giovedì 24 aprile 2008

holy thursday?

Oggi qua èl gioved santo. Qdi il Segretariato Cattolico dell’Arcidiocesi d Addis si è raccolto in una piccola celebrazione, sotto la decisa direzione di Sister Wally, una suora tedesca. [Nomignolare “Addis” la città d Addis Ababa è come kiamare “New” la metropoli d New York, ma tantè. Giusto per, Addis Ababa significa “Nuovo Fiore”]. A seguire una festicciola, biscottibibitetorta ke anke se è digiuno mi spiegano ke l’ultima cena è un momento d convivialità e come tale va ricordato. (Da Bruno il gelataio è in vendita e pubblicizzato il gelato del digiuno, interamente realizzato con ingredienti consentiti in fasting time. Sono entrato ad indagare ed è vero. Inutile e triste come la birra senz’alcool, x dirla alla Vecchio Alex).



Ad una gita d 2 giorni in montagna scelgo il farmi la Pasqua colle celebrazioni etiopi, e stamattina la comunità con cui prego mi provoca contemporaneamente fastidio in alcuni elementi (ma il Baffi mi ha invitato ad evitare informazioni scomode x la Chiesa locale, ke ha già i suoi problemi senza ke qsti vengano messi alla berlina sul caritas blog) e ammirazione, nei casi umani di disagio toccabile vissuto con fervore incrollabile. Stupefacente ai miei okki, specie se riscontrati in una fede credente ke Dio agisca direttamente sulla realtà.

Mentre mi sorprendo in codeste riflessioni mi risuona (il canto del gallo) il ritornello dogon d ottobre: gli okki dello straniero vedono solo ciò ke già conoscono. E non posso fare a meno di notare come il giudizio così sprezzante su ki mi sta a fianco sia una mia miope povertà d ki non vuole rinunciare a criteri d analisi italiano centrici. Io stesso mi guardo con un okkio d stima affettuosa e uno severamente critico (la dicotomia madre-padre). Ke però non devono mai essere disgiunti.

Ci rifletto e stabilisco ke non è solo quello: da un’altra parte riscontro una forma di particolare discriminazione, ke è tipo “sono Etiopi, poveretti, è naturale ke non rispondano ai miei standard d sufficienza etica”. Ke è differente dal dire “non conosco qsta cultura, mi astengo dal commentare” (componente ank’essa presente).

Dubbioso, vado a cercare un passaggio d Fausti (già citato in occasione della vostra Pasqua, si presta a qste interferenze festive; ma i prossimi giorni lo riproporrò in almeno altri 2 pezzi):

    La stima è il bisogno fondamentale dell’uomo, più del pane (senza stima non esiste amore!). L’altro diventa secondo la stima che io ho di lui. Per questo è importante stimarlo, senza mai identificarlo con i suoi errori. Si può infatti pensare e parlare “contro”, chiusi nell’incomunicabilità di interminabili monologhi, o pensare e parlare “con”, comunicando con l’altro e dialogando.

    Per questo “se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto”. La lingua è come il timone: una cosa piccola che fa andare dove vuole anche una grande nave. È come un piccolo fuoco che può incendiare una grande foresta (cf. Gc 3,1ss). La parola è sempre efficace, con un potere divino di creare o antidivino di decreare: quella buona costruisce, quella cattiva distrugge.

    È inoltre importante non prestare mai all’altro intenzioni cattive, ma solo buone, non riportare mai parole o fatti negativi, ma solo positivi. Se si vuol migliorare la comunicazione, evitare malintesi e mali, è necessario non ri-cordare (= tenere nel cuore) il male, anche se reale. Va s-cordato (= tirato fuori dal cuore), in modo da ricordare solo il bene e farlo crescere (uno vive i suoi ri-cordi, ciò che gli sta nel cuore!).

    Ognuno vive o muore dello sguardo dell’altro: l’occhio buono dà respiro, il malocchio (!) uccide. Per questo il principio vitale di ogni relazione è la stima e il parlare bene dell’altro, il valorizzare ciò che di positivo c’è in lui. Ci vuole finezza di testa per capirlo e bontà di cuore per favorirlo. La critica invece demolisce ogni rapporto – e siamo tutti criticabili all’infinito, appunto perché finiti e mancanti sempre dell’infinito.

Non c vedo + la connessione ke intravedevo all’inizio, ma penso al romanzo “Notte inquieta”, al dilemma del cappellano militare dell’esercito nazista, a come semplicemente spesso sia arduo determinare dove stia il giusto. E se i casi estremi ci aiutano a pensare, rifletto su come a volte eroismo e martirio vadano semplicemente in direzioni diverse. Ma qsto è completamente un altro percorso e lo abbandono, rileggendo le parole d Fausti, e concludendo ke vorrei andare a parlare con qke sacerdote qua, sentire cosa dice.

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