Un altro turno
della mensa mobile è finito. Stanche ma soddisfatte del servizio ci accingiamo
a fare un po’ di ordine sul camioncino. Ad un tratto si avvicina una donna
anziana. Ancora cariche della frenesia dell’attività, ci affrettiamo senza
indugio a preparare una porzione per la signora, ma lei stupita e visibilmente
un po’ offesa ci ferma. Nella precipitosità non abbiamo prestato molta
attenzione a chi avevamo di fronte. Osservandola mi accorgo che si tratta di
una signora molto distinta e ben vestita, che ipotizzo si sia risentita del
nostro scambiarla per una beneficiaria. Mentre faccio queste considerazioni tra
me e me, la signora si rivolge a Victor, il responsabile della mensa nonché
autista del camioncino. La flebile speranza di comprendere qualcosa del dialogo
svanisce quando mi accorgo che stanno parlando in russo.
Terminato lo scambio
con la signora, Victor ci invita a risalire a bordo per tornare a Diaconia.
Appena salita sul furgoncino sto per domandare a Victor della conversazione quando
lui mi anticipa “Sapete cosa mi ha chiesto la signora? Avendo letto sul
furgoncino la scritta – Mitropolia Basarabiei-
indicante la nostra appartenenza alla Chiesa ortodossa romena, mi ha
domandato perché distribuiamo pasti ad anziani che sono per la maggior parte
russi. Io ho risposto che non scegliamo i beneficiari e lei mi ha replicato
suggerendomi di lasciar perdere questi anziani russi, perché ci pensa Dodon a
loro.” Igor Dodon è il nuovo presidente moldavo dichiaratamente filorusso.
Questo
semplice episodio mi ha fatto riflettere molto perché è fortemente indicativo
della situazione attuale della Moldova. La mia quotidianità è costellata da fatti come questo che fanno riemergere continuamente la profonda spaccatura
di questo popolo, le cui le tormentate vicende storiche hanno privato di
un’identità unicamente riconosciuta. Mi scoraggia constatare che nemmeno la
condivisione della medesima situazione problematica come la povertà materiale,
che non risparmia nessuno (russo o romeno che sia), sembra sanare questa
frattura così radicata. La mia speranza è che questa avversione sia pian piano
scardinata dall'emergere e dal riconoscere ciò che in fondo ci unisce, lo
stesso bisogno, la cui urgenza sproni a una collaborazione nel tentare di darne
risposta.
Nessun commento:
Posta un commento