ovvero, un mucchio di sensazioni da ritorno. Ma soprattutto una.
Tornare dall'altro lato del mondo ti dà la sensazione di essere tornata da una vacanza, un vacanza a casa tua.
La sensazione di ritrovare qualcosa che non ti appartiene e non ti apparterà mai al 100%, ma che ormai è un pezzo di te. E tu sei un pezzo di lei.
La sensazione di eterno caldo, innaturale per una cresciuta nell'estremo nord italico; un caldo opprimente, ma familiare. Familiare come i gusti, gli odori, i colori. Familiare come una città, una 'pericolosa capitale del centroamerica', idea che ti fa sorridere come si sorride quando si sente parlare di qualcosa che tu conosci e gli altri no. Familiare come una casa e tutti i suoi ben noti problemi (primi topi compresi...). Familiare come i vicini, gli amici 'di qui', le persone che rincontri e ti dicono 'bentornata'.
Tornare dall'altro lato del mondo e sentirti chiedere come va nel tuo ti conferma poi un'altra sensazione, già intuita e masticata prima e adesso pienamente confermata. Quella di riuscire ancora a vedere la 'luce alla fine del tunnel'. Sì, nonostante tutti gli enormi problemi, qui si pensa ad un domani, si progetta il futuro, si lavora per costruire qualcosa. Si immagina qualcosa di nuovo e diverso, con la sensazione che abbia senso farlo. Che davvero sia possibile. Non facile, ma possibile.
Questo spirito si respira invece troppo poco nel tuo lato del mondo. Quella luce lì è spenta o coperta da qualcosa che ti viene da chiamare, come farebbero qui, desesperanza. Che non è proprio disperazione, ma più assenza di speranza, sconforto. Quella sorta di vaga depressione diffusa che ti si è inevitabilmente un po' appiccicata addosso, nella 'vacanza a casa' degli ultimi due mesi. Perché è dovunque, nella maledetta televisione, nelle conversazioni con gli amici che non trovano lavoro o che cercano di sopravvivere accontentandosi, perché è tutto quello che ti viene offerto, nella crisi di sistemi economici e politici miopi e vecchi.
Poi tutto questo te lo conferma anche un amico di quel lato del mondo che è venuto in questo, solo un po' più a sud, a cercare un lavoro. E l'ha trovato. E ti dice che respira la stessa cosa: possibilità di sperimentare, apertura al nuovo. È come se ti sollevassero di dosso un peso.
Ti sembra allora di capire cosa si respirava anche nel tuo lato del mondo solo qualche decina d'anni fa, quello spirito che tua nonna ti trasmette quando racconta l'Italia nel dopoguerra. Ecco, quello. Siamo messi male, ma miglioreremo, guardiamo avanti.
Il tuo lato del mondo, che oggi sulla carta è sicuramente messo meno male, continua invece a guardarsi l'ombelico e perciò non vede vie d'uscita.
Tornare dall'altro lato del mondo ti fa sperare che il tuo, di lato del mondo, si lasci un po' 'infettare' da questo spirito di possibilità, di immaginazione. È un po' quello che ci sta già poco a poco insegnando quell'uomo vestito di bianco che, non a caso direi, proprio da questo lato del mondo ha fatto arrivare una ventata di possibilità di cambiamento, di novità, in uno degli ambienti che ne avevano più bisogno.
Tornare dall'altro lato del mondo ti ricorda quanto ami il tuo, di lato del mondo, per un sacco di motivi stupidi e altrettanti motivi seri.
Soprattutto ti ricorda che da qui è più facile amarlo, come tutte le cose viste da lontano.
La sensazione di ritrovare qualcosa che non ti appartiene e non ti apparterà mai al 100%, ma che ormai è un pezzo di te. E tu sei un pezzo di lei.
La sensazione di eterno caldo, innaturale per una cresciuta nell'estremo nord italico; un caldo opprimente, ma familiare. Familiare come i gusti, gli odori, i colori. Familiare come una città, una 'pericolosa capitale del centroamerica', idea che ti fa sorridere come si sorride quando si sente parlare di qualcosa che tu conosci e gli altri no. Familiare come una casa e tutti i suoi ben noti problemi (primi topi compresi...). Familiare come i vicini, gli amici 'di qui', le persone che rincontri e ti dicono 'bentornata'.
Tornare dall'altro lato del mondo e sentirti chiedere come va nel tuo ti conferma poi un'altra sensazione, già intuita e masticata prima e adesso pienamente confermata. Quella di riuscire ancora a vedere la 'luce alla fine del tunnel'. Sì, nonostante tutti gli enormi problemi, qui si pensa ad un domani, si progetta il futuro, si lavora per costruire qualcosa. Si immagina qualcosa di nuovo e diverso, con la sensazione che abbia senso farlo. Che davvero sia possibile. Non facile, ma possibile.
Questo spirito si respira invece troppo poco nel tuo lato del mondo. Quella luce lì è spenta o coperta da qualcosa che ti viene da chiamare, come farebbero qui, desesperanza. Che non è proprio disperazione, ma più assenza di speranza, sconforto. Quella sorta di vaga depressione diffusa che ti si è inevitabilmente un po' appiccicata addosso, nella 'vacanza a casa' degli ultimi due mesi. Perché è dovunque, nella maledetta televisione, nelle conversazioni con gli amici che non trovano lavoro o che cercano di sopravvivere accontentandosi, perché è tutto quello che ti viene offerto, nella crisi di sistemi economici e politici miopi e vecchi.
Poi tutto questo te lo conferma anche un amico di quel lato del mondo che è venuto in questo, solo un po' più a sud, a cercare un lavoro. E l'ha trovato. E ti dice che respira la stessa cosa: possibilità di sperimentare, apertura al nuovo. È come se ti sollevassero di dosso un peso.
Ti sembra allora di capire cosa si respirava anche nel tuo lato del mondo solo qualche decina d'anni fa, quello spirito che tua nonna ti trasmette quando racconta l'Italia nel dopoguerra. Ecco, quello. Siamo messi male, ma miglioreremo, guardiamo avanti.
Il tuo lato del mondo, che oggi sulla carta è sicuramente messo meno male, continua invece a guardarsi l'ombelico e perciò non vede vie d'uscita.
Tornare dall'altro lato del mondo ti fa sperare che il tuo, di lato del mondo, si lasci un po' 'infettare' da questo spirito di possibilità, di immaginazione. È un po' quello che ci sta già poco a poco insegnando quell'uomo vestito di bianco che, non a caso direi, proprio da questo lato del mondo ha fatto arrivare una ventata di possibilità di cambiamento, di novità, in uno degli ambienti che ne avevano più bisogno.
Tornare dall'altro lato del mondo ti ricorda quanto ami il tuo, di lato del mondo, per un sacco di motivi stupidi e altrettanti motivi seri.
Soprattutto ti ricorda che da qui è più facile amarlo, come tutte le cose viste da lontano.
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