico cittadino, ci ritroviamo a riflettere insieme a Brother John, direttore di Caritas Mombasa, sul sistema scolastico-educativo locale.







E' grazie a lui che quotidianamente riusciamo a confrontarci su ogni questione e ad addentrarci sempre di più nelle numerose realtà con cui veniamo in contatto. 

Ormai da una decina di giorni il nostro tempo è infatti scandito tra visite a centri scolastici, professionali, sanitari, sociali e testimonianze di persone che operano all'interno di progetti più o meno collegati a Caritas Mombasa. 
Do you know Picasso?

Nonostante la rituale stanchezza di fine giornata, l'entusiasmo, la voglia di conoscere nuove dimensioni e di mettersi in gioco crescono sempre di più! E poi non preoccupatevi... siamo in buone mani!!!



venerdì 26 luglio 2013

Prime diapositive da Mombasa

2 commenti:
Istantanee in arrivo dalle nostre cavie del Cantiere sperimentale in Kenya.
Dalle prime foto risultano subito evidenti i devastanti effetti collaterali della profilassi antimalarica.
Speriamo bene...








martedì 31 marzo 2009

Grigori, "Mosnegelul"

1 commento:
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“Mosnegelul”, "Il vecchietto”, è solo uno dei mille soprannomi di Grigori, il guardiano della sede dell'“Associazione Diaconia”, presso la quale io e Lorenzo svolgiamo il nostro Servizio Civile qui in Moldova.
Dopo aver tanto spesso sentito parlare gli amici libanesi dei “loro nonnini”, mi è venuta la voglia di dedicare un post anche a lui, anche a nome di Elisa, che nutre un affetto particolare nei suoi confronti.


Grigori è anziano, ha una moglie e due figli che studiano all'Università, avuti in età avanzata, quando le speranze di avere figli si erano quasi spente. I soldi per garantire gli studi ai figli però mancano, la pensione non basta, e così lui cerca di guadagnare qualcosa facendo il guardiano la notte e durante i fine settimana alla sede di “Diaconia”. Per la verità mi sono sempre chiesta quale genere di malintenzionato che voglia entrare nella sede possa rimanere intimidito o intimorito dalla sua innocua e pacifica figura...ma pare che l'importante sia che ci sia qualcuno che tenga lontani i malintenzionati, a quanto ho capito e mi hanno detto basta la sua presenza, e almeno così si spera che sia.


Arriva la sera, lo senti giungere perchè odi il ticchettio delle sue stampelle. Entra con la sua coperta arrotolata e legata con un filo, come un pacchetto, la sua cena e un libro, con il quale trascorrere il lungo tempo che dovrà passare solo e che lo separa dalla mattina successiva, quando tornerà a casa.
Non sa il rumeno, in passato qui non serviva saperlo, quindi parla in russo. Noi non capiamo il russo, ma questo per lui non ha alcuna importanza, e ci parla lo stesso.
Ci saluta, ci abbraccia, ci bacia. Ci fa capire che non vuole disturbare, possiamo, anzi dobbiamo, continuare a lavorare anche se lui è arrivato.
E poi, in silenzio, con cura e pazienza, estrae dalla sua borsa delle noci raccolte per strada, o delle mele, delle caramelle, o un dolcetto fatto da sua moglie, e ce li mette nelle mani. Impossibile rifiutare il dono, così semplice, così offerto con il cuore.
Si siede, o va in un'altra stanza per non disturbare, poi torna, si siede accanto a noi, indossa gli occhiali e inizia a leggere il suo libro, in russo; quello che sta leggendo ora parla della regina Cleopatra, della quale mi ha dettagliatamente raccontato la storia, sempre in russo.
Noi ci prepariamo e ce ne andiamo, lui ribadisce, cerca di farci capire, che dobbiamo continuare a lavorare, che non ce ne dobbiamo andare... Ci augura un “Drum bun”, un "Buon viaggio", ci bacia e rimane solo, fino alla mattina successiva.
Questo è quello che accade all'incirca tutti i giorni nei quali ci troviamo a Diaconia, ma ogni volta è diversa e unica.
Un giorno Grigori ha voluto che gli dessi un foglio e una penna. Ha iniziato a scrivere dei numeri 24 03 1935. Pensavo mi volesse scrivere il suo numero di telefono...ma poi ho capito: voleva scrivermi la sua data di nascita. Forse voleva dirmi che in tutti questi anni di vita ha visto tante, ma proprio tante cose, ha sofferto tanto, ha gioito tanto, ha amato tanto. Non so cosa volesse comunicarmi, ma con quel biglietto mi ha in ogni caso detto tanto.
Nonostante io creda profondamente nel valore della parola e del dialogo nel creare e rafforzare le relazioni, in quel momento ho proprio pensato: a volte non c'è davvero bisogno di parole.

venerdì 13 marzo 2009

Macchina collettiva

1 commento:
Oggi io e Giulia dovevamo tornare a Chisinau da Orhei, una città a 1 ora di macchina dal nostro appartamento.

Tutto facile e normale. Scendiamo giù per la strada che porta alla stazione dei pullman di Orhei come tutte le volte.

10 metri prima di arrivare alla stazione
un tizio moldavo ci chiede: "Andate a Chisinau?"
Noi rispondiamo: "Ba da!!" (che vuol dire "Ma certo!)
E il tizio moldavo: " Bene allora venite con la mia macchina!"
Io guardo Giulia. Giulia guarda me. Gli domandiamo:" Ma quanto costa? Quando parte?"
E il tizio moldavo: " Costa come l'autobus e partiamo quando trovo passeggeri per riempire la macchina. Sono più veloce dell'autobus"
Io guardo Giulia. Giulia guarda me. Entriamo in macchina.

Aspettiamo qualche minuto, il tempo che il tizio moldavo trovi altra gente che torna a Chisinau e poi partiamo tutti insieme, 5 perfetti sconosciuti, alla volta di Chisinau.

I due passeggeri davanti parlano russo tutto il tempo, io e Giulia che siamo dietro parliamo italiano e il quinto che è affianco a me dorme. Bella scenetta.

In un battibaleno siamo a Chisinau. Paghiamo il "biglietto" (in nero ovviamente") e salutiamo il tizio moldavo.

Dopo 2 minuti Giulia che è la R.S. ( Responsabile Sicurezza ) mi dice scherzando (o forse no): " Come responsabile della sicurezza dico che era meglio se avessimo preso l'autobus".

In effetti anche io non ho fatto a meno di pensare che dopo 10 km di viaggio il tizio moldavo avrebbe svoltato in una stradina di campagna, ci avrebbe derubato e ci avrebbe lasciati senza un soldo in mezzo alla campagna moldava. Stupidi pregiudizi!!
(Quest'ultima frase l'ho detta per far fare sogni tranquilli a Sergio, ah a proposito, Sergio, lunedì 16 ritiriamo i permessi di soggiorno se li hanno finiti, mitico!!)

domenica 15 febbraio 2009

Turisti per caso

3 commenti:


Eccoci immortalati davanti all'entrata di un bel monastero che si trova in cima a una collina appena fuori la città di Iasi.




Il giro per i monasteri prosegue...ma che fatica...

Auguri Giulia!

1 commento:
"Prendi un sorriso, regalalo a chi non l’ha mai avuto.

Prendi un raggio di sole, fallo volare là dove regna la notte.

Scopri una sorgente, fa bagnare chi vive nel fango.

Prendi una lacrima, posala sul volto di chi non ha pianto.

Prendi il coraggio, mettilo nell’animo di chi non sa lottare.

Scopri la vita, raccontala a chi non sa capirla.

Prendi la speranza, e vivi nella sua luce.

Prendi la bontà, e donala a chi non sa donare.

Scopri l’amore, e fallo conoscere al mondo."

[M. GANDHI]

(n.d.r., grassetto mio: il tuo sorriso, il tuo essere solare, il tuo coraggio, la tua bontà ecc...)

Auguri Giulia di uno strepitoso compleanno,

da tutti Noi!

martedì 3 febbraio 2009

"Ti accende i sentimenti"

2 commenti:

Finalmente mi sono decisa anche io a scrivere un post e a fare il mio ingresso nel blog, per la serie “meglio tardi che mai” e con la promessa di scriverne molti altri…
Avrei tantissime cose da scrivere e da raccontare: impressioni, eventi, incontri avvenuti lungo la "strada" finora percorsa, sorrisi, sguardi, pensieri, soprattutto pensieri… Perché tantissimo è accaduto qui in Moldova in questi primi mesi di esperienza, tantissimo la Moldova mi sta dando, su tante cose questa esperienza mi sta facendo interrogare e riflettere, e su altrettante mi sta stimolando.
Sono giuste certe cose che avvengono? Perché la vita di un bambino deve essere segnata per sempre dall’abbandono dei suoi genitori, spesso, troppo spesso, a loro volta tempo prima abbandonati dai loro? Perché una mamma deve essere costretta ad andare all’estero e a lasciare la sua famiglia, per poterla mantenere e per poter sopravvivere? Perché è così frequente e facile che la gente approfitti delle fragilità e delle difficoltà altrui? Perché c’è tanta povertà? Come si possono cambiare determinate dinamiche? E’ poi giusto cambiarle? E’ possibile migliorare le cose, la realtà? Come?

Certo, non c’è bisogno di venire in Moldova per vedere la sofferenza dei bambini, o la “fatica di vivere”, lo sforzo e la “difficoltà a tirare avanti” dei loro genitori, segnati da una vita che li fa sembrare anziani nell’anima e nel corpo anche quando a volte non lo sono. La sofferenza c’è ovunque, anche in Italia. Molti, troppi bambini soffrono, molte, troppe persone sono tristi, infelici, disperate. Ma qui sembra che troppo spesso questa sia la “normalità”, l’”ordinarietà”. Quello che voglio dire è però che questa “normalità”, se così si può chiamare, non smette però di stupire e di meravigliare, perché “…ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti” (dal testo della canzone “Don Chisciotte” di Francesco Guccini). Questo è l’effetto che la Moldova provoca in me: prima di farmi riflettere e pensare, prima di essere “metabolizzata”, ogni cosa che io qui, il più intensamente e il più profondamente possibile, cerco di vivere, “mi apre nuovi occhi e mi accende i sentimenti”. E non solo la sofferenza e il dolore mi “accendono i sentimenti”, ma soprattutto la forza, la speranza e la “voglia di ricominciare, sempre e comunque” che le persone qui hanno.

domenica 1 febbraio 2009

Al lavoro per Sergio e Matteo

4 commenti:

Lunedì 2 febbraio verranno a farci visita in Moldova Sergio ( il nostro CAPO ) e Matteo ( il FORMATORE).
Visto che saranno ospiti nella nostra casa abbiamo pensato assieme a Elisa (il nostro CAPO in Moldova che ci chiama "schiavi") di fargli una sorpresa culinaria per una cena che faremo!!
Qua una foto, ma nient'altro! Forse si capisce cosa stiamo facendo, forse no!

( Nella foto Giulia a destra e Lorenzo a sinistra)
anzi
(Nella foto Giulia a sinistra e Lorenzo a destra)

A presto!

Lorenzo

giovedì 20 novembre 2008

La comunità in R.Moldova

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Ci siamo divisi equamente i compiti:
c'è chi stira e c'è chi "lavora" al pc!
A voi indovinare!