Scrivo questo post dal letto della mia
nuova camera. Dal letto del mio nuovo mondo almeno per il prossimo
anno. Sono in Africa da otto giorni e solo ora ho la testa un po' più
libera per fermarmi un attimo a scrivere.
Sono stati otto giorni folli intensi
meravigliosi e disperatissimi. Ho sperimentato in poco tempo non dico
tutta la gamma delle emozioni possibili, ma quasi. Entrare in
contatto con un nuovo mondo, così diverso dal mio mi ha mandato in
confusione, e così ho capito che tutta la mia preparazione mentale a quest'incontro è
stata inutile. La realtà è un'altra cosa. Tutto mi ha stupito, tutto ha lasciato un segno. Ci sono cose che adoro, cose che odio, cose che non accetto e non capirò mai. Però mi hanno detto che il punto della mia esperienza e delle scelte che faccio sta proprio lì: nell'imparare ad accettare le cose che non posso capire. E conviverci nel miglior modo possibile.
Resoconto tragicomico di questi otto
giorni.
Giovedì 8 ottobre
Sveglia ore 4.30 am. Tutttttapposto. 8 ore
di aereo Parigi-Nairobi simpatiche in cui non sono riuscita a dormire
un minuto e mezzo. Ore 00.00 arrivo a Blattiland o “La Bettola”:
la deliziosissima abitazione dei colleghi Irene e Gianluca in cui
troviamo ad aspettarci una numerosa colonia di blatte che ci
accompagnerà per i giorni successivi. Molto bene.
Abbiamo poi alternato momenti di
formazione e meetings con i partners locali (quanto sono già
diventata international!). Abbiamo conosciuto il buon Felix e altri
responsabili fighi preparati entusiasti.
Abbiamo capito che siamo e
resteremo per il prossimo anno e per sempre dei Muzungu, tanto vale
farsene una ragione e tentare di non comportarsi come tale. Abbiamo
mangiato chapati, sukamaweki, nyamachoma (praticamente rosticciana
accompagnata da verdure varie, mangiata rigorosamente con le mani e
senza i piatti yeah!) e altre cose bellissime con nomi impossibili da
ricordare.
Siamo stati momentaneamente salvati da Blattiland e siamo
stati alloggiati alla reggia di re Angelo, o sede di Caritas Italia.
Lunedì 12 ottobre
Volente o nolente siamo dovuti tornare
alla base a Kahawa West e quindi abbiamo pensato bene di dare una
pulita. Con esito positivo per noi, ma anche per le blatte che hanno
deciso di restare. Ho imparato i numeri in swahili e scoperto che il
mio studio dell'arabo in fondo non è stato del tutto inutile.
Mercoledì 14 ottobre
Korogocho
Il pensiero di questo giorno non mi ha
fatto dormire la notte, e anche qui la realtà di una bidonville ha
superato ogni mia più nera aspettativa. Credo ancora che il mio
cervello non abbia accettato un po' delle cose che ho visto, alcune
cose ho tentato di rimuoverle del tutto, altre sono state una
sorpresa. Come il fatto di aver trovato in uno dei posti più
dimenticati della terra tanta tanta vita.
“basti pensare che nelle mappe catastali le baraccopoli non esistono: sono segnate come spazi bianchi. Non c'è nulla. Non a caso tutte le baraccopoli sono collocate sotto il livello delle fognature della città "vera", quella segnata sulle mappe. I poveri sono collocati sotto la cloaca. Andare in baraccopoli significa letteralmente scendere agli inferi, nelle fogne." Korogocho, Alex Zanotelli
Giovedì 16 ottobre
Dopo giorni e giorni di agonia e
snervante attesa, siamo arrivate a Mombasa, era l'ora Maffi!!!! Scesi
dall'aereo i millemila gradi e l'umidità del 300% ci hanno stesi e
Angi ha nuovamente minacciato di andare in Moldova.
Arrivo alla villa di Angi e Mari. Uh
Yeah! Altro che Blattiland!
C'è un “però”.
Per la legge del contrappasso che
punisce chi giosce delle disgrazie altrui il grazioso animaletto qua
sotto è mio vicino di casa.
L'ho presa bene tutto sommato: dopo due
o tre attacchi di panico e tentativi di fuga me ne sono fatta una
ragione. Fintanto che non me lo trovo in casa.
Adesso siamo a Mombasa, si inizia a
fare sul serio.
Vabè... magari domani.
Mari
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