giovedì 2 febbraio 2017

Un unico bisogno


Un altro turno della mensa mobile è finito. Stanche ma soddisfatte del servizio ci accingiamo a fare un po’ di ordine sul camioncino. Ad un tratto si avvicina una donna anziana. Ancora cariche della frenesia dell’attività, ci affrettiamo senza indugio a preparare una porzione per la signora, ma lei stupita e visibilmente un po’ offesa ci ferma. Nella precipitosità non abbiamo prestato molta attenzione a chi avevamo di fronte. Osservandola mi accorgo che si tratta di una signora molto distinta e ben vestita, che ipotizzo si sia risentita del nostro scambiarla per una beneficiaria. Mentre faccio queste considerazioni tra me e me, la signora si rivolge a Victor, il responsabile della mensa nonché autista del camioncino. La flebile speranza di comprendere qualcosa del dialogo svanisce quando mi accorgo che stanno parlando in russo.

Terminato lo scambio con la signora, Victor ci invita a risalire a bordo per tornare a Diaconia. Appena salita sul furgoncino sto per domandare a Victor della conversazione quando lui mi anticipa “Sapete cosa mi ha chiesto la signora? Avendo letto sul furgoncino la scritta – Mitropolia Basarabiei-  indicante la nostra appartenenza alla Chiesa ortodossa romena, mi ha domandato perché distribuiamo pasti ad anziani che sono per la maggior parte russi. Io ho risposto che non scegliamo i beneficiari e lei mi ha replicato suggerendomi di lasciar perdere questi anziani russi, perché ci pensa Dodon a loro.” Igor Dodon è il nuovo presidente moldavo dichiaratamente filorusso.

Questo semplice episodio mi ha fatto riflettere molto perché è fortemente indicativo della situazione attuale della Moldova. La mia quotidianità è costellata da fatti come questo che fanno riemergere continuamente la profonda spaccatura di questo popolo, le cui le tormentate vicende storiche hanno privato di un’identità unicamente riconosciuta. Mi scoraggia constatare che nemmeno la condivisione della medesima situazione problematica come la povertà materiale, che non risparmia nessuno (russo o romeno che sia), sembra sanare questa frattura così radicata. La mia speranza è che questa avversione sia pian piano scardinata dall'emergere e dal riconoscere ciò che in fondo ci unisce, lo stesso bisogno, la cui urgenza sproni a una collaborazione nel tentare di darne risposta.






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