domenica 18 febbraio 2007

Il mio primo incontro con lo slum di Kibera

Il titolo di questo mio scritto mi serve per ricordare quanto poco io possa dire sullo slum di Kibera, quanto superficiale potrebbe essere qualsiasi mia considerazione o riflessione, e quanto assurda sarebbe ogni mia conclusione. Ma Kibera è destinata a essere un posto importante per me perchè ci dovrò lavorare... quindi mi sembra significativo sedermi ed annotare qualcosa dopo questo primo incontro. Sarà bello poi ritornare a scrivere su Kibera alla fine di questo anno e confrontare i diversi sguardi con cui l'ho osservata.

Kibera è la più grande baraccopoli di Nairobi e una delle più estese nel mondo. Qui vivono circa 800mila persone in baracche fatte di fango e di lamiera. Questo è quanto puoi trovare scritto su Kibera, ed è proprio così: Kibera è immensa. In alcuni momenti, mentre camminavo per le sue mille strade, ho provato una certa ansia, la sensazione di essere dentro un groviglio di lamiere arrugginite dove puoi entrare, ma dove è quasi impossibile trovare la via di uscita.

Ma Kibera non è fatta solo di lamiere. A Kibera ho visto cose e ascoltato persone. Gli uomini che come lavoro riparano e stirano camicie e i ferri da stiro che usano pieni di carbone rovente. L'uomo con il quale ci siamo fermati a parlare stava stirando una camicia con un ferro da stiro nel quale oltre al carbone c'era dentro una pannocchia. Una pannocchia? Non ho potuto fare a meno di fermarmi a guardare quella pannocchia che abbrustoliva! L'uomo ci ha salutato e poi ha cominciato a parlarci del suo lavoro. Ad un certo punto si è interrotto, ha tolto dal ferro da stiro la sua bella pannocchia abbrustolita e mentre ci parlava si è gustato il "frutto del suo lavoro"! Io ho sorriso e poi ho cercato di rimettermi ad ascoltare quanto ci stava dicendo.

Più tardi, quando siamo usciti dalla sua baracca, ho incontrato un altro uomo. Questi mi si è avvicinato e mi ha chiesto "How are you?". Ma, accidenti, mentre parlava mi si avvicinava sempre di più! Ops, allora ho capito che quella persona aveva qualche problema, o per il troppo alcool o per la troppa droga. Ha cercato di agganciarmi e di portarmi non so bene dove. Ma per fortuna a Kibera non si va mai da soli! Wilson, il keniano che era con me, si è messo in mezzo e tutto è finito lì! "Ok Silvia, il tuo primo attacco in Kenya" mi ha detto Elena.

A Kibera ho parlato anche con due donne.

La prima è una maestra, e qui il mio orgoglio di insegnante è venuto fuori alla grande! Ci ha mostrato la sua scuola. Una scuola coloratissima: nelle aule c'erano tantissimi disegni dei bambini. Il piu' bello? Uno struzzo realizzato con il disegno delle mani di tutti i bambini. Questa maestra mi è piaciuta molto: era un'insegnante grintosa e appassionata del suo lavoro, una maestra con giù la voce per il troppo urlare in classe come le maestre di tutto il mondo! Quando siamo arrivati, i bambini stavano mangiando e in aula regnava un gran silenzio. L'insegnante ci ha spiegato che quando si mangia, tutti stanno in silenzio perchè i bambini sono troppo affamati per parlare. Quando hanno finito di mangiare, hanno ricominciato a fare la solita caciara come i bambini di tutto il mondo!

La seconda donna si chiama Rosi ed è una donna sieropositiva che lavora in un progetto finalizzato alla sensibilizzazione sul problema dell'AIDS e al sostegno di persone malate. Ci ha parlato della sua malattia, di come l'ha scoperta, vissuta e affrontata con ottimismo, coraggio e ora anche con serenità. Ci ha mostrato dei disegni fatti da persone con la sua stessa malattia. Erano tutti disegni che rappresentavano il loro vissuto e di come vedevano la loro malattia. Rosi vede la sua malattia come degli strani assembramenti di vermetti nel seno. Un altro uomo, avvertendo la malattia nella testa, ha tracciato delle linee pesanti sul capo. Un altro ancora ha rappresentato la sua malattia come uno strano animale nella pancia.

Infine, attraversando una sola strada, la Ngang Road, si raggiunge un altro mondo: quello dell'élite cittadina e del corpo diplomatico: il campo da golf. Qui l'acqua zampilla e mantiene verdi i prati. Chi è da questa parte non sa nulla di quello che accade di là. E neanch'io che sono stata per un po' di tempo da questa parte. Anch'io non so ancora bene quello che c'è a Kibera, quello che non c'è ma ci dovrebbe essere… . E voi che siete lì? Come vedete il mondo da quella prospettiva?

Silvia Colombo
volontaria in servizio civile all'estero
febbraio 2007

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