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martedì 13 gennaio 2015

Il BALONDOR

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Nelle ultime settimane Haiti si divide tra il ricordo del terribile terremoto del 2010 e le proteste per le elezioni mancate contro un governo che rischia di operare senza controllo. 

Il panorama per chi legge gli aggiornamenti su questo Paese appare (ed è) drammatico e inesorabile.

Ma difficilmente si potrebbe immaginare che in questa giornata una grande preoccupazione che accomuna grandi e piccini è il ‘BALONDOR’. 
A chi andrà il balondor? Lui lo merita, ma non lo vince. Lui lo vince ma non lo merita. Urla si alternano ad apologie del perfetto calciatore.

Ebbene sì, stormi di uomini si annidano davanti a piccolissimi televisori sparsi qui e lì in posti improbabili (dalle capannine dei barbieri ai saloni parrocchiali) sintonizzati sul canale sportivo di una tv satellitare le cui immagini sono zittite in favore del fantastico commento radiofonico in creolo.   
Da giorni litigano per difendere la sicura pole position del proprio giocatore favorito.

Poco importa che adesso si sa che il Pallone d’oro sia stato assegnato a Cristiano Ronaldo: le stesse interminabili discussioni e liti per sostenere le ragioni del giocatore del cuore continueranno nei prossimi mesi, così com'è accaduto per i mondiali.

Superficiale per quanto possa sembrare, è bello constatare che le passioni distraggano le menti e risveglino gli animi anche laddove la fatica del quotidiano sembra tale da non lasciare spazio ad altro.

Chiara Briguglio, 
operatrice Caritas Ambrosiana ad Haiti

martedì 8 aprile 2014

Haiti: un porto di pace

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Dopo due anni di coinvolgimento lavorativo ed emotivo in Congo, io ed Enrico siamo approdati da oramai un mese in questo Porto di Pace nel dipartimento del Nord-Ovest di Haiti.

Treccine, setacci in paglia per il riso, tratti del viso così familiari da riportarci per un istante nel continente nero.

Ma no. 
Questa non è Africa

C’è qualcosa di misteriosissimo ed inspiegato nelle polifonie tristissime dei canti di gruppo, nelle feste notturne di giovani con abiti in perfetto stile ‘Miami’ che agitano i machete in pieno centro cittadino ad un ritmo tribale; in una lingua la cui essenzialità sbeffeggia le nostre architetture sintattiche e mentali.

Ed eccoci qui, alle prese con un lavoro profondamente legato ad un territorio di cui conosciamo ancora troppo poco.

A raccontarci tutto, saranno azioni, atteggiamenti ed abitudini degli abitanti di questa minuscola porzione di "nuovo mondo" adagiato su un riassunto di tradizioni ancestrali.

Speriamo di avere orecchie grandi e antenne dritte per riuscire ad ascoltare.

Chiara ed Enrico

mercoledì 11 settembre 2013

Foto ricordo (Kampala, Settembre 2013)

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Una foto ricordo al termine del Summit della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (CIRGL) tra rappresentanti internazionali e capi di stato africani coinvolti nella difficile mediazione tra il governo di Kinshasa e i ribelli (filo rwandesi) dell’ M23, che si è tenuto lo scorso 5 settembre a Kampala.

Questa foto ha dell’incredibile per tanti motivi,  di cui ne elencherò un paio.

1) Il presidente della Repubblica Democratica del Congo, il cui Paese ha sperimentato, nella sua parte orientale,  un’escalation di violenza e di scontri nelle ultime settimane, se la ride di gusto accanto a coloro che sono accusati dalle Nazioni Unite di violare e destabilizzare i confini congolesi minandone la pace.

2) Il presidente della Repubblica Democratica del Congo è uno dei rarissimi esempi di Congolese a sfoggiare i suoi denti bianchissimi davanti all’obiettivo di una macchina fotografica. Infatti, uno degli strascichi della colonizzazione belga in RDC, ahimè, è che i sorrisi smaglianti (protagonisti indiscutibili delle giornate tipo di questa popolazione africana) si trasformano in espressioni serie e da duri quando c’è da mettersi in posa. 

(Per chi non lo conoscesse, il Presidente Kabila è quello accanto all’uomo con il cappello, nonché presidente dell’Uganda, Museveni)

Chiara B.

lunedì 2 settembre 2013

La calme apparente

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Giovedì 22 agosto, Goma
BooM

‘Un fuoco d’artificio?’ si chiede la bambina felice che è in me.
Questo boato non può che evocare ricordi spensierati e gioiosi.

Per chi, infatti, ha la fortuna di non sapere che rumore fa una bomba non è immediato associarla a circostanze avverse. Ho giusto un attimo per realizzare che [..]. E ancora BooM.

I ribelli dell'M23 lanciano il secondo obice in centro città.

Ribelli dell'M23 sulle colline attorno alla città di Goma

Venerdì 23 agosto, Goma
La città non è sicura, bisogna evacuare.

Zaino e passaporto al volo.

Ci si rifugia a Kigali.


Sabato 24 agosto, Kigali
I nostri amici rimasti a Goma ci dicono che la situazione è tesissima.

Tante bombe continuano a colpire la città.

Chi è in evacuazione, chi in ibernazione, chi in stato di disperazione.

Militari FARDC tra le strade di Goma.

Mercoledì 28 agosto, Kigali

Est-ce que c’est calme la situation à Goma? Oui, c’est calme!

La situazione si è stabilizzata.

La Brigata Internazionale della MONUSCO garantisce che per un raggio di 30 km la città sarà al sicuro.

Possiamo rientrare.

Su in bus, si torna a casa!

Soldati Brigata Internazionale MONUSCO

Giovedì 29 agosto, Goma
BooM
BooM
Fiiiiiiiiuuuuuuuuuuu...BooM

Altri tre obici. Questa volta li riconosco immediatamente. E il terzo è il più vicino, il più chiaro ed eloquente di tutti. Ci dicono che ne sono stati lanciati molti altri, anche in territorio rwandese. Le notizie che ci arrivano parlano di una possibile chiusura della frontiera con il Rwanda.

La città non è sicura, bisogna evacuare.

Zaino e passaporto al volo.

Ci si rifugia a Kigali.

Domenica 1 settembre, Kigali
Est-ce que c’est calme la situation à Goma? Oui, c’est calme!

La situazione si è stabilizzata.

La Brigata Internazionale delle Nazioni Unite sostiene che i ribelli si siano ritirati di qualche chilometro.

Con ogni probabilità si riapriranno i negoziati a Kampala tra ribelli e governo congolese.

Possiamo rientrare.

Sul véhicule, si torna a casa!

Frontiera Gisenyi- Goma

Lunedì 2 settembre, Goma
Che questo lunedì sia un giorno di tregua per una popolazione così abituata alla guerra che a seconda della rilevanza acustica di una bomba è capace di alternare risate consapevoli e rassegnate a sguardi di terrore che raccontano storie vissute troppe volte.

Chiara

martedì 26 marzo 2013

Vive l'inauguration de la Radio

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A due mesi dalla prima messa in onda, in perfetto stile kindulese, è arrivato ieri l'atteso giorno dell'inaugurazione della neonata Radio Mushauri.
Presenti il vescovo, Mons. Willy Ngumbi, le autorità istituzionali di Kindu e i giornalisti delle altre radio locali.

Dopo la preghiera di apertura del vescovo, come da programma, il direttore Abbé Jules Lukusumbe, ha presentato con fierezza la sua radio: le trasmissioni, che si suddividono sulle tre fasce orarie della giornata con più ampio bacino di ascolti, possono essere seguite fino a 200 km di distanza. La programmazione è ancora in fase sperimentale con l'intenzione di migliorare in termini di varietà e qualità.

Sono seguiti l'intervento del Ministro Della Comunicazione del Maniema che, in rappresentanza del governatore, ha sottolineato in un politichese franco-congolese l'importanza di una nuova radio per la rivoluzione della modernità in RDC; e di Enrico di ACS, Associazione di Cooperazione e solidarietà, che come rappresentante in loco del partenariato e dell'amicizia tra Caritas Ambrosiana e la Diocesi di Kindu, ha fatto sentire con le sue parole la vicinanza degli amici di Milano in termini di entusiamo e di orgoglio per quanto realizzato insieme.


Ha concluso gli interventi Mons. Willy Ngumbi che ha manifestato tutta la sua gioia nell'annunciare ufficialmente l'apertura di Radio Mushauri e la sua convinzione che l'impegno cattolico di evangelizzazione, promozione dello sviluppo umano, culturale, sociale ed economico ha adesso un preziosissimo ed insostituibile alleato tra i media anche nella provincia del Maniema.

Lo staff elegantissimo, dal redattore capo dei giornalisti al guardiano, si è presentato al grande pubblico.

Via con gli applausi, i ringraziamenti ed i festeggiamenti.
 

E a Kindu non è festa se mancano Primus e banane fritte: è così che l'inaugurazione si è conclusa tra una buona birra e le chiacchere tra gli invitati.

Tutti i presenti condividevano l'entusiasmo del successo che in soli due mesi Radio Mushauri è riuscita ad ottenere.
Non propriamente, per dirla con le parole del ministro, una rivoluzione in termini di modernità, che sappiamo benissimo avere ormai oltrepassato frontiere ben al di là delle capacità di una radio regionale; ma sicuramente un forte contributo per una parte di mondo che di questa rivoluzione globale ha forse sempre subito le peggiori conseguenze: adesso in un villaggio disperso nei dintorni di Kindu, anche solo con una piccolissima radio di qualche dollaro, una grande famiglia può permettersi una nuova finestrella sul mondo dell'informazione.
 
[dalla nostra inviata, Chiara Briguglio]

lunedì 19 novembre 2012

La comparsa

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Tra le forme d'arte che il mio mondo mi ha regalato, quella cinematografica è forse la più vicina a me per la sua completezza, il suo impatto sensoriale, la sua immediatezza ricercata. Mi piace osservare i visi degli attori, le loro espressioni, la loro finta verità.

Più di tutto, in ogni genere di film, sin da bambina, il mio interesse veniva catturato dai luoghi in cui l'azione si sviluppava e da quel numero infinito di persone che li popolavano: la stazione centrale di New York, le spiagge di una costa francese, i mercati rionali italiani, e tutti quegli omini indaffarati sullo sfondo che pensano solo a correre per andare a lavoro, prendere il sole o tuffarsi in acqua, fare la spesa; il tutto mentre gli attori protagonisti si impegnano a portare avanti la trama.

Mi domandavo se fossero stati filmati a loro insaputa mentre si trovavano lì, troppo immersi nelle loro attività quotidiane per accorgersi di una cinepresa.

E adesso mi trovo qui, e ho l'impressione di essere una di loro. Una di quelle comparse.

Tra stage, formazione, rientri per/dall'Italia (previsti e non), sono stata catapultata in un film in cui non avevo scelto di avere una parte, in un Congo che non era il mio.

Nel mio Congo la terra è rossa, il caldo è esagerato, il fiume è segnato dai percorsi delle piroghe, i visi pallidi sono pochi.


Nell'altro Congo polvere e paesaggio sono nerissimi, così come le strade attraversate da antenati della bicicletta in legno, da minibus che traboccano di gente, da camion carichi di ogni che, da fuoristrada sensazionali con il logo di una delle troppe ONG che hanno sede a Goma. Alle baracche (che poco hanno a che vedere con la fierezza e la dignità delle povere abitazioni kindulesi) si alternano simil-castelli avvolti nel filo spinato. Troppi dispongono di armi. Siano essi Caschi blu, siano essi centinaia di militari dell'esercito sparsi per la città, siano essi chi, non ci è dato sapere. Ci sono camioncini blindati, carri armati carichi di soldati UN tanto contenti dei loro stipendi, quanto ignari della ragione della loro presenza lì.

Ho avuto un impatto forte con l'altro Congo. Laddove anche passeggiare diventa un'attività pericolosa, ho avvertito una difficoltà estrema a conoscere e far mie le strade: se non lascio le mie impronte, come faccio a ritrovare il mio cammino?

Goma è una città in cui l'odore della guerra incombente è così forte che quasi non si riesce a respirare.

Eppure non mi ha lasciato un gusto amaro. Mi ha concesso il tempo di assaporare lentamente le sue rivelazioni.

Di giorno osservo questi congolesi di frontiera, che come delle formichine invadono e popolano Goma e la abbandonano di notte alla volta della più sicura e vicina Gyseni. E quelli che, invece, fanno il percorso opposto, per andare ad acquistare merce ruandese per poi rivenderla in Congo. Ma sono dei veri Congolesi? O è più corretto definirli Ruandesi? Certo il loro passaporto potrebbe darmi una risposta. Ma no. Questi popoli apparentemente nemici, appartengono alle loro terre e alla loro gente. E solo una stupida logica politica, intrisa di storia mal raccontata e di retaggio coloniale, può dare un senso plausibile a questi quesiti.

Di sera, invece, il coprifuoco costringe alla ritirata a casa e mi ridona il senso del buio, della notte, del calore domestico.

E piano piano scopro un sapore dell'altro Congo non cattivo, semplicemente diverso. Un po' come il sombe: chi arriva a Kindu dice che il suo sapore è diverso, più selvaggio. Le foglie di manioca sono le stesse, l'aspetto è identico, eppure..

L'aria cambia. E così la scenografia.

Con un aeroplanino UN sorvolo kilometri di terra inaccessibile e disabitata, rientro nella mia incantevole quanto isolata Kindu, abbracciata dal suo fiume e da una foresta equatoriale che tutto donano ai loro abitanti. Li ritrovo tutti lì, sempre in movimento nella loro immobilità forzata, e apprezzo la loro unicità culturale, affettiva e spirituale.

Sono in un altro film?

Forse sì.

Io sono ancora una comparsa. Che passa meno inosservata per via della sua pelle bianca (che poi tanto bianca non è).

Senza di me il film era cominciato. E così va avanti. Ma che occasione incredibile avere una particina in questa opera d'arte.



Chiara

lunedì 17 settembre 2012

Radio Kindu: Hit parade SCE - Congo

3 commenti:
Ormai vicinissima (secondi i tempi africani) all'apertura, Radio Kindu comincia a collezionare i tormentoni dell'estate 2012 da tutto il mondo. Grazie ai suoi inviati speciali nelle zone più calde del mondo (Bolivia, Congo, Giordania, Moldova, Nicaragua) è lieta di presentarvi la Hit parade SCE che a breve pomperà nelle casse di tutte le piroghe del fiume Congo.

Cominciamo giocando in casa: Chiara, Magda e Bea da Kindu ci inviano questa hit!

In piroga, in moto, in véhicule e a piedi. Dans les boites, al ristorante, al mercato e in spiaggia, ovunque puoi ascoltare Sawa Sawa lè. E se non sai ballare, non ti devi preoccupare: basta muovere il bacino imitando il tuo vicino!



venerdì 11 maggio 2012

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1 commento:
ITALIANA MEDIA: <<Buono. Oggi il pesce ha un sapore eccezionale! Che pesce è?>>

KINDULESE MEDIO: <<Un pesce.>>

ITALIANA MEDIA: <<Wow. Quel fiore rosa è meraviglioso. Come si chiama?>>

KINDULESE MEDIO: <<Fiore rosa.>>

ITALIANA MEDIA: <<Ah, sai! Ieri ho mangiato dei buonissimi petits bignés. Che nome hanno in swahili?>>

KINDULESE MEDIO: <<Petits bignés.>>

Ogni giorno un sapore, un colore, una forma diversa.

E in effetti serve poi a molto classificarli?

Il sole di oggi non è mai uguale a quello di domani. Ed è sempre sole.

Le nuvole a forma di elefante, sono un momento dopo il volto di un uomo anziano. E sono sempre nuvole.

Ieri Chiara era terun, e oggi è una mzungu; ed è sempre Chiara.

Se badiamo meno al nome, forse godiamo di più della sorpresa che ogni nuovo giorno ci regala.

ITALIANA MEDIA-KINDULESE MEDIO 0-1

lunedì 16 aprile 2012

Una settimana intera

2 commenti:
Sono arrivata. E’ difficile stabilire esattamente quando. Una vita fa, forse.
Il venerdì io e Magda ci guardiamo con aria perplessa. E’ di nuovo venerdì? Sembra di sì.
Cosa sarà mai successo in una semplice settimana di Marzo, in un posto così sperduto da essere il centro del mondo?

E’ un lunedì quando mi scopro inginocchiata e ricoperta dai rami di palma che Tchomba -il momento prima encadreur kindulese, quello dopo Tarzan- ha appena spezzato; sto cercando la sua penna smarrita in mezzo alla foresta, mentre un metro più in là si sfoggiano l’abilità infantile del taglio con il machete e la brillante emulazione di Magdusha. E’ lunedì quando per trovare rifugio da un temporale ci ritroviamo in una chiesa capanna con una mano al petto e intoniamo con ‘estrema convinzione’ l’inno di Mameli circondate da un pubblico di bambini in visibilio. E’ sempre un lunedì quando scopriamo una pianta che ci spara semi addosso come dei proiettili-la forza della natura kindulese, con la sua pacifica aggressività.

Di martedì incontriamo Mbweta e Barthelex, ed è come se ci conoscessero da sempre; entriamo nelle dimore di un commerciante di capre (alloggio anche dell’amico topo) e della più anziana donna congolese mai vista sinora a Kindu- ben cinquantatre anni di attività, dieci figli e la voglia di mettersi ancora in gioco. Non mangia pollo. Qui è un lusso. A proposito di polli, sempre di martedì scopriamo che l’équipe con cui lavoriamo è convinta che in Italia ne mangiamo due, di polli, al giorno ogni giorno. Martedì nasce anche la prima ChiaraMagda.


Il mercoledì andiamo lontano. Attraversiamo la foresta. E poi la savana. E poi ancora la foresta. Impariamo lo swahili, e scopriamo che tunapenda sana kizalikio. Siamo in moto. Grande stagno. Scendiamo. Attraversiamo le acque. Siamo nuovamente in moto. Ci fermiamo a mangiare en cours de route. E davanti a noi c’è un albero crollato che sembra la più sublime opera d’arte. Problemi alla prima, alla seconda, alla terza, alla quarta moto. Ci fermiamo. Quattro volte. Più o meno in mezzo alla savana. Ridiamo troppo. Siamo in moto. Strada interrotta da una parata militare. Ci fermiamo. Spettacolo senza pari. Vediamo il generale Tango Four (non ero neanche sicura esistesse tanto era oramai una leggenda; se vuoi sapere a chi appartiene il mondo, a Kindu, la risposta è sempre generale Tango Four). E’ un uomo tanto ricco quanto piccolo. I militari marciano. Sembra fatichino a rimaner seri. Una parodia. Le donne osannano euforiche i loro mariti/eroi, intonano canti e li ‘accecano’ lanciando in faccia tonnellate di borotalco (segno di vittoria, ci dicono.) Simulano un combattimento. Sparano. La gente urla, si nasconde. Spaventata e divertita. Ricorda i tempi della guerra, ma va bene. Sono fieri di avere un tale esercito che li difenda in caso di attacco. Grazie alle protuberanze degli alberi delle foreste e ai fantastici fuoristrada dei militari belgi e delle autorità, la terra diventa la nostra seconda pelle. Non siamo più mzungu (europee/bianche). Evviva. Una doccia, il nero va via e torna l’appetito. Hanno trovato un sinje e lo si mangia assieme. Non è un singe (scimmia), ma un parente obeso del porcospino.

E’ giovedì quando ci vestiamo en pagne, lo stesso pagne che indossano tutte le donne invitate alla nostra festa. Non reggiamo il confronto. Sembriamo più pallide del solito. Ma l’euforia della cittadina per questo nostro travestimento è alle stelle. Incontriamo un gruppo di esaltati che teneva stretto un uomo. Una confusione assordante. Le donne cercano di fermarli. Chiediamo cosa stia succedendo. Un gruppo di uomini aveva bloccato un pazzo accusandolo di stregoneria e, urlando qualcosa a noi incomprensibile, lo trascinava a forza. I muratori ancora a lavoro mentre gli altri fanno festa, approfittano della musica imperversante e improvvisano balli tra le impalcature. Era giovedì quando i nostri bellissimi colleghi ci hanno chiesto se fossimo mai state sulla luna.

Lista di candidati per il servizio civile in Congo. Ci sono. Poi non ci sono più. No. Perché? Avevo preparato tutto, ci credevo davvero. Forte Agitazione. Mi sveglio. Era un sogno? Realizzo che ci sono già, a Kindu. Sono felice. Sono ancora le 3h30 am, ma i miei vicini sono svegli come sempre. Spaccano la legna e fischiettano la solita semplice melodia che mi tiene tanta compagnia prima di addormentarmi. E’ già venerdì. Siamo a colazione con il professorino universitario che alloggia qui in procura. Ci fa una vera e propria lezione di storia del Maniema. E’ fantastico ascoltarlo date la nostra smisurata curiosità e la carenza di documenti in merito. Mentre in moto io e Bandal parliamo di questioni di vitale importanza (hai mai tagliato i capelli dalla nascita? ecc.), siamo costretti a rallentare. C’è una processione interminabile di persone. Tanto brusio. Cosa è mai successo? Hanno ucciso un uomo. Oh, no. Perché? Bandal ride. L’hanno sorpreso a rubare. Benissimo! Malissimo. I pareri in proposito sono troppo discordanti. Cerchiamo di spiegare il nostro punto di vista, ma sembra che su questo non si possa tanto discutere. Nel frattempo un insegnante di geografia dice ai suoi alunni che la capitale della Malesia è Singapore.

E’ sabato e ci troviamo in uno stanzino buio, pieno zeppo di gente. C’è un odore fortissimo. Risultato di troppi odori forti. Ci sono bambini sdraiati qui e là su tappeti di paglia. Lo chiamano hopital, ma in realtà di ospedale ha solo il nome e le due siringhe poggiate su una sporgenza tra il muro e la porta. Siamo qui per Tchombino (così da noi ribattezzato), il figlio del nostro caro amico. Sembra che le siringhe siano state utilizzate per fare una trasfusione. Pensiamo inizialmente sia un problema linguistico e che non abbiamo capito; e invece no. Hanno preso il sangue dal braccio del padre e lo hanno trasferito nella testa del bambino. Ci preoccupiamo, facciamo domande, ma il gruppo sanguigno, ma l’igiene, ma [..]. Questo è un paese in cui a volte le domande sono inutili; i forti e i fortunati ce la fanno. E Tchombino è fortissimo, come il suo papà.

La settimana volge al termine, è il giorno del riposo, è domenica. E ci aspettiamo sempre una nuova meraviglia. Siamo appiccicate ad una trentina di persone in piroga, tra i richiami sbraitanti degli altri piroghieri. Sguazziamo a piedi scalzi nel fango per chilometri, ci laviamo nel fiume per poi sprofondare di nuovo nel fango. Siamo con il naso all’insù sul retro di un pick-up sotto il cielo più bello che mai di Kindu, mentre masse di bimbi sbucano da ogni angolo della strada intonando un arrivederci che suona come un dolcissimo urlo da stadio (ohohoh!). Siamo lungo il meraviglioso fiume Congo ad una cena che sembra un summit internazionale mentre osserviamo piroghe stracariche di ogni che, tornare da infiniti giorni di viaggio dalle ‘vicine’ città. Sono a CASA sdraiata sul prato, Magdusha alla mia destra, Enrico alla mia sinistra. Il nostro maestoso e rassicurante albero di mango, alle nostre spalle, ci fa da guardia, come sempre. Siamo letteralmente circondati da stelle. E’ una notte magica a Kindu.
E se il lunedì mattina successivo comincia con il nostro Babbo Natale belga che ci porta in dono papaie e biscotti, un’altra settimana si prospetta sucrée e breve, quasi infinita :)

Chiara

venerdì 10 febbraio 2012

A Chiara piace

1 commento:

A Chiara piace:

- lavare i piatti;
- camminare senza meta;
- la filosofia: ‘portami sulle tue spalle oggi; io ti porterò sulle mie domani’ (vd. foto sotto);
- dormire alla luce del sole.

A Chiara piace moltissimo:

- il gelato;
- sfogliare album di foto;
- prendere il treno;
- leggere lo stesso libro due volte.

A Chiara non piace:

- il caffè;
- il sabato;
- cucinare per sé;
- scrivere di sé in 45 minuti.

Ho 25 anni, sono una Messinese trapiantata prima a Milano e poi un po’ ovunque e da nessuna parte.
Parto per un anno di servizio civile a Kindu, RDC insieme alla bella Magda che ho iniziato a conoscere (sarà divertentissimo osservare la sua incredibile espressività da fumetto).
Pare che il viaggio per raggiungere questa città congolese- che ha lo spirito di un villaggio – sarà lunghissimo.  E sono pressoché certa che nella lista del mi piace moltissimo aggiungerò la voce ‘andare a Kindu, prendendo un aereo per Amsterdam, un altro aereo per Kigali, per poi raggiungere Goma sulle quattro ruote, passarci la notte e saltare su un ultimo mini aereo verso la mia futura casa’.