venerdì 1 agosto 2008

pro Dossier Etiopia (sigh..)

Il 25 novembre 2007 prende piede ad Addis Ababa la maratona del Millennio, evento podistico la cui aura internazionale consente agli Etiopi una minimerrima manifestazione di dissenso politico. Ma quando, a farci una birra dopo la gara, gli chiedo cosa pensa di Zenawi, Belacho mi guarda male: “Siamo in un bar, Paolo. L’aria ha le orecchie”. Si sono moltiplicati gli informatori in borghese di Melès Zenaui, ********** travestito da Primo Ministro ad una festa, la sua, cominciata 17 anni fa.

Art.29, c.3: “È garantita la libertà di stampa e degli altri mass media e la libertà di produzione artistica. La libertà di stampa dovrà specificamente includere i seguenti elementi: (a) proibizione di ogni forma di censura e (b) accesso alle informazioni di interesse pubblico”.

La costituzione scopiazzata dalla fila di banchi davanti, da quelle francese, canadese e indiana, è un Pro Forma per raccattare le strette di mano del mondo, la cui coscienza è ben lieta di essere presa in giro; talmente assuefatta da avere smarrito capacità critiche e posizioni morali che vadano oltre il “Buona sera. Come stai.”, pronunciato sorridendo e senza il punto di domanda, perché la risposta, invero, non interessa. I Paesi rimirano il proprio riflesso negli altri Stati: la condotta politica altrui è valutata in base a risorse naturali interne e all’affiancamento nella “Lotta al Terrorismo”. Che poi coincide col terrorismo stesso. Quindi se Zenaui fa le ********* a Bush firmandosi col sangue somalo, George DoubleU parlerà bene di lui ai suoi compagnetti del G8.

da Stefania (a questa ragazza)
È un grottesco pingpong: per esempio, intorno all’imbrunire del 2007 una missione ONU ha visitato la regione etiope dell’Ogaden riscontrando urgenza di aiuti internazionali e timori circa il rispetto dei diritti umani nell’area. Allora il consigliere per i media di Melès impugna il microfono provando a calmare le acque (colla sola imposizione delle mani): “C’è un problema umanitario cui stiamo facendo fronte”. Dopodiché gli operatori della Croce Rossa Internazionale, accusati di appoggiare frange ribelli indipendentiste, vengon buttati fuori dalla regione. E per sigillare l’Ogaden nello scantinato dei crimini negati, il silicone è di origine controllata: “Le truppe etiopiche non stanno uccidendo civili nella regione. Stanno solo cercando di fermare i ribelli. L’Etiopia ha pur diritto di difendersi”.

Anche il mondo avrebbe il diritto di difendersi da bombe come questa di Jendayi Frazer, sottosegretario di Stato USA con delega per l’Africa. Una tesi interessante arriva da Amartya Sen, Premio Nobel per l’Economia 1998: “Nella spaventosa storia delle carestie non ce n’è mai stata una grave che abbia colpito un Paese indipendente e democratico, con una stampa relativamente libera”.

“Oh, bravo, ho letto la tua pappardella, ti sei documentato e allora? Credi di avere scritto qualcosa di nuovo? Lo so anch’io che ogni anno per gestire un avatar si consumano 1752 chilowattora, mentre un brasiliano in carne&ossa ne usa 1015. Io non perdo tempo con SecondLife, quindi mollami. *** vuoi da me?”.

Tu sei colpevole. Io sono colpevole. Riconosciamo questa responsabilità. Martin Luther King non temeva le parole dei violenti, ma il silenzio degli onesti.

Il biblista Gianfranco Ravasi e il poeta Mario Luzi camminavano sul Lungarno a Firenze e guardando nelle case le vedevano tutte fiocamente illuminate dallo stesso elettrico focolare. “Tante persone – disse il poeta – sono davanti al televisore con le mani alzate in segno di resa o di adorazione”. Non si tratta di controllo dell’informazione, questo è controllo della mente. La televisione è uno strumento pervasivo la cui fruizione quotidiana muta i processi mentali. La De Filippi e Vespa fanno passare che sia normale (anzi bello poetico geniale, scrive sardonico Baricco) che si dichiari i propri sentimenti di fronte a 10 milioni di persone, che se c’è una tragedia dobbiamo saperne tutto, montando un plastico con miniature x risolvere noi il caso, e sia partecipazione alla vita pubblica della nazione (in ultima istanza “politica” in senso ampio) nutrire un’opinione a riguardo. Il vero orrore non è la cronaca nera, è che noi abbiamo imparato che il vero orrore è la cronaca nera. Io e te siamo colpevoli –colpevoli- coi nostri porchi consumi (porchi, non parchi, rosa, non verdi: nessun errore), frutto di una maleducazione civile e intellettuale, di avvallare un sistema che esige nel mondo 150.000 morti al giorno.

Io mi faccio orrore. “Mi faccio” è da leggersi come “divento”, non come “mi provoco”.

E dove risiede la speranza? Nella nostra natura. Siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, ci credi? E l’incontro con Dio ha luogo nel mio limite, nella mia debolezza, nella tenebra: quando umilmente la riconosco e mi sbatto per ritrovare la luce. Colui cui si perdona tanto, ama tanto: il punto non è sbagliare meno, ma amare di più; e per amare bisogna sentirsi accolti: non ti faccio un favore per essere ringraziato, ma se non mi ringrazi ci rimango male: la gratuità del gesto non contraddice la natura erotica dell’amore (agape & eros), l’amore di scambio. Se non faccio l’esperienza dell’essere perdonato sono il fariseo che fa le cose per dire di farle, amo al minimo sindacale, non piango perché sono forte e gli altri non mi possono consolare: c’è da credere che Qualcuno stia raccogliendo le nostre lacrime in un otre che potremo utilizzare quando al nostro gameover Gli laveremo i piedi e allora non ci verrà chiesto di noi, ma dei nostri fratelli. Non ci verrà chiesto chi siamo o cosa abbiamo, ma cosa abbiamo dato.



Certo, trova la pace interiore e una moltitudine intorno a te troverà la salvezza. E la pace interiore è diversa per ognuno di noi e avviene quando la realizzazione dei nostri desideri coinciderà finalmente con la realizzazione di noi stessi. E non più con (bi)sogni indotti estranei alla nostra soggettiva umanità.

Amen.

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