C’è sempre un momento in cui un
viaggio comincia davvero. A volte capita quando si esce di casa, ma altre volte
è molto lontano da lì.
Tre storie, tre racconti, tre momenti diversi della vita della stessa persona. L’amicizia, l’amore, la morte. Le tappe fondamentali della crescita di un uomo vissute e raccontate attraverso il viaggio.
In “In una stanza sconosciuta” il viaggio non è strumento di conoscenza dell’altro che si visita, che si percorre, che si incontra, ma è soprattutto conoscenza di sé proprio grazie all’incontro con altri esseri umani. Le descrizioni dei paesaggi, delle culture e delle società che il protagonista incontra percorrendo diversi paesi (Zimbabwe, Inghilterra, Svizzera, India) sono del tutto assenti: uno sfondo sfuocato sul quale invece si tratteggia con cura e precisione la descrizione dei rapporti e delle relazioni. Molto dell’esperienza che il protagonista fa nel corso dei suoi tre viaggi è conseguenza diretta della relazione che egli instaura con i compagni di viaggio che per caso o per scelta lo accompagnano. La ricchezza del libro sta proprio nell’analisi dei rapporti umani, nello studio delle reazioni del protagonista di fronte ai personaggi che gli ruotano attorno. È infatti il confronto con i suoi compagni di viaggio che gli permette di studiarsi, di interrogarsi e di conoscersi.
Raccontando tre viaggi diversi in tre momenti cronologicamente diversi si narra l’evoluzione e la crescita sofferta di un giovane ragazzo, che viaggiando si fa uomo.
Il viaggio detiene, nel bene e nel male, un potere catartico al quale il protagonista non rinuncia neppure quando è diventato ormai adulto. Gli permette di situarsi in uno spazio diverso da quello della quotidianità, uno spazio nel quale l’intensità dei momenti che vive gli garantisce la lucidità necessaria per analizzarsi.
Allo sconosciuto incontrato su un treno e all’ignoto che accoglie entrando nelle caotiche strade di una città africana è lasciato il compito di stimolare e di intensificare l’esistenza. Gli incontri che il protagonista fa durante i suoi tre viaggi spesso si rivelano più significativi del paese che sta
attraversando.
Non ci troviamo, infatti, di fronte a un racconto di viaggio, alla descrizione di un universo altro dal nostro. Bensì ci troviamo di fronte all’evoluzione di uno stesso uomo che, prima “seguace”, poi “amante” e infine “guardiano”, definisce se stesso e si confronta con i suoi limiti, i suoi fallimenti e le sue delusioni. Il passaggio continuo dalla prima alla terza persona si rivela efficace per rendere il lettore partecipe del dislocamento vissuto dal protagonista. Un dislocamento che non è appunto solo geografico, ma soprattutto interiore. Come se, nei momenti di disequilibrio e di perdita di punti di riferimento, al viaggio e a tutto ciò che il viaggio racchiude in sé venisse affidato il compito di ristabilire un ordine. Il protagonista sente l’esigenza di partire e di rimettersi sulla strada come un imperativo che, per quanto doloroso e terrorizzante, rappresenta l’unico modo di confrontarsi a fondo con se stesso grazie all’intensità e all’energia regalate dall’esperienza del viaggio.
A me non piace lasciare la strada, accentua la sensazione di vulnerabilità. induce una specie di ansia primoridiale. Ma questo è anche uno degli elementi più irresistibili di un viaggio, il senso di terrore che soggiace a tutto, che rende più intense e acute le sensazioni, il mondo è carico di un'energia che nella vita normale non ha.
Olivia
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favoloso
RispondiEliminaOli complimenti, sei bravissima e riesci davvero a far venire voglia di leggere, missione molto difficile al tempo d'oggi! Potresti collaborare con la nostra Agenzia!
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