Era febbraio, mi pare, quando Sami mi disse ke il giorno prima non aveva niente da fare e si era messo a scrivere. E non aveva smesso fino a quando non era arrivato alla fine. “E cosa hai scritto?”. “Una storia”. “Come?”. “Boh, non so neanche se mi piace, tò, leggila”. After the translation, there’s the original English version..
“Ero figlio unico, i miei genitori non hanno altri figli. Mi crebbero nel lusso e a 5 anni m’iscrissero a scuola. La scuola era un bel posto e iniziai a trascorrere ogni momento lì. Tutti i giorni fino alle 3, quando i miei genitori venivano a prendermi.
Possedevo talmente tanti giocattoli, macchine, biciclette che tutti i miei amici venivano a giocare con me. Giocavamo tranquillamente. Avevo 4 amici e ci volevamo molto bene, e per la nostra amicizia anche i nostri genitori divennero altrettanto amici. Questa è la gioiosa storia della mia fanciullezza. Ma…”. Rimango in silenzio per un istante. “Forza, amico!”, il ragazzino mi esorta a proseguire. Dopo una lunga pausa ricomincio, continuo, lentamente.
“Avevo quasi vent’anni quando le cose son radicalmente cambiate. Trovarono a mio padre un tumore al sangue. Questo è stato il grosso problema della mia famiglia, la mamma ha provato a portarlo all’ospedale ma i dottori concordarono che lui doveva lasciare quanto prima questo Paese. E se non potevamo permettercelo, sarebbe rimasto in vita solo pochi giorni. Le lacrime scesero a solcare il mio viso sgomento. Subito la mamma decise che per risolvere il tutto avremmo dovuto vendere la casa, le due macchine, la mobilia. Avremmo potuto raccogliere molto denaro. Io e mia mamma eravamo emozionati perché stavamo per salvare la persona cui più tenevamo.
Sami ritratto da Stefania |
Oggi non cenammo. Io e il ragazzino che ho incontrato qua in giro ci accingiamo a dormire, quando lui mi chiede perché io viva per strada. Dopo numerose insistenze decido di raccontare la verità al giovane amico e inizio la mia narrazione….
La storia media
“Ero figlio unico, i miei genitori non hanno altri figli. Mi crebbero nel lusso e a 5 anni m’iscrissero a scuola. La scuola era un bel posto e iniziai a trascorrere ogni momento lì. Tutti i giorni fino alle 3, quando i miei genitori venivano a prendermi.
Possedevo talmente tanti giocattoli, macchine, biciclette che tutti i miei amici venivano a giocare con me. Giocavamo tranquillamente. Avevo 4 amici e ci volevamo molto bene, e per la nostra amicizia anche i nostri genitori divennero altrettanto amici. Questa è la gioiosa storia della mia fanciullezza. Ma…”. Rimango in silenzio per un istante. “Forza, amico!”, il ragazzino mi esorta a proseguire. Dopo una lunga pausa ricomincio, continuo, lentamente.
“Avevo quasi vent’anni quando le cose son radicalmente cambiate. Trovarono a mio padre un tumore al sangue. Questo è stato il grosso problema della mia famiglia, la mamma ha provato a portarlo all’ospedale ma i dottori concordarono che lui doveva lasciare quanto prima questo Paese. E se non potevamo permettercelo, sarebbe rimasto in vita solo pochi giorni. Le lacrime scesero a solcare il mio viso sgomento. Subito la mamma decise che per risolvere il tutto avremmo dovuto vendere la casa, le due macchine, la mobilia. Avremmo potuto raccogliere molto denaro. Io e mia mamma eravamo emozionati perché stavamo per salvare la persona cui più tenevamo.