Per raggiungere
il villaggio di Anna Nagar, nell’isola
di South Andaman, bisogna arrampicarsi su una collina immersa nella
vegetazione, in tutto il suo splendore nella stagione monsonica. La strada
carrozzabile non ci arriva, quindi seguiamo il sentiero che sale tra case di
bambù seminascoste dai cespugli e pendii dove alberi enormi sembrano sfidare le
leggi fisiche e i terremoti frequenti. Raggiungiamo una radura, dove una lunga
tettoia di lamiera e un minuscolo negozietto ci dicono che siamo arrivati.
Lentamente si
fanno avanti le donne ad accoglierci. Dopo
averci offerto acqua da bere e per lavarci le mani, secondo il loro
rituale di benvenuto, incontriamo il gruppo al completo.
Anna, la
portavoce, è una signora sulla cinquantina, vedova da diversi anni, che però,
dati i costumi più “morbidi” delle isole rispetto al continente, non porta il
sari bianco né ha l’aria dimessa. Al contrario, è adorna dei consueti
gioielli e porta un sari dai colori
vivaci.
Ci racconta
di come, nel dicembre 2005, dieci donne del suo villaggio si siano unite in un
gruppo di risparmio e abbiano iniziato a mettere da parte 100 rupie (circa due
euro) al mese ciascuna, per aprire un piccolo negozio nella “piazza” del
villaggio, accanto alla chiesa.
Tutto il
villaggio, a cominciare dai loro mariti, è contento e orgoglioso di loro. Il
negozietto, pochi pali di legno con il tetto di lamiera, gentilmente addossato
ad una casa di bambù, vende tutti quei piccoli generi di consumo che non si
troverebbero se non ad una buona mezz’ora di cammino da qui, o addirittura in
città. Una bella comodità: non è piu’
necessario fare tanta strada per comprare lo shampoo o anche solo una scatola
di fiammiferi! La bottega è diventata
anche il fulcro della vita sociale del villaggio, specialmente la domenica
mattina, dopo la messa, ci si ferma qui per un tè e un dolcetto in compagnia.
Anna e le
altre donne sono contente, ma hanno anche i piedi per terra: dal ricavato di
ogni giorno mettono rigorosamente da parte dieci rupie, per poter avere una
piccola somma sempre disponibile. E sono anche molto caute: per conservare i
loro risparmi, hanno scelto di non pagare nessuno per procurarsi i pali
necessari a sostenere la struttura del negozio, ma sono andate loro stesse
nella foresta a tagliarli. Allo stesso modo, quando scendono a valle per
procurarsi gli articoli da vendere, li portano loro stesse sulle spalle, per
risparmiare sul portatore. Per la gestione si sono organizzate in turni, e
nelle riunioni settimanali del gruppo discutono eventuali nuovi acquisti,
responsabilità, problemi. La segretaria annota tutto sul diario. Se gli affari
andranno bene forse potranno costruire un negozio vero dalla struttura più
solida e soprattutto che si possa chiudere con un lucchetto.
Quando
chiediamo loro cos’è cambiato nella loro vita da quando c’è il gruppo,
rispondono quasi in coro: «Abbiamo visto di saper fare cose che mai avremmo
pensato. E ci sentiamo più forti, perché finalmente sentiamo di poter
contribuire anche noi ad aiutare le nostre famiglie, invece di starcene sedute
a casa!». Questa frase colpisce come uno schiaffo le mie orecchie. Ma come? Che
significa? Da quando sono qui non ho mai visto, neppure una volta, una sola
donna seduta a non far nulla. Le donne sono sempre all’opera: se non è per
seguire i bambini è per pulire, cucinare, lavare, raccogliere la legna,
prendere l’acqua e se stanno sedute a chiacchierare, nel frattempo, lavorano:
intrecciano corde, fiori, frasche di cocco, di bambù. Mai le ho viste “con le mani in mano”. Non è
un contributo alla famiglia, questo? Non è importante?
Quando lo
faccio notare, una ragazza mi risponde pacatamente: «Didi, sorella, queste cose sono scontate, sono i nostri doveri
quotidiani, fanno parte dell’essere donna. Ma nessuno ci dice mai grazie per
questo. Ora invece i nostri mariti sono orgogliosi di noi, i nostri bambini
sono contenti, perchè con i soldi che guadagniamo possiamo comprare loro i
quaderni, l’uniforme, la merenda per la scuola e sono soldi guadagnati da noi,
non li abbiamo chiesti a nessuno. Questo fa sentire orgogliose anche noi».
Salutiamo le
donne e scendiamo il pendio sulla via di casa. Guardandoci indietro, riusciamo
ancora a scorgere quei quattro leggeri pali di legno e la tettoia di lamiera
del negozietto che luccica al sole. E mi viene in mente che forse, davvero, il
seme più piccolo, senza fare alcun rumore, senza che nessuno lo veda, con il
tempo può far nascere un grande albero. Come questi, grandi e maestosi, che
costeggiano il sentiero verso la città.
Elisa Rossignoli,
coordinatrice Cantieri della Solidarietà 2006