Immagina di arrivare in una città completamente diversa da
quelle a cui sei abituato a vivere, a vedere giorno dopo giorno. Immagina che
in questa città ci siano molte case, senza intonaco. Alcune di queste case sono
vecchie, altre invece ti danno la parvenza di essere molto nuove. Il colore
predominante è il grigio e c’è profumo di terra bagnata perché ha appena
piovuto. E tu ti aggiri in questa città completamente nuova, scoprendo e
conoscendo una parte di mondo a te ancora sconosciuta. Dopo aver girovagato un
po’, giri un angolo e non è più tutto grigio ma la città ha preso vita, ed è
tutto super colorato. Sei al carnevale di Oruro.
Carnevale |
Ti siedi su delle gradinate
anche se hai un po’ di paura di cadere di sotto, ma in quel preciso momento non
ha importanza, sei al carnevale di Oruro e l’unica cosa a cui pensi è goderti
quel momento, quei colori e quell’aria di festa. Tante persone ti avevano
parlato di questa manifestazione e ti avevano detto che non potevi per nulla al
mondo perdertela. I ballerini sfilano davanti ai tuoi occhi, ballando danze
tipiche del carnevale: morenada, diablada, caporales, llamerada,
tinku, zampoñeros,
waka waka, antawara, phujillay, incas. Indossano dei
vestiti veramente belli e coloratissimi. Utilizzano talmente tanti colori che
un fanatico della settimana della moda di Milano probabilmente si chiederebbe
come hanno fatto ad unire tanti colori così diversi. Ma tu non puoi fare altro
che guardarli e pensare al loro significato. Il giornale che hai comprato sul
carnevale, infatti, ti spiega bene perché ballano questi balli e non altri. E
così scopri che qualcuno rappresenta la lotta del bene contro il male, qualcun
altro la schiavitù africana in Bolivia, un altro la popolazione Inca e la
scomparsa dell’impero. Ed è tutto super affascinante ed ipnotico. Ogni gruppo
di ballerini è accompagnato da una banda. In particolare di grande spettacolo è
la “banda Popoo”, ex minatori che adesso suonano e ballano con i loro
strumenti, da lasciare senza fiato per la loro bravura.
Caporales |
Ma il carnevale non è
soltanto sfilare, suonare e ballare … ci sono anche i venditori di qualunque
cosa: birra, cibo di vario genere, spuma, cuscini fatti di polistirolo, coca
cola, poncho per la pioggia, zucchero filato e qualunque cosa ti venga in
mente. Loro urlano alle persone che sono sulle gratinate e queste agitano le
mani per attirare la loro attenzione.
Purtroppo in ogni cosa bella c’è sempre
l’altra faccia della medaglia. Qualcuno ti dice che la lattina di birra la puoi
tranquillamente buttare sotto la gradinata, tanto qualcuno la raccoglierà.
Infatti se guardi sotto di te c’è una signora con una busta che sta proprio
raccogliendo lattine, bottigliette di plastica e lattine di spuma vuote. Ma
quello che ti colpisce di più non è tanto la signora quanto i due bimbi che
sono con lei. Avranno si e no 7, 8 anni, un cappello e una busta. Probabilmente
rivenderanno le lattine e le bottiglie per pochi boliviani.
Cercando di non
pensare a quello che hai appena visto ti butti nella lettura per capire cos’è
davvero il carnevale di Oruro. E scopri che è un pellegrinaggio. I ballerini
come pellegrini si dirigono verso il santuario della Virgen del Socavón
(Madonna della Candelora), per ringraziarla per aver salvato Oruro dalla
miseria. Per le popolazioni andine la Virgen rappresenterebbe la Pachamama, la
Madre Terra. All’inizio non c’era un percorso stabilito, ma tutta la città si
riempiva di colori e da ogni parte ci si dirigeva verso il Santuario, adesso
diciamo che è tutto più organizzato. Per qualcun altro, invece, il carnevale ha
perso questo spirito religioso ed è solo una festa dove potersi ubriacare in
compagnia. Per l’UNESCO invece è “Opera Maestra del Patrimonio orale ed
intangibile dell’umanità”. Per te è un altro modo di poter conoscere un popolo,
un paese. Un modo per essere un po’ di più parte di questo paese che ti sta
ospitando per un periodo.
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