giovedì 31 luglio 2008

La storia media

Era febbraio, mi pare, quando Sami mi disse ke il giorno prima non aveva niente da fare e si era messo a scrivere. E non aveva smesso fino a quando non era arrivato alla fine. “E cosa hai scritto?”. “Una storia”. “Come?”. “Boh, non so neanche se mi piace, tò, leggila”. After the translation, there’s the original English version..

Sami ritratto da Stefania

La storia media


Oggi non cenammo. Io e il ragazzino che ho incontrato qua in giro ci accingiamo a dormire, quando lui mi chiede perché io viva per strada. Dopo numerose insistenze decido di raccontare la verità al giovane amico e inizio la mia narrazione….

“Ero figlio unico, i miei genitori non hanno altri figli. Mi crebbero nel lusso e a 5 anni m’iscrissero a scuola. La scuola era un bel posto e iniziai a trascorrere ogni momento lì. Tutti i giorni fino alle 3, quando i miei genitori venivano a prendermi.

Possedevo talmente tanti giocattoli, macchine, biciclette che tutti i miei amici venivano a giocare con me. Giocavamo tranquillamente. Avevo 4 amici e ci volevamo molto bene, e per la nostra amicizia anche i nostri genitori divennero altrettanto amici. Questa è la gioiosa storia della mia fanciullezza. Ma…”. Rimango in silenzio per un istante. “Forza, amico!”, il ragazzino mi esorta a proseguire. Dopo una lunga pausa ricomincio, continuo, lentamente.

“Avevo quasi vent’anni quando le cose son radicalmente cambiate. Trovarono a mio padre un tumore al sangue. Questo è stato il grosso problema della mia famiglia, la mamma ha provato a portarlo all’ospedale ma i dottori concordarono che lui doveva lasciare quanto prima questo Paese. E se non potevamo permettercelo, sarebbe rimasto in vita solo pochi giorni. Le lacrime scesero a solcare il mio viso sgomento. Subito la mamma decise che per risolvere il tutto avremmo dovuto vendere la casa, le due macchine, la mobilia. Avremmo potuto raccogliere molto denaro. Io e mia mamma eravamo emozionati perché stavamo per salvare la persona cui più tenevamo.



Due giorni dopo mio padre andò in Israele. Aspettavamo gravemente ogni notizia. All’’inizio nutrivamo una certa speranza, ma dopo breve i medici ci dissero che il suo sangue era completamente intossicato e la malattia era cronica. Dopo 12 giorni…”, faccio un profondo e lungo silenzio… “Cosa successe?”, domanda il bambino. Non riesco a smettere di piangere, il ragazzino si spaventa e dice: “Mi spiace, grande uomo”. “Non importa”, replico. “Poi…”, riprendo la mia storia, “Mio padre morì e noi andammo a prendere il suo corpo all’aeroporto internazionale e io pensai che un giorno avrei potuto portarlo a casa in bicicletta… ma il mio era solo un sogno idiota.

Dopo la morte di mio padre, mia mamma perse la speranza nella vita. Non le rimaneva più niente: aveva un amante e ora le restavano dei ricordi, aveva un marito e ora aveva una foto, godeva di una certa stima ma adesso tutti la dimenticavano. Tentavo continuamente di consolarla, ma lei non voleva udire altra voce che non fosse quella del suo amato. Una volta la trovai in lacrime insieme all’immagine di mio.

La grande sfida della mia vita inizia qua. Un giorno la mamma mi manda da mio zio. La sua casa era un po’ distante dalla nostra. Lei mi disse che lo zio aveva dei soldi da darci ma quando lo incontrai lui mi chiese della mamma e mi ordinò di averne cura. Infine lui mi rimandò indietro senza nient’altro che quelle parole. Non avevo soldi per il trasporto, così tornai a casa a piedi.

Quando arrivai al villaggio i miei vicini stavano piangendo… ero terrorizzato e cercavo di capire. Cos’era successo? Poi sentii il nome di mia mamma e corsi da lei, ma non c’era. Tutti la stavano piangendo. Mamma…”. “Cosa le è successo?”, domanda il ragazzino e io rispondo: “ Si era uccisa”. “Mio buon Dio”, commenta lui atterrito. “Sì; mia mamma volò dal suo amore...

Due giorni dopo l’ufficiale di polizia venne a consegnarmi un foglio. Era stato ritrovato nella tasca di mia mamma durante le indagini. La lettera recitava: «¬Non so perché Dio si è preso la mia luce e non so perché ho scelto questo modo per ritrovarla, so che non puoi restare con me ancora perché ti sposerai e anche tu inizierai a preoccuparti solo per quelli che ti faranno battere il cuore, così è meglio che io vada da lui. Per questi giorni ti ho lasciato nella scatola quello che ho. Voglio il meglio per te, bambino. Ciao, la tua mamma».

C’erano 20.000 birr (circa 1300 €) ma non avevo idea di cosa fare, dove sarei dovuto andare? Non avevo nessuno cui chiedere una briciola di consiglio. Alla fine ho deciso di uscire da Addis e di andare in Harar. Anche lì non avevo nessuno con cui condividere la mia vita. Dopo lungo tempo ho incontrato una ragazza di nome Veronica. Era bellissima e sveglia. Lavorava nell’albergo in cui mi recavo tutti i giorni.

Col passare del tempo la nostra relazione si rafforzava e iniziammo a passare più tempo assieme. Una notte mi disse che voleva dormire con me, io mi presi paura e provai a convincerla che non ero pronto per quel tipo di ruolo, ma lei non volle sentire ragioni e disse: «So che non mi ami, scusa se ti spingo a fare quello che non vuoi». «No, sei sulla strada sbagliata, per favore non interpretare così il mio discorso», le risposi. «Ok, lascia stare» e abbandonò casa mia. Non volevo spiegarmi più di quanto non avessi già fatto, così rimasi a casa mia.

Non sapevo se lei era si era offesa o no, poiché lei non era tornata lì. Andai all’albergo e quando la trovai le dissi «Mi spiace» e ci recammo a casa. Mi chiese subito di bere birra. Io non la volevo, ma non potevo averla vinta sui suoi meravigliosi occhi e così non ebbi altra scelta che assecondarla. Non ricordo quanta birra bevemmo quella notte. La sua richiesta precedente venne esaudita e dormimmo insieme.

Dopo due mesi provò a stupirmi: era incinta. Quando lo sentii, mi odiai con tutto me stesso e decisi di lasciarla e di cambiare regione perché quando papà era vivo mi disse ripetutamente e seriamente: «Non mettere al mondo un uomo prima che tu stesso non lo sia diventato». Lui aveva ragione ma sapevo di avere infranto il suo suggerimento. Una notte a bordo di un camion lasciai la mia città, il proprietario mi accompagnò fino ad Addis Abeba. Un’altra volta. Quando ho visto la mia città natia, gli occhi mi si sono riempiti di lacrime. A quel punto mi restavano solo 1500 birr. Non sapevo come utilizzarli e ci affittai una casetta per 7 mesi. Dopo di che il mio denaro finì.

Una notte a bordo di un camion lasciai la mia città, il proprietario mi accompagnò fino ad Addis Abeba

Erano passati 9 mesi da quando avevo lasciato l’Harar. Era quello il periodo in cui Veronica avrebbe messo al mondo il mio primo figlio non voluto. Mi sentii un assassino, ma non potevo farci niente. Due anni dopo udii che Veronica stava venendo ad Addis per me. Quando sentii queste notizie mi terrorizzai e mi venne in mente quel motto. Scappai pure da Addis e mi rifugiai a Debre Zaite, che si trova a 45 km di distanza. Vi restai 2 mesi e qualche giorno.

Al mio ritorno ad Addis la mia foto era attaccata ovunque. Non ci potevo credere, purtroppo iniziai a farne piazza pulita ma era lungo e inoltre facilitava le sue ricerche, perché mi avrebbero visto tutti, così lasciai perdere. In quel momento ho rinunciato ad ogni possibilità di sapere di Veronica e mio figlio. Mi mancherà per sempre vederlo, ma non lo voglio”.

Respiro a fondo. Proseguo: “Una mattina stavo dormendo davanti alla chiesa di St. Joseph. Erano le 9 e mezza. Non so chi, ma qualcuno mi lanciò una busta e scappò. Provai a capire chi fosse, non potevo credere ai miei occhi… Veronica, dopo 12 anni. Provai a chiamarla, ma la mia gola non riuscì a enunciare parole, volevo correrle dietro, ma le mie gambe erano legate l’una all’altra; solo i miei occhi la seguirono, ma non poterono fermarla.

Tutti mi videro e mi sentii confuso. Mi sentivo completamente smarrito… Cosa avrei dovuto fare lì? Niente! Pronunciai il suo nome sottovoce, solo a me stesso. Veronica… Veri… Dov’è mio figlio… Dov’è il mio errore?

Dopo quel momento provai a calmarmi e mi preparai ad aprire la busta di Veronica e a leggerne il contenuto….

La lettera recitava: «Mio caro Thomas. Come stai? Io e nostro figlio stiamo bene, solo che ci manchi. Caro, non voglio e non posso usare più parole, voglio scriverne poche. Non so se a te va bene o no, ma ho chiamato nostro figlio “Mara”, che significa “dispiacere”. Forse un giorno lui potrà essere al tuo fianco e chiamarti “papà”, ma non so quando succederà! “Se un uomo rimane in silenzio, potrebbe stare pensando a come distruggere la nostra felicità, ma se è Dio a stare in silenzio sicuramente sta progettando qualcosa di bello per noi! Perché Lui ha detto «Non ti abbandonerò»”.

Sinceramente tua, Veronica»”.

Il ragazzino non riesce a smettere di piangere. Lo abbraccio e gli chiedo che cosa gli succede, ma lui non può dirmelo e, piuttosto, mi spinge a raccontargli la fine. Anche se un po’ confuso, riprendo, all’incirca così:

“Da allora non ho notizie di lei, ma alla fine…”. “Alla fine?”, mi chiede. “Alla fine ho saputo che lei è morta per un incidente d’auto…” “Papà!”, urla il ragazzino. “Cosa!!!?”, grido anch’io. “Io sono Mara… Mara Thomas”, mi spiega.

Non so davvero cosa posso fare qua! Lo riabbraccio e gli chiedo: “Cosa vuoi che faccia?”. Il suo respiro si fa breve e leggero… mezzo morto… Ma lui risponde una frase incredibile, dice: “Ti voglio bene, papà”. Non posso abbracciarlo più forte di così, le mie mani iniziano a scuoterlo. Lo lascio mezzo morto e inizio a correre via, ma dove mi sto precipitando?

Dopo un bel po’ rallento, sento di colpo un rumore strano dietro me. Mi giro lentamente… Mio buon Dio! … Era mio figlio, non ce la faceva a corrermi dietro di più. Era riverso a terra, sulla strada. Per la prima volta m’inginocchiai per questo amore. Il corpo di mio figlio era freddo… gli sentii il cuore… Grazie a Dio batteva tenuamente. Cerco di trovare un bicchiere d’acqua, ma dove? Non conosco nessuno qua. D’un tratto busso alla porta della casa di fronte alla strada, ma non ottenni risposta… Non ho altra scelta che trasportare il corpicino di mio figlio di villaggio in villaggio, magari qualcuno potrà fare qualcosa di buono a mio figlio. Chi lo sa?

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Sammy

Ethiopia



THE MEDIUM STORY

Today we had no dinner. Me and the young boy which I meet here on the street prepare ourselves to sleep but the young boy asked me why I went out on the street. After so many trials of the young boy I decided to tell the truth for my young friend and I start my stories....

I went out on the street...
“I was the only son for my parents; they have no any child any more. They brought me in luxurious way. When I became 5 my parents take me school. The school was so nice and I started to miss every moment there. All the days I spent my time in the school compound and around 3 p.m. my parents pick me home.

I had so many toys, cars, bicycles, so all my neighbours went to my home to play with me. Me and my friends play well in a peaceful way. I had 4 friends and we love each other very much because of our early friendship our parents became friends as well. This is the bright story of my childhood. But...”. I kept silent for a moment. “Come on friend!” the young boy asked me to continue. After my deep silence I started I started again slowly.

“In my late tenths things changed completely. My father victimized by blood cancer. This is the firm problem to my family, my mom tries to take him to the hospital but the doctors board decided that he must go out from this country soon but if we can’t do this he has only few days to stay alive. My tears start to fall across my long face. Suddenly my mom decided to solve everything what we have so we sold our house, the two cars, the equipments etc... we can collect much money. Me and my mom were excited because we can save our favourite one.

After two days my father went to Israel. We wait for each information seriously. At the beginning we had a nice hope but after meanwhile the doctors told us that his blood is completely intoxicated and its chronic. After 12 days...” a deep and long silence... “What happen?”, asked the young boy. I can’t stop my tears, the young boy scared and said: “Sorry big man”. “No matter”, I said in replay. Then... I start my story again. My father passed away and we take his dead body from the international airport, but I thought one day I can take him home by my bicycle... but it’s my stupid dream.

After the death of my father my mom loses her hopefully. Now she has nothing she had a lover but now she only the memories, she had a husband now she has only the picture, she had a honour but now everyone neglect her... I always try to console her but she doesn’t want to listen any voice more than her favourite one. At an time I found her with the picture of my dad and her tears.

The Great challenge in my life starts here. One day my mom sends me to my uncle. My uncle’s house was a bit far from ours. My mom told me that he wants to give some money for us but when I met him he asked me about my mom and also he ordered me to serve my mom. Finally he send me back with nothing more than those words. I had no money for transportation so I’m forced to go to my home by feet.

When I reached to my village my neighbours were crying... I’m too scared and I try to understand. What’s going on? Finally I hear my mom’s name and I run to that direction but my mom wasn’t there. All the people were crying for her. My mom...”. “What happens to her?”, the young boy asked & I answered: “She was hung herself”. “My good God”, the young boy scared. “Yes; mom rushing to her favourite one...

After 2 days the police officer went to me and gave me one paper. The paper was found from my mom’s pocket when they investigate the case. The letter says like this: “I don’t know why God takes my light and I don’t know why I decided this way to find my light, I know you can’t stay with me more years because you get married and also you start to get worried about only for your heart beat so it’s better to go to m favourite one. For the time being I left what I have in the box. I wish you all the best baby. Bye, your mom”.

There was 20.000 Ethiopian birr (about 1300 €) but I don’t know what shall I suppose to do, where shall I run to? I have nobody whom ask a piece of advice. Finally I decided to go out of Addis and I went to Harar. Also here I’ve nobody who wants to share everything with me. After long time I met one girl whose name is Veronica. Veronica was beautiful and smart. She was working in the hotel that I used to go everyday.

Time to time our relationship gets strong and we start to spend more time together. One night she told me that she wants to sleep with me, I was scared and try to aware her that I’m not ready for this kind of task, but she doesn’t want to listen anything and said: “I know that you don’t love me, sorry to push without your need”. “No, you’re on the wrong path, please don’t interpret my speech in such away”, I said in replay. “Ok, leave it”, she gets off from my house. I don’t want to beg her more than this so I remain in my house.

I don’t know if she was offended or not she wasn’t come back to my house. I go to the hotel and I found her, then I said “Sorry” to her and we went to my house again. After a moment she told me that she went to drink beer. I don’t want to drink but I can’t win her loveable eyes so I had no choice more than agreed with her. I don’t remember how much beer we drunk at that night. Her previous question gets its fulfilment at that night we slept together.

Two months after she tried to surprise me, she was pregnant. When I hear this, I hate myself totally and I decided to leave her and go to another region because when my dad is alive he told me repeatedly & seriously: “Do not create a man before you become a full man”. He was right but know I break his words. One night I leave my city with one lorry driver, the driver accompany me till Addis Abeba again. When I saw my former city me tears full my eyes. Now I have only 1,500 birr (Ethiopian). I don’t know what can I do with this. I rented one small house for about 7 months. Now my money gets nothing.

9 months are passed since I left Harar. It’s time that Veronica gives birth my first unwanted child. Now I feel murder but I can do nothing. After 2 years I hear something new that Veronica went to Addis Abeba to get me. While I heard this news I was scared a lot & I remember what was my measure. I left Addis and I went to Debre Zaite which far 45 kilometres from Addis. I stayed there for 2 months and few additional days.

When I return back to Addis my photo was attacked everywhere. I can’t believe that, unfortunately I started to cleaned out them but it was difficult as well as opening the way to her investigations so I leave it as it was. After that moment I had no chance to hear about Veronica and my son. Always I miss to see my son but I don’t want to have him”.

I breathe deeply. Then I continue my story to the young boy: “One day I was slept in front of St. Joseph Catholic Church. It was around 9:30 A.m. I don’t know who but one person throw a Posta to my direction and went away. I tried to observe who was that person but I couldn’t believe my eyes... It was Veronica after 12 years. I tried to call her but my tongue can’t made words, I want to run towards her, but my legs were tided each other; only my eyes followed her but they can’t made her stop.

Everybody saw me and feel confused. I lose my mood totally... what should I suppose to do there? Nothing! I call her name smoothly only for myself. Veronica... Veri.... Where is my son... Where is my fault....?

After this moment I tried to calm myself and I prepare myself to open Veronica’s post and I read the letter inside....

The letter said like this: «My dear Thomas. How are you? Me and our son are cool except missing you. Dear I don’t want and I can’t use more words but I want to say only few words. I don’t know if you want or not but I said or called our son “Mara” meaning “sorrow”. May be one day he can be beside you and call you “dad” but I don’t know when! “If man keeps silent, he might be think how can he destroy our grace but if God keeps silent for sure he is preparing something nice for us! Because he said that «I don’t leave you alone»”.

Your sincerely, Veronica»”.

The young boy can’t stop his tears. I ask him what’s happening but he couldn’t tell me and rather he pushes me to tell him the end. Even if I get confused I start the story such a way...

“After this moment I can’t hear any news about her, but finally...”. “Finally what?”, the young boy asked. “Finally I heard she has died by car accident...”. “Dad” the young boy shouted. “What!!!?” I shouted too. “I’m Mara... Mara Thomas” the young boy said in replay.

I don’t know what I can do here! I hung the boy and asked: “What do you want me to do?”. His breath become thin&short... half dead... But he answered unbelievable word, he said “I love you dad”. I can’t hung him more than this, my hands start to shake. I leave him half dead and start to run away but I don’t know where am I rushing to?

After long distance I became slow, suddenly I hear something strange behind me. I turned my face slowly... My Good God!... It was my son he can’t follow me more than this. He was fall on the road. I kneel down for this love for the first time. My son’s body was cool... I touch his heart... thanks God it beats slowly. Now I tried to find a cup of water, but from where, I didn’t know anybody here. Suddenly I knock the house in front of the street but there was no reply... I had no choice to fulfil so I carried my son’s half dead body and I started to go to the villages, when I reach them maybe I can find something nice for my son. Who knows?

Sammy
Sammy

Ethiopia

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