Incontro di Taizé a Nairobi: 6.000 giovani da ogni parte dell'Africa; tra questi Mozambico, Ghana, Togo, Madagascar, Angola, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Congo Brazaville, Rwanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya. Alcuni giovani dall'Asia, un centinaio dall'Europa.
Le famiglie keniane hanno aperto le loro porte per accogliere tutti questi 6.000 giovani tra i 18 e i 30 anni. Tutte le parrocchie di Nairobi hanno accolto calorosamente i pellegrini di Taizé, Kariobangi, Dagorethi, per citarne alcune; anche Kahawa West, la nostra parrocchia, ha ospitato una cinquantina di persone da Kenya, Uganda e Tanzania. E Italia. Un ragazzo e una ragazza da Torino, Riccardo e Ilaria, dopo mille peripezie, e dopo svariati rimbalzi da una parrocchia all'altra sono arrivati qui da noi.
Al mattino con il gruppo giovani siamo andati a visitare luoghi di speranza nei dintorni della parrocchia: abbiamo visitato i progetti della Comunità di Papa Giovanni XXIII a Soweto, il Rainbow Project e Baba Yetu; un altro giorno invece Sister Raquel ci ha parlato della Cafasso House.
E poi liberamente alcuni ragazzi hanno condiviso alcune riflessioni, alcune impressioni su questo evento: uno dei temi ricorrenti era il bisogno di pace e di perdono. In particolare qui in Kenya, dopo le violenze di dicembre che sono poi continuate fino a febbraio, i giovani hanno espresso il desiderio e la volontà di perdonare e di dimenticare: forgive and forget era il motivo che ritornava sulla loro bocca. Questo meeting di Taizé è stata un'occasione importantissima per la riconciliazione fra le varie tribù che abitano il Kenya: famiglie di ogni etnia hanno aperto le porte delle loro case a giovani Luo, Kikuyu, Kisi, Kalenjin. È stato un passo importantissimo verso la riconciliazione, verso il perdono, verso la convivenza pacifica. C'è bisogno di perdonare per costruire una nazione nuova e soprattutto una nazione unita.
Ma sappiamo quanto è difficile perdonare, dimenticare i torti fatti e subiti; un prete proveniente dalla Tanzania durante una condivisione spontanea ci ha rivolto questo indovinello: cos'è quella cosa che è facile da cantare, ma molto difficile da ballare? Le risposte sono due: amore e perdono; tanto facile a dirsi, si dicono tante belle parole, tanti buoni propositi, ma siamo veramente capaci poi di ballare, di metter in pratica queste parole?
Quando i ragazzi parlavano del bisogno di perdonare, ma anche di dimenticare per poter vivere in un mondo più giusto, mi è venuto in mente il titolo del libro scritto da Desmond Tutu, “Non c'è giustizia senza perdono”, proprio a sottolineare l'urgenza di vivere nella pace e nel perdono, di vivere cercando un mondo diverso.
Per il pranzo invece ci si recava ogni giorno al seminario diocesano Queen of Apostoles con pullman organizzati appositamente da Taizé: qui i 6.000 pellegrini si ritrovavano per il pranzo e per la preghiera. I momenti della preghiera sono stati momenti quasi magici, emozionanti, straordinari. Abbiamo visto mischiarsi l'energia dei canti e balli africani con il silenzio e i canti meditativi della comunità di Taizé, in un vortice di spiritualità e di preghiera. Le riflessioni del priore della comunità di Taizé, frére Alois e le parole del vescovo di Nairobi, hanno riempito l'evento con parole di pace, di speranza. Il vescovo, in un discorso breve ma intenso, ha sottolineato il fatto che prima di essere keniani, congolesi, spagnoli, rwandesi, sudafricani, italiani, siamo esseri umani, siamo creature di Dio, capaci di amare e di perdonare. Durante le preghiere eravamo seduti per terra, in tendoni enormi costruiti per l'evento: eravamo 6.000 persone e nessuno era seduto di fianco ad un altro del suo stesso paese, talmente era forte il mescolamento di culture, etnie, lingue, costumi, capigliature e stili di vita.
Il tutto condito dai workshop del pomeriggio, con rappresentazioni teatrali, di danze e canti da ogni parte dell'Africa, laboratori di testimonianze di vite di cristiani, dialogo interreligioso guidati dai fratelli della comunità.
Siamo stati testimoni di un evento intenso, spirituale e culturale: abbiamo visto e ascoltato storie di speranza e di pace. Una su tutte: un pullman arrivato a Nairobi per l'evento portava ragazzi da Bukavu e da Goma, città della Repubblica Democratica del Congo, insieme a ragazzi provenienti dal Rwanda; un gesto di pace che ha coinvolto due paesi che stanno affrontando difficili tensioni.
Infine frére Alois ha consegnato un'icona ai rappresentanti di ogni paese che ha partecipato all'incontro, in modo che coloro che erano presenti al meeting possano essere pellegrini di fiducia e di speranza nei loro paesi: ogni volta che veniva nominata la nazione un tripudio di applausi, fischi, urla e grida accoglievano i vari rappresentanti; gli applausi aumentavano per accogliere i paesi che attualmente sono più in conflitto: Congo, Sudan, Rwanda. E quando è stato il momento del Kenya un boato si è alzato dalle 6.000 persone, tutti hanno gioito per ringraziare della bellissima ospitalità offerta dalle famiglie di Nairobi e per la stupenda esperienza passata insieme a giovani da ogni dove dell'Africa.
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