“Sono tornato a casa”, disse.
Lo disse il protagonista di molti romanzi, lui k’era partito acerbo ed era tornato maturo. Non lo dissi io. No, io non lo direi. Però ogni ritorno permette di ritarare cosa rappresenta un luogo. E quindi è piacevole planare ad addis e riconoscerla. E qdo sara mi kiede cosa trovo cambiato, non trovo niente, mi spiace, kissà cosa mè sfuggito. Le kiedo se sé tagliata i capelli, ma precisa ke in effetti non è cambiato niente, voleva vedere cosa dicevo, e mi fa piacere ke qcsa rimanga fermo dopo ke oggi paghiamo la bolletta, puccio le dita in rete e, ad una settimana dal mio arrivo, in italia è caduto il governo.
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torvo bambino |
È gratificante rientrare in casa e riscoprire i propri posti, un proprio posto, scriverei. E poi quando si rincontrano le persone è interessante capire qual è l’emozione predominante. Mh. E cos’altro? L’uomo non vola. Non è umano volare. È come un videogioco, io non emetto bolle di energia blu se unisco i polsi e apro le mani: non ha senso ke un giorno sono a milano, fa freddo, la gente parla italiano e mi stanno intorno certe persone e l’indomani sono in gita suna strada terrosa per andare a vedere le iene, discorrendo in inglese con Megdie e Fifì, la testa pulsante x la calura; e qsta s’appresta a diventare normalità. Mi sento un po’ tartaruga, forse per skermarmi dalla skizofrenìa: non rientro istantaneo nell’inglese, ripasso alcune relazioni. Ma tanta Etiopia in qsti giorni.
Tanta. Nell’acqua ke si assenta per una settantina d ore da casa e allora diventa obbligo sociale recarci nei ristoranti non tanto x rifocillarci quanto per adoperare i bagni, entrarci non colla carta d credito, ma con la carta igienica. Molta Etiopia nel riuscire finalmente a jocare a pallone, facilissimo, un 3vs3 fuori da una parrokkia, 4 scatti e scoprirmi in affanno piegato mani sulle ginokkia; kissà quanto l’altitudine e quanto l’allenamento. E ritrovare 1 stile africano pokissimo finalizzatore, ke mixxa tecnica e ritmo a livelli di partita d basket; l’italiano d turno può salvarsi con qualke passaggio d prima e tenendo bene in testa dove si trovano le porte; anke se questa è la salvezza, non certo la zona champions.
Un po’ d Etiopia nel perdere soldi, ritrovarne alcuni. Un sacco d roba etiope nel decidere d presenziare ad una conferenza sulle prigioni, certamente in amarico, vabbeh, scatto qke foto coll’elegante makkinetta d stefania e mi porto da leggere quegli articoli; tranne poi essere invitato a sorpresa a testimoniare sulle prigioni italiane. E una settimana prima ero a Bollate a raccontare ai detenuti dei carceri d addis e fa un effetto stranino e lo dico. Qualcuno sorride, kiedo l’aiuto del pubblico sulle parole inglesi ke non conosco, mi tengo la telefonata a casa per + avanti, cerco cogli okki qke feedback da volti familiari, male ke va joco un po’ d comunicazione o si prendono un break nella tenuta della loro attenzione. Va bene, this is all. E riprendono gli interventi in scaletta in amarico, e un tot d volte sento le parole “Mr Paolo”, citato kissà perché, arrivato alla fine mi riguarderò questa vita con i sottotitoli. Sempre ke non vada riconsegnata subito al videoshock. Non vorrei pagare anke la penale per il ritardo, non so se Caritas la copre.
Una settimana in cui cisi ripete ke ora viene il bello, enne mesi d fila, Stè. Ci siamo, la marmellata d mirtilli e la nutella, tanto x iniziare. Magari si finisce con la ‘njera. Un’amaca, due diski fissi, un canestrino, kili d salame (non è prosciutto, è salame), in parte ammuffito, in parte. Il libro “Una notte inquieta”, oggi poi dovrebbe essere ancora giornata della memoria, a interrogarmi se sopravvivere per me sarebbe stato giusto sotto Ato Hitler; senza eroismi, ma essere vivo&tedesco era acido da coscientizzare. E raffica filmica: Frankestein jr, Borat, Comizi d’amore, Terkel in trouble, Dead man. Comizi d’amore.
Debiti d sonno ke da qke parte bisogna estinguere, pure suna panca durante un inneggiante rosario amarico o sull’annosa jeep d abba girma ke corre verso il carcere d addis alem x il tin kat; ke pure ora le ciglia vogliono scendere, è la loro fermata. Come quando, ancora preda del jetlag, ho incontrato Vermulinguo, insieme ai ragazzi, descrivendo con kiarezza e cordialità cosa penso del progetto con lei. E intuire ke loro si battono in amarico x me, ma sono disilluso. Un buon esito in qsto round è riuscire ad uscire accostando la porta, senza sbatterla (la porta) con la rabbia nelle membra, un po’ jedi, un po’ zen, un po’ zed. Difficilmente (impossibilmente) rimarremo entrambi nella stessa stanza, e i ragazzi li riprendo. Col corso d’italiano o colle carceri, ma li riprendo.
E il resto è anacleto, il bianco gatto ke viene puntualmente preso a pallonate, ma lui insiste a miagolarsela -rigorosamente fuori dall’uscio- e mi sa ke una breccia il vuncissimo felino la sta scavikkiando. E non è il solo, ma mica si può digitare tutto, oh. Ho.
Me, Mr Paolo
una casetta 2 etiopi |
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