Vita in Bolivia: un ballo a passo lento.
È un giorno come un altro a Cochabamba: siamo a dicembre, fa caldo, in ufficio tutto procede come al solito e come sempre ci sforziamo di comprendere un po’ di più la lingua, il lavoro, la maniera migliore di rapportarci.
Solo una cosa è differente: il giorno dopo abbiamo il nostro primo incontro con i responsabili dei gruppi di Caritas Parroquiales.
FANTASTICO!!!
L’inizio qui è stato lento, un po’ difficile: per il primo mese siamo rimaste quasi sempre chiuse in ufficio, ma finalmente ci siamo!
Sono molto contenta: gli ingredienti fondamentali che per me dovrebbero accompagnarmi sempre nel mio lavoro (come ora nel progetto di servizio civile) sono l’incontro con le persone, la creazione di relazioni, la scoperta dell’altro.
Ed ecco che ci presenteremo per la prima volta dall’inizio del nostro servizio ai gruppi Caritas.
La nostra responsabile però ci mette un po’ di ansia: “E' il vostro “debutto”, mi raccomando, non potete fare una presentazione scontata, troppo lunga, troppo breve, di una qualità inferiore a quella degli altri volontari prima di voi. Dovete colpire, conquistare da subito la fiducia della gente, se no poi non riuscirete più a lavorarci ...” e così via.
AAAARGH!!!
E io che semplicemente ero entusiasta di incontrare le persone con cui avremmo lavorato!!!
Nonostante ciò non ci perdiamo d’animo, e con l’aiuto di alcuni compagni SCE (SCE è il nostro nome in codice: Servizio Civilista all’Estero) dall’altra parte del mondo pensiamo a un’attività per presentarci.
Occorrente: cartelloni, pennarelli, pastelli e nastro adesivo.
Benissimo. Mentre Marianna sistema slide e musiche, io vado in missione in cartoleria a prendere ciò che ci serve.
“Torno tra 10 minuti”, dico.
Sono ancora inesperta: non ho ancora capito che pensare di poter prevedere quanto tempo ci metterai per qualsiasi cosa è una presunzione che porta solo danni.
Vado nella cartoleria di fronte al nostro ufficio: ci conoscono e abbiamo un conto aperto. Entro, saluto e comincio a domandare quello che mi serve.
Non appena intuiscono che ho bisogno di più di un articolo, mi fermano e mi dicono di aspettare. Stanno scaricando del materiale e non possono ricevere gente che chiede qualcosa al di là di una penna.
Dopo un po’ mi offrono una sedia... e capisco che non sarà una faccenda rapida.
L’incaricato della consegna a un certo punto mi mette una mano sulla spalla e mi chiede “Di dove sei?”. “Sono italiana, sto facendo un anno di volontariato qui a Cochabamba”. “Ah!!! E di dove in Italia?” “Vicino a Milano”.
Non l’avessi mai detto. Il signore aveva fatto giusto l’anno prima un viaggio in Italia: era passato da Milano, Bergamo, persino Monza, la mia città, e naturalmente aveva con sé tuuutte le foto. Comincia a farmele vedere, a commentarle, a chiedermi qual è il piatto più buono della cucina italiana etc.
Mi domanda di me, della mia famiglia ... e intanto il tempo passa.
Quando anche gli ultimi toner e batterie sono stati scaricati, provo ad avvicinarmi al bancone, un po’ imbarazzata. Non voglio offendere il signore, ma allo stesso tempo non so più cosa dire! Continuo a sorridere, ma penso anche al lavoro che dobbiamo finire.
Neanche a farlo apposta, la proprietaria della cartoleria era stata in Europa proprio l’anno prima, e sentendo i nostri discorsi tira fuori naturalmente anche lei le sue foto: ha viaggiato in Francia, in Spagna, in Italia ... e persino in Egitto! E allora scatta una lunga chiacchierata sull’Egitto: com’è diverso, che clima fa, come sono le piramidi ...
Intanto io immagino la notte che ci aspetta, tra cartelloni e cartoncini. E sì, perchè nel frattempo è passata piú di un’ora!!!
Dopo un po’ saluto il simpatico signore dei toner, parlo ancora un po’ con la signora della cartoleria e alla fine riesco a chiedere dei pennarelli, dei pastelli e del nastro adesivo.
Bene.
Fatto.
Torno in ufficio.
Marianna mi accoglie dicendomi “Ma Chiara, dove sei stata? Ero preoccupata! Dovevi tornare in 10 minuti e sono passate 2 ore!!!”.
Lo so. Ma che ci vuoi fare. Puoi continuare a cercare di calcolare tutto, incespicando e innervosendoti, o cambiare musica e abbandonarti a un passo di danza tutto diverso.
Lento, con salti e cambi improvvisi. Un’altra musica. Ma che si può sempre imparare a ballare.
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