Il primo giorno Rena mi ha presa per mano e mi ha portata a conoscere i bambini. Tutti parlavano, chiedevano, cercavano un contatto fisico, di tenermi una mano, mi prendevano in giro. Successivamente, dopo essermi seduta accanto a Nenek (nonna), che parla solo la lingua locale, Li Niha, (ancora adesso non mi spiego come abbiamo fatto a parlare per cosi tanto tempo), sono arrivati i bambini. Samson ha appoggiato la sua testa sulle mie gambe, Lestari mi ha chiesto sette volte se avevo mangiato il tofu che mi avevano preparato, Rena mi guardava e sorrideva dolcemente. Lestari mi spiegava, perdipiù che problema ha, Rena invece si definiva semplicemente stupida, bodoh. Alcuni erano cosi svelti nello spiegarsi, veloci e si autodefinivano intelligenti. Mattias, ricordo, mi aveva chiesto se avevo l'abitudine di pregare e sopratutto se prego per i cari che non ci sono più. I bambini, sin da subito, hanno voluto dirmi qualcosa di loro, ma non di personale, volevano farsi conoscere. Lanciavano piccoli messaggi per farlo, volevano anche conoscermi, ma sopratutto volevano farsi conoscere.
Nessuno Selamat Datang ufficiale ed entrare in punta di piedi mi ha permesso di scivolare con delicatezza in questa piccola comunità cosi libera, fluida e caotica, una comunità che mi piace pensare come alla mia nuova grande famiglia.
Ognuno, qui, ha il suo ruolo. A ogni bambino ne viene affidato un altro, in modo tale che tutti crescano proteggendosi e prendendosi cura l'uno dell'altro. Il ritmo giornaliero e' quello di una qualsiasi famiglia. Ci si sveglia, si fa colazione, si va a scuola, si rientra, si pranza, si fa il sonnellino pomeridiano, si gioca o si fanno i compiti. Ognuno ha il suo ruolo, i suoi tempi, i suoi spazi, ma si condivide tutto. Per fortuna riesco a parlare, riesco a comunicare con facilita', per cui sin da subito ho sentito l’esigenza di avere anche io un ruolo, ma non come volontaria, non come lavoratrice o educatrice, ma come sorella. E’ questo quello che penso ora di questa comunità nella quale svolgo parte del mio servizio civile e vivo, penso sia la mia famiglia a Gunung Sitoli. In fondo qui siamo tutti diversi l’uno dall'altro, ognuno con le proprie diversità in un certo senso, ma insieme ci conosciamo e ci sentiamo una famiglia normale e ognuno di noi fa quello che può quotidianamente per farci stare bene tutti. Io con loro studio inglese, impariamo a usare il computer, cuciniamo, parliamo, giochiamo, alle volte in modo improvvisato, alle volte in modo più strutturato. Il sabato due volte al mese andiamo al mare e questo sabato, dato che ci sono le giostre sul lungo mare, andremo a divertirci. Il tempo scorre, giornate scandite dai doveri quotidiani e dai piaceri che riusciamo a ritagliarci tra una lezione d'inglese, I compiti, il doposcuola e le attività in giardino.
In tutto, qui, abitano 37 bambini, di un eta’ compresa tra i 4 e i 19 anni. C’e’ chi va all'asilo, chi alle medie e chi alle scuole superiori. C’e’ chi già’ lavora, perché non ha potuto frequentare la scuola, chi frequenta un corso professionale per diventare estetista; c’e’, poi, chi proprio vive su un piano diverso del nostro stesso mondo e con cui e’ sempre bello interagire, giocare e conoscersi in qualche modo. Inoltre vi sono 3 educatrici, Risna, Lyn e Linda e tre suore, Sintha, Vero e Lys. Qualche aiutante esterno e poi ci sono io, che mi sento parte di tutto questo, accolta e protetta. E’ cosi che lavoro qui, come una sorella, e cosi che ci si sente, in questa Keluarga Besar.
A presto!
Andrea