domenica 15 gennaio 2017

Riflessioni a distanza...

In un primo momento l'idea di tornare a casa dopo così poco tempo ad Haiti non mi ha entusiasmata più di tanto, devo ammetterlo. Ho pensato a tante cose che mi sarei persa in venti giorni di permanenza in Italia, ho pensato che forse avrei dimenticato la lingua tanto velocemente quanto l'avevo imparata...ho pensato semplicemente che dopo due mesi ributtarmi nella mia quotidianità italiana sarebbe stato traumatico...devo dire che in parte è stato così ma in fondo ho apprezzato questo momento di stacco.

La vita a Port au Prince di questi due mesi è stata talmente intensa e totalizzante che non ho avuto veramente occasione di fermarmi a riflettere su tante cose che oggi, da lontano, mi sembrano un po' più chiare anche se non ancora del tutto comprensibili.
Ho riflettuto su tanti aspetti che sono contraddittori e strani di questo paese.
Ho pensato ad una popolazione che nonostante viva per l'80 % sotto la soglia della povertà ha al suo interno una gerarchizzazione sociale molto netta; ho pensato a persone poverissime che trovano normale avere un bambino restavek al loro servizio; ho pensato alle catastrofi naturali che hanno dilaniato il paese negli ultimi anni e alla marea di aiuti umanitari che sono arrivati senza comunque rinasare la situazione.
Quindi sto pensando a quelle persone che dal 2010 vivono ancora nelle stesse tende che vennero montate dalle varie protezioni civili durante l'emergenza, insomma penso ad un paese che ha fatto dell'emergenza il suo stato di normalità. Penso ad un paese che non riesce a fare delle elezioni decenti da anni a causa del terrore che i banditi, pagati dal signorotto di turno, diffondono in periodo elettorale e penso che forse ho stranamente assistito alla vittoria di un presidente eletto dal popolo democraticamente dopo anni...almeno così pare.

Se dovessi cercare un modo per spiegare come vedo Haiti in questo momento la paragonerei ad una macchina bloccata nel fango...le ruote girano ma non riescono a far muovere l'auto.

Ho sentito molti discorsi fatti da “bianchi” in questi due mesi...ho sentito dire che “se questo paese non esce dalla pessima condizione in cui versa è a causa della gente che lo popola” ho sentito dire che “per forza non si esce dalla crisi, qui chiedono tutti soldi ma poi cosa fanno di concreto per sopravvivere?”...lì per lì, immersa in un contesto così difficile e complesso, come ho già detto tante volte, non ho avuto la forza di esprimermi e di farmi un'idea che fosse la mia...ma oggi, che ho metabolizzato questo primo periodo duro ma anche pieno di grandi soddisfazioni e gioie mi sento di dire che forse non ci possiamo permettere di snocciolare giudizi su chi per secoli ha subito le vessazioni dei nostri civilissimi paesi europei o dei democraticissimi Stati Uniti d'America.

E allora mi spiego le stratificazioni sociali interne ad una popolazione che vive nella miseria, eredità del nostro bel colonialismo, e mi spiego tante altre cose.
Haiti è divenuta la vittima della violenza strutturale del Mondo, è l'esempio lampante di un sistema che è afflitto da dinamiche di potere, interne ed esterne al paese stesso, che si ripropongono non permettendogli di uscire dal fango.
Non giudichiamo un disastro del quale i nostri antenati sono i responsabili, non giudichiamo delle persone che vivono secondo gli schemi sociali che si sono reiterati nel tempo, magari in altre forme ma creando precedenti troppo difficili da scardinare, non giudichiamo chi è stato in qualche modo educato all'assistenzialismo e che oggi, non avendo i mezzi per fare diversamente, a volte ricorre alla domanda assistenzialista per sopravvivere.

Io non sono andata ad Haiti per salvarla, non penso di aver capito tutto anzi forse non ho capito niente ma ci sto provando, provo a riconoscere che non tutto è come sembra e che a volte dietro a ciò che vediamo c'è un orizzonte che è talmente vasto che non riusciremo mai a comprenderlo tutto.

Io ho fiducia in questo paese, ho fiducia nelle persone che ci vivono, ho fiducia nei giovani con cui passo il mio tempo ogni giorno, ho fiducia nei bambini e nei ragazzi che vogliono studiare e che vogliono conoscere il mondo perché loro, esattamente come in ogni altro paese, sono la risorsa più grande.

A presto.
Silvia

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