domenica 28 agosto 2005

Frammenti di vita moldava

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Che dirvi? Dopo essere stata nella grigia Bucarest finalmente sono arrivata in Moldova il 4 agosto e per ora non ho ancora avuto il tempo, la necessità e la voglia di sentirmi sola!

Ho già conosciuto un sacco di persone con cui mi troverò a lavorare per una questione o per l'altra e l'impressione non è buona... è ottima!

Mi sento coccolata e protetta da loro, sono molto attenti alle mie esigenze e disponibili ad aiutarmi in ogni evenienza (anche quando mi si è allagata la casa grazie alla lavatrice della vicina!!!).
Che Paese la Moldavia, sono poveri, alcuni poverissimi, le strade della capitale sono zeppe di contadini che vendono i loro prodotti, chi non ha nulla prova a guadagnare qualcosa sedendosi su un marciapiede con una bilancia nel caso qualcuno voglia pesarsi, in periferia ci sono case (non appartamenti) senza il bagno... in giardino hanno un casottino con un buco, i più sofisticati hanno un wc... ma le fogne e l'acqua corrente continua a non esserci!

In questi giorni sono stata in un paesino di nome Ulmu ad aiutare un campo di lavoro di un gruppo di ragazzi di Pavia che lavorava con i bambini e con dei volontari di Cania (un altro peasino). E' inutile dire che i bambini son bellissimi, sono educati e giocano tranquillamente senza litigi; ci portavano i fiori dei loro giardini per ringraziarci, ci regalavano mele e frutti colti dagli alberi, molti avevano bisogno di attenzioni perchè almeno uno dei genitori è all'estero a lavorare.

Sorridono e anche tanto, bisogna sfatare questo mito del bambino moldavo triste... ho le prove!

Un giorno e una notte son stata ad Orhei in un internat per handicappati (350 ospiti maschi dai 0 ai 18 anni), credo di non aver sofferto troppo perchè avevo già visto le condizioni di vita in quel posto e perchè sapevo che sarei rimasta lì solo per poco tempo.
Ad Orhei esistono stanze di circa 20 bambini che vengono seguiti da una badante (pagata 20 euro al mese) che deve occuparsi di seguirli, imboccarli, cambiarli, lavarli, metterli a letto... anche la persona più buona e motivata non potrebbe reggere per molto questo ritmo e di conseguenza i bambini non sono seguiti, chi si agita troppo magari viene legato, le condizioni igieniche son quello che sono... peccato, se la cultura e i mezzi fossero un po' migliori tanti bambini avrebbero una vita quasi normale.

Son stata alla festa del patrono di Ulmu con messa ortodossa di 3 ore (rigorosamente in piedi), banchetto nella mensa del monastero mangiando dallo stesso piatto dei miei commensali e bevendo vino, accendendo una candela ognuno nella propria pagnotta...è stato proprio bello! Son poi stata a visitare 2 monasteri nella roccia a Tipova e Saharna e... ho visto l'impronta della madonna.

Altro?
La vita di tutti i giorni!
C'è chi lava la macchina al pozzo in mezzo a un campo di mais, qualcuno cui spunta una pistola dai calzoni. Una signora ci dà da bere e ci regala 2 enormi girasoli per mangiarne io semi. Tacchini per strada, anziani che guardano la vita scorrere, denti d'oro, cavalli trainano carretti, strade dissestate, verde, tanto verde, ma anche fango, pozzanghere che sembrano laghi.
Tetti di lamiera intagliati, pozzi con immagini sacre, crocifissi dipinti ad ogni incrocio. Biscotti sfusi nei negozi, la gente ti parla anche se sa che non capisci, cartelli in russo, mele, vino, microbus strapieni, oche, qualcuno spinge una macchina, sidecar, limousine ai matrimoni, tappeti ovunque anche sui terrazzi. Chiese coi tetti blu, preti sposati, messe infinite, genuflessioni e segni della croce all'infinito... tutto questo ed anche di più, mancano odori e colori, manca la gente con i suoi sguardi e la sua ospitalità.

Certo è che per ora qui sono a mio agio, credo vivrò bene questo mio anno di servizio civile.

Elisa Magnifico
Volontaria in Servizio Civile in Moldova
28 agosto 2005

martedì 23 agosto 2005

Essere donna in Honduras

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Nasciamo differenti, nel fisico, nella modalità di sviluppare ragionamenti e sentimenti, dice la bibbia che Dio ci ha fatto "uomo e donna, differenti e complementari", ma mai, come quest'anno ho sentito tanto la marcata differenza sociale, di ruolo, di possibilità di sviluppare le proprie potenzialità che esiste tra i due generi.

L'Honduras mi sta dando la possibilità di rifletterci a fondo, vedendo e vivendo situazioni sulla mia pelle. Ho sempre rispettato tutte le culture, piu' o meno aperte nei confronti dell'ingresso della donna nella società, per questo non avrei pensato di trovarmi costretta a dire "povere le donne in questo paese, loro devono cavarsela in questa società maschilista".
Mi rendo conto che io fra qualche mese me ne vado e la costante sensazione di essere osservata, giudicata, poco presa in considerazione per quello che dico, se non terminerà del tutto, diminuirà notevolmente.
Le donne autoctone invece, molte delle quali sottomesse dal tipo di cultura maschilista, non hanno alternative migliori se non quella di sperare che i loro figli crescano con una mentalità un po' più progressista nei confronti del sesso femminile.

Come donna, cresciuta in un'altra cultura che ha fatto negli ultimi 50 anni passi giganti a favore dell' emancipazione della donna, che vive ora in un paese dove le donne sono in questo lungo cammino, soffro con loro quando si rendono conto della loro condizione sottomessa, si lamentano e desiderano trovare nella società uno spazio di più ampio respiro; e con loro spero che non siano solo giudicate per il numero di figli che hanno, per la loro condizione famigliare, se non per la loro capacità di pensare, di rendersi utili, dare idee e costruire un futuro diverso per il loro popolo.

La vita della donna in Honduras si differenzia molto dalla città alla campagna.
Essere donna "cittadina" è difficile, perchè sempre di più ci si rende conto della difficoltà di gestire la parte di retaggio culturale maschilista ancora profondamente radicato nella mentalità della società. Ci si rende conto di quanto sia faticoso cercare le piccole cose che fanno parte della vita quotidiana e dei sogni di tante donne: studiare, avere una vita economicamente indipendente, una famiglia con la quale condividere, un uomo con dei valori, che ti ami e ti rispetti, senza trattarti come la schiava di casa. Alcune donne, gia mature e con esperienze alle spalle, preferiscono quindi consapevolmente rimanere sole, rifiutando di avere un uomo che sanno le farà soffrire, perché dirà bugie, le picchierà, avrà altre donne, ecc.
La vita della donna in comunità invece è differente, meno consapevole della propria condizione o forse solo più abituata agli abusi maschili. Essere donna qui, con tutti i suoi aspetti negativi che ha, mi permette di parlare più apertamente con le donne, entrare nelle cucine delle comunità, "tortillare" con loro, ascoltando storie di donne ferite dalla vita, ferite dal loro stesso uomo, che la maggior parte delle volte le ha lasciate per un'altra, abbandonandole con figli completamente a loro carico, donne che stanno con un marito che permane con più amanti, tornando spesso a casa sbronzo, costrette, per debolezza, per cultura e per incapacità di ribellarsi a subire violenze fisiche e morali.
Le donne in una comunità, passano la loro vita servendo il padre, prendendosi cura fin da bambine dei piccoli di casa, spesso non vanno a scuola oltre la terza elementare, si sposano mediamente a 15-16 anni, cominciando quindi a servire nella propria casa, circondate da una marea di bambini che pian piano vengono al mondo.
Alcune, più serene, forse più "fortunate", forse anche meno consapevoli del fatto che una donna può essere anche altro oltre che mettere al mondo e curare bambini, non si fanno domande, guardano la vita che giorno dopo giorno le assorbe, le poche che se ne rendono conto, perché escono dalla propria comunità, paragonano la loro vita con quella cittadina, apparentemente più libera, ma piena di bugie, forse più che nel campo. Sapendo che non possono far altro che accettarla, visto che non hanno i mezzi economici per rendersi indipendenti e, spesso, se vogliono tornare a casa i genitori non le accolgono più in casa.
Suscita sempre ilarità spiegare che alla mia età non ho ancora figli, che non sono sposata,che ho solo un fratello e che tutto questo è abbastanza normale nel posto dove vivo io.
Mi sento da una parte molto indietro, da una parte tiro un sospiro di sollievo; a 25 anni dimostro l'eta che ho e non i classici 10 anni in più dei visi consumati dalla fatica, dalle sofferenze fisiche e morali della maggior parte delle donne campesine.
Semplici riflessioni, basate sulla mia vita qua, di vite che quotidianamente incontro, con cui mi confronto, cercando di capire qualcosa in più.

Monja Zanini

mercoledì 3 agosto 2005

Entrare a Nueva Vida...

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Entrare a Nueva Vida è come entrare all'inferno: nella zona uno finisce quella che si poteva chiamare strada, nella zona due finisce il controllo, nella zona tre la sicurezza, nella quattro finisce la ragione e nella cinque la speranza.

Nella zona uno vive Meilyn, che da poco è tornata a casa con i suoi due bambini di tre anni e sei mesi. Meilyn "lavora" nella discarica e i suoi figli vi si nutrono. Li ho trovati tutti e tre aspettando di essere visti dalla dottoressa del centro: lei con la pelle sfigurata dalla micosi e i bambini incapaci di reggersi in piedi per la denutrizione.

Nella zona due vive Wilbert Jeovanis, un ragazzo della scuola tecnica, quindici anni e tanta voglia di vivere. Quando però arriva il venerdì e si rende conto che il pranzo che tiene fra le mani è l'ultimo che vedrà fino al lunedì successivo, diventa nervoso, disperato e irragionevole. Il panico lo assale e comincia a girare come una meteora ingurgitando tutto quello che trova di commestibile.

Nella zona tre vive Kenia, una della tante ferite aperte di Redes. Una tredicenne inquieta e ribelle che sa di avere una madre solo quando si guarda le cicatrici sparse per il corpo. Tanti problemi di personalità o forse solo un'adolescenza un po' più complicata. Il mese scorso è stata violentata da due giovani con qualche anno più di lei, che avevano deciso di verificare se era davvero lesbica come dicevano tutti.

Nella zona quattro vive Maria Lourdes, ventisei anni e come diremmo noi "qualche rotella fuori posto": suo marito ha esagerato un po' con il bastone... Vive chiedendo notizie delle sue due figlie che sono custodite, per ordine del ministero della famiglia, in un istituto dove studiano e vivono tutta la settimana. Lei gira con aria stralunata per le strade di Nueva Vida, il sorriso stampato e una innocenza artificiale che la rende facile preda dei maligni. La trovo spesso nell'autobus delle sei del mattino.: mentre io vado a lavorare lei sta tornando... si prostituisce al mercado oriental per poco più di due dollari.

Nella zona cinque oggi sono andata con Cristina e la dottoressa a visitre Maritza, una donna che la notte scorsa ha partorito sola, nel pavimento di casa sua, una bimba alla quale mi ha chiesto di darle il nome. Con il filo da cucito ha stretto il cordone ombelicale e con una forbice prestata da non si sa chi l'ha tagliato. Questa mattina erano lì distese sul letto in una casa fatta di quattro pareti, un divisorio e una brandina. Una montagna di vestiti stracciati sul pavimento e la gomma piuma cenciosa su cui aveva partorito.
Un sorriso spento fatto di rassegnazione e di privazioni: niente da mangiare... chissà per quanto tempo ancora... mentre nuove bocche si aggiungono alla lista...
Gloria Perin